9.
Soggezione?
Un po’.
Fastidio anche, però.
E tanto.
Dovuto al fatto che non la poteva trattare come la maggior parte dei cristiani. Non che menasse o altro. Ma il Pezzati aveva la pazienza corta, era un cerino.
Quando qualcuno, per rispondere alle sue domande, la prendeva un po’ troppo larga o addirittura cercava di metterlo nel sacco raccontandogli balle, lui si incendiava: slacciava la cravatta, menava sberle al tavolo, alzava la voce che lo sentivano anche al caffè dell’Imbarcadero. E siccome era una pezza d’uomo, al malcapitato passava in fretta la voglia di fare l’asino e diventava docile e ubbidiente.
Quando la Berteggi esordì dicendo:
«Le parlo a nome dell’Avis tutta», al Pezzati venne la voglia di chiedere se con quel «tutta» intendeva la sezione locale oppure si riferiva alla nazione intera. Ma si contenne.
«Dica, signora.»
Noblesse oblige.
«Sicuramente sarà informato…»
Che bello sarebbe stato poterle dire che non solo era informato ma che, dal giorno prima, lei compresa, non la smettevano di rompergli i coglioni con quella storia e non vedeva proprio cosa lei potesse aggiungere a quello che già sapeva.
«Certo, so cosa intende», disse.
«Vedrò di non farle perdere tempo. Ma…»
Chi gliene faceva perdere usava sempre quella frase. Dietro la congiunzione erano pronte centinaia di parole inutili che lui era costretto ad ascoltare quando non addirittura a mettere nero su bianco.
«L’Avis che rappresento…»
Ancora!
Ma quale?
La sezione locale o quella nazionale?
«… ha in animo di organizzare una lotteria…»
Uuuuuh!
Ma che idea geniale, che novità! Chissà quanti cervelli s’erano spremuti per arrivare a una pensata così fuori dal comune!
«… lei capirà…»
Capiva, eccome se capiva! Capiva che quella storia gli aveva già fregato la delizia di una giornata di riposo e gli aveva fatto perdere oltre metà di Tutto il calcio minuto per minuto perché si era addormentato come un marone e quando si era svegliato la trasmissione era finita, era già buio e il Torino aveva solo pareggiato.
Cosa cazzo doveva capire ancora?
«… il nobile scopo…»
Ah, ecco.
Doveva capire il nobile scopo.
«Certo», interloquì, visto che da dieci minuti parlava solo la Berteggi.
«… che il nobile scopo dell’associazione non doveva in alcun modo essere adombrato dalla truffaldina volgarità di quanto era successo…»
Truffaldina!
Ma come parlava?
E la «singolar tenzone» dove la metteva?
«… la Quaresima ormai è cominciata…»
Nessun dubbio, ce l’aveva sotto gli occhi.
A giorni la vendita dei biglietti della lotteria sarebbe iniziata.
Riteneva anche lui, come lei, che fosse necessario fare luce quanto prima sul fattaccio onde evitare che nella popolazione si insinuasse la sfiducia, a scapito del nobile scopo?
Riteneva.
Dopodiché, non gli scassasse più l’anima. Fare luce sui reati era affar suo.
«Non si preoccupi signora», disse il maresciallo Pezzati, «stiamo già lavorando in quel senso.»
«Non lo mettevo in dubbio», rispose la Berteggi. E sorrise come se non l’avesse mai fatto in vita sua.
Una volta uscita, il maresciallo Pezzati si slacciò la cravatta. Pensò al Tagliaferri: ci fosse stato lui al posto di quella pittima, avrebbe già cantato.
Ma del Taglia, in paese, non c’era traccia.