21
«Intende avvertire la polizia» mormorò Tucker. «Te ne rendi conto, vero?»
Gabrielle si passò una mano sugli occhi e si girò verso di lui. Erano ancora nel soggiorno dove erano rimasti in silenzio per diversi, lunghi momenti dopo l'uscita di David. «No, non ci andrà. Lo conosco, non è vendicativo. Non corri pericoli.»
«La gelosia fa fare strane cose, Gabrielle.»
«Non a David. Ci vogliamo bene. Vogliamo bene ad Allie. Sa che non starei dalla tua senza un valido motivo.»
«L'hai sentito. Pensa che tu abbia le idee confuse, che stai commettendo un errore. Se mi trovano qui, tu potresti avere delle grane serie. Devo andarmene.»
«Dove?»
«Non lo so. In Messico, penso.»
«Vengo con te.»
«Non puoi, c'è Allie. Che razza di vita sarebbe per lei?»
Gabrielle chiuse gli occhi. Tucker aveva ragione, naturalmente. Il benessere di Allie veniva prima di ogni altra cosa. Ma era uno strazio pensare che lui dovesse sparire, che quello fosse un addio. «Tornerai?»
«Meglio di no. Meglio che io esca dalla tua vita.»
Nuove lacrime le colmarono gli occhi. «Non puoi trattenerti almeno un'ora o due? Non posso separarmi da te così presto. E inoltre» trasse un respiro tremulo, «... Landon sta dormendo.»
«Non credo. E, proprio pensando a lui, non posso fidarmi di David come fai tu.»
«Mi rendo conto.»
Tucker le andò alle spalle cingendola con le braccia e l'attirò a sé. Era così solido, così meravigliosamente reale. Eppure tra poco quella notte le sarebbe parsa poco più di un sogno.
«È stata la notte più bella della mia vita» mormorò lui. «Ancor prima di fare l'amore con te sapevo che non avrei dovuto, che i rischi erano troppo alti, ma...»
«Ma, cosa?»
«Per me ne è valsa la pena.»
Le parole erano tenere ma il tono confermò a Gabrielle ciò che già sapeva: lui stava per andarsene. Non c'era modo di indurlo a rimanere. E sarebbe stato sciocco anche solo tentare perché li avrebbe messi tutti in pericolo. «Se ti occorresse qualcosa...»
«No, non pensarci nemmeno. Non voglio che tu stia qui ad aspettarmi» disse lui, deciso. «Vivi la tua vita senza rimpianti, innamorati di nuovo, sposati di nuovo. È questo che voglio per te. Vai avanti senza mai voltarti.»
Gabrielle sapeva che non avrebbe mai amato nessuno quanto amava lui; non poteva neppure pensare di sposare un altro. Ma non voleva rendergli ancor più duro il distacco. Annuì, lottando contro il nodo che le chiudeva la gola. «Certo» disse radunando tutto il suo coraggio. «Andrà tutto bene.»
Lui le baciò il collo e premette una guancia contro la sua, poi si scostò in fretta.
«Tucker?»
Era arrivato al corridoio, stava andando a prendere Landon. Si voltò.
«Sii felice.»
David provava un senso di nausea. L'alba stava tingendo il cielo di rosa, a oriente, e lui, a bordo della macchina, teneva d'occhio la malconcia auto di Tucker che correva lungo la strada, più avanti, chiedendosi cosa doveva fare. Seguiva Tucker da più di mezz'ora. O lo lasciava andare o faceva quella telefonata che non gli piaceva affatto.
Il semaforo passò al rosso arrestandoli entrambi a un incrocio. Erano a Casa Grande, una quarantina di chilometri a ovest di Florence.
