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PRIMI DI LUGLIO 1914

La chiesa di St James a Piccadilly, il luogo di culto preferito dall"élite londinese, poteva vantare la congregazione che sfoggiava gli abiti più costosi al mondo.

L"ostentazione, in teoria, veniva disapprovata; ma a quei tempi era quasi impossibile trovare un cappello – accessorio indispensabile per una signora -senza piume di struzzo, nastri e fiori di seta. Walter von Ulrich osservava dal fondo della navata centrale la giungla di colori e forme stravaganti. Gli uomini, per contrasto, sembravano tutti uguali con la loro giacca nera, il colletto bianco rigido e il cilindro posato sulle ginocchia.

La maggior parte di quella folla non si rendeva conto di cosa fosse successo a Sarajevo la settimana prima, pensò, disincantato; alcuni ignoravano persino dove fosse la Bosnia. L"assassinio dell"arciduca li aveva sconvolti, ma non erano in grado di comprenderne le ripercussioni sul piano internazionale. Erano alquanto confusi.

Walter no. Sapeva esattamente a cosa preludesse quell"evento: una seria minaccia alla sicurezza della Germania. Tuttavia era compito di persone come lui proteggere e difendere il proprio paese in un momento di pericolo.

Quel giorno il suo obiettivo principale era scoprire le intenzioni dello zar. Tutti volevano sapere quali fossero: l"ambasciatore tedesco, il padre di Walter, il ministro degli Esteri a Berlino, lo stesso Kaiser. Walter, che usava l"impiego all"ambasciata come copertura della sua reale attività all"interno del Servizio informazioni militare, aveva le sue fonti.

Scrutò i fedeli nel tentativo di identificare il suo uomo nel mare di teste, con il timore di non trovarlo. Anton era un impiegato dell"ambasciata russa. I suoi incontri con Walter avevano luogo nelle chiese anglicane perché era certo di non trovarvi nessuno dell"ambasciata: per la maggior parte i russi erano ortodossi e chi non apparteneva alla loro Chiesa non ricopriva incarichi diplomatici.

Anton, responsabile dell"ufficio telegrafo, leggeva ogni telegramma in entrata e in uscita, e di conseguenza costituiva una fonte preziosissima di informazioni. Era tuttavia difficile da trattare e il suo comportamento rendeva Walter ancora più ansioso. Fare spionaggio spaventava Anton e, se era molto spaventato, non si faceva vedere, spesso in momenti di tensione internazionale come quello, quando Walter aveva più che mai bisogno di mettersi in contatto con lui.

Walter scorse Maud e per un attimo si distrasse. Riconobbe il lungo collo aggraziato che usciva dal colletto diplomatico di foggia maschile molto alla moda e si sentì il cuore in gola: lui baciava quel collo tutte le volte che ne aveva l"occasione.

Il pericolo di una guerra lo portava a pensare immediatamente a Maud e solo dopo al suo paese. Si vergognava per il proprio egoismo, ma non poteva farci niente. Più di tutto temeva che gliela portassero via; la minaccia per la madrepatria passava in secondo piano. Era pronto a morire per la Germania… ma non a vivere senza la donna che amava.

Una testa nella terza fila si girò e lui incrociò lo sguardo di Anton. L"uomo aveva i capelli castani non molto folti e una barba rada. Sollevato, Walter si avviò verso la navata sud, come a cercare un posto, poi dopo un attimo di esitazione si accomodò accanto a lui.

Il cuore di Anton era colmo di amarezza. Cinque anni prima la polizia segreta dello zar aveva accusato di attività sovversive un suo amatissimo nipote e l"aveva imprigionato nella Fortezza di San Pietro e San Paolo, sulle rive della Neva di fronte al Palazzo d"Inverno, nel cuore di San Pietroburgo. Il ragazzo, uno studente di teologia che non era affatto un rivoluzionario, prima di essere rilasciato aveva contratto la polmonite ed era morto. Da allora Anton tramava la sua silenziosa, implacabile vendetta contro il governo dello zar.

La chiesa, progettata dall"architetto Christopher Wren, aveva lunghe teorie di vetrate a tutto sesto ed era molto luminosa. Peccato. Per quel genere di lavoro, la tetra luce crepuscolare di una cattedrale gotica sarebbe andata meglio. Comunque Anton aveva scelto bene dove mettersi: alla fine della fila, con un bambino di fianco e un enorme pilastro di legno alle spalle.

«Ha trovato un bel posto» mormorò Walter.

«Però possono vederci dalla balconata» replicò Anton agitato.

Walter scosse la testa. «Guardano tutti in avanti.»

Anton, uno scapolo di mezza età, era di bassa statura e curato ai limiti della pignoleria, con la cravatta annodata stretta, la giacca chiusa fino all"ultimo bottone e le scarpe lustre. L"abito consunto era lucido per gli anni e anni di spazzolate e stirature. Forse la sua era una reazione alla sordidezza dello spionaggio: dopotutto quell"uomo era là per tradire il suo paese, pensò Walter cupo, e lui era là per incoraggiarlo.

Walter non aggiunse altro durante il silenzio che precedette la funzione, ma non appena fu intonato il primo inno chiese a bassa voce: «Com"è l"umore a San Pietroburgo?».

«La Russia non vuole la guerra.»

«Bene.»

«Lo zar teme che la guerra inneschi la rivoluzione.» Nominò lo zar come se volesse sputargli addosso. «Mezza San Pietroburgo è in sciopero. Ovviamente lui neppure è sfiorato dall"idea che a spingere la gente alla rivoluzione sia la sua stupida brutalità.»

«Certo.» Walter doveva sempre ricordarsi del fatto che le opinioni di Anton erano distorte dall"odio, ma in quel caso non aveva tutti i torti. Walter non odiava bensì temeva lo zar, che poteva disporre del più grande esercito del mondo. Bisognava sempre tenerlo presente in ogni discussione relativa alla sicurezza della Germania: era come abitare vicino a uno che avesse un gigantesco orso alla catena in giardino.

«Cosa farà lo zar?»

«Dipende dall"Austria.»

Walter represse un moto di impazienza. Tutti erano in attesa di capire cosa avrebbe fatto l"imperatore austriaco: lui doveva fare qualcosa, perché l"arciduca assassinato sarebbe stato il suo erede al trono. Walter sperava di apprendere le sue intenzioni quella stessa mattina dal cugino Robert. Come tutta l"élite austriaca, Robert faceva parte del ramo cattolico della famiglia e proprio in quel momento si trovava a messa nella cattedrale di Westminster. Walter lo avrebbe incontrato a pranzo; nel frattempo doveva sapere qualcosa di più sui russi.

Cercò di essere paziente e, in attesa di un secondo inno, alzò lo sguardo per studiare le stravaganti volte a botte dorate disegnate da Wren.

