54.
Verso le undici, quando era rientrato in caserma, il maresciallo si era trovato di fronte ai due balordi profondamente addormentati.
«Non hanno fatto in tempo a sedersi e sono partiti», l’aveva informato Scaramuccia.
«E tu svegliali», aveva risposto il Pezzati.
C’erano volute due secchiate d’acqua.
«Ma cosa caz…» aveva sillabato il Traversa.
«Sta’ buono», l’aveva avvisato il maresciallo, «parla solo quando sei interrogato e vedi di dire la verità.»
Il Cereghèt aveva tentato di aprire la bocca.
«Vale anche per te», l’aveva zittito il maresciallo.
Poi aveva sparato la domanda.
«Che fine ha fatto il Tagliaferri?»
Sul viso di entrambi era apparsa un’espressione severa. Avevano anche, contemporaneamente, incrociato le braccia e s’erano appoggiati al muro della saletta d’attesa in cui il carabiniere Scaramuccia li aveva fatti accomodare.
Volevano fare i duri, i malavitosi.
Quelli che non parlano.
Il Pezzati aveva scosso il capo e poi sorriso.
«Ma vi vedete?» aveva chiesto.
Troppi film alla Casa del Popolo! Troppe sparatorie, troppi cowboy, troppi indiani. Troppi giornaletti!
«Cretini che siete.»
Aveva fatto loro l’elenco.
Rissa.
Disturbo della quiete pubblica.
Ubriachezza molesta.
Resistenza e insulti a pubblico ufficiale.
«Non è vero!» era scappato al Traversa.
«Come no! Vero Scaramuccia?»
«Certo, maresciallo!»
Aveva lasciato passare qualche secondo.
«Dov’è il Tagliaferri?»
I due avevano risposto in coro.
«A Lecco.»
Da un troione.