36

MARZO-APRILE 1919

Quando la neve si sciolse e la terra russa, fino allora dura come il ferro, si trasformò in una densa, spessa fanghiglia, le Armate bianche si impegnarono in uno sforzo poderoso per liberare il loro paese dalla maledizione del bolscevismo.

L"esercito di centomila uomini dell"ammiraglio Kolčak, equipaggiato in modo raffazzonato con armi e uniformi britanniche, si lanciò all"attacco dalla Siberia e piombò sui Rossi lungo un fronte che si sviluppava per più di millecento chilometri da nord a sud.

Fitz seguiva i Bianchi a pochi chilometri di distanza. Era al comando dei Compagni di Aberowen, più alcuni canadesi e qualche interprete. Il suo compito consisteva nell"aiutare Kolčak sovrintendendo alle comunicazioni, alle informazioni segrete e ai rifornimenti.

Fitz nutriva grandi speranze. Forse ci sarebbero state difficoltà, ma era inimmaginabile che a Lenin e Trockij venisse consentito di appropriarsi della Russia.

Era l"inizio di marzo e Fitz, che si trovava nella città di Ufa, sul versante europeo degli Urali, stava leggendo una mazzetta di quotidiani inglesi della settimana precedente. Le notizie da Londra erano contrastanti. Fitz era felicissimo che Lloyd George avesse nominato Winston Churchill ministro della Guerra: fra tutti i politici di primo piano, Winston era il più convinto sostenitore dell"intervento in Russia. Ma alcuni giornali appoggiavano la posizione opposta.

Fitz non era sorpreso del punto di vista espresso dal “Daily Herald” e dal “New Statesman”, che a suo parere erano pubblicazioni più o meno bolsceviche. Ma perfino sul conservatore “Daily Express” compariva un titolo che diceva: Ritiriamoci dalla Russia.

Sfortunatamente i giornali erano anche in possesso di dettagli precisi su ciò che stava succedendo. Sapevano addirittura che gli inglesi avevano aiutato Kolčak nel colpo di Stato che aveva abolito il direttivo e lo aveva fatto diventare capo supremo.

Ma dove ottenevano quelle informazioni? Fitz alzò gli occhi dal giornale. Era acquartierato nel collegio dell"istituto commerciale della città e il suo aiutante di campo sedeva alla scrivania di fronte alla sua. «Murray, la prossima volta che c"è un sacco di posta da spedire in patria, portalo a me.»

Era una procedura irregolare e Murray sembrò dubbioso. «Signore?»

Fitz decise che era meglio fornire una spiegazione. «Ho il sospetto che certe informazioni arrivino in Inghilterra da qui. Gli addetti alla censura devono essersi addormentati.»

«Forse pensano di poter allentare un po", ora che la guerra in Europa è finita.»

«Senza dubbio. Comunque voglio verificare se la falla è nel nostro tratto di conduttura.»

Sull"ultima pagina del quotidiano c"era la fotografia della donna che dirigeva la campagna “Giù le mani dalla Russia” e Fitz rimase sbalordito nel vedere che era Ethel. Aveva fatto la cameriera a Ty Gwyn ma ora, scriveva l"“Express”, era segretario generale del Sindacato nazionale dei lavoratori dell"abbigliamento.

Fitz aveva avuto molte donne dopo di lei, la più recente a Omsk, una stupenda russa bionda, annoiata amante di un grasso generale zarista troppo pigro e ubriaco per scoparsela. Ethel però si stagliava luminosa nella sua memoria. Si domandò come fosse il figlio che aveva avuto. Probabilmente Fitz aveva cinque o sei bastardi sparsi per il mondo, ma quello di Ethel era l"unico di cui sapesse con certezza.

Ed era proprio Ethel la persona che fomentava la protesta contro l"intervento in Russia. A quel punto Fitz capì da dove provenivano le informazioni: quel maledetto del fratello di Ethel era sergente nei Compagni di Aberowen. Era sempre stato un piantagrane e Fitz non aveva dubbi sul fatto che passasse notizie aggiornate alla sorella. “Bene” pensò. “Lo coglierò con le mani nel sacco e gliela farò pagare cara.” Nel corso delle settimane seguenti i Bianchi avanzarono rapidamente, disperdendo i Rossi, colti alla sprovvista perché avevano ritenuto il governo siberiano una forza ormai esaurita. Se gli uomini di Kolcak fossero riusciti a congiungersi con i loro sostenitori ad Arcangelo, nel Nord, e con l"armata di volontari di Denikin nel Sud, si sarebbe

formato

uno

schieramento

semicircolare,

una

scimitarra

lunga

millecinquecento chilometri che da est sarebbe avanzata irresistibilmente fino a Mosca.

Poi, alla fine di aprile, i Rossi contrattaccarono.

In quel momento Fitz si trovava a Buguruslan, una tetra cittadina cadente tra le foreste, circa duecento chilometri a est del Volga. Le poche costruzioni in pietra, le chiese e gli edifici municipali, erano in rovina e spuntavano sopra i tetti delle basse case di legno come erbacce in una discarica. Seduto in una grande stanza del municipio, Fitz esaminava i rapporti sugli interrogatori ai prigionieri insieme all"unità dei servizi segreti. Capì che qualcosa non andava solo quando guardò fuori dalla finestra e vide i malconci soldati dell"esercito di Kolcak sciamare lungo la strada principale della città nella direzione sbagliata. Mandò un interprete americano, Lev Peskov, a interrogare gli uomini in ritirata.