La congregazione intonò Rock of Ages. «Supponiamo che ci sia uno scontro nei Balcani: la Russia se ne terrà fuori?»

«No, lo zar non può stare a guardare se la Serbia viene attaccata.»

Walter rabbrividì: era esattamente l"escalation che temeva. «Sarebbe una follia dichiarare guerra per questo!»

«È vero. Ma i russi non possono permettere che l"Austria controlli la regione dei Balcani: devono proteggere la via del Mar Nero.»

Niente da eccepire: per la maggior parte il traffico delle esportazioni russe – mais dalle piantagioni del Sud e petrolio dai pozzi attorno a Baku – partiva dai porti del Mar Nero.

«Tuttavia» continuò Anton «lo zar raccomanda a tutti di muoversi con prudenza.»

«In poche parole, la sua mente è un po" confusa.»

«Sempre che abbia una mente.»

Walter annuì. Lo zar non brillava per intelligenza. Il suo sogno era riportare la Russia ai fasti del diciassettesimo secolo, ed era tanto stupido da crederlo possibile.

Come se re Giorgio V avesse voluto ricreare la “Ridente Inghilterra” di Robin Hood.

Non essendo lo zar un esempio di razionalità, era incredibilmente difficile prevedere come si sarebbe comportato.

Nel corso dell"ultimo inno lo sguardo di Walter si posò su Maud, seduta due file più avanti sul lato opposto. Le osservò ammirato il profilo mentre cantava con impegno.

L"incertezza delle informazioni di Anton lo snervava e accresceva la sua preoccupazione. «D"ora innanzi bisogna che ci vediamo tutti i giorni» disse.

Anton fu preso dal panico. «Impossibile! È troppo rischioso.»

«Ma il quadro cambia di ora in ora.»

«Domenica prossima, di mattina. Smith Square.»

Il guaio era che sulle spie idealiste non si poteva esercitare alcuna influenza, pensò Walter frustrato. D"altro canto chi faceva la spia per denaro non sempre era affidabile; ti avrebbe raccontato ciò che volevi sentire nella speranza di ottenere una ricompensa. Invece, se Anton diceva che lo zar tentennava, potevi essere certo che lo zar non aveva preso alcuna decisione.

«Incontriamoci una volta a metà settimana» lo scongiurò Walter mentre l"inno volgeva al termine.

Anton non rispose e, invece di rimettersi a sedere, scivolò fuori dal banco per uscire dalla chiesa.

«Maledizione» imprecò Walter a bassa voce, e il bambino accanto gli lanciò uno sguardo carico di disapprovazione.

Terminata la funzione, si trattenne sul sagrato a salutare i conoscenti fino all"arrivo di Maud, che uscì dalla chiesa insieme a Fitz e Bea. Era di una grazia celestiale nel suo raffinato abito grigio di velluto operato, con il soprabito in crespo di una tonalità più scura. Non era un colore molto femminile, forse, ma metteva in risalto la sua bellezza statuaria e sembrava farle risplendere la pelle. Walter strinse la mano a tutti; avrebbe tanto desiderato poter restare qualche minuto solo con lei. Scambiò alcuni convenevoli con Bea, che indossava una creazione d"alta moda rosa confetto con pizzo color panna, e concordò con Fitz quando questi, con aria solenne, definì l"assassinio un “brutto affare”. Poi i Fitzherbert si avviarono e Walter temette di aver perso la sua occasione; ma all"ultimo momento Maud mormorò: «Sarò al tè della duchessa». Walter sorrise alla sua schiena elegante. Si erano visti il giorno precedente e si sarebbero rivisti l"indomani, eppure l"idea di non stare con lei anche quel giorno stesso lo aveva terrorizzato. Era dunque incapace di trascorrere ventiquattr"ore senza Maud? Non si reputava un debole, ma piuttosto la vittima di un incantesimo al quale non aveva alcuna intenzione di sottrarsi.

Ciò che più lo attraeva di lei era lo spirito indipendente. Le donne della sua generazione sembravano in larga parte felici di ricoprire il ruolo passivo che la società assegnava loro, cioè quello di vestirsi con eleganza, organizzare ricevimenti e obbedire al marito. Il tipo servizievole annoiava Walter. Maud era più simile alle donne che aveva conosciuto durante la sua permanenza all"ambasciata tedesca a Washington: raffinate, affascinanti ma non sottomesse. Essere amato da una donna del genere gli suscitava un"euforia quasi incontenibile.

Percorse a passo sostenuto Piccadilly e si fermò al chiosco dei giornali. Non era mai piacevole leggere i quotidiani britannici, per la maggior parte ferocemente antitedeschi, in particolare il fazioso “Daily Mail”. Facevano credere alla gente di essere circondata da spie tedesche. Come avrebbe voluto che fosse vero! Walter disponeva al massimo di una decina di informatori dislocati sui moli di varie città costiere incaricati di prendere nota di chi arrivava e partiva, esattamente come i britannici nei porti tedeschi: niente a che vedere con le migliaia di spie denunciate dagli isterici direttori dei quotidiani.

Comprò una copia del “People”. La notizia del giorno non era quella dei disordini nei Balcani: i britannici erano più preoccupati dalla questione irlandese. Una minoranza di protestanti dominava il paese da centinaia di anni, con scarsi riguardi verso la maggioranza cattolica. Se l"Irlanda avesse conquistato l"indipendenza, i ruoli si sarebbero invertiti; entrambe le parti erano bene armate e si rischiava la guerra civile.

Un solo paragrafo in fondo alla prima pagina era dedicato alla “Crisi austro-serba”.

Come al solito, i giornali non avevano idea di cosa stesse accadendo realmente.

Mentre Walter entrava all"hotel Ritz, Robert saltò giù da un"auto pubblica.

Indossava panciotto e cravatta neri in segno di lutto per l"arciduca. Robert faceva parte dell"entourage di Francesco Ferdinando, un gruppo di progressisti secondo i parametri della corte viennese, ma assolutamente conservatori secondo altri criteri di valutazione. Walter sapeva che il cugino aveva sempre avuto molta simpatia e rispetto per la vittima dell"omicidio e la sua famiglia.

Lasciarono il cilindro al guardaroba ed entrarono in sala da pranzo. Walter si sentiva protettivo nei confronti di Robert. Fin dall"adolescenza sapeva che era diverso. La gente rozza definiva effeminati quelli come lui, ma Robert non era una donna in un corpo maschile. Tuttavia aveva molti aspetti femminili che inducevano Walter a trattarlo con una sorta di contenuta cavalleria.

Si somigliavano – stessi lineamenti regolari e occhi nocciola -, ma Robert portava i capelli più lunghi e i baffi incerati e arricciati. «Come va con Lady M?» chiese mentre sedevano.

