39

GENNAIO 1920

Daisy sedeva al tavolo della sala da pranzo della residenza dei Vyalov, a Buffalo.

Indossava un vestitino rosa. Il grande tovagliolo di lino legato intorno al collo sembrava inghiottirla. Aveva quasi quattro anni e Lev l"adorava.

«Adesso mi preparo il sandwich più grande del mondo» annunciò lui, e la bimba ridacchiò. Lev tagliò due pezzetti di pane tostato di tre centimetri per lato, li imburrò con cura, aggiunse una minuscola quantità delle uova strapazzate che Daisy non voleva mangiare e unì le fette. «Ci vuole anche un granello di sale.» Versò un po" di sale sul proprio piatto, poi con la punta di un dito raccolse delicatamente un unico granello e lo posò sul sandwich. «E ora posso mangiarmelo!»

«Lo voglio io» disse Daisy.

«Sul serio? Ma questo è un sandwich formato papà.»

«No!» La piccola rise. «È un sandwich formato bambina!»

«Oh, va bene» concesse Lev mettendo il cibo in bocca alla figlia. «Non è che ne vuoi un altro, vero?»

«Sì.»

«Ma quello che hai mangiato era così grande.»

«No, non era grande!»

«Okay, allora dovrò prepararne un altro.»

Le cose andavano benissimo a Lev, addirittura meglio di quanto avesse detto a Grigorij dieci mesi prima, a bordo del treno di Trockij. Viveva agiatamente nella villa di suo suocero, gestiva tre nightclub di Vyalov e incassava un ottimo stipendio, più qualche extra, come per esempio le tangenti dai fornitori.

Aveva sistemato Marga in un lussuoso appartamento e la vedeva quasi tutti i giorni. Era rimasta incinta una settimana dopo il suo ritorno e aveva partorito da poco un bambino, che avevano chiamato Gregory. Lev era riuscito a tenere tutto segreto.

Olga entrò in sala da pranzo, diede un bacio a Daisy e si mise a sedere. Lev adorava la bambina, ma non provava nulla per la moglie. Marga era più sexy e più divertente. E poi c"erano tantissime altre ragazze, come aveva scoperto durante gli ultimi mesi di gravidanza della sua amante.

«Buongiorno, mammina!» disse Lev allegramente.

Daisy capì l"imbeccata e ripeté le parole del padre.

«Il papà ti sta dando da mangiare?» domandò Olga.

Ormai parlavano così, per lo più tramite la figlia. Avevano fatto sesso qualche volta dopo il ritorno di Lev dalla guerra, ma erano presto ricaduti nell"abituale indifferenza e ora dormivano in camere separate. Ai genitori di Olga avevano detto che la decisione era dovuta al fatto che Daisy di notte si svegliava, ma questo in realtà accadeva raramente. L"espressione di Olga era quella di una donna amareggiata. A Lev non interessava molto.

Entrò Josef. «Ecco il nonno» annunciò Lev.

«„Giorno» salutò seccamente Vyalov.

«Il nonno vuole un sandwich» disse Daisy.

«No. Sono troppo grandi per lui.»

Daisy si divertiva moltissimo quando suo padre diceva cose chiaramente sbagliate.

«No, non è vero. Sono troppo piccoli!»

Josef si mise a sedere. Al ritorno dalla guerra Lev l"aveva trovato molto cambiato.

Suo suocero era sovrappeso e l"abito gessato che indossava gli andava stretto. Aveva il fiato corto solo per lo sforzo di aver sceso le scale. I muscoli si erano trasformati in grasso, i capelli neri erano diventati grigi e la carnagione rosea aveva assunto un rossore malsano.

Polina entrò dalla cucina con una caffettiera in mano e riempì una tazza per Josef, il quale aprì il “Buffalo Advertiser”.

«Come vanno gli affari?» chiese Lev. Non era una domanda oziosa. Il Volstead Act era entrato in vigore il 16 gennaio a mezzanotte, rendendo illegale la fabbricazione, la vendita e il trasporto di bevande alcoliche. L"impero di Vyalov si fondava su bar, hotel e vendita di liquori all"ingrosso. Il proibizionismo era il serpente nel paradiso di Lev.

