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Immersa fino al collo nell’acqua della vasca, Camille prova a ritrovare una breve tregua dalle angosce che la divorano. I suoi nervi sono messi a dura prova da troppe ore, ha un bisogno disperato di dormire e, nonostante le vive proteste dello stomaco vuoto, è incapace di mandar già qualsiasi cosa. Combattuta tra i violenti rimorsi e un implacabile senso di colpa, concentra tutte le forze per fare il vuoto nella mente. Spossata dai conflitti interni che non le danno nessuna tregua, la donna si sente allo stremo delle forze.

Gli eventi della giornata le vorticano nella mente. Si rivede in mezzo al parcheggio che urla il nome di Emma, distrutta per la scomparsa della figlia. Ripensa senza sosta alla minaccia di Étienne, con la certezza di aver indovinato la sua sete di vendetta. Il profilo di uomo maledetto la seduceva finché restava distante dalla sua quotidianità ma, alla luce della giornata devastante, deve arrendersi all’evidenza: non sa niente di lui. Étienne è lontano dall’essere inoffensivo, l’ha capito bene. Non sa di cosa è capace. Non sa fino a che punto ha messo in pericolo la famiglia lasciandolo entrare nella sua vita, come un lupo al quale ha aperto la porta dell’ovile. 

Non lo sa.

Se ne duole terribilmente. Si sente stupida, immatura come un’adolescente di quindici anni che cede al fascino di un belloccio senza cuore. Le rivengono in mente gli abbracci, e i ricordi si coprono ora di un velo di amarezza, come se ogni gesto di Étienne avesse avuto un secondo fine malvagio. Ha l’impressione di essere una sconsiderata che non ha visto al di là del proprio piacere. Come ha potuto immaginare, anche per solo un istante, che un uomo come lui potesse innamorarsi di una donna come lei? Si è offerta, il corpo, l’integrità, la lealtà, accecata dallo spettro del principe azzurro al quale aveva tanta voglia di credere. Per lui, ha calpestato la fiducia che Patrick ed Emma le accordano senza riserve. Per lui ha pensato di distruggere la famiglia. Più che tutte le preoccupazioni, la tormenta e la distrugge il sentimento di essere indegna del marito e della figlioletta. 

Era nell’auto di Dorothée Voguel, sulla strada di ritorno verso il centro commerciale, quando Patrick finalmente l’ha contattata. Dopo averlo messo al corrente di ciò che era accaduto, Camille gli ha chiesto di venire a prenderle al parcheggio, sentendosi ancora troppo turbata per riprendere il volante senza rischiare un incidente. Superati i primi attimi di stupore, Patrick è andato in collera. Ha urlato al telefono ingiurie e minacce contro Étienne, Camille ha faticato sette camicie per placarlo. L’ha supplicato di calmarsi, di non fare niente d’irrimediabile, e soprattutto di andare a prenderle il prima possibile. Nonostante l’odio e il rancore, Patrick ha promesso di non tardare. Durante il quarto d’ora trascorso in macchina, Emma si rannicchia su se stessa, mentre nella mente di Camille il pensiero fisso era la necessità di ammettere il tradimento al marito. Fare le scarpe a Étienne. Alleggerirsi del fardello troppo pesante da portare. Tremolante, i nervi a fior di pelle, ha provato a convincersi che era l’unica soluzione. Che comunque avrebbe finito per scoprirlo. La confessione era la cosa migliore da fare. Si sarebbe gettata ai suoi piedi supplicandolo di perdonarla, gli avrebbe promesso una vita intera di amore e fedeltà. Non sarebbe riuscito a restare insensibile alle sue ragioni. Sì, era la cosa migliore che possa fare. E anche se lui non le avesse concesso nessuna attenuante, se il furore fosse stato più forte dell’indulgenza, sarebbe stato sempre meglio della spada tagliente e affilata che pendeva sopra la sua testa. 

E poi…

E poi non ci è riuscita. Non ha trovato il momento, il coraggio, le parole. Quando le ha raggiunte al parcheggio, Patrick era fuori di sé, un misto tra rabbia e angoscia che Camille ha provato a moderare, senza successo. Allora ha rinviato la confessione all’indomani. Domani ci vedrà più chiaro. Troverà la forza che quella sera le manca. Ha bisogno di una notte di sonno per rimettere in ordine le idee. 

Domani. Domani gli confesserà tutto. Se l’è ripromesso.