David chiuse gli occhi e per un momento appoggiò la fronte sul volante. Non poteva lasciarlo andare. Tucker era un assassino condannato. Lui aveva un preciso dovere verso di sé, verso Gabrielle e Allie, e verso la società. Magari non aveva fatto nulla di male a Gabby e Allie, ma solo per il momento. Inoltre aveva parlato un paio di volte con il sergente Hansen, e sebbene lo trovasse velenoso e sgradevole, condivideva il suo rigore nei confronti della criminalità. Anche lui era stanco dei fattacci che i giornali presentavano con titoloni: i colpevoli parevano sempre farla franca e le vittime si moltiplicavano. Adesso aveva la possibilità di fare qualcosa di concreto. Quella telefonata avrebbe permesso alla polizia di calare su Tucker nel giro di pochi minuti e riportarlo in carcere. Gabrielle, Allie e tutti quanti sarebbero stati al sicuro.
Era quello che doveva fare, concluse. Era una cosa che andava ben oltre i sentimenti personali, il passato o il futuro suoi e di Gabrielle. Lei credeva di essere innamorata di Tucker, ma non era questo il punto.
Afferrò il cellulare e digitò il numero del penitenziario. Era suo dovere, anche verso il ragazzino seduto accanto a Tucker. Era suo figlio, ma il tribunale aveva deciso che Tucker non aveva il diritto di allevarlo. Chi era lui per perdonargli l'evasione e il rapimento? E chi era Gabrielle, quanto a quello? Tucker aveva subito un regolare processo.
«Penitenziario di stato dell'Arizona» annunciò una voce femminile.
Il semaforo passò al verde. David attraversò l'incrocio senza perdere di vista l'auto di Tucker. «Il sergente Hansen, per favore.»
«Oggi è di turno ma non so se sia già arrivato. Un attimo, prego.»
Nell'attesa, tamburellò le dita sul volante. Gabrielle non diceva sul serio, decise. Aveva il cuore troppo tenero e si era semplicemente lasciata travolgere dal sentimento. Quando Tucker fosse stato di nuovo dietro le sbarre, si sarebbe resa conto che lui aveva avuto sempre ragione. Avrebbe capito che quella telefonata era per il suo bene.
«Qui sergente Hansen.»
David si era quasi aspettato di non trovarlo, di dover rimandare, invece adesso l'aveva all'altro capo del filo. Aspirò a fondo e spiegò chi era. Lui amava Gabrielle... tanto da agire nel modo più opportuno per lei, malgrado tutto ciò che aveva fatto e detto.
«Perché hai la faccia scura, papà?»
Tucker incontrò lo sguardo di suo figlio nel retrovisore e si sforzò di sorridere. Per ragioni di sicurezza, Landon era seduto sul sedile posteriore, accanto alla sacca che conteneva tutti i loro averi. «Sto solo pensando.»
«A cosa?»
«Niente di importante.» Ma stava riflettendo su qualcosa, o meglio qualcuno, di molto importante per lui. Gabrielle. Dopo quella notte, dopo l'intimità fisica ed emotiva che avevano condiviso, vivere senza di lei appariva quasi senza significato. Non fosse stato per Landon forse non si sarebbe neppure dato la pena di fuggire. Ma ugualmente gli era difficile concentrarsi, impegnarsi a fondo in ciò che doveva fare. Non voleva fare il fuggiasco, non voleva lasciare il suo paese. Voleva essere libero com'era giusto che fosse, sposare Gabrielle e avere con lei una famiglia. Razionalmente sapeva che era un sogno impossibile ma doveva esserci una parte di lui, giù nel profondo, che ancora credeva nella verità e nella giustizia. Altrimenti avrebbe anche potuto accettare di vivere in un paese straniero.
«Possiamo fermarci a mangiare?» chiese Landon.
Tucker abbassò la radio che aveva acceso per distrarsi. «Perché non prendi qualcosa di quel che ti ha preparato Gabrielle?»
«Non mi piacciono i tramezzini di uova e insalata, e tu hai detto che i dolci sono per dopo pranzo.»
«Vorrei fare ancora un po' di chilometri, poi troviamo un posto. Intanto sgranocchia qualche carota.»
«Va bene.» Landon cominciò a frugare nel sacchetto, di malavoglia.
«La cintura di sicurezza è ben tesa?» domandò Tucker dopo un po'.
«Me lo chiedi continuamente.»
«È importante.» E sentì che Landon si muoveva per verificare.