«Stiamo morendo» rispose Josef con insolita franchezza. «Ho chiuso cinque bar in una settimana e il peggio deve ancora venire.»

Lev annuì. «Nei club sto vendendo quella specie di birra, ma nessuno la vuole.» La legge consentiva lo smercio di birra con un contenuto alcolico inferiore allo zero virgola cinque per cento. «Devi berne almeno cinque litri per diventare solo leggermente euforico.»

«Possiamo vendere un po" di liquori sottobanco, ma non se ne trovano in giro e comunque la gente ha paura di comprarli.»

Olga era scioccata. Sapeva pochissimo degli affari di famiglia. «Ma, papà, cos"hai intenzione di fare?»

«Non lo so» rispose Josef.

Era un altro cambiamento. Ai vecchi tempi Josef avrebbe pianificato in anticipo le soluzioni per fronteggiare la crisi. Invece erano passati tre mesi dall"approvazione della legge e Vyalov non aveva fatto niente per prepararsi alla nuova situazione. Lev si era aspettato che suo suocero estraesse a sorpresa un coniglio dal cappello a cilindro. Ora cominciava a capire, con sgomento, che non sarebbe successo.

La situazione era preoccupante. Lev aveva una moglie, un"amante e due figli, e tutti vivevano dei profitti degli affari di Vyalov. Se l"impero era destinato a crollare, Lev doveva studiare un piano.

Polina chiamò Olga al telefono in corridoio. Lev la sentì parlare. «Salve, Ruby. Ti sei alzata presto.» Ci fu una pausa. «Cosa? Non ci credo.» Seguì un lungo silenzio, poi Olga cominciò a piangere.

Josef alzò gli occhi dal giornale e chiese: «Cosa diavolo…?».

Olga riattaccò rumorosamente e rientrò in sala da pranzo. Con gli occhi colmi di lacrime, puntò un dito contro il marito. «Bastardo!»

«Cosa ho fatto?» domandò Lev, anche se temeva di saperlo.

«Tu… tu… schifoso bastardo!»

Daisy cominciò a piangere.

«Olga, tesoro, cos"è successo?» domandò Josef.

«Ha avuto un bambino!»

«Oh, merda» disse Lev sottovoce.

«Chi ha avuto un bambino?» chiese Josef.

«La puttana di Lev. La donna che abbiamo visto al parco. Marga.»

Josef avvampò in viso. «La cantante del Monte-Carlo? Ha avuto un bambino da Lev?»

Olga annuì singhiozzando.

Vyalov si voltò verso il genero. «Brutto figlio di puttana.»

«Cerchiamo di restare calmi» disse Lev.

Josef si alzò in piedi. «E io che pensavo di averti dato una lezione.»

Lev spinse indietro la sedia e si alzò a sua volta. Si ritrasse da Vyalov, tendendo le braccia in un gesto difensivo. «Cerca di calmarti, Josef.»

«Non osare dirmi di calmarmi!» Con sorprendente agilità, Vyalov si fece avanti e sferrò un pugno. Lev non fu abbastanza veloce da evitare il colpo, che lo centrò sullo zigomo sinistro. Sentì un male d"inferno e barcollò all"indietro.

Olga prese in braccio Daisy che urlava e si fermò sulla porta. «Smettetela!» gridò.

Josef partì con un sinistro.

Era passato molto tempo dall"ultima volta in cui Lev aveva fatto a pugni, ma era cresciuto nei sobborghi di San Pietroburgo e i suoi riflessi funzionavano ancora.

Bloccò il braccio di Josef, gli si avvicinò e lo colpì alla pancia con entrambi i pugni, in successione. Il fiato uscì dal petto di Vyalov con uno sbuffo. Poi Lev passò al viso, colpendolo al naso, alla bocca e agli occhi.

Josef era un uomo forte e un prepotente, ma la gente aveva troppa paura di lui per reagire, e da molto tempo non era più abituato a difendersi. Barcollò all"indietro, alzando le braccia nel debole tentativo di proteggersi dalla foga del genero.