Walter si era confidato con lui, che sapeva esperto di amori proibiti. «È

meravigliosa, ma a mio padre non va giù che lavori in un ambulatorio dei bassifondi con un medico ebreo.»

«Oh, che peccato» commentò Robert. «Capirei le sue obiezioni se lei stessa fosse ebrea.»

«Speravo che un po" alla volta, incontrandola in società e rendendosi conto che è in buoni rapporti con gli uomini più potenti del paese, si potesse intiepidire nei suoi confronti; ma non funziona.»

«Sfortunatamente la crisi nei Balcani non fa che accrescere la tensione nelle…»

Robert sorrise. «Come dire… nelle relazioni internazionali.»

Walter si sforzò di ridere. «Troveremo una soluzione, qualsiasi cosa accada.»

Robert tacque, ma la sua espressione lasciava trapelare molti dubbi.

Davanti a un piatto di agnello gallese con patate al prezzemolo, Walter riferì a Robert le incerte e scarse informazioni ottenute da Anton.

Robert ne aveva a sua volta. «Abbiamo appurato che gli assassini hanno ricevuto armi e bombe dalla Serbia.»

«Oh, diavolo» commentò Walter.

Robert diede sfogo alla propria rabbia. «Le armi sono state fomite dal capo dello spionaggio militare serbo. Gli assassini erano stati addestrati al tiro in un parco di Belgrado.»

«A volte gli agenti segreti operano autonomamente.»

«Spesso. E visto che lavorano nella massima segretezza, è facile per loro farla franca.»

«Quindi questo non prova che sia stato il governo serbo a organizzare l"attentato.

E, se ci ragioni un attimo, per una nazione piccola come la Serbia, che cerca con tutte le forze di mantenersi indipendente, sarebbe una follia provocare il suo potente vicino.»

«È anche possibile che lo spionaggio serbo abbia agito contro la volontà del governo» concesse Robert. Poi però aggiunse deciso: «Comunque non fa alcuna differenza. L"Austria deve intervenire contro la Serbia».

Era proprio come temeva Walter. La faccenda non si poteva più considerare semplicemente un crimine di cui dovevano occuparsi polizia e tribunali. Gli eventi avevano assunto una dimensione tale che ora un impero doveva punire una piccola nazione. L"imperatore austriaco Francesco Giuseppe ai suoi tempi era stato un grande uomo: conservatore, molto religioso, ma anche un leader forte. Ora però aveva ottantaquattro anni, e l"età non lo aveva reso meno autoritario né meno codino. La vecchiaia autorizzava uomini del genere a credersi depositari del sapere. Il padre di Walter era uguale.

“Il mio destino è nelle mani di due sovrani” pensò Walter. “Lo zar e l"imperatore.

L"uno è stupido, l"altro decrepito, eppure controllano il destino di Maud, il mio e quello di svariati milioni di altri europei. Un bell"argomento contro la monarchia!” Durante il dessert rifletté intensamente. Quando arrivò il caffè, espose il suo pensiero ottimistico. «Presumo che il vostro intento sia dare una bella lezione alla Serbia senza coinvolgere nessun altro paese.»

Robert si affrettò a raffreddare le sue speranze. «Al contrario» disse. «Il mio imperatore ha scritto una lettera personale al tuo Kaiser.»

Walter era allibito. Non aveva sentito niente al riguardo. «Quando?»

«È stata consegnata ieri.»

Come tutti i diplomatici, Walter odiava che i monarchi si parlassero direttamente piuttosto che attraverso i loro ministri. A quel punto poteva succedere di tutto.

«Cos"ha scritto?»

«Che la Serbia deve essere eliminata come potenza politica.»

«No!» Era peggio di quanto temesse. «Ha davvero intenzione di farlo?» domandò sconvolto.

«Dipende tutto dalla risposta.»

Walter corrugò la fronte. L"imperatore Francesco Giuseppe chiedeva l"appoggio del Kaiser Guglielmo: quello era il punto focale della lettera. Data l"alleanza tra i loro due paesi, il Kaiser era obbligato a dimostrare la propria solidarietà; tuttavia poteva esprimersi in termini entusiastici o poco convinti, incoraggianti o cauti.

«Confido che la Germania sosterrà l"Austria, qualunque sia la decisione dell"imperatore» disse Robert in tono grave.

«Non vorrai certo che la Germania attacchi la Serbia!»

Robert si risentì. «Noi vogliamo la rassicurazione che la Germania rispetti i suoi obblighi in quanto nostra alleata.»

Walter si sforzò di non perdere la pazienza. «Il problema è che ragionando in questo modo si alza la posta: la Russia potrebbe far girare la voce del suo sostegno alla Serbia e incoraggiare l"aggressione. La cosa più ragionevole da fare è calmare le acque.»

«Non credo di essere d"accordo» commentò Robert, rigido. «L"Austria ha subito un colpo durissimo e l"imperatore non può dare l"impressione di prenderla alla leggera. Chi sfida il gigante deve essere distrutto.»

«Cerchiamo di dare le giuste proporzioni alla faccenda.»

Robert alzò la voce. «L"erede al trono è stato assassinato!» Sentendo parlare tedesco in toni tanto accesi, un cliente al tavolo vicino lo guardò perplesso. Robert addolcì la voce ma non l"espressione. «Non venirmi a parlare di proporzioni.»

Walter cercò di nascondere i suoi sentimenti: per la Germania era sicuramente stupido e pericoloso farsi coinvolgere in quella sciocca contesa, ma dirlo a Robert non sarebbe servito a nulla. Il suo compito era raccogliere informazioni, non mettersi a litigare. «Ho capito» tagliò corto. «A Vienna la pensano tutti come te?»

«A Vienna sì. Tisza, invece, si oppone.» Istvàn Tisza era il primo ministro ungherese, ma sottoposto all"imperatore d"Austria. «In alternativa propone l"accerchiamento diplomatico della Serbia.»

«Meno sensazionale, ma anche meno rischioso» osservò cauto Walter.

«Troppo debole.»

Walter chiese il conto. Era profondamente scosso dalle parole di Robert, tuttavia non voleva che tra loro si creassero attriti. La fiducia reciproca e la solidarietà non dovevano venire meno. Fuori, sul marciapiede, gli strinse la mano e gli prese il gomito in un gesto di fermo cameratismo. «Qualsiasi cosa accada, dobbiamo rimanere uniti, cugino» disse. «Siamo alleati e lo saremo sempre.» Lasciò decidere a Robert se si stesse riferendo a loro due o ai loro paesi. Si separarono da amici.