Peskov tornò con un resoconto deprimente. I Rossi avevano attaccato in forze da sud il troppo esteso fianco sinistro dell"armata di Kolčak in avanzata. Per evitare che le sue forze venissero tagliate in due, il locale comandante bianco, il generale Belov, aveva ordinato agli uomini di ritirarsi e riorganizzarsi.

Qualche minuto dopo venne fatto entrare per l"interrogatorio un disertore rosso, che sotto lo zar era stato colonnello. Ciò che disse inquietò Fitz. I Rossi erano stati colti di sorpresa dall"offensiva Kolcak, ammise il disertore, ma si erano riorganizzati ed erano stati equipaggiati e riforniti di nuovo in tempi molto rapidi. Trockij aveva dichiarato che l"Armata rossa doveva continuare l"offensiva a est. «Trockij pensa che, se i Rossi falliranno, l"Inghilterra e i suoi alleati riconosceranno Kolcak come capo supremo e a quel punto inonderanno la Siberia di uomini e rifornimenti.»

Era esattamente quello che Fitz sperava. Nel suo russo dal forte accento inglese domandò: «Quindi che cosa ha fatto Trockij?».

L"uomo parlò in fretta e Fitz capì la risposta solo quando ascoltò la traduzione di Peskov. «Trockij ha chiesto arruolamenti speciali di reclute al Partito bolscevico e ai sindacati. E la risposta è stata stupefacente. Ventidue province hanno inviato distaccamenti. Il comitato provinciale di Novgorod ha mobilitato metà dei suoi membri!»

Fitz cercò di immaginare Kolčak che otteneva una reazione simile dai suoi sostenitori. Non sarebbe mai successo.

Rientrò nel suo alloggio per preparare lo zaino. Fece a malapena in tempo: il suo reparto lasciò la città poco prima dell"arrivo dei Rossi e una manciata di uomini rimase addirittura indietro. Entro sera l"esercito occidentale di Kolčak era in piena ritirata e Fitz era a bordo di un treno che lo riportava verso gli Urali.

Due giorni dopo era di nuovo nel collegio dell"istituto commerciale di Ufa.

Nel corso di quei due giorni l"umore di Fitz era diventato tetro. Si sentiva amareggiato oltre che arrabbiato. Era in guerra da cinque anni ormai e sapeva riconoscere il cambiamento della marea: ne coglieva i segnali. La guerra civile russa era praticamente finita.

La verità era che i Bianchi erano troppo deboli e i rivoluzionari avrebbero vinto.

Solo un"invasione degli alleati avrebbe potuto rovesciare la situazione… e ciò non sarebbe mai accaduto: Churchill aveva già abbastanza guai per il poco che stava facendo. Billy Williams ed Ethel si adoperavano affinché i rinforzi necessari non venissero mai inviati.

Murray gli portò un sacco di posta. «Aveva chiesto di vedere le lettere dei soldati, signore.» C"era una nota di disapprovazione nella voce.

Fitz ignorò gli scrupoli di Murray, aprì il sacco e cercò una lettera del sergente Williams. Se non altro, qualcuno sarebbe stato punito per quella disfatta.

Trovò quello che gli interessava. La lettera era indirizzata a E. Williams, il cognome da nubile della sorella: indubbiamente il sergente temeva che il cognome da sposata avrebbe richiamato l"attenzione sulla sua lettera di traditore.

Fitz la lesse. La grafia di Billy era grande e dal tratto deciso. A prima vista il testo sembrava innocente, anche se un po" strano. Ma Fitz aveva lavorato nella Room 40

ed era esperto di codici. Si accinse a decifrare anche quello.

«Un"altra cosa, signore» disse Murray. «Per caso ha visto Peskov, l"interprete americano, negli ultimi due o tre giorni?»

«No» rispose Fitz. «Cosa gli è successo?»

«A quanto pare ce lo siamo perso, signore.»

II

Trockij era estremamente stanco, ma non scoraggiato. I segni lasciati sul suo viso dalla tensione non affievolivano la luce di speranza negli occhi. Grigorij pensò ammirato che Trockij era sostenuto da un"incrollabile convinzione in ciò che stava facendo. Sospettava che fosse una caratteristica di tutti loro, anche di Lenin e di Stalin. Ognuno era sicuro di sapere qual era la cosa giusta da fare, qualunque fosse il problema, dalla riforma agraria alla tattica militare.

Grigorij non era così. Con Trockij cercava sempre di elaborare il modo migliore per contrastare l"Armata bianca, ma non si sentiva mai certo di aver preso la decisione giusta finché non se ne conoscevano i risultati. Forse era per quello che Trockij era famoso in tutto il mondo e lui non era che uno dei tanti commissari.

Come molte altre volte in passato, Grigorij sedeva a bordo del treno personale di Trockij con una carta della Russia aperta sul tavolo.