L"istinto del combattente di strada non permetteva a Lev di fermarsi se l"avversario era ancora in piedi, così continuò a colpire Josef al corpo e alla testa, finché questi non cadde all"indietro, rovesciando una sedia e crollando poi sul tappeto.

Lena, la madre di Olga, piombò in sala da pranzo, gridò e corse a inginocchiarsi accanto al marito. Sulla porta della cucina comparvero Polina e la cuoca, spaventate.

Nonostante la faccia pesta e sanguinante, Josef si sollevò su un gomito e spinse Lena di lato. Ma poi, quando cercò di alzarsi, emise un grido e cadde di nuovo all"indietro.

Il viso diventò grigiastro e Vyalov smise di respirare.

«Gesù Cristo» disse Lev.

Lena cominciò a gemere. «Josef! Oh, Joe, apri gli occhi!»

Lev posò una mano sul petto di Vyalov. Non c"era battito cardiaco. Sentì il polso e, di nuovo, non trovò battito.

“Sono nei guai” pensò.

Si alzò in piedi. «Polina, chiama un"ambulanza.»

La donna andò nell"ingresso e sollevò il ricevitore.

Lev fissò il corpo sul pavimento. Doveva prendere una decisione e farlo in fretta.

Restare, dichiarare la sua innocenza, fingere dolore, cercare di cavarsela? No. Le possibilità di successo erano troppo scarse.

Doveva andarsene.

Corse al piano di sopra e si tolse la camicia. Era tornato dalla guerra con un mucchio d"oro, accumulato vendendo scotch ai cosacchi. L"aveva convertito in poco più di cinquemila dollari americani e aveva sistemato le banconote nella sua cintura porta-soldi, che aveva fissato con il nastro adesivo dietro un cassetto. Si chiuse la cintura intorno alla vita e indossò di nuovo la camicia. Poi si mise la giacca e il cappotto.

Sopra l"armadio c"era la vecchia borsa che conteneva la sua Colt.45 modello 1911, la pistola semiautomatica d"ordinanza in dotazione agli ufficiali dell"esercito degli Stati Uniti. Infilò l"arma nella tasca del cappotto, cacciò nella borsa una scatola di munizioni e un po" di biancheria e tornò di sotto, in sala da pranzo.

Lena aveva sistemato un cuscino sotto la testa del marito, che tuttavia sembrava più morto che mai. Olga, al telefono nell"ingresso, stava dicendo: «Fate presto, per favore, potrebbe morire!».

“Troppo tardi, baby” pensò Lev, ma disse: «L"ambulanza ci metterà troppo tempo.

Vado a prendere il dottor Schwarz». Nessuno gli chiese come mai avesse una borsa con sé.

Lev andò in garage e mise in moto la Packard Twin Six di Josef. Uscì dalla proprietà e puntò in direzione nord.

Non stava andando a prendere il dottor Schwarz.

Stava andando in Canada.

II

Lev procedeva a forte velocità. Mentre si lasciava alle spalle i sobborghi settentrionali di Buffalo, cercò di stimare quanto tempo avesse a disposizione.

L"equipaggio dell"ambulanza avrebbe indubbiamente avvertito la polizia e gli agenti si sarebbero subito resi conto che Josef era morto nel corso di una colluttazione. Olga non avrebbe esitato un attimo a dire chi aveva messo al tappeto suo padre: se prima non aveva odiato il marito, adesso lo odiava di sicuro. A quel punto Lev sarebbe stato ricercato per omicidio.

Di solito nel garage dei Vyalov c"erano tre auto: la Packard, la Ford Model T di Lev e una Hudson blu utilizzata dai gorilla di Josef. I piedipiatti non ci avrebbero messo molto a dedurre che Lev se n"era andato con la Packard. Calcolava che nel giro di un"ora la polizia avrebbe cominciato a cercare l"auto.

Ma per allora, con un po" di fortuna, lui sarebbe già stato fuori dal paese.