Walter attraversò Green Park a passo spedito. I londinesi si godevano il sole, ma sopra la sua testa si era addensata una nube di sconforto. Aveva sperato che Russia e Germania si tenessero fuori dalla crisi dei Balcani, invece le cose apprese fino a quel punto facevano presagire uno scenario ben diverso e inquietante. Giunto a Buckingham Palace, svoltò a sinistra e percorse il Mall per raggiungere l"ingresso sul retro dell"ambasciata tedesca.

Il padre aveva lì un ufficio che utilizzava una settimana su tre. Appeso alla parete c"era un ritratto del Kaiser Guglielmo e sulla scrivania una fotografia incorniciata di Walter in uniforme da tenente. Otto collezionava ceramiche inglesi e adorava andare a caccia di oggetti insoliti; in quel momento ne aveva in mano uno. Osservandolo con maggiore attenzione, Walter vide che era una fruttiera color crema a forma di cestino con i bordi bucherellati. Conoscendo i gusti del padre, suppose fosse del Settecento.

Otto era in compagnia di Gottfried von Kessel, l"attaché culturale che Walter detestava. L"uomo aveva capelli folti e scuri, pettinati con la scriminatura laterale, e portava occhiali con spesse lenti. Era coetaneo di Walter e anche suo padre lavorava nei servizi diplomatici ma, nonostante quei punti in comune, i due non erano amici.

Walter lo reputava un leccapiedi.

Salutò Gottfried con un cenno del capo e si sedette. «L"imperatore austriaco ha scritto al Kaiser.»

«Lo sappiamo già» si affrettò a ribattere seccamente Gottfried; la metteva sempre sulla più bieca competizione.

Walter lo ignorò e si rivolse al padre. «Sicuramente quella del Kaiser sarà una risposta amichevole, ma molto dipende dalle sfumature.»

«Sua maestà non si è ancora confidato con me.»

«Però lo farà.»

Otto annuì. «È il genere di cose su cui a volte mi interpella.»

«E se raccomanda prudenza, potrebbe persuadere gli austriaci a essere meno bellicosi.»

«Perché dovrebbe?» intervenne Gottfried.

«Per evitare alla Germania di essere trascinata in guerra per un territorio senza alcun valore come la Serbia!»

«Di cosa hai paura?» fece Gottfried sprezzante. «Dell"esercito serbo?»

«Ho paura dell"esercito russo, e dovresti averne anche tu. È il più grande della storia…»

«Lo so.»

Walter ignorò l"interruzione. «In teoria lo zar può mettere in campo sei milioni di uomini in poche settimane…»

«Lo so…»

«… e cioè più dell"intera popolazione della Serbia.» «Lo so.»

Walter sospirò. «Sembri sapere tutto, von Kessel. Sai anche dove gli assassini si siano procurati armi e bombe?»

«Dai nazionalisti slavi, presumo.»

«Quali in particolare?»

«Chi lo sa?»

«Gli austriaci lo sanno, a quanto pare. Sono convinti che le armi provengano dal capo dello spionaggio serbo.»

«Questo provocherà la vendetta dell"Austria» brontolò sorpreso Otto.

«L"Austria ha ancora il suo imperatore: alla fine sarà solo lui a decidere se entrare in guerra» disse Gottfried.

Walter annuì. «Non che un imperatore asburgico abbia mai avuto bisogno di tante scuse per agire con brutalità e ferocia.»

«In che altro modo si può governare un impero?»

Walter non abboccò. «A parte il primo ministro ungherese, che non ha molto peso, pare non vi siano altri a raccomandare prudenza. Toccherà a noi.» Si alzò. Aveva riportato le informazioni raccolte e non voleva rimanere un minuto di più in presenza di quell"indisponente di Gottfried. «Padre, se vuoi scusarmi, andrei al tè della duchessa del Sussex, per cercare di capire cos"altro si dice in giro.»

«Gli inglesi non vanno in visita di domenica» commentò Gottfried.

«Sono stato invitato.» Walter uscì prima di perdere le staffe.

Prese Mayfair in direzione di Park Lane, dove si trovava il palazzo del duca del Sussex. Il duca non ricopriva ruoli di governo, ma la duchessa teneva un salotto politico. Quando Walter era arrivato a Londra in dicembre, Fitz lo aveva presentato alla duchessa, che si era preoccupata di procurargli inviti ovunque.

Entrò in salotto, si inchinò e le strinse la mano grassoccia. «Tutta Londra vuole sapere cosa accadrà in Serbia, così, anche se è domenica, sono venuto a chiederlo a lei, sua grazia.»

«Non scoppierà una guerra» disse la duchessa senza cogliere il suo tono ironico.

«Si accomodi e prenda un tè. Ovviamente per il povero arciduca e la moglie è una tragedia, e senza dubbio i colpevoli devono essere puniti, ma sarebbe sciocco pensare che grandi nazioni come Germania e Gran Bretagna entrino in guerra per la Serbia.»

Walter avrebbe voluto essere fiducioso come lei. Avvicinò una sedia a Maud, che gli sorrise allegra, e a Lady Hermia, che

lo salutò con un cenno del capo. Nella stanza si trovava una decina di persone, compreso Winston Churchill, primo Lord dell"Ammiragliato. L"arredamento era all"insegna della ridondanza: mobili pesanti, ricchi tessuti con decine di disegni diversi, ninnoli, fotografie incorniciate, vasi di erbe secche a coprire ogni superficie.

Un cameriere porse a Walter una tazza di tè e gli offrì latte e zucchero.

Walter era felice di essere accanto a Maud ma, come sempre, voleva di più e cominciò subito a chiedersi se fosse possibile trovare un modo di appartarsi con lei, anche solo per uno o due minuti.

«Il problema, ovviamente» disse la duchessa «è la debolezza dei turchi.»

Quella vecchia pomposa aveva ragione, pensò Walter. L"impero ottomano era in declino perché il clero musulmano conservatore ne impediva la modernizzazione. Per secoli il sultano turco aveva mantenuto l"ordine nella penisola balcanica, dalla costa mediterranea della Grecia verso nord fino all"Ungheria; ma ora, decennio dopo decennio, l"impero si stava ritirando. Le grandi potenze limitrofe, Austria e Russia, cercavano di colmare

il vuoto. Tra l"Austria e il Mar Nero c"erano Bosnia, Serbia e Bulgaria, l"una in fila all"altra. Sei anni prima l"Austria aveva preso il controllo della Bosnia e adesso era ai ferri corti con la Serbia, proprio nel mezzo. Ai russi bastava guardare la carta geografica per capire che la Bulgaria sarebbe stata la successiva tessera del domino e che l"Austria poteva estendere il suo controllo fino alla costa occidentale del Mar Nero, minacciando il commercio internazionale russo.

Nel frattempo le popolazioni soggiogate dall"impero austriaco cominciavano a prendere in considerazione l"indipendenza: e quello era stato il motivo per cui un nazionalista bosniaco, Gavrilo Princip, aveva sparato all"arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo.