Dopo aver tirato via il tappo, Camille si alza. Lascia che la vasca si svuoti lentamente, osservando il livello dell’acqua che si abbassa via via che il tempo passa. Quando non ne rimane quasi più, afferra la doccia, gira a fondo il rubinetto d’acqua calda prima di mettere il pomello sopra la testa. Resta a lungo sotto il getto cocente e infine lascia scorrere le lacrime, abbondanti, quasi liberatorie, sognando di poter lavare via i peccati, affogare le preoccupazioni, veder scomparire l’incubo nel piccolo vortice che scorre giù dalla vasca come un fantasma impaurito.

Quando esce per asciugarsi, si sente ancora sporca.

I minuti passano, lenti e irreali, cullati dai dolorosi rimpianti dei sogni profanati. La passione che provava per Étienne fino a due giorni fa si è trasformata in ripugnanza vergognosa e timorosa. Con un singhiozzo tormentato, Camille reprime un sinistro presentimento. 

Dei colpi alla porta del bagno la distraggono dai pensieri cupi. Fa un balzo smisurato e caccia un grido di paura, come se dietro il battente si nascondesse un mostro. Quando Patrick infila la testa trema come una foglia.

«Camille, puoi venire per favore?»

Non si è ripresa dall’emozione e il tono secco del marito la allarma.

«Che succede?»

«Vieni a vedere…»

Senza aspettare altre domande, lui scompare chiudendo la porta dietro di sé. Incuriosita, Camille finisce di asciugarsi prima di avvolgersi nell’asciugamano. Quando esce dal bagno, il corridoio è vuoto.

«Patrick?»

«In camera!»

Camille si affretta a raggiungerlo. È in piedi davanti la finestra, nascosto a metà dietro le tende spesse, e le fa cenno di andare a mettersi dietro di lui.

«Cosa stai guardando?» chiede aggrottando le sopracciglia.

«Vieni!»

Docile, esegue. Fuori, la luminosità è calata ancora, per rivelare ora solo i contorni dei cespugli che contornano il giardino. Sempre più oppressa dall’atteggiamento del marito, Camille si solleva in punta di piedi per guardare sopra la sua spalla.

«Non lo vedo più» sussurra lui con un filo di voce.

«Cosa non vedi più?» domanda con voce nervosa.

Patrick non risponde subito. Con tratti corrugati, perlustra con lo sguardo la strada.

«Era lì due secondi fa…»

«Ma di cosa parli, per la miseria?»

«Un uomo che si aggira per il quartiere! L’ho visto lì, proprio davanti casa!»

È come una scossa elettrica. Come se tutte le terminazioni nervose di Camille s’infiammassero contemporaneamente. Come se un pugno le si schiantasse nel bel mezzo dello stomaco, ha quasi il respiro mozzato.

È lui, è Étienne, ne è convinta. 

«Dove?» riesce ad articolare. «Dove l’hai visto?»

«Lì» si agita Patrick indicando il muretto che separa il marciapiede dal vialetto che arriva fino all’ingresso. «Era in piedi, proprio lì davanti.»

«E adesso dov’è?» singhiozza Camille.

«Non ne ho idea!»

Patrick osserva l’esterno scrutando ogni angolo. Abitano in un quartiere residenziale, il cui pregio maggiore è la quiete. Tutti i vicini sono rientrati a casa. In genere, a quell’ora della sera, il viavai diminuisce.

«È lui, no?» chiede Patrick. «È il padre della maestra? Quello che ha provato a rapire Emma prima?»

Camille deglutisce.

«Credo…»

«Lo vedi?»

«No!»

Ispeziona i dintorni con il respiro corto. Ha la sensazione che Étienne li stia spiando, come un predatore sorveglia la preda. Si aspetta che sbuchi fuori da una siepe o da dietro una macchina da un momento all’altro. Con gli occhi spalancati, passa al setaccio tutta la strada.

Fuori non si muove niente.

«Non lo vedo!» si lamenta senza distogliere lo sguardo.

«Non ci mollerà» sussurra Patrick stringendo i denti. «Bisognerà che risolviamo noi stessi il problema!»

Camille resta in silenzio, invasa dall’angoscia, i nervi contratti. Se Étienne si aggira nei paraggi, lei sa qual è il motivo. La spada di Damocle pronta a far saltare in aria le catene dei suoi segreti.