Era andato parecchie volte in Canada con Marga. Toronto era a soli centosessanta chilometri, tre ore di viaggio con un"auto veloce. Amavano registrarsi in albergo come Mr e Mrs Peters e andarsene in giro per la città nei loro abiti più eleganti, senza doversi preoccupare di essere visti da qualcuno che avrebbe potuto informare Josef Vyalov. Lev non era americano, ma conosceva numerosi punti di attraversamento dove non c"erano controlli di confine.

Arrivò a Toronto a mezzogiorno e si sistemò in un albergo tranquillo.

Ordinò un sandwich al bar dell"hotel e rimase seduto per un po" a riflettere sulla situazione. Era ricercato per omicidio. Non aveva una casa e non poteva avvicinare nessuna delle sue due famiglie senza rischiare l"arresto. Forse non avrebbe mai più rivisto i suoi figli. Disponeva di cinquemila dollari in una cintura portasoldi e di un"auto rubata.

Ripensò a tutto quello di cui si era vantato con suo fratello soltanto dieci mesi prima. Che cosa avrebbe pensato Grigorij adesso?

Mangiò il suo sandwich, poi uscì e vagò senza meta nel centro della città, avvilito.

Entrò in un negozio di liquori e comprò una bottiglia di vodka da portarsi in albergo.

Forse quella sera si sarebbe ubriacato. Notò che il whisky costava quattro dollari la bottiglia. A Buffalo ne costava dieci, se riuscivi a trovarlo; a New York quindici o venti. Lui lo sapeva perché aveva cercato di acquistare liquori illegali per i nightclub.

Tornò in albergo e si procurò un po" di ghiaccio. La stanza era polverosa, con mobili vecchi e vista sui cortili posteriori di una fila di negozietti squallidi. Mentre scendeva la precoce sera del Nord, si sentì più abbattuto di quanto si fosse mai sentito in vita sua. Pensò di uscire e di trovarsi una ragazza, ma non era dell"umore giusto.

Era destinato a fuggire da tutti i luoghi in cui gli capitava di vivere? Era scappato da San Pietroburgo a causa della morte di un poliziotto, aveva lasciato Aberowen anticipando letteralmente di un solo passo gli uomini che aveva truffato barando e adesso era fuggito da Buffalo come omicida.

Bisognava fare qualcosa per la Packard. Era possibile che la polizia di Buffalo telegrafasse i dati dell"auto a Toronto. Doveva cambiare la targa o procurarsi un"altra vettura. Ma non riusciva a trovare l"energia per muoversi.

Olga probabilmente era felice di sbarazzarsi di lui. Avrebbe avuto l"eredità tutta per sé. In ogni caso l"impero Vyalov valeva ogni giorno di meno.

Lev si chiese se sarebbe riuscito a portare Marga e il piccolo Gregory in Canada.

Lei sarebbe stata disposta a trasferirsi? Gli Stati Uniti erano il suo sogno, come lo erano stati per Lev. Il Canada non era la destinazione più ambita dalle cantanti di nightclub. Marga avrebbe forse potuto seguirlo a New York o in California, ma non a Toronto.

Avrebbe sentito la mancanza dei suoi figli. Gli occhi gli si riempirono di lacrime al pensiero di Daisy che cresceva senza di lui. Non aveva neppure quattro anni: forse l"avrebbe dimenticato completamente. Nella migliore delle ipotesi, avrebbe conservato un vago ricordo del padre. Si sarebbe dimenticata del sandwich più grande del mondo.

Dopo il terzo bicchiere si rese conto di essere la povera vittima di un"ingiustizia.

Non aveva avuto intenzione di uccidere suo suocero. Era stato Josef a cominciare, e comunque non era stato lui ad ammazzarlo: Vyalov era morto per una specie di attacco o per un infarto. In realtà si era trattato di semplice sfortuna.

Ma nessuno ci avrebbe creduto. L"unica testimone era Olga, e lei voleva vendetta.