«Perché?»
Perché Tucker cominciava a essere inquieto. Era stato così preso dal pensiero di Gabrielle che non aveva fatto molto caso a quel che succedeva attorno, ma negli ultimi chilometri aveva notato un fuoristrada bianco che somigliava maledettamente al veicolo con cui David gli aveva dato il passaggio fino a Wellton.
Cominciò a controllare spesso nei retrovisori cercando di vedere se si trattava proprio di David ma quando rallentò per diminuire la distanza il fuoristrada si tenne indietro. Il che aumentò i suoi sospetti. Che intenzioni aveva, David? Si era aspettato che telefonasse alla polizia, ma non che lo seguisse.
«Perché, papà?» insistette Landon.
«Perché cosa?»
«Perché devo sempre tenere la cintura di sicurezza?»
«Meglio essere prudenti» rispose. E si disse che avrebbe dovuto seguire quel consiglio la sera prima, invece di fermarsi da Gabrielle.
David vide le luci lampeggianti dell'auto della polizia che avanzava veloce alle sue spalle e capì che Hansen aveva mobilitato la cavalleria. Tra pochi minuti tutto si sarebbe risolto.
«Ho agito nel modo migliore» si disse ad alta voce, ma non ne era del tutto convinto. Tucker, con i muscoli che si ritrovava e lo sguardo duro, sembrava di certo un tipo violento, ma se lo era perché non gli aveva impedito di allontanarsi dalla casa mobile di Gabrielle? Sarebbe stata la cosa più saggia, dal punto di vista dell'autoconservazione. E per un esperto di karatè non sarebbe stato difficile. Lui non aveva quell'addestramento. Era dai tempi della scuola che non faceva a pugni.
Ma non voleva pensarci. Gli creava insicurezze circa la sua iniziativa. Cercò di ripensare al bene della società, ma gli si presentò l'immagine di Tucker che gli riconsegnava sua figlia e si chiese se con quel gesto non avesse cercato di comunicargli qualcosa... che non stava cercando di sottrargli nulla che già non fosse suo. Che non intendeva nuocere a nessuno.
Rivide la faccia di Gabrielle che lo pregava di capire, che gli diceva: «Sono innamorata di lui».
Scrollò la testa e premette sull'acceleratore riducendo la distanza tra sé e Tucker. Quell'uomo cercava, sì, di fuggire, ma evidentemente non intendeva conquistarsi la libertà a qualunque costo. Perché c'era suo figlio con lui, era chiaro. E questo diceva molto sul suo conto. Un criminale violento non si sarebbe dato pensiero per il ragazzino a bordo. Un autentico criminale avrebbe pensato a sé, non ad altri...
La polizia stava avvicinandosi. David poteva sentirne la sirena, e sicuramente anche Tucker. Cercò di provare una certa soddisfazione per quanto stava per accadere ma il compiacimento conosciuto subito dopo avere avvertito Hansen si era lentamente cancellato.
Si era sempre fidato dei giudizi di Gabrielle, perché adesso li contestava? Lui non conosceva Tucker, e non desiderava conoscerlo. Voleva solo che uscisse dalla sua esistenza... e da quella di Gabby. Il che rivelava molto più di quanto gli facesse piacere.
Con un sospiro, si passò una mano sulla faccia sentendo il ruvido della barba. Non avrebbe dovuto essere lì, in mezzo a quella storia. Avrebbe dovuto essere a casa, a fare la doccia, per poi andare in ufficio e rimettersi in pari con tutto il lavoro trascurato nelle ultime settimane. Per quanto gli pesasse ammetterlo, la realtà era che il suo matrimonio con Gabrielle era finito. Il vero interrogativo, almeno per lui, adesso era se l'amava abbastanza da rinunciare a lei.
«Accidenti...» borbottò tra i denti poi, invece di accostare per dare spazio all'auto della polizia, frenò di colpo sterzando e mettendo di traverso il fuoristrada così da bloccare il passaggio.
