«Quello che dall’esterno sembra un piccolo
commercio all’antica, pacifico e amichevole, in realtà è una piovra
di monopoli e manipolazioni.»
Sembra che Townsend,
l’americano che si era innamorato del metodo islandese, non riuscì
a costituire riserve per edredoni di là dell’Atlantico. Dopo la
morte della moglie nel 1917, si imbarcò su un piroscafo e viaggiò
per il mondo, mettendo da parte i suoi progetti. Oggi sono pochi i
luoghi al di fuori dell’Islanda dove si raccolgono le piume. Si è
dimostrato difficile replicare una tradizione così radicata nella
storia islandese che non provoca più alcuna meraviglia in chi la
pratica.
Tornando a Ísafjörður,
il pastore mi racconta di una troupe cinematografica giapponese che
ha girato un documentario su di lui. Per settimane lo hanno seguito
per la fattoria, filmandolo mentre raccoglieva piume con i figli,
attento a non calpestare gli edredoni che ancora covavano. Sembra
divertito dalla loro attenzione così come dalla mia. Dopotutto,
dice, le piume sono solo brauð, una fetta del suo
pane quotidiano.