«Dei controrivoluzionari al Nord non dobbiamo praticamente più preoccuparci»

disse Trockij.

Grigorij era d"accordo. «In base alle nostre informazioni segrete, ci sono ammutinamenti fra i soldati e i marinai britannici.»

«E hanno perso ogni speranza di ricongiungersi con gli uomini di Kolčak, che stanno tornando di corsa verso la Siberia. Potremmo inseguirli fino a scacciarli al di là degli Urali, ma penso che abbiamo impegni più importanti altrove.»

«A ovest?»

«La situazione a ovest è già abbastanza brutta. I Bianchi sono sostenuti da nazionalisti reazionari in Lettonia, Lituania ed

Estonia. Judenč, che Kolčak ha nominato comandante in capo dell"area, ha l"appoggio di una flottiglia della marina militare britannica che tiene le nostre navi bloccate a Kronstadt. Ma sono ancora più preoccupato per il Sud.»

«Il generale Denikin.»

«Dispone di circa centocinquantamila uomini, sostenuti da truppe francesi e italiane e riforniti dagli inglesi. Riteniamo che Denikin stia pianificando un attacco a Mosca.»

«Se mi è consentito, io credo che la chiave per sconfiggerlo sia politica, non militare.»

Trockij sembrò interessato. «Continua.»

«Ovunque vada, Denikin si fa dei nemici. I suoi cosacchi derubano tutti. Ogni volta che conquista una città, fa radunare tutti gli ebrei e li fucila. Se le miniere di carbone non raggiungono gli obiettivi di produzione, Denikin fa uccidere un minatore su dieci. E naturalmente fa giustiziare chiunque diserti dal suo esercito.»

«Facciamo lo stesso anche noi» osservò Trockij. «E uccidiamo anche i contadini che danno rifugio ai disertori.»

«E i contadini che si rifiutano di consegnare il grano.» Grigorij aveva dovuto indurirsi il cuore per accettare quella necessità brutale. «Ma io conosco i contadini, mio padre era uno di loro. Ciò a cui tengono di più è la terra. Molti hanno ottenuto notevoli appezzamenti con la rivoluzione e vogliono tenerseli stretti-qualunque cosa accada.»

«E quindi?»

«Kolcak ha annunciato che la riforma agraria dovrà basarsi sul principio della proprietà privata.»

«E ciò significa che i contadini dovranno restituire i campi che hanno sottratto agli aristocratici.»

«Questo lo sanno tutti. Vorrei far stampare il proclama di Kolcak e affiggerlo fuori da ogni chiesa. Qualunque cosa facciano i nostri soldati, i contadini preferiranno sempre noi ai Bianchi.»

«Continua» disse Trockij.

«Un"altra cosa: annunciamo un"amnistia per i disertori. Per sette giorni chiunque rientrerà nei ranghi non subirà alcuna punizione.»

«Un"altra mossa politica.»

«Io non credo che questo incoraggerà le diserzioni, dato che si tratta solo di una settimana. Ma potrebbe riportarci degli uomini, specialmente quando si renderanno conto che i Bianchi vogliono riprendersi la loro terra.»

«Facciamo un tentativo» disse Trockij.

Entrò un aiutante, che scattò nel saluto militare. «Compagno Peškov, c"è uno strano rapporto che ho pensato avresti voluto sentire.»

«Dimmi.»

«Riguarda uno dei prigionieri che abbiamo catturato a Buguruslan. Era con l"armata di Kolčak, ma indossa l"uniforme americana.»

«I Bianchi hanno soldati che provengono da ogni parte del mondo. L"imperialismo capitalista appoggia la controrivoluzione, è naturale.»

«Non si tratta di questo, compagno commissario.»

«Di cosa allora?»

«Quell"uomo dice di essere tuo fratello.»

III

Il marciapiede della stazione era lungo e la nebbia del mattino molto fitta, tanto che Grigorij non riusciva a vedere la coda del treno. Probabilmente c"era stato un equivoco, una confusione di nomi o un errore di traduzione. Cercò di prepararsi a una delusione, ma non ci riuscì: il cuore gli batteva più veloce del solito e i nervi sembravano fremere. Erano passati quasi cinque anni dall"ultima volta che aveva visto suo fratello. Aveva pensato spesso che Lev fosse morto. E quella poteva ancora essere la terribile verità.

Camminava a passo lento, socchiudendo gli occhi per vedere tra le spirali di nebbia. Se davvero si trattava di Lev, naturalmente avrebbe visto un uomo diverso.

Nel corso degli ultimi cinque anni Grigorij aveva perso un incisivo e la maggior parte di un orecchio e, con ogni probabilità, c"erano stati altri cambiamenti dei quali non era consapevole. Com"era cambiato Lev?

Qualche minuto dopo dalla foschia bianca emersero due figure: un soldato russo in uniforme stracciata e scarpe rimediate e, di fianco a lui, un uomo che sembrava americano. Era Lev? Aveva un taglio di capelli molto corto e molto americano, e non portava baffi. Aveva anche la faccia rotonda tipica del soldato statunitense ben nutrito, con spalle massicce sotto l"elegante uniforme nuova. Ed era un"uniforme da ufficiale, notò Grigorij con crescente incredulità. Possibile che suo fratello fosse un ufficiale americano?