La telefonata giunse mentre Gabrielle rigovernava, dopo colazione. Allie, ai suoi piedi, si divertiva a tirare fuori le cose che stavano nei cassetti più bassi, e lei la lasciava fare anche se il rumore le dava molto fastidio. Al momento era più importante che la bambina fosse distratta mentre lei cercava di adattarsi al fatto che Tucker e Landon se n'erano andati e David era in collera con lei. Inoltre tra poche ore sarebbe dovuta andare da sua madre... in un momento in cui era già emotivamente esausta.
Forse avrebbe dovuto telefonare a Naomi per dirle che non poteva. Desiderava molto incontrare i suoi fratelli, ma non quel giorno, il peggiore della sua vita. Ma... e se Lindy avesse rinunciato a qualcosa di importante per essere là? Se Naomi si fosse già data un gran daffare per la cena?
Lo squillo del telefono interruppe le sue riflessioni. Tucker non le aveva promesso alcun contatto futuro, anzi le aveva detto di dimenticarlo, ma lei ebbe ugualmente un guizzo di speranza. Si asciugò in fretta le mani e raggiunse l'apparecchio proprio mentre si inseriva la segreteria telefonica.
«Salve, sono Gabrielle. Per favore lasciate il vostro nome e numero telefonico, vi richiamerò al più presto.»
Certa che Tucker non avrebbe lasciato un messaggio e avrebbe riagganciato, allungò la mano verso il ricevitore ma si fermò sentendo la voce di Hansen.
«Hadley, ci sei? In tal caso ti consiglio di rispondere.»
Lei non si mosse.
«Hadley, c'è David qui con me. E oso dire che è nei guai.»
David? Gabrielle si sentì la bocca arida. Com'era possibile? Anche se si era messo in contatto con la polizia, come aveva previsto Tucker, in che modo questo poteva mettere nei guai David?
«Gabby? Rispondi. Ho bisogno di parlarti.»
La voce di David. Con mano incerta sollevò il ricevitore.
«David, cos'è successo?» domandò, presa dalla paura. «Stai bene?»
«Sì, stai tranquilla.»
«Cos'è successo?» ripeté. «Quali guai?»
«Ho telefonato alla polizia e ho seguito Tucker, come mi avevi detto tu, ma non sono riusciti a prenderlo e ora vogliono dare la colpa a me.»
Gabrielle serrò più forte il ricevitore. «Non capisco.»
«Non so bene» proseguì lui, come se lei gli avesse fatto una domanda. «Immagino che una ruota sia finita sul ciglio erboso della strada perché proprio mentre arrivava la polizia il fuoristrada ha fatto un mezzo testa-coda, e un attimo dopo l'auto della polizia è venuta a sbattere contro la mia fiancata.»
«Un incidente? Sei ferito?»
«Per fortuna nessuno si è fatto male, ma Tucker ha potuto filarsela e adesso il sergente Hansen pensa che siamo in combutta con quell'evaso che volevamo far catturare. Vuole farti alcune domande. Okay?»
Lei non sapeva cosa rispondere ma non ce ne fu bisogno perché intervenne Hansen. «Cosa diavolo state combinando, voi due?»
«Non so di che stai parlando.»
«Tuo marito ha telefonato per dirmi che Tucker si è presentato a casa tua per costringerti a dargli del denaro e qualcosa da mangiare.»
«È vero» mormorò lei. A quel punto poteva solo stare al gioco di David.
«Allora, com'è andata?»
Buon Dio... Gabrielle respirò a fondo mentre serrava a pugno la mano libera, augurandosi di riuscire a cavarsela. «Mmh... David è arrivato giusto in tempo e Tucker se l'è filata» disse, sperando che le due versioni collimassero.
«Perché non ci hai avvertiti?»
«Dovevo occuparmi di mia figlia. Si è incaricato David di stargli appresso. Non ti ha spiegato dove potevate trovarlo?»
«Oh, sicuro. Ho inviato un paio d'auto ma tuo marito si è messo in mezzo e Tucker ha potuto svignarsela di nuovo.»
