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Camille Verdier arriva ansimante davanti alla porta di Étienne: la corsa, l’emozione e l’apprensione l’hanno lasciata senza fiato. Dopo cinque settimane d’adulterio, trema ancora come una foglia al momento di rivederlo. Solo quando si abbandona a lui dimentica tutto, il marito, la figlia, la situazione insensata nella quale si è messa…
Étienne è come una droga: euforizzante, terribilmente buono, definitivamente fatale.
Dal giorno del loro incontro la sua vita ha preso un sapore indefinibile che la trasporta in una realtà che prima ignorava. Lo sguardo che lui ha sulle cose, le persone, i luoghi o i fatti è del tutto differente da quello di chiunque altro. Per lei, è come se lui venisse da un altro pianeta, un universo di cui immagina l’esistenza ma che non le è accessibile.
Un paese strano nel quale lei non ha posto. Posando gli occhi su di lei, bramandola, desiderandola, le ha aperto le porte di una terra esotica che la incanta e la angoscia allo stesso tempo.
Le emozioni che da cinque settimane prova sono di un’intensità tale che Camille si chiede come abbia potuto vivere tanti anni in una letale tiepidezza. Le sembra di scoprire l’esistenza degli organi: i polmoni sono in fiamme, il cuore martella nel petto, la pelle brucia, le interiora si contorcono…
Ogni particella del suo corpo è piena di vita.
Come per rispondere ai tormenti fisici, anche la mente ha trovato la sua croce. Fin dal loro primo abbraccio, si pone delle domande che non si era mai posta prima: chi è veramente? Che cosa vuole? Quale direzione dare alla propria esistenza? Ama ancora suo marito? Deve parlare, deve tacere? Ha un senso la sua vita? Cosa le riserva l’avvenire?
Camille ha la sensazione di essere bloccata in una sorta di purgatorio, tra l’inferno del tradimento e il paradiso dell’amore…
«Buongiorno…»
La porta si è aperta mentre riprendeva fiato. Étienne appare sull’uscio e si ritrae subito per lasciarla passare. Entra nella stanza senza togliergli gli occhi di dosso, e già il piacere che li attende li unisce l’uno all’altra. È una bolla che li isola dal mondo, all’albore di una felicità preziosa, al limite dell’estasi. Aspetta che richiuda la porta prima di stringersi contro di lui; lui l’avvolge, lei si scioglie, appesa alle sue labbra che mordicchia con tenerezza. Per lunghi secondi, senza dire una parola, senza un rumore se non quello dei loro respiri che si confondono, comunicano con il linguaggio del corpo, annegati nella vertigine dell’attrazione reciproca. Étienne la tiene stretta a sé, una mano premuta sulle reni mentre l’altra si avventura di già sotto la gonna, sfiora le cosce, risale lentamente verso il triangolo di tessuto della sue mutandine. Camille chiude gli occhi. La bocca semiaperta lascia sfuggire una serie di sospiri lascivi, sente le dita di Étienne scivolare al cuore del desiderio, la tasta, la accarezza con infinita dolcezza senza distogliere lo sguardo…
L’ora che segue dilata la parentesi all’estremo, come un elastico tirato che rischia di rompersi in qualunque momento. Sommersi dalle delizie, i due amanti conoscono la precarietà del momento. Si stringono, si sentono, si assaggiano, si svuotano fino all’ultimo ansito.
Étienne abita in un appartamentino in centro, poco lontano dall’ufficio di Camille. Chef in una brasserie, lavora spesso la sera e parte della notte. Gli orari sfalsati l’obbligano a condurre un’esistenza difficilmente compatibile con quella di Camille. Il loro unico punto in comune è senza dubbio la passione che hanno entrambi per