Il prigioniero lo stava fissando a sua volta e, quando fu più vicino, Grigorij vide che si trattava davvero di suo fratello. In effetti Lev sembrava diverso, e non era solo per quell"aria di florida prosperità. Erano il modo in cui camminava, l"espressione del viso e, soprattutto, lo sguardo. Lev aveva perso quella sua sfrontatezza di ragazzino e acquisito un atteggiamento cauto. Era cresciuto.

Non appena furono abbastanza vicini da potersi toccare, a Grigorij vennero in mente tutte le occasioni in cui Lev lo aveva deluso e si sentì salire alle labbra una valanga di recriminazioni. Ma non le espresse a voce alta: spalancò le braccia e strinse a sé il fratello. Si baciarono sulle guance, si diedero pacche sulla schiena, si abbracciarono di nuovo e Grigorij si accorse che stava piangendo.

Dopo qualche minuto fece salire Lev sul treno e lo guidò fino al vagone che usava come ufficio. Disse al suo aiutante di servire il tè. I fratelli si sedettero su due poltrone sbiadite. «Tu sei nell"esercito?» chiese Grigorij, ancora incredulo.

«In America c"è la coscrizione obbligatoria.»

La cosa aveva senso. Lev non si sarebbe mai arruolato volontariamente. «E sei ufficiale!»

«Anche tu» disse Lev.

Grigorij scosse la testa. «Nell"Armata rossa abbiamo abolito i gradi. Io sono commissario militare.»

«Ma ci sono sempre uomini che ordinano il tè e altri che lo servono» osservò Lev mentre l"aiutante entrava con due tazze. «Pensa come sarebbe orgogliosa nostra madre.»

«Da scoppiare. Ma tu perché non mi hai mai scritto? Ho pensato che fossi morto!»

«Be", accidenti, mi dispiace. È che mi sentivo così in colpa per essermi preso il tuo biglietto che volevo scriverti solo per dirti che potevo pagarti il viaggio. Ho continuato a rimandare in attesa di avere più soldi.»

Era una scusa debole, e tuttavia tipica di Lev. Non sarebbe mai andato a una festa se non avesse avuto una giacca elegante da indossare e si rifiutava di entrare in un bar senza il denaro sufficiente per offrire un giro a tutti i presenti.

A Grigorij venne in mente un altro tradimento. «Quando sei partito non mi hai detto che Katerina era incinta.»

«Incinta! Non lo sapevo.»

«Invece sì, lo sapevi. Le hai anche chiesto di non dirmelo.»

«Oh. Credo di essermene dimenticato.» Sorpreso a mentire, Lev sembrò un po"

stupido, ma non ci mise molto a riprendersi e a controbattere. «Quella nave su cui mi hai fatto salire non è mai arrivata a New York! Ci ha mollati tutti in uno schifo di posto che si chiama Cardiff. Ho dovuto lavorare mesi per mettere da parte i soldi del biglietto.»

Per un attimo Grigorij si sentì addirittura in colpa, ma poi ricordò come Lev l"avesse supplicato per avere quel biglietto. «Allora forse non avrei dovuto aiutarti a scappare dalla polizia» disse bruscamente.

«Immagino che tu abbia fatto del tuo meglio per me» ammise Lev con riluttanza.

Poi gli rivolse quel sorriso caldo che costringeva sempre Grigorij a perdonarlo.

«Come sempre… da quando è morta la mamma.»

Grigorij sentì un groppo in gola. «Comunque sia» ribatté concentrandosi per mantenere la voce ferma «dobbiamo punire la famiglia Vyalov per averci truffati.»

«Io mi sono già vendicato» disse Lev. «A Buffalo ho conosciuto proprio Josef Vyalov. Mi sono scopato sua figlia, l"ho messa incinta e lui ha dovuto concedermi di sposarla.»

«Mio Dio! Quindi tu adesso fai parte della famiglia Vyalov?»

«Josef poi se n"è pentito ed è questa la ragione per cui ha fatto in modo che venissi richiamato sotto le armi. Spera che io sia ucciso in battaglia.»

«Accidenti, continui sempre ad andare ovunque ti porti il tuo uccello?»

Lev si strinse nelle spalle. «Immagino di sì.»

Anche Grigorij aveva qualche rivelazione da fare al fratello e l"idea lo rendeva nervoso. Cominciò scegliendo con cura le parole. «Katerina ha avuto un bambino, tuo figlio. L"ha chiamato Vladimir.»

Lev sembrò contento. «Davvero? Ho un figlio!»

Grigorij non ebbe il coraggio di informarlo che Vladimir non sapeva nemmeno della sua esistenza e che chiamava lui “papà”. «Mi sono preso cura io del piccolo»

disse invece.

«Sapevo che l"avresti fatto.»

Grigorij avvertì una familiare fitta di indignazione per il modo in cui suo fratello dava sempre per scontato che altri si sarebbero assunti le responsabilità che lui trascurava. «Lev, ho sposato Katerina.» Restò in attesa della reazione indignata.