Si versò dell"altra vodka e si distese sul letto. “Al diavolo tutti” pensò. Mentre scivolava in un inquieto sonno alcolico, rivide le bottiglie nella vetrina del negozio di liquori, CANADIAN CLUB $ 4.00 diceva il cartello. C"era qualcosa di importante in quell"immagine: Lev lo sapeva, ma per il momento non riusciva a individuare cosa fosse.

La mattina dopo si svegliò con la bocca secca e il mal di testa, ma sapeva che il Canadian Club a quattro dollari la bottiglia poteva essere la sua salvezza.

Sciacquò il bicchiere del whisky e bevve il ghiaccio sciolto in fondo al secchiello.

Al terzo bicchiere aveva un piano.

Succo d"arancia, caffè e aspirine lo fecero sentire meglio. Rifletté sui pericoli che doveva affrontare, ma non aveva mai permesso a se stesso di farsi scoraggiare dai rischi. “Se lo facessi” pensò “sarei mio fratello.”

C"era un unico, grande ostacolo al suo piano: tutto dipendeva dalla riconciliazione con Olga.

Guidò fino a un quartiere di case popolari ed entrò in un ristorante a buon mercato che al momento serviva la colazione agli operai. Si sedette al tavolo di un gruppo di uomini che sembravano imbianchini e disse: «Voglio scambiare la mia macchina con un camion. Conoscete qualcuno che potrebbe essere interessato?».

«È legale?» domandò uno degli uomini.

Lev fece il suo sorriso fascinoso. «Andiamo, amico» disse. «Se fosse legale, sarei qui?»

Non trovò persone interessate nel ristorante né negli altri pochi posti dove tentò, ma alla fine capitò in un"officina gestita da padre e figlio. Scambiò la Packard con un furgone Mack Junior da due tonnellate, completo di due pneumatici di ricambio, concludendo un affare che non prevedeva passaggi di denaro e nemmeno di documenti. Sapeva di essere stato derubato, ma i due del garage avevano capito che era disperato.

Più tardi, quello stesso pomeriggio, andò da un grossista di liquori del quale aveva trovato l"indirizzo sull"elenco telefonico. «Vorrei cento casse di Canadian Club. Che prezzo mi fai?» domandò «Per quella quantità, trentasei a cassa.»

«Affare fatto.» Lev tirò fuori il denaro. «Sai, sto per aprire una taverna fuori città e…»

«Amico, non c"è bisogno di spiegazioni» lo interruppe il grossista. Indicò la finestra con un dito. Nel lotto confinante, una squadra di operai stava picconando il terreno. «Il mio nuovo magazzino, grande cinque volte questo. Ringrazio Dio per il proibizionismo.»

Lev capì che non era stato il primo ad avere avuto quell"idea brillante.

Pagò il grossista e il whisky venne caricato sul Mack.

Il giorno dopo Lev tornò a Buffalo.

III

Lev fermò il furgone carico di whisky in strada, davanti a casa Vyalov. Il pomeriggio invernale stava sfumando nel crepuscolo. Non c"erano auto nel vialetto.

Lev aspettò per un po", nervoso, ansioso e pronto a scappare, ma non notò alcuna attività.

Con i nervi tesi, scese dal furgone, raggiunse la porta d"ingresso, l"aprì servendosi della propria chiave ed entrò.

La casa era silenziosa. Dal piano di sopra gli arrivavano la voce di Daisy e il mormorio delle risposte di Polina. Nessun altro suono.

Camminando silenziosamente sul folto tappeto, attraversò l"atrio e guardò in salotto. Tutte le sedie erano state spostate ai lati della stanza. Al centro c"era un catafalco drappeggiato in seta nera che reggeva una bara di mogano lucido con scintillanti maniglie dorate. Dentro la bara c"era il corpo di Josef Vyalov. La morte aveva ammorbidito i lineamenti combattivi del viso e Josef aveva un aspetto inoffensivo.

Olga, che indossava un abito nero, sedeva da sola accanto al feretro, la schiena rivolta verso la porta.

Lev entrò nella stanza. «Ciao, Olga» disse a bassa voce.

Olga aprì la bocca per gridare, ma Lev gliela tappò con una mano per impedirle di farlo.

«Non c"è niente di cui preoccuparsi. Voglio solo parlare con te.»