«Per la Serbia è una tragedia» disse Walter. «Arrivo a pensare che il primo ministro sia pronto a buttarsi nel Danubio.»

«Intende dire nel Volga?» intervenne Maud.

Walter la guardò, felice della scusa per mangiarsela con gli occhi. Indossava un abito da pomeriggio: gonna lunga blu reale, camicetta di pizzo rosa e cappello di feltro rosa con pompon blu. «Assolutamente no, Lady Maud.»

«Il Volga attraversa Belgrado, che è la capitale della Serbia» ribadì lei.

Walter stava per insistere, ma esitò. Maud sapeva benissimo che il Volga distava quasi duemila chilometri da Belgrado. Cosa aveva in mente? «Mi spiace contraddire una persona bene informata come lei, Lady Maud, tuttavia…»

«Andiamo a verificare sull"atlante. Il duca, mio zio, possiede una delle più grandi biblioteche di Londra.» Si alzò. «Venga con me e le dimostrerò che ha torto.»

Per una giovane di buona famiglia quello era un comportamento audace. La duchessa storse la bocca.

Walter mimò la resa stringendosi nelle spalle e seguì Maud verso la porta.

Per un attimo sembrò che Lady Hermia volesse accodarsi ma, piacevolmente sprofondata com"era in una poltrona di velluto imbottito – piattino e tazza di tè in mano, piatto nel grembo -, muoversi rappresentava uno sforzo eccessivo. «Torna presto» disse tranquilla e infilò in bocca un altro pezzo di torta. Finalmente erano fuori da quella sala.

Maud precedette Walter nell"atrio presidiato da due valletti impettiti come sentinelle. Si fermò davanti a una porta e attese che lui l"aprisse. Entrarono.

La stanza era silenziosa e non c"era nessuno. Maud si buttò fra le sue braccia e Walter la strinse forte premendola contro di sé. «Ti amo» disse lei sollevando il mento e baciandolo con passione.

Si staccò dopo un minuto, ansimante. Walter la guardava, in adorazione. «Sei una temeraria a sostenere che il Volga attraversa Belgrado!»

«Ha funzionato, no?»

Lui scosse la testa con ammirazione. «A me non sarebbe mai venuto in mente. Sei proprio in gamba.»

«Ci serve un atlante» fece lei. «In caso entri qualcuno.»

Walter passò in rassegna gli scaffali. Era la biblioteca di un collezionista piuttosto che di un lettore. Tutti i libri erano finemente rilegati e per la maggior parte sembravano non essere mai stati aperti. Da alcuni testi di consultazione, riposti in un angolo, estrasse un atlante e trovò la mappa dei Balcani.

«Questa crisi» disse Maud preoccupata «alla lunga… non finirà per separarci, vero?»

«No, se riesco a evitarlo» rispose Walter.

Per non essere visti da chi fosse entrato all"improvviso, Walter l"attirò dietro uno scaffale e riprese a baciarla. Quel pomeriggio Maud era particolarmente eccitata e, mentre lo baciava, gli accarezzava le spalle, le braccia e la schiena. Si interruppe per un attimo. «Alzami la gonna» sussurrò.

Lui deglutì: era sempre stato il suo sogno a occhi aperti. Afferrò la gonna e la sollevò.

«Anche le sottovesti» disse lei. Walter affondò le mani nelle stoffe. «Non stropicciarle.» Lui cercò allora di spostare gli indumenti con delicatezza, ma gli scivolavano fra le dita. Impaziente, Maud si chinò e, afferrate per l"orlo la gonna e le sottovesti, le alzò fino alla vita. «Toccami» disse fissandolo negli occhi.

Benché preoccupato che arrivasse qualcuno, Walter si abbandonò all"amore e al desiderio. Le posò la mano destra sull"inguine… e trasalì: in quel punto era nuda.

L"idea che Maud avesse pensato in anticipo di dargli quel piacere accrebbe il suo ardore. L"accarezzò con delicatezza, mentre lei si inarcò con uno scatto contro la sua mano, e lui aumentò la pressione.

«Così va bene» disse Maud. Walter chiuse gli occhi. «Guardami, tesoro, ti prego, guardami mentre lo fai» lo supplicò, e lui obbedì. Maud, accaldata in viso, respirava a bocca socchiusa; gli afferrò la mano e lo guidò come lui aveva fatto con lei nel palco dell"opera. «Infilami il dito dentro» sussurrò appoggiandosi alla sua spalla. Lui avvertiva il calore del suo respiro attraverso i vestiti. Maud premette di nuovo il corpo contro la mano; poi ancora e ancora. Infine emise un piccolo suono gutturale, come il grido soffocato di una persona che sta sognando, e gli si abbandonò contro.

Walter sentì aprire la porta e Lady Hermia che chiamava. «Maud, vieni, è ora di congedarsi.»

Lui ritirò la mano e Maud si rassettò in fretta la gonna. «Temo di essermi sbagliata, zia Herm» disse poi con voce tremula. «Aveva ragione Herr von Ulrich… è il Danubio, non il Volga, che passa da Belgrado. Lo abbiamo appena visto sull"atlante.»

Si chinarono sul libro mentre Lady Hermia si avvicinava all"estremità dello scaffale. «Non ne dubitavo. Di solito gli uomini hanno ragione su questi argomenti: Herr von Ulrich è un diplomatico e di certo è ben informato su una grande quantità di cose di cui le donne possono fare a meno di preoccuparsi. Non dovresti metterti sempre a discutere, Maud.»

«Credo che tu abbia ragione» replicò la nipote con sconvolgente insincerità.

Lasciarono tutti insieme la biblioteca e, attraversato l"atrio, Walter tenne aperta la porta del salotto. Lady Hermia entrò per prima. Maud, alle sue spalle, incrociò lo sguardo di Walter. Lui sollevò la mano destra, poi infilò la punta del dito in bocca e la succhiò.

II

Non si poteva continuare così, pensò Walter mentre tornava all"ambasciata. Gli sembrava di essere uno studente di liceo. Maud aveva ventitré anni, lui ventotto, e dovevano ancora ricorrere ad assurdi sotterfugi per poter passare cinque minuti da soli. Era arrivato il momento di sposarsi.

Avrebbe dovuto chiedere il permesso a Fitz, diventato capofamiglia alla morte del padre. Di sicuro lui avrebbe preferito che Maud sposasse un inglese. Tuttavia si sarebbe probabilmente convinto: forse cominciava a preoccuparsi di non riuscire ad accasare quella sorella dallo spirito tanto indipendente.