Ma Lev rimase calmo. «Sapevo che avresti fatto anche questo.»

Grigorij era stupefatto. «Cosa?»

Lev annuì. «Tu eri pazzo di lei e Katerina aveva bisogno di un uomo solido e affidabile per crescere il bambino. Era scritto.»

«Io ho passato l"inferno!» disse Grigorij. Tutti quegli scrupoli per niente? «Ero tormentato dall"idea di essere sleale nei tuoi confronti.»

«Cavolo, no. Io l"avevo lasciata nei guai. Buona fortuna a tutti e due.»

Grigorij era sempre più esasperato dall"indifferenza di Lev per l"intera vicenda.

«Ti sei mai preoccupato per noi?» gli domandò in tono accusatorio.

«Tu mi conosci, Griska.»

Ovvio che non se n"era mai preoccupato. «Non hai mai nemmeno pensato a noi.»

«Certo che vi ho pensato. E non fare tanto il virtuoso. Tu la volevi, ti sei trattenuto per un po", magari per qualche anno, ma alla fine te la sei scopata.»

Era la cruda verità. Lev aveva un modo irritante di abbassare chiunque al suo livello. «Hai ragione» ammise Grigorij. «Comunque adesso abbiamo un altro figlio: una bambina, Anna. Ha un anno e mezzo.»

«Due adulti e due bambini. Non importa. Ho abbastanza grana.»

«Di cosa stai parlando?»

«Sto facendo parecchi soldi vendendo whisky dell"esercito inglese ai cosacchi, che mi pagano in oro. Ho messo da parte una piccola fortuna.» Lev infilò una mano sotto la camicia dell"uniforme, aprì una fibbia e si sfilò una cintura porta soldi. «Qui ce n"è abbastanza per pagare il viaggio in America a tutti e quattro!» Passò la cintura al fratello.

Grigorij era stupito e commosso. Dopotutto Lev non aveva dimenticato la sua famiglia. Aveva risparmiato per il biglietto. Naturalmente la consegna del denaro doveva essere un colpo di scena teatrale: era nello stile di Lev. Ma, in ogni caso, suo fratello aveva mantenuto la promessa.

Peccato che non servisse più.

«Ti ringrazio» disse Grigorij. «Sono orgoglioso di te perché hai fatto ciò che avevi promesso, ma naturalmente ora non è più necessario. Posso farti rilasciare e aiutarti a reinserirti nella vita russa.» Restituì la cintura portasoldi al fratello.

Lev la prese e la tenne in mano, fissandola. «Cosa significa?»

Grigorij si accorse che Lev sembrava deluso e capì che il rifiuto del suo dono l"aveva ferito. Ma nella mente di Grigorij c"era una preoccupazione maggiore: cosa sarebbe successo quando Lev e Katerina si fossero rivisti? Lei si sarebbe innamorata di nuovo del fratello più attraente? Grigorij si sentì gelare il cuore al pensiero di poterla perdere, dopo tutto quello che avevano passato insieme. «Adesso abitiamo a Mosca. Abbiamo un appartamento al Cremlino, io, Katerina, Vladimir e Anna. Posso farti avere abbastanza facilmente un appartamento e…»

«Aspetta un momento!» lo interruppe Lev. C"era un"espressione incredula sul suo viso. «Tu pensi che io voglia tornare in Russia?»

«L"hai già fatto» osservò Grigorij.

«Ma non per restarci!»

«Non è possibile che tu voglia tornare in America.»

«Certo che sì! E tu dovresti venire con me.»

«Non ce n"è più bisogno! La Russia è cambiata. Lo zar non c"è più!»

«A me piace l"America. E piacerà anche a te, piacerà a tutti voi, specialmente a Katerina.»

«Ma noi qui stiamo facendo la storia! Abbiamo inventato una nuova forma di governo, il soviet. Questa è la nuova Russia, il nuovo mondo. E tu ti vuoi perdere tutto!»

«Sei tu quello che non capisce» disse Lev. «In America ho una macchina mia. C"è più cibo di quello che puoi mangiare. Ho tutti i liquori che voglio, tutte le sigarette che riesco a fumare. Ho sei vestiti!»

«Che senso ha avere sei vestiti?» ribatté Grigorij frustrato.

«Sarebbe come avere sei letti. Tanto ne puoi usare solo uno alla volta!»

«Non è così che la vedo io.»

Ciò che rendeva la conversazione così irritante era l"evidente convinzione di Lev che quello dei due che non capiva fosse proprio Grigorij. E Grigorij non sapeva cos"altro dire per fargli cambiare idea. «È davvero quello che vuoi? Sigarette, tanti vestiti e un"auto?»

«E" quello che vogliono tutti. Voi bolscevichi fareste meglio a tenerlo presente.»

Grigorij non aveva intenzione di prendere lezioni di politica da Lev. «I russi vogliono pane, pace e terra.»

«E comunque ho una figlia in America. Si chiama Daisy e ha tre anni.»

Grigorij corrugò la fronte, dubbioso.

«So cosa stai pensando: non mi è mai importato niente del figlio di Katerina…

com"è che si chiama?»

«Vladimir.»