A poco a poco, Lev allentò la presa.

Olga non gridò.

Lev si rilassò leggermente. Aveva superato il primo ostacolo.

«Tu hai ucciso mio padre!» disse arrabbiata sua moglie. «Di cosa vuoi parlare?»

Lev fece un respiro profondo. Doveva gestire il colloquio in modo assolutamente perfetto. Il solo fascino non sarebbe stato sufficiente. Ci voleva anche cervello. «Del futuro» rispose. Parlò a voce bassa, in tono intimo. «Del tuo, del mio e di quello della piccola Daisy. Io sono nei guai, lo so… ma lo sei anche tu.»

Olga non era disposta ad ascoltarlo. «Io non sono affatto nei guai.» Si voltò e guardò il cadavere.

Lev prese una sedia e si sedette accanto alla moglie. «L"impero che hai ereditato è finito. Sta crollando a pezzi, non vale quasi più niente.»

«Mio padre era molto ricco!» protestò indignata Olga.

«Era proprietario di bar, di alberghi e commerciava all"ingrosso in liquori. Tutte attività che stanno perdendo soldi, e il proibizionismo è entrato in vigore solo da due settimane. Tuo padre aveva già chiuso cinque bar. Tra poco non resterà più niente.»

Lev esitò, poi usò l"argomento più convincente a sua disposizione. «Non puoi preoccuparti solo per te stessa. Devi pensare anche a come vuoi crescere Daisy.»

Olga sembrava scossa. «L"attività sta andando veramente a rotoli?»

«Hai sentito anche tu cosa mi ha detto tuo padre l"altro ieri a colazione.»

«Non ricordo.»

«Be", se non ti fidi della mia parola, fai delle verifiche. Chiedi a Norman Niall, il contabile. Chiedi a chiunque.»

Olga fissò assorta suo marito e decise di prenderlo sul serio. «Perché sei venuto a dirmi tutto questo?»

«Perché ho trovato il modo di salvare l"impresa.»

«E come?»

«Importando liquori dal Canada.»

«È contro la legge.»

«Sì. Ma è la nostra unica speranza. Senza alcol non ti rimane nessuna impresa.»

Olga alzò la testa. «So badare a me stessa.» «Certo» disse Lev. «Puoi vendere questa casa per una bella somma, investire il ricavato e trasferirti in un appartamentino con tua madre. Probabilmente riuscirai a salvare abbastanza dell"eredità da poter sopravvivere con Daisy per qualche anno, anche se dovrai prendere in considerazione l"idea di andare a lavorare e…»

«Io non posso lavorare!» lo interruppe Olga. «Non ho nessuna preparazione. Che lavoro potrei fare?»

«Oh, be", potresti fare la commessa in un grande magazzino o l"operaia in una fabbrica…»

Lev non parlava sul serio e Olga lo sapeva. «Non essere ridicolo.»

«Allora c"è un"unica soluzione.» Lev tese una mano per toccare la moglie.

Olga si scostò. «Perché ti interessa cosa può succedermi?»

«Sei mia moglie.»

Olga gli lanciò una strana occhiata.

Lev esibì la sua espressione più sincera. «So di averti trattata male, ma una volta ci amavamo.»

Olga emise un suono sprezzante di gola.

«E abbiamo una figlia di cui preoccuparci.»

«Ma tu stai per andare in galera.»

«A meno che tu non racconti la verità.»

«Cosa intendi dire?»

«Olga, tu hai visto cos"è successo. È stato tuo padre ad aggredirmi. Guarda la mia faccia: ho un occhio nero che lo dimostra. Ho dovuto difendermi. Tuo padre probabilmente aveva il cuore debole e forse era già malato da tempo… Questo spiegherebbe come mai non aveva sistemato i suoi affari in vista del proibizionismo.

Comunque a ucciderlo è stato lo sforzo che ha compiuto per attaccarmi, non i pochi colpi che gli ho dato per difendermi. Tutto quello che devi fare è dire la verità alla polizia.»

«Alla polizia ho già detto che sei stato tu a ucciderlo.»