No, il problema più grave era Otto. Secondo lui Walter doveva sposare una ragazza prussiana di buona famiglia, contenta di passare il resto della vita a sfornare eredi. Se voleva una cosa, Otto faceva di tutto per ottenerla e annientava senza alcun rimorso qualsiasi ostacolo sul suo cammino: per quello era diventato un bravo ufficiale dell"esercito. L"idea che il figlio avesse il diritto di scegliere la propria sposa senza interferenze o pressioni neppure lo sfiorava. Walter avrebbe preferito ricevere da parte sua incoraggiamento e sostegno; di certo non aspettava con ansia l"inevitabile scontro. A ogni buon conto, per lui l"amore era una forza molto più potente del rispetto filiale.

Era una domenica sul tardo pomeriggio, ma Londra pareva irrequieta. Il parlamento non era in seduta e i mandarini di Whitehall si trovavano nelle loro case fuori città, però la vita politica continuava nei palazzi di Mayfair, nei club esclusivi di St James e nelle ambasciate. Per strada Walter riconobbe parecchi deputati, un paio di sottosegretari del ministero degli Esteri e alcuni diplomatici europei. Si chiese se Sir Edward Grey, segretario di Stato britannico, fosse rimasto in città quel fine settimana invece di recarsi al suo adorato cottage nello Hampshire a osservare gli uccelli.

Walter trovò il padre dietro la scrivania, intento a leggere telegrammi decrittati.

«Forse questo non è il momento migliore per parlarti di me» esordì.

Otto emise una specie di grugnito e continuò la lettura.

Lui si buttò. «Sono innamorato di Lady Maud.»

Il padre alzò lo sguardo. «La sorella di Fitzherbert? Lo sospettavo. Hai tutta la mia solidarietà.»

«Sii serio, padre.»

«No, sii serio tu.» Otto sbatté le carte sulla scrivania. «Maud Fitzherbert è una femminista, una suffragetta e una dissidente. Non è la moglie adatta per nessuno, figuriamoci per un diplomatico tedesco di buona famiglia. Quindi il discorso è chiuso.»

Parole pesanti salirono alle labbra di Walter, ma lui strinse i denti e non perse il controllo. «È una donna meravigliosa, e

io la amo, perciò farai bene a parlarne in termini non offensivi, qualunque sia la tua opinione.»

«Io dico quello che penso» ribatté Otto senza riflettere. «È una persona orribile.»

Tornò ai suoi telegrammi.

Lo sguardo di Walter cadde sulla fruttiera color crema, un pezzo della preziosa collezione. «No» disse prendendo in mano

il cestino di ceramica. «Tu non lo dici quello che pensi.»

«Bada di non romperla.»

Adesso Walter aveva tutta l"attenzione del padre. «Io sono protettivo nei confronti di Lady Maud esattamente come tu lo sei con questo gingillo.»

«Gingillo? Se tu conoscessi il suo valore…»

«Solo che l"amore è più forte dell"avidità del collezionista, ovvio.» Walter lanciò in aria il fragile oggetto per poi afferrarlo con una mano. Il padre, angosciato, emise un grido inarticolato di protesta. «Per cui, quando parli male di lei» continuò Walter incurante «io mi sento come te quando credi che io abbia intenzione di lasciar cadere per terra questo… Solo, peggio.»

«Insolente di un…»

Walter lo interruppe alzando la voce. «Se continui a calpestare la mia sensibilità, sbriciolerò questo inutile pezzo di ceramica.»

«Va bene, hai espresso il tuo pensiero; ora posalo, per l"amor di Dio.»

Walter lo interpretò come un segnale di resa e rimise il soprammobile sul tavolino.

«C"è un"altra cosa di cui devi tenere conto» riprese Otto in tono malizioso «… se posso dirlo senza calpestare la tua sensibilità.»

«Sentiamo.»

«Lei è inglese.»

«Per l"amor di Dio!» gridò Walter. «Sono anni che tedeschi di buona famiglia sposano aristocratiche inglesi. Il principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha ha sposato la regina Vittoria… e suo nipote ora è re d"Inghilterra. E la regina d"Inghilterra era una Württemberg!»

Otto alzò la voce. «La situazione è cambiata! Gli inglesi sono decisi a limitare il nostro potere. Sono amici della Russia e della Francia, nostre avversarie. Sposeresti una nemica della tua madrepatria.»

Walter sapeva che quell"atteggiamento irrazionale era condiviso da tutta la vecchia guardia. «Perché mai dovremmo essere nemici?» disse esasperato. «Non c"è nessuna ragione.»

«Non ci permetteranno mai di competere ad armi pari.»

«Questo non è affatto vero!» Walter si rese conto di urlare e cercò di calmarsi. «Gli inglesi credono nel libero commercio… Ci consentono di vendere i nostri manufatti in tutto l"impero britannico.»

«Allora guarda un po" qui.» Otto buttò sulla scrivania il telegramma che stava leggendo. «Sua maestà il Kaiser ha chiesto la mia opinione.»

Walter lo prese. Era una bozza di risposta alla lettera personale dell"imperatore d"Austria. La lesse con crescente allarme. Terminava: “Pertanto l"imperatore Francesco Giuseppe sia certo che sua maestà si schiererà fedelmente al fianco dell"Austria-Ungheria, come previsto dagli obblighi della loro alleanza e antica amicizia”.

«Ma questo dà all"Austria carta bianca! Quindi possono fare quello che vogliono e noi li sosterremo!»

«Con qualche riserva.»

«Non molte. È già stata inviata?»

«No, ma ha il via libera. Partirà domani.»

«Si può fermarla?»

«No, e non lo vorrei neppure.»

«Ma ci impegna a sostenere l"Austria in una guerra contro la Serbia.»

«Non è una brutta cosa.»

«Noi non vogliamo la guerra» protestò Walter. «A noi servono scienza, industria, commercio. La Germania deve ammodernarsi, diventare liberale, crescere. Vogliamo pace e prosperità.» E, mentalmente, aggiunse: “Vogliamo un mondo in cui un uomo possa sposare la donna che ama senza essere accusato di tradimento”.

«Ascoltami» disse Otto. «Abbiamo nemici potenti su entrambi i versanti, la Francia a ovest e la Russia a est… che sono in rapporti strettissimi. Non possiamo combattere una guerra su due fronti.»

Walter lo sapeva. «È per questo che è stato ideato il Piano Schlieffen» replicò. «Se saremo costretti a entrare in guerra, dovremo prima di tutto invadere la Francia mettendo in campo tutte le nostre risorse. Dopo aver ottenuto la vittoria nel giro di qualche settimana, con l"Occidente sicuro, affronteremo la Russia a est.»