«Tu pensi che, visto che di lui non mi è mai importato niente, perché dovrebbe importarmi di Daisy? Ma è diverso. Vladimir non l"ho mai visto, era solo un minuscolo granellino quando me ne sono andato da San Pietroburgo. Ma a Daisy voglio bene e, cosa ancora più importante, lei vuole bene a me.»

Almeno quello Grigorij poteva capirlo. Era contento di constatare che Lev aveva abbastanza cuore da provare affetto per sua figlia. E, anche se la preferenza di Lev per l"America lo sconcertava, doveva ammettere che si sarebbe sentito enormemente sollevato se suo fratello non fosse rimasto. Perché Lev avrebbe sicuramente voluto conoscere Vladimir, e a quel punto quanto tempo ci avrebbe messo il bambino a capire chi era il suo vero padre? E se Katerina avesse deciso di andarsene con lui prendendo Vladimir con sé cosa ne sarebbe stato di Anna? Grigorij avrebbe perso anche la bambina? Sentendosi in colpa, pensò che per lui sarebbe stato molto meglio se Lev se ne fosse tornato in America da solo. «Io credo che tu stia facendo la scelta sbagliata, ma non ho intenzione di costringerti.»

Lev sorrise. «Tu hai paura che mi riprenda Katerina, vero? Ti conosco troppo bene, fratello.»

Grigorij trasalì. «Sì, che tu te la riprenda e poi l"abbandoni di nuovo, lasciando che sia io a raccogliere i pezzi per la seconda volta. Anch"io ti conosco.»

«Però mi aiuterai a tornare in America.»

«No.» Grigorij non poté reprimere un piccolo brivido di piacere vedendo un"espressione di paura passare sul viso del fratello. Ma non prolungò la sofferenza.

«Ti aiuterò a raggiungere l"Armata bianca. Ci penseranno loro a rimandarti in America.»

«Come faremo?»

«Ti accompagnerò in auto fino al fronte; anzi, un poco oltre. Poi ti lascerò andare nella terra di nessuno. Dopodiché dovrai cavartela da solo.»

«Potrebbero spararmi.»

«Potrebbero sparare a tutti e due. C"è una guerra.»

«Immagino che dovrò correre il rischio.»

«Te la caverai, Lev» disse Grigorij. «Tu te la cavi sempre.»

IV

Dal carcere di Ufa, Billy Williams venne scortato lungo le strade polverose della cittadina fino al collegio dell"istituto commerciale che veniva usato come base provvisoria dell"esercito britannico.

La corte marziale si riunì in un"aula scolastica. Fitz si accomodò dietro la cattedra dell"insegnante e il suo aiutante di campo, il capitano Murray, si sedette accanto a lui.

Era presente anche il capitano Gwyn Evans, con matita e blocco per gli appunti.

Billy era sporco e con la barba lunga; aveva dormito malamente, in compagnia di ubriachi e prostitute della città. Fitz, come sempre, indossava un"uniforme perfettamente stirata. Billy sapeva di essere in guai seri. Il verdetto era scontato: le prove erano chiare. Aveva rivelato segreti militari scrivendo lettere in codice a sua sorella. Ma era determinato a non lasciar trasparire la paura. Avrebbe dato buona prova di sé.

«Questa è una corte marziale sul campo» cominciò Fitz. «La procedura è ammessa nel caso in cui l"imputato sia in servizio attivo o si trovi all"estero e non sia possibile riunire una corte marziale regolare. È richiesta la presenza di tre ufficiali in veste di giudici, o di due soltanto qualora non ce ne sia un terzo disponibile. Questa corte può processare un militare di qualsiasi grado per qualsiasi reato e ha il potere di comminare la pena di morte.»

L"unica speranza di Billy era quella d"influenzare la sentenza. Le possibili condanne andavano dalla detenzione con lavoro punitivo ai lavori forzati pesanti, alla pena capitale. Senza dubbio Fitz avrebbe voluto mandarlo davanti al plotone d"esecuzione, o almeno fargli passare parecchi anni in galera. L"obiettivo di Billy era seminare nelle menti di Murray e di Evans abbastanza dubbi sull"equità del processo da farli optare per una detenzione più breve. «Dov"è il mio avvocato?» domandò.

«Non è stato possibile garantirti un"assistenza legale» rispose Fitz.

«Lei è sicuro di questo, vero, signore?»

«Parla solo quando ti viene rivolta la parola, sergente.»

«Sia messo a verbale che mi è stato negato un avvocato» disse Billy. Fissò Gwyn Evans, l"unico con un blocco per gli appunti davanti a sé. Quando vide che Evans non si muoveva, aggiunse: «O il verbale di questo processo sarà una menzogna?».

Sottolineò con enfasi la parola “menzogna”, sapendo che avrebbe offeso Fitz.

Rientrava nel codice d"onore dei gentiluomini inglesi dire sempre la verità.

Fitz fece un cenno a Evans, che prese nota.

“Primo punto per me” pensò Billy, e si sentì un po" meglio.

«William Williams» disse Fitz «sei sottoposto a giudizio ai sensi del primo articolo del Codice militare. L"accusa è che tu, in servizio attivo, abbia consapevolmente commesso un atto teso a mettere in pericolo il successo delle forze armate di sua maestà. La pena è la morte, o eventualmente la pena minore che vorrà comminare questa corte.»