Lev si sentì rincuorato: stava facendo progressi. «Non c"è problema» rassicurò la moglie. «Tu hai reso una dichiarazione in un momento in cui eri sconvolta dal dolore.

Adesso che sei più calma, ti rendi conto che la morte di tuo padre è stata una terribile disgrazia, provocata dalla sua cattiva salute e dall"accesso di collera.» «Mi crederanno?»

«Una giuria sicuramente sì. Ma se mi prendo un buon avvocato, non ci sarà neppure il processo. Come potrebbe esserci, se l"unica testimone giura che non è stato un omicidio?»

«Non saprei…» Olga cambiò argomento. «Come farai a procurarti i liquori?»

«È facile. Non preoccuparti.»

Olga si voltò sulla sedia per guardarlo direttamente in faccia. «Non ti credo. Mi stai raccontando questa storia solo per farmi cambiare la deposizione.»

«Mettiti il cappotto: voglio farti vedere una cosa.»

Era un momento cruciale per Lev: se Olga fosse andata con lui, l"avrebbe avuta in pugno.

Dopo una breve pausa sua moglie si alzò.

Lev nascose un sorriso di trionfo.

Uscirono di casa. In strada, Lev aprì gli sportelli posteriori del furgone.

Olga rimase in silenzio per qualche istante, poi disse: «Canadian Club?».

Lev notò che il suo tono era cambiato: adesso era pratico e l"emozione era quasi svanita. «Cento casse» rispose. «Ho pagato tre dollari la bottiglia. Qui posso ricavarne dieci… anche di più vendendo il liquore a bicchiere.»

«Devo pensarci.»

Era un buon segno. Olga era pronta ad accettare, ma non voleva prendere decisioni affrettate. «Lo capisco, ma non abbiamo molto tempo» disse Lev. «Io sono un ricercato in possesso di un carico di whisky illegale e devo sapere subito cosa hai intenzione di fare. Mi dispiace metterti fretta, ma capirai bene che non ho scelta.»

Olga annuì pensierosa, ma non disse niente.

«Se rifiuti» continuò Lev «venderò il mio liquore, intascherò il ricavato e sparirò.

A quel punto dovrai cavartela da sola. Io ti augurerò buona fortuna e ti dirò addio per sempre, senza rancore. Ti capirei.»

«E se accetto?»

«Andiamo subito alla polizia.»

Ci fu un lungo silenzio.

Poi Olga annuì. «Va bene.»

Lev si girò per nascondere il viso.

“Ce l"hai fatta” si disse. “Ti sei seduto con lei nella stanza dove c"era il cadavere di suo padre e sei riuscito a riprendertela. Che bastardo.” IV

«Devo mettermi il cappello» disse Olga. «E tu hai bisogno di una camicia pulita.

Dobbiamo fare una buona impressione.»

Ottimo. Olga era veramente dalla sua parte.

Rientrarono in casa per prepararsi. Mentre aspettava la moglie, Lev telefonò al

“Buffalo Advertiser” e chiese di Peter Hoyle, il direttore. La segretaria gli domandò il motivo. «Gli dica che sono l"uomo ricercato per l"omicidio di Josef Vyalov.»

Un attimo dopo una voce tuonò: «Parla Hoyle, lei chi è?».

«Lev Peškov, il genero di Vyalov.»

«Dove si trova?»

Lev ignorò la domanda. «Se tra mezz"ora ci sarà un suo reporter sulla scalinata della centrale di polizia, rilascerò una dichiarazione.»

«Ci saremo.»

«Mr Hoyle?»

«Sì?»

«Mandi anche un fotografo.» Lev riattaccò.

Con Olga seduta accanto a lui nella cabina del furgone, guidò fino al magazzino di Josef al porto. Scatoloni di sigarette rubate erano ammucchiati lungo le pareti.

Nell"ufficio in fondo trovarono il contabile di Vyalov, Norman Niall, insieme al solito gruppo di gorilla. Norman era disonesto, ma pignolo, Lev lo sapeva. Il contabile era seduto sulla poltrona di Josef, dietro la sua scrivania.