«È la nostra unica speranza» commentò Otto. «Ma quando l"esercito tedesco ha adottato quel piano, nove anni fa, il Servizio informazioni militare ci aveva riferito che per mobilitarsi la Russia avrebbe impiegato quaranta giorni, il che ci concedeva quasi sei settimane per conquistare la Francia. Ma da allora la Russia ha migliorato le linee ferroviarie, con i soldi avuti in prestito dai francesi!» Otto batté il pugno sulla scrivania, come a voler schiacciare la Francia. «Se la mobilitazione dell"esercito russo impiega meno tempo, il Piano Schlieffen diventa più rischioso. E questo significa…» aggiunse puntando il dito contro Walter in modo teatrale «che prima entriamo in guerra, meglio è per la Germania!»

«No!» Perché il vecchio non riusciva a capire quanto fosse pericoloso quel modo di pensare? «Significa che per dispute di minore importanza noi dobbiamo trovare soluzioni pacifiche.»

«Soluzioni pacifiche?» Otto scosse la testa con l"aria di chi la sa lunga. «Tu sei un giovane idealista e pensi che esista una risposta a ogni domanda.»

«Tu vuoi la guerra» disse Walter incredulo. «La vuoi proprio.»

«Nessuno vuole la guerra. Ma a volte è meglio di qualsiasi alternativa.»

III

Maud aveva ereditato dal padre una piccola rendita – trecento sterline all"anno –

appena sufficiente per rifornire il guardaroba di abiti da sera per la stagione. A Fitz erano toccati il titolo, le terre, le proprietà e quasi tutto il denaro. Così funzionava il sistema inglese, ma non era quello a infastidire Maud, che dava poca importanza al denaro e non aveva neppure bisogno delle trecento sterline, visto che il fratello, che considerava la parsimonia poco signorile, faceva fronte senza discutere a ogni sua spesa.

Ciò che davvero le bruciava era la mancanza di istruzione. A diciassette anni aveva annunciato l"intenzione di andare all"università scatenando l"ilarità generale. Aveva allora scoperto che per essere ammessi bisognava venire da una buona scuola e superare degli esami. Maud non era mai stata a scuola e, anche se era in grado di parlare di politica con le massime autorità del suo paese, le istitutrici e i precettori che si erano avvicendati nella sua educazione non le avevano fornito le conoscenze fondamentali per superare un qualsivoglia esame. Aveva pianto di rabbia per giorni e ancora bastava quel pensiero a renderla di pessimo umore. Era quello il motivo per cui era diventata una suffragetta: comprendeva che le bambine non avrebbero mai ricevuto un"istruzione decente finché le donne non avessero ottenuto il diritto di voto.

Si era chiesta spesso perché mai le donne si sposassero. Si consegnavano a una vita di schiavitù e che cosa ottenevano in cambio? Ora conosceva la risposta. Mai aveva provato un sentimento tanto intenso come l"amore per Walter, e quello che faceva con lui per esprimerlo le procurava il più delizioso dei piaceri. Potersi toccare a vicenda in quel modo tutte le volte che

lo desideravano sarebbe stato il paradiso. Era pronta a rendersi schiava tre volte, se quello era il prezzo.

Ma la schiavitù non era il prezzo, almeno non con Walter. Quando gli aveva chiesto se riteneva che una moglie dovesse sempre e immancabilmente obbedire al marito, lui le aveva risposto: “Certo che no. Non vedo cosa c"entri l"obbedienza. Due adulti che si amano dovrebbero essere in grado di decidere insieme, senza che uno debba sottostare all"altro”.

Maud trascorreva molto tempo a pensare alla loro vita insieme. Per qualche anno lui probabilmente sarebbe passato da un"ambasciata all"altra e avrebbero viaggiato per il mondo: Parigi, Roma, Budapest; forse perfino posti più lontani come Addis Abeba, Tokyo, Buenos Aires. Le tornava in mente la storia di Rut nella Bibbia:

“Dove andrai tu, andrò anch"io”. I loro figli avrebbero imparato a trattare le donne come uguali e le figlie sarebbero cresciute indipendenti e determinate. Alla fine si sarebbero forse stabiliti a Berlino per permettere loro di frequentare le scuole tedesche. A un certo punto Walter avrebbe sicuramente ereditato Zumwald, la tenuta che il padre possedeva nella Prussia orientale. Poi, diventati vecchi, con i figli ormai adulti, avrebbero trascorso più tempo in campagna, a passeggiare mano nella mano per la proprietà, a leggere l"uno accanto all"altra la sera e a riflettere su quanto fosse cambiato

il mondo dai tempi della loro gioventù.

Maud non riusciva quasi a pensare ad altro. Seduta nel suo ufficio nell"ambulatorio della Calvary Gospel Hall, fissava il prezzario delle forniture mediche e ricordava come Walter si era succhiato la punta del dito sulla soglia del soggiorno della duchessa. La sua distrazione non passava più inosservata: il dottor Greenward le chiedeva spesso se stava bene e zia Herm le diceva di svegliarsi.

Cercò di concentrarsi sul modulo per l"ordinazione, ma stavolta fu interrotta da un colpetto alla porta.

Zia Herm fece capolino. «Una persona chiede di vederti.» Pareva alquanto in soggezione mentre le porgeva un biglietto da visita.

GENERALE OTTO VON ULRICH

ATTACHÉ

AMBASCIATA DELL’IMPERO TEDESCO

CARLTON HOUSE TERRACE, LONDRA

«Il padre di Walter!» esclamò Maud. «Come mai…?»

«Che cosa devo dirgli?» si informò zia Herm.

«Chiedigli se gradisce un tè o uno sherry e fallo accomodare.»

Von Ulrich era vestito formalmente con una redingote nera dai risvolti di raso, panciotto di piqué bianco e calzoni a righe. Il viso roseo era sudato per la calura estiva. Più in carne di Walter, e non altrettanto bello, gli assomigliava però nella postura eretta, militaresca.

Maud fece appello all"abituale disinvoltura. «Mio caro Herr von Ulrich, è qui per una visita formale?»

«Desidero parlarle di mio figlio.» Il suo inglese era fluente quasi quanto quello di Walter, ma appesantito da un accento che il figlio non aveva.

«È gentile da parte sua venire al dunque senza tanti giri di parole» replicò Maud con una vena di ironia che lui non colse. «Prego, si accomodi. Lady Hermia le farà portare qualcosa da bere.»

«Walter viene da un"antica famiglia aristocratica.»

«Anch"io» fece Maud.

«Siamo tradizionalisti, conservatori, molto religiosi… alquanto antiquati, forse.»

«Proprio come la mia famiglia.»

Non stava andando come Otto aveva previsto. «Noi siamo prussiani» fece presente in un tono venato di esasperazione.

«Ah.» Maud parve per un attimo presa in contropiede. «Mentre noi, ovviamente, siamo anglosassoni.»