La ripetuta enfasi sulla pena di morte raggelò Billy, che tuttavia si mantenne impassibile.

«Come si dichiara l"imputato?»

Billy fece un profondo respiro. Parlò con voce chiara e in un tono a cui conferì tutto il disprezzo e lo sdegno che riuscì a esprimere. «Io dichiaro questo: lei come osa? Come osa fingere di essere un giudice obiettivo? Come osa comportarsi come se la nostra presenza in Russia fosse un"operazione legale? E come osa formulare un"accusa di tradimento nei confronti di un uomo che ha combattuto al suo fianco per tre anni? Ecco cosa dichiaro.»

«Non essere insolente, Billy» intervenne Gwyn Evans. «Non fai che peggiorare la tua situazione, ragazzo.»

Billy non aveva alcuna intenzione di permettere a Evans di fingere benevolenza nei suoi confronti. «E io invece le consiglio di andarsene subito da qui e di non avere più niente a che fare con questo tribunale illegale. Quando la notizia si verrà a sapere… e, mi creda, finirà sulla prima pagina del “Daily Mirror”… scoprirà di essere lei quello disonorato, non io.» Billy guardò Murray. «Chiunque abbia avuto qualcosa a che fare con questa farsa dovrà vergognarsi.»

Evans sembrò turbato. Era chiaro che non aveva pensato che potesse esserci pubblicità.

«Basta così!» esclamò Fitz a voce alta e rabbiosa.

“Bene” pensò Billy. “L"ho già fatto infuriare.”

«Per favore, capitano Murray» proseguì Fitz «vediamo le prove.»

Il capitano aprì una cartellina ed estrasse un foglio. Billy riconobbe la propria grafia. Come si era aspettato, era una sua lettera indirizzata a Ethel.

Murray gliela mostrò e chiese: «Hai scritto tu questa lettera?».

«Com"è arrivata alla sua attenzione, capitano Murray?» domandò Billy.

«Rispondi alla domanda!» gridò Fitz.

«Lei è stato a scuola a Eton, vero, capitano?» continuò Billy. «Un gentiluomo non legge mai la posta altrui, o almeno così ci raccontano. Per quello che ne so, solo l"ufficiale addetto alla censura ha il diritto di esaminare la corrispondenza dei soldati.

Quindi presumo che quella lettera sia stata portata alla sua attenzione dal censore.»

Fece una pausa. Come aveva previsto, il capitano non intendeva rispondergli.

«Oppure la lettera è stata ottenuta illegalmente?»

«Hai scritto tu questa lettera?» ripeté Murray.

«Se è stata ottenuta illegalmente, non può essere utilizzata come prova in un processo. Credo che un avvocato direbbe così. Ma qui non ci sono avvocati ed è questo che rende illegale la vostra corte.»

«Hai scritto tu questa lettera?»

«Risponderò alla domanda quando mi avrà spiegato come ne è entrato in possesso.»

«Guarda che puoi essere punito per vilipendio alla corte» intervenne Fitz.

“Devo già vedermela con la pena di morte” pensò Billy. “Che stupido a pensare di potermi minacciare!” Ma disse: «Io mi sto difendendo mettendo in evidenza l"irregolarità della corte e l"illegalità dell"accusa. Ha intenzione di proibirmelo…

signore?».

Murray rinunciò. «Sulla busta compaiono l"indirizzo del mittente e il nome del sergente Billy Williams. Se l"imputato desidera dichiarare di non avere scritto questa lettera, che lo dica ora.»

Billy rimase in silenzio.

«La lettera è un messaggio in codice» riprese Murray. «Può essere decifrata leggendo ogni terza parola e le iniziali maiuscole dei titoli di canzoni o di film.»

Passò la lettera a Evans. «Una volta decodificato, il messaggio risulta essere questo.»

La lettera di Billy descriveva l"incompetenza degli uomini del regime di Kolčak: nonostante tutto il loro oro non avevano pagato i dipendenti della ferrovia transiberiana, per cui continuavano ad avere problemi di rifornimenti e di trasporti. Il messaggio raccontava inoltre nei dettagli l"aiuto che l"esercito britannico stava cercando di dare a Kolčak. Quell"informazione era stata tenuta nascosta al popolo inglese, il quale stava finanziando l"esercito e rischiando la vita dei suoi figli.

«Neghi di avere scritto questo messaggio?» domandò Murray.

«Non posso fare commenti su prove ottenute illegalmente.»

«Il destinatario, E. Williams, è in realtà Mrs Ethel Leckwith, leader della campagna “Giù le mani dalla Russia”, vero?»

«Non posso fare commenti su prove ottenute illegalmente.»

«In precedenza hai inviato altre lettere in codice a Mrs Leckwith?»

Billy non rispose.

«E Mrs Leckwith si è servita delle informazioni che tu le hai passato per scrivere articoli ostili che gettano discredito sull"esercito britannico e mettono in pericolo il successo delle nostre operazioni qui in Russia.»