Rimasero tutti stupefatti nel vedere Lev e Olga insieme.

«Olga ha ereditato l"impresa» disse Lev. «Da ora in poi dirigo tutto io.»

Norman non si alzò dalla poltrona. «Questo lo vedremo.»

Lev lo fissò con durezza, in silenzio.

Norman parlò di nuovo, ma con meno arroganza. «Il testamento deve essere ancora omologato e così via.»

Lev scosse la testa. «Se stiamo ad aspettare tutte le formalità, non resterà niente dell"impresa.» Puntò il dito contro uno dei gorilla. «Ilja, va" in cortile e guarda nel furgone. Poi torna qui e di" a Norman cosa hai visto.»

Ilja uscì. Lev fece il giro della scrivania e rimase in piedi accanto a Norman.

Aspettarono in silenzio il ritorno di Ilja.

«Cento casse di Canadian Club.» Il gorilla posò una bottiglia sulla scrivania.

«Possiamo assaggiarlo per vedere se è roba buona.»

«Farò marciare gli affari con liquori importati dal Canada» disse Lev. «Il proibizionismo è la più grande opportunità di lavoro che ci sia mai stata. La gente pagherà qualsiasi cifra per l"alcol. Guadagneremo una fortuna. Adesso alzati da quella poltrona, Norm.»

«Non credo proprio, ragazzo» ribatté il contabile.

Lev estrasse la pistola e se ne servì per colpire Norman su entrambi i lati del viso.

L"uomo gridò. Con aria indifferente, Lev tenne la Colt puntata in direzione dei gorilla.

A suo merito, Olga non urlò.

«Stronzo» disse Lev a Norman. «Io ho ucciso Josef Vyalov, pensi che mi faccia spaventare da un contabile del cazzo?»

Norman si alzò in piedi e, con una mano sulla bocca sanguinante, corse fuori dall"ufficio.

Lev si voltò verso gli altri e, continuando a tenerli sotto tiro, disse: «Se c"è qualcun altro che non vuole lavorare per me, può andarsene subito. Senza rancore».

Nessuno si mosse.

«Bene» continuò Lev. «Perché mentivo riguardo al rancore.» Si rivolse a Ilja.

«Vieni con me e Mrs Peskov. Guiderai tu. Voialtri scaricate il furgone.»

Ilja li accompagnò in centro sulla Hudson blu.

Lev pensò che forse aveva commesso un errore. Non avrebbe dovuto dire: “Io ho ucciso Josef Vyalov” davanti a Olga. Sua moglie avrebbe ancora potuto cambiare idea. Se lei avesse accennato alla cosa, le avrebbe assicurato che non aveva parlato sul serio e che si era espresso così solo per spaventare Norman. Olga, comunque, non sollevò l"argomento.

Davanti alla centrale di polizia, due uomini in cappotto e cappello aspettavano accanto a una grossa macchina fotografica montata su un treppiede.

Lev e Olga scesero dall"auto e lui dichiarò al reporter: «La morte di Josef Vyalov è una tragedia per mia moglie e per me, per la sua famiglia e per questa città». L"uomo prendeva appunti stenografici sul suo blocco. «Sono venuto qui per dare alla polizia la mia versione su quanto è accaduto. Mia moglie Olga, l"unica altra persona presente quando Mr Vyalov è deceduto, è qui per testimoniare che sono innocente. L"autopsia dimostrerà che mio suocero è morto per un attacco cardiaco. Io e mia moglie contiamo di continuare a espandere la grandiosa attività imprenditoriale che Josef Vyalov ha iniziato qui a Buffalo. Grazie.»

«Guardi verso l"obiettivo, per favore» disse il fotografo.

Lev passò un braccio intorno alle spalle di Olga e la strinse a sé fissando l"obiettivo.

«Come si è fatto quell"occhio nero, Lev?» domandò il reporter.

Lev indicò il proprio occhio con un dito. «Oh, al diavolo, questa è tutta un"altra storia.» Esibì il suo sorriso più seducente e il lampo al magnesio del fotografo esplose accecante.