Stava parando ogni colpo, come se quella non fosse altro che una schermaglia intellettuale, ma sotto sotto era spaventata. Perché era andato lì? Con quale scopo?

Era ostile, lo avvertiva: di sicuro quell"uomo non stava dalla sua parte. Con grande dispiacere comprese che avrebbe cercato di frapporsi tra lei e Walter.

Comunque Otto non aveva intenzione di farsi confondere dalla sua arguzia.

«Germania e Gran Bretagna sono ai ferri corti,

e la Gran Bretagna si sta alleando con i nostri nemici, la Russia e la Francia, il che rende lei una nostra avversaria.»

«Mi rattrista che lei la veda in questo modo. Per molti non è così.»

«Alla verità non si arriva attraverso una votazione.»

Maud percepì di nuovo l"asprezza del suo tono. Quell"uomo era abituato a essere ascoltato senza ricevere critiche, in particolare dalle donne.

L"infermiera del dottor Greenward arrivò con il tè su un vassoio. Otto rimase in silenzio finché, dopo averlo versato, la donna uscì. «È possibile che entreremo in guerra nel giro di poche settimane. Se non combatteremo per la Serbia, ci sarà di certo un altro casus belli. Prima o poi, Gran Bretagna e Germania dovranno contendersi la supremazia in Europa.»

«Mi dispiace che lei sia tanto pessimista.»

«Molti condividono la mia posizione.»

«Ma alla verità non si arriva attraverso una votazione.»

Otto parve seccato. Evidentemente si era aspettato che lei restasse seduta in silenzio ad ascoltare il suo pomposo eloquio. Non gli piaceva essere schernito.

«Farebbe meglio a prestarmi attenzione. Le sto dicendo una cosa che avrà delle ripercussioni sulla sua vita. La maggior parte dei tedeschi considera la Gran Bretagna una nazione ostile. Pensi alle conseguenze se Walter dovesse sposare un"inglese.»

«Ci ho pensato, certo. Io e Walter ne abbiamo parlato a lungo.»

«In primo luogo, lui avrebbe la mia completa disapprovazione. Non sono disposto ad accogliere una nuora inglese nella mia famiglia.»

«Walter sente che il suo affetto paterno l"aiuterebbe a superare il rifiuto nei miei confronti, alla fine. Crede sia impossibile?»

«Secondo» continuò Otto ignorando la domanda «sarebbe considerato sleale verso il Kaiser. Gli uomini della sua classe sociale non lo vorrebbero più come amico. Lui e la moglie non sarebbero ricevuti nelle case più prestigiose.»

Maud si stava spazientendo. «Questo lo trovo difficile da credere. Di sicuro non

tutti i tedeschi sono di vedute tanto ristrette.»

Otto non parve cogliere il suo affondo offensivo. «Terzo, e ultimo, Walter farà carriera nel ministero degli Esteri e finirà senz"altro per distinguersi. L"ho mandato a scuola e all"università

in diversi paesi; parla un inglese perfetto e un russo passabile. Malgrado l"idealismo che tradisce la sua immaturità, è molto stimato dai superiori e il Kaiser gli ha parlato con benevolenza in più di un"occasione. Un giorno potrebbe diventare ministro degli Esteri.»

«È molto in gamba.»

«Ma se sposa lei, la sua carriera è finita.»

«Assurdo» commentò Maud, sconvolta.

«Mia cara signorina, ma non è ovvio? Non ci si può fidare di un uomo sposato con una persona che appartiene a un popolo nemico.»

«Ne abbiamo discusso. È evidente che la sua lealtà andrebbe alla Germania, e io lo amo abbastanza da accettarlo.»

«Potrebbe essere troppo preoccupato per la famiglia della moglie per essere totalmente leale verso il proprio paese. Anche se lui ignorasse con determinazione la parentela, la gente nutrirebbe dubbi sul suo conto.»

«Lei sta esagerando» disse Maud, cominciando a perdere ogni sicurezza.

«Di certo non potrebbe lavorare in un ambito che richieda segretezza. Gli altri non parlerebbero di questioni riservate in sua presenza. Sarebbe un uomo finito.»

«Non deve necessariamente stare nel Servizio informazioni militare. Può svolgere incarichi diplomatici di altro tipo.»

«La riservatezza è fondamentale in diplomazia, e poi c"è la mia posizione personale.»

Maud fu colta di sorpresa. Lei e Walter non avevano mai preso in considerazione la carriera di Otto.

«Io sono uno stretto confidente del Kaiser. Continuerebbe a nutrire la massima fiducia in me se mio figlio dovesse sposare una straniera, una nemica?»

«Dovrebbe per forza.»

«Forse sì, se io, con un"azione decisa e chiara, disconoscessi mio figlio.»

Maud trasalì. «Non farebbe mai una cosa del genere.»

Otto alzò la voce. «Sarei costretto!»

Lei scosse la testa. «Avrebbe pur sempre un"alternativa» disse disperata. «Un uomo ha sempre un"alternativa.»

«Io non sarei disposto a sacrificare tutto quello che mi sono guadagnato in termini di posizione, carriera, rispetto dei miei connazionali… per una ragazza» ribatté sprezzante.

Per Maud fu come ricevere uno schiaffo.

«Ma Walter sì, naturalmente» proseguì Otto.

«Cosa intende?»

«Se la sposa, Walter perderà la famiglia, la patria e la carriera; però sarebbe comunque pronto a farlo. Le ha dichiarato il suo amore senza pensare alle conseguenze, ma prima o poi si renderebbe conto di aver commesso un tragico errore.

Senza dubbio si considera fidanzato con lei, se pure non ufficialmente, e da quel gentiluomo che è terrà fede al suo impegno. “Avanti, rinnegami” mi dirà. Non vorrà certo comportarsi da vigliacco.»

«Proprio così.» Maud era disorientata. Quel vecchio detestabile vedeva la realtà più chiaramente di lei.

«Dunque tocca a lei rompere il fidanzamento.»

Maud ebbe l"impressione di ricevere una pugnalata.

«È il solo modo per salvarlo. Deve rinunciare a Walter.»

Lei fece per obiettare, ma poi si rese conto che Otto aveva ragione e non le venne in mente nulla da dire.

Otto si sporse a parlarle con implacabile insistenza. «Romperà con lui?»

Maud sentì le lacrime rigarle il viso. Sapeva cosa doveva fare. Non poteva rovinare la vita a Walter, neppure per amore. «Sì» singhiozzò. Aveva perso ogni dignità, ma non le importava. Il dolore era troppo grande. «Sì, romperò con lui.»

«Lo giura?»

«Sì, lo giuro.»

Otto si alzò. «Grazie di aver avuto la cortesia di ascoltarmi. Le auguro una buona giornata.» Le fece un inchino e uscì.

Maud affondò il viso tra le mani.