«Certamente no. L"esercito è stato screditato dagli uomini che ci hanno mandato qui in una missione segreta e illegale senza che il parlamento ne fosse a conoscenza o avesse dato il suo consenso. La campagna “Giù le mani dalla Russia” è il primo, indispensabile passo per tornare al nostro giusto ruolo di difensori della Gran Bretagna, abbandonando quello di esercito privato di una piccola cospirazione di generali e politici di destra.»

Con sua grande soddisfazione, Billy notò che il viso cesellato di Fitz era rosso di collera. «Credo che abbiamo già sentito abbastanza» disse Fitz. «La corte si ritira per deliberare.» Murray mormorò qualcosa e lui aggiunse: «Ah, sì. L"imputato ha qualcosa da dire?».

Billy si alzò in piedi. «Chiamo a deporre quale mio primo testimone il colonnello conte Fitzherbert.»

«Non essere ridicolo» disse Fitz.

«Chiedo che venga messo a verbale che la corte non mi ha consentito di interrogare un teste, nonostante questi fosse presente al processo.»

«Adesso falla finita.»

«Se non mi fosse stato negato il diritto di interrogare il testimone, avrei chiesto al colonnello quali erano i suoi rapporti con la mia famiglia. Non nutriva forse un risentimento personale nei miei confronti a causa del ruolo di mio padre quale capo dei minatori? Qual era il suo rapporto con mia sorella? Non l"aveva forse assunta come sua governante per poi licenziarla per motivi misteriosi?» Billy fu tentato di aggiungere altro a proposito di Ethel, ma ciò avrebbe significato trascinare nel fango il nome di sua sorella. E probabilmente il solo accenno era già sufficiente. «Gli avrei chiesto anche di parlare dei suoi interessi personali in questa guerra illegale contro il governo bolscevico. Sua moglie è una principessa russa? Suo figlio è erede di proprietà in questo paese? Il colonnello è qui per difendere interessi finanziari personali? E tutte queste questioni sono la vera spiegazione del perché abbia riunito un tribunale da farsa? E ciò non lo rende assolutamente inadatto al ruolo di giudice in questo processo?»

Fitz lo fissava impassibile, ma Murray ed Evans sembravano sorpresi. Non erano a conoscenza di quelle informazioni di carattere personale.

«C"è un altro punto che desidero sottolineare» proseguì Billy. «Il Kaiser è accusato di crimini di guerra. Aveva dichiarato guerra, ci dicono, spinto dai generali e contro la volontà del popolo tedesco, chiaramente espressa dai suoi rappresentanti al Reichstag, il parlamento tedesco. Per contro, ci dicono, la Gran Bretagna ha dichiarato guerra alla Germania solo dopo un dibattito alla Camera dei Comuni.»

Fitz fingeva di essere annoiato, ma Murray ed Evans erano attenti.

«E adesso riflettete su questa guerra in Russia» continuò Billy. «L"argomento non è mai stato dibattuto in parlamento. I fatti vengono tenuti nascosti al popolo inglese con il pretesto della sicurezza operativa… la solita scusa per tutti i colpevoli segreti dell"esercito. Noi stiamo combattendo, ma questa guerra non è mai stata dichiarata. Il primo ministro britannico e i suoi colleghi sono nella stessa esatta posizione del Kaiser e dei suoi generali. Sono loro che agiscono illegalmente, non io.» Billy si mise a sedere.

I due capitani si avvicinarono a Fitz. Billy si chiese se non si fosse spinto troppo oltre. Aveva sentito il bisogno di essere tagliente e duro, ma forse aveva offeso i due ufficiali, invece di ottenerne l"appoggio.

In ogni caso tra i giudici sembrava esserci dissenso. Fitz stava parlando con enfasi, ma Evans scuoteva la testa in segno di diniego. Murray sembrava a disagio.

Probabilmente era un buon segno, pensò Billy, che comunque era più spaventato di quanto fosse mai stato. Quando aveva affrontato le mitragliatrici sulla Somme, o aveva vissuto l"esperienza di un"esplosione in miniera, non aveva avuto tanta paura quanta ne provava ora che la sua vita era nelle mani di ufficiali maldisposti.

Finalmente i tre sembrarono arrivare a un accordo. Fitz guardò Billy e disse: «In piedi».

Billy si alzò.

«Sergente William Williams, questa corte ti giudica colpevole dei reati ascritti.»

Fitz lo fissò, quasi sperando di leggergli sul viso la mortificazione della sconfitta. Ma Billy si era aspettato un verdetto di colpevolezza. Era la sentenza ciò che temeva.

«Sei condannato a dieci anni di carcere con lavoro punitivo» concluse Fitz.

Billy non riuscì più a restare impassibile. Non era la pena di morte… ma dieci anni! Ne avrebbe avuti trentuno al momento del rilascio. Nel 1929. Mildred avrebbe avuto trentasei anni.

Metà delle loro vite sarebbe stata già passata. L"espressione di sfida che si era imposto di tenere si dissolse e gli occhi gli si riempirono di lacrime.

Sul viso di Fitz comparve un"aria profondamente soddisfatta. «Portatelo via»

ordinò. Billy venne scortato fuori, verso l"inizio della sua condanna.