«Chiama la polizia» geme, al colmo dell’ansia.

Patrick si limita a sogghignare alzando le spalle.

«Quell’uomo si permette di rapire nostra figlia in pieno giorno e impunemente, e non gli hanno fatto niente. Credi davvero che se chiamo gli sbirri per dirgli che si sta aggirando nel quartiere, si precipiteranno a portarlo via? Tu stessa me l’hai detto: non hanno nessuna accusa contro di lui.»

«Che cosa facciamo?»

«Vado a parlarci.»

Camille sente contorcersi lo stomaco.

«No!»

La donna è fuori di testa. Se va a parlarci adesso, rischia che Étienne gli dica tutto. Forse è proprio lo scopo della visita notturna, il confronto che tanto teme Camille. Se Patrick deve venire a sapere del tradimento, è fuori questione che sia dalla bocca stessa dell’amante. Un panico sordo la coglie. Messa con le spalle al muro dall’urgenza di una situazione che minaccia trasformarsi in dramma in qualsiasi momento, perde il controllo.

«Non andarci, ti prego!» strilla, all’orlo delle lacrime.

«Hai una soluzione migliore?»

Patrick non sembra realizzare lo stato di terrore nel quale si trova la moglie. Si dirige già verso la porta della camera. Camille gli si fionda dietro per tentare di trattenerlo.

«Ti prego, Patrick, ascoltami!»

Lo sorpassa e si frappone tra lui e la porta, come a interdirgli l’accesso.

«Non sappiamo fino a che punto può arrivare questo tizio! Finché sua figlia non sarà ritrovata, non ha niente da perdere, capisci? Se ci vai a parlare, solo Dio sa cos’è capace di fare!»

«Non mi credi abbastanza forte da tener testa a quell’uomo?» obietta Patrick mordendosi le labbra.

«Non voglio dire questo! Ma non serve a niente correre dei rischi inutili. Resta con me. Per favore.»

«Penso invece che sia ora di estirpare il male» ribatte determinatissimo. «Di avere una bella discussione con lui e di fargli capire che non serve a niente minacciarci. Lasciami passare.»

«No!»

Camille fatica a nascondere il panico. Febbrile, cerca di trovare un modo per per dissuadere il marito dall’uscire. 

«Quel tizio è pronto a tutto!» geme prossima all’isteria. «Hai visto questo pomeriggio, no? Se è capace di rapire Emma in un parcheggio del centro commerciale in orario di piena affluenza, è perché se ne frega altamente delle conseguenze! Immagina se ti aggredisce e poi viene a regolare i conti con Emma e me? Ci hai pensato? Ascolta! Ecco cosa facciamo: domani andremo a lasciare Emma da tua madre, ci resterà per il tempo che si risolva la faccenda.»

Patrick l’osserva con aria pensierosa. Sembra esitare. Incoraggiata dall’indecisione, Camille rincara la dose.

«È troppo pericoloso scontrarti con lui quando Emma è a casa. Rifletti! Se dovesse succedere qualcosa, chi proteggerebbe me e la piccola?»

Patrick sembra cedere.

«Okay» finisce per dire. «Allontaniamo Emma, poi sistemiamo la questione una volta per tutte.»

Camille tira un sospiro di sollievo. Rassicurata sulle intenzioni del marito, ritorna alla finestra per sondare i paraggi.

«Sembra che non ci sia più» respira, piena di speranza.

«Non so se è così rassicurante…»

La donna si volta di nuovo verso Patrick, che la guarda con aria tormentata. Le emozioni giocano a tira e molla con i suoi intestini e la paura la domina.

«Sei sicuro che fosse lui?»

«Non l’ho mai visto, ma chi vuoi che sia?»

Camille fa un cenno pensoso con la testa. La decisione è presa: confesserà l’adulterio non appena Emma sarà dalla nonna. Sa già che le conseguenze saranno terribili, ma almeno la bambina non sarà testimone della scena che farà a pezzi i genitori. 

Dal canto suo, Patrick la osserva per qualche secondo perso nei pensieri. Poi, prende le mani della moglie e le stringe forte nelle sue.

«Proteggeremo la nostra famiglia» dichiara con convinzione. «E andremo fino in fondo.»

Camille lo fissa grave prima di rispondere alla stretta delle sue mani mentre, nel petto, il suo cuore si stringe, pensando all’immensa delusione che lo attende.