Era un gran sollievo sapere che Tucker era ancora libero ma Gabrielle si chiese cosa mai fosse accaduto. David guidava molto bene, non avrebbe mai commesso un errore del genere. «Dev'essere stata una pura fatalità» dichiarò.
«Come faceva Tucker a sapere dove abitavi?»
«In una cittadina di queste dimensioni non è difficile trovare un indirizzo sulla guida telefonica. Probabilmente ha pensato che vivessi da sola e non ci sarebbero state difficoltà.»
«Dimmi una cosa.»
«Sì?»
«Come mai, con questo Tucker, tutte le strade riconducono a te?»
«Una coincidenza.»
«Sai, Hadley. C'è un fatto.»
«Quale?»
«Io non credo alle coincidenze.»
La linea venne interrotta e Gabrielle si afflosciò sul divano.
David arrivò meno di un'ora dopo. A quel punto Allie stava facendo il sonnellino e Gabrielle camminava avanti e indietro chiedendosi cosa fosse successo quella mattina. E cos'avrebbe fatto Hansen.
Lui entrò, con aria affaticata.
«Stai bene?» domandò Gabrielle, ansiosa.
Lui annuì. «Dov'è Allie?»
«Dorme. Cos'è accaduto?» Si appollaiò sul bracciolo del divano.
Lui si lasciò andare sulla poltrona e tirò un lungo sospiro. «Ho capito una cosa.»
«Cosa?»
«Che ti amo più di quanto pensassi.»
Non stava cercando di forzarle la mano. Dal tono di voce Gabrielle capì che c'era stato un cambiamento sostanziale. «Vuoi spiegarmi?»
David scosse il capo e si guardò attorno come se non dovesse vedere mai più quell'ambiente. Poi si alzò. «No. Torno a Phoenix, Gabby. È là che devo stare. Posso venire a prendere Allie, sabato prossimo?»
«Naturalmente» rispose lei alzandosi a sua volta.
«Bene.»
Si diresse alla porta ma Gabrielle lo fermò prima che potesse uscire.
«Vuoi dirmi cos'è accaduto con Tucker e Hansen?»
«Non lo immagini?»
«Dopo che te ne sei andato hai telefonato al penitenziario, se non ho capito male.»
L'espressione di lui glielo confermò.
«Come mai hai cambiato idea? Perché hai deciso di lasciarlo andare?»
«Non me la sono sentita di rimandarlo in carcere a causa della mia gelosia. E alla fine mi sono reso conto che comunque ti avevo perduta.»
Lei gli allontanò dalla fronte una ciocca di capelli. «Non mi hai perduta, David. Rimarrai sempre il mio migliore amico.»
Lui sorrise ed era il sorriso di un tempo, quello che le era sempre piaciuto tanto. «Spero che Tucker riesca a dimostrare la propria innocenza, così avrete un futuro insieme. O almeno lo spera una parte di me» precisò.
Gabrielle si sentì sommergere da un'ondata di gratitudine. «David...»
«Sì?»
«Grazie.» Si sollevò in punta di piedi per baciargli la guancia.
«Di che?»
«Per essere come sei. E per aver aiutato Tucker. Sono contenta che non ti sia fatto niente in quello scherzo con la macchina.»
«Anch'io.»
«Pensi che potrei venire con te e Allie, sabato?»
«Direi di no» fu la risposta. «Pensavo di andare a fare un picnic con Allie e la mia nuova assistente. Shauna mi ha fatto capire che le farebbe piacere» aggiunse con un mezzo sorrisetto. «Sarebbe un po' imbarazzante che mi portassi appresso la mia ex-moglie.»
Lei si mise a ridere. «Potrei spiegarle che farebbe un ottimo affare se avesse la fortuna di riuscire ad accalappiarti.»
«Meglio che certe cose le scopra per conto suo. E ci vorrà un po' di tempo prima che sia disponibile a qualcosa di serio.»
«Capisco. Chiamami quando hai qualche ora libera, magari potremmo andare a vederci un film.»
«Senz'altro.» La fissò per qualche istante. «Addio, Gabby.»
Ed era chiaro che stava dicendo addio al loro passato.