SOTTO
PRESSIONE
Secondo la Fao l’Islanda pesca l’1,22% delle
catture mondiali, l’intera Unione Europea si ferma al 5,18%. Il
merluzzo guida le esportazioni di pesce islandesi, con il 38% del
totale.
L’ultima relazione «Living blue planet» del Wwf ci indica che le riserve di pesce mondiali sono sotto grande pressione: il 29% degli stock è considerato eccessivamente sfruttato, il 61% completamente sfruttato, mentre meno del 10% ha possibilità di espansione.
Il consumo di pesce medio pro capite è più che raddoppiato dagli anni Sessanta (9,9 kg) a oggi (19,2 kg), mentre il traffico navale è addirittura quadruplicato solo negli ultimi vent’anni.
L’ultima relazione «Living blue planet» del Wwf ci indica che le riserve di pesce mondiali sono sotto grande pressione: il 29% degli stock è considerato eccessivamente sfruttato, il 61% completamente sfruttato, mentre meno del 10% ha possibilità di espansione.
Il consumo di pesce medio pro capite è più che raddoppiato dagli anni Sessanta (9,9 kg) a oggi (19,2 kg), mentre il traffico navale è addirittura quadruplicato solo negli ultimi vent’anni.
Per Sossa il binomio
pesca-morte non è nuovo. Il 18 dicembre 1990 suo padre e suo
cognato uscirono per l’ennesima giornata di pesca. Più tardi la
barca fu trovata che girava in tondo molte miglia a nord del porto
di Bolungarvík. «Era vuota» dice. «Il motore era ancora acceso.
C’era un temporale, ma non così forte. Alcuni pensano che stessero
lavorando e che sia arrivata un’onda anomala a buttarli in mare.
Potrebbero essere rimasti impigliati nell’attrezzatura che li ha
trascinati giù. Forse mio cognato si trovava sul ponte ed è finito
sott’acqua, e allora mio padre ha provato ad aiutarlo e l’ha
seguito anche lui…» Si ferma a pensare. Poi alza una mano al cielo.
«Chi lo sa» mi dice.
Di fatto quasi tutti a
Bolungarvík hanno perso un familiare nella pesca commerciale. È il
motivo per cui, nonostante l’amore per il villaggio e un desiderio
profondo di vederlo prosperare, la gente del posto cova
risentimento nei confronti del sistema delle quote. «Voglio dire»
afferma Sossa «le restrizioni sul pescato, le rispettiamo. Ma
stanno compromettendo il futuro. Un giovane che vuole dedicarsi
alla pesca, in questi anni, non riesce a comprare nulla con il
sistema delle quote. Costa troppo. La barca costa troppo. Ci stiamo
spegnendo lentamente. La gente che possiede una quota diventa più
ricca, mentre quelli che non hanno modo di accedervi sono costretti
a fare altro. L’economia del pesce è arrivata a toccare anche le
vite future.»
Per contrastare questo
lento collasso, Sossa utilizza ormai da molti anni la sua influenza
nel territorio e il suo peso politico per promuovere Bolungarvík
come destinazione turistica. Il potenziale non manca: un porto
pittoresco, l’affabilità della gente, i monti circostanti coperti
di erba e neve, torrenti e insenature ideali per la pesca sportiva
e la caccia, senza contare la comodità d’accesso grazie al vicino
aeroporto nazionale di Ísafjörður. In questa visione del futuro, la
pesca regolamentata occupa solo una frazione dell’economia locale,
mentre turismo e settore manifatturiero hanno un’importanza di gran
lunga superiore. Ogni anno, ad agosto, per festeggiare i primi
tramonti dell’estate, Bolungarvík ospita perfino una «settimana
dell’amore», in cui s’incoraggiano le persone ad approfittare della
notte. «Altrimenti, quello che vedo è una lenta morte per questo
paese», dice Sossa. «In un certo senso, sì, stiamo assistendo alla
fine del mondo. Ma potrebbe anche essere l’inizio del
mondo.»