Elena Vestri

Uffa

Barbie Over Sessanta oggi è di cattivo umore. Si guarda allo specchio, e scuote i suoi lunghi capelli d’argento. Belli, belli! Ieri si è fatta il cachet arcobaleno metallizzato, l’ultimo che le è rimasto. Accidempoli, non può uscire a comprarne degli altri dalla sua collega Barbie Profumiera. La confezione da sei: cachet azzurro unicorno, lilla, rosa, fucsia, blu pavone e arcobaleno metallizzato. Non può perché Barbie Profumiera ha dovuto chiudere. Come anche Barbie Boutique, Barbie Gelataia e Barbie Salon de Beauté. Sono ancora attive Barbie Fattoria e Barbie Veterinaria, ma Barbie OS di loro non sa cosa farsene. La spesa la fa da Barbie Andiamo al Supermercato, che purtroppo però vende solo bibite e caramelle, a parte una piccola bilancia argentata piena di pomodori. E in quanto alla Veterinaria, Barbie OS non ne ha bisogno, la sua gatta, KittyCatty, sta benissimo. È da qualche parte in salotto. Sono giorni che non la vede. Non le dà da mangiare, non la carezza, non le lustra il pelo con tutti i prodotti della scatola “Cura la tua KittyCatty”. Non la calcola di striscio: ce l’ha con lei perché è un gatto, e non è necessario portarla fuori. Almeno le avessero dato un cane come a Barbie A Spasso Coi Cuccioli, che ne ha addirittura tre, mamma Bellezza e i suoi piccoli, e può uscire con loro quattro volte al giorno, a fare cosa non si sa, visto che nella confezione la Cacca di Cane non c’è.

Uffa. Barbie OS prende il cellulare e fa una video chiamata a Barbie Psicologa. Eccola lì, abbigliamento casual, occhiali neri, la scrivania con sopra la piantina. E quello sguardo vuoto in cui tutte le tue ansie si perdono come acciughe nell’oceano.

«Pronto? Terapista?»

«Sì, Barbie Over Sessanta, buongiorno. Come posso aiutarti?»

«Quando finisce questa storia?»

«Ognuno di noi ha una storia diversa, qual è la tua?»

«Dài, lo sai, questa storia del virus, tutto chiuso, non si può uscire, non si può invitare, non si può fare niente, solo stare nella casa di Barbie chi ce l’ha e le altre poveracce nella scatola. Quando finisce?»

Barbie psicologa la guarda e non dice niente. Dopo trenta secondi Barbie OS esplode:

«E non cominciare con quelle cazzate che devo parlare io perché con me non attacca. Troppo comodo, farsi pagare per stare zitta! Dammi delle motivazioni!».

«Tu hai già le motivazioni, Barbie OS. Devi solo prenderne coscienza. Guardati dentro.»

«Non ce l’ho un dentro!»

Silenzio.

«Vattene al diavolo, sei inutile, spero che ti cancellino dal catalogo Mattel!»

Barbie OS chiude la videochiamata e chiama Barbie Dottoressa. Lei saprà come aiutarla. È una delle colonne della Barbietudine. Un personaggio classico, solido, con il suo eterno stetoscopio appeso al collo. Ma quando risponde alla videochiamata, Barbie Dottoressa è trafelata e… no… impossibile. È SPETTINATA!

«Scusa Barbie Over Sessanta, non posso parlarti adesso. Devo correre all’ospedale. Abbiamo trenta Barbie in terapia intensiva.»

E mentre Barbie Dottoressa si affanna a prendere la sua valigetta rosa e a stringersi il camice sulla minigonna, Barbie OS contempla desolata lo studio che sta per restare vuoto: la laurea incorniciata, le radiografie azzurre, il tavolino rosa con sopra tante belle flebo… e anche la piccola paziente, quella bambina col vestitino a fiori che fa parte della confezione, e che rimane lì, davvero molto paziente, in attesa che tutto torni nella norma e Barbie Dottoressa la visiti per un sospetto di varicella.

«Ma Dottoressa! Io vorrei delle informazioni su questo virus!»

«C’è poco da informare. Stai a casa. Ciao.»

La videochiamata si chiude di schianto.

«Uffa.»

Lei, per fortuna, la casa ce l’ha. Anche se è molto modesta. A loro, le Over Sessanta, niente Casa di Malibu o Barbie Loft, le hanno piazzate in una villetta traballante con mobili color Legno della Nonna, tendine di pizzo e tante, forse troppe, teiere.

Ma io detesto il tè, pensa BOS, e a dimostrazione, va al classico frigo che nella versione Over è rivestito di legno, e tira fuori una bottiglia di Gin, una di Lemonsoda e un rametto di menta.

Si prepara l’aperitivo, e va a guardare dalla finestra della cucina, che dà su un cortiletto scipito. Niente di interessante. Perfino la casa dei Lego Friends lì davanti è tranquilla. Metà li hanno portati via in ambulanza, gli altri che ancora stanno lì li senti solo gridare: «Stai a un metro! Guarda che non sei a un metro! Portami il metro che voglio vedere se sei a un metro! Jinny guarda che Joe non sta a un metro!».

Che noia. Libri a noi Barbie non ne danno. Barbie Bibliotecaria non esiste. Una delle poche professioni che non abbiamo mai intrapreso, pensa BOS con una smorfia. I film li ho già visti tutti dodici volte: Barbie Accademia della Moda, Barbie e l’Isola Perduta, Barbie e il Regno Segreto… uffa.

Videochiamata. Chi sarà?

«Ehi, cucciola. Come va?»

Ken Over Sessanta la guarda, fermo e sorridente davanti al suo banco degli attrezzi. Ken OS è meno fortunato di Barbie OS, perché a lui la casa non gliel’hanno data. Gli hanno dato soltanto il seminterrato col banco degli attrezzi. Nella mente del Dio Creatore e Generatore di tutto l’Universo Barbie, il maschio OS ha un banco degli attrezzi nel seminterrato e morta lì. Nonostante questo Ken OS ha una intensa vita sociale: Ken Contadino, con la sua bella salopette di jeans, lo invita ogni tanto a una grigliata nell’aia, e quel figo di Ken Barista col codino nero gli dice: «Ehi, Over, passa da me che ti faccio un Hugo». Ma la maggior parte del tempo sta lì, a piallare, inchiodare, segare oggetti rettangolari. Oppure, naturalmente, esce con Barbie OS. Che adesso lo investe di contumelie, già aveva i nervi, ci mancava quel babbione di Ken.

«Hai visto? Cosa ti avevo detto, che dovevamo convivere?»

«Ma tesoro.»

«Se venivi a vivere con me come ti avevo proposto, adesso saremmo insieme! Invece che io sola qui a sfracassarmi l’anima, e tu lì con quegli stupidi attrezzi.»

«Ma tesoro.»

«Tesoro questa bella mazza, Ken. Tesoro questa bellissima mazza. Se tu fossi qui potremmo giocare a burraco, ballare il Quick Step, tu potresti reggermi la lana e io fare le matasse, potrei chiederti quale rossetto mi sta meglio e se ti si staccasse un braccio come quel giorno a casa di Barbie Beach Party te lo potrei rimettere. E invece! Invece tu sei là e io qua! E se ti si stacca il braccio?»

«Ma tesoro, andiamo a prendere un drink da Ken Fashionist!»

«Idiot! Lo vuoi capire che non possiamo uscire? C’è il Virus! L’hai vista o no, la Nuova?»

«Ma tesoro! Che nuova?»

«Barbie Casco Azzurro. Quella intubata!»

«Ma tesoro, il casco tu lo metti solo dal parrucchiere! Come sono belli i tuoi capelli. Ti amo tanto. Posso piallare, o segare, o martellare, qualcosa per te?»

«No! Martellati i denti, pezzo di cretino!»

Ken posa la levigatrice che sta impugnando per tendere il braccio verso BOS in un gesto di supplica e amore, ma il braccio resta attaccato alla levigatrice.

«Visto? Lo sapevo! Ti si è di nuovo staccato il braccio! E adesso? chi te lo riattacca? Eh?»

«Ma tesoro, tu! Vieni presto a riattaccarmelo. Io ti amo.»

«Non posso! Lo vuoi capire? Si può uscire solo per fare la spesa, comprare il giornale, portare fuori quegli stramaledetti cani, andare in farmacia o motivi di stretta necessità.»

«Ma tesoro! Riattaccare un braccio è motivo di stretta necessità!»

«Non per me. Adesso resti così come minimo fino al 3 aprile. Ciao.»

Barbie Over Sessanta chiude la comunicazione. Si sente una specie di mattone fra le clavicole, dove di solito pompa gentile il suo cuore di plastica. E c’è un solo modo per recuperare il buon umore.

La cabina armadio di Barbie!

Apre le porte e contempla il suo guardaroba. Uffa, però. Per le Over Sessanta hanno puntato un casino sul tweed e sui golfini, sul beige e sulle gonne al ginocchio. Guarda qua il tailleur di Stella McCartney, figo quanto vuoi ma color fanghiglia. E il completo Porta i Nipotini al Parco? Pantaloni larghi e giacca coreana. Brutto!

Però… però c’è l’abito da sera di Valentino! Naturalmente rosso! Si, un rosso un filo abbattuto, con una pericolosa tendenza al granata, ma comunque rosso. Barbie OS si toglie l’abbigliamento da casa (tuta azzurrina, meglio stendere un velo pietoso) e mette l’abito da sera. E come sta bene coi suoi capelli bianchi virati arcobaleno metallizzato! Si guarda e si riguarda, e sente nascere un germoglio di felicità.

Driin. Videochiamata. Ancora Ken! Uffa!!!

L’imbecille impugna la cassetta degli attrezzi, e tiene il braccio staccato sotto quello attaccato.

«Tesoro. Vengo da te. Così vivremo insieme e ci faremo compagnia.»

«Scordatelo. Non si può uscire.»

«Mi riattacchi il braccio. Con due braccia, potrò abbracciarti.»

«Non si può uscire cretino. Io resto a casa, e tu pure.»

«Ma tesoro, sono già qui.»

«Qui dove?»

«Nel tuo seminterrato, tesoro. Il mio seminterrato col banco degli attrezzi è il seminterrato di casa tua.»

«E chi l’ha detto?»

«L’amore, l’ha detto.»

«Sei scemo?»

«Vai a vedere.»

Barbie OS chiude la videochiamata e il mattone che ha dietro le moderate tette da Over comincia a battere così forte che quasi squarcia il delicato torace di plastica. Anche da Over Sessanta, Barbie è snella come un giunco in primavera.

Esce dalla sua camera, scende le scale, e va a quella porticina color legno in un angolo dell’ingresso, che normalmente dà sul cartone. Prova ad aprirla… e sì, la maniglia, di solito inerte, gira… la porticina si spalanca su una rampa di scale che scendono… e in fondo alla scala c’è Ken che la guarda incantato.

«Oh Barbie, sei stupenda col tuo abito da ballo rosso di Valentino!»

Lei sospira, poi gli fa cenno di salire.

«Vieni su, che ti riattacco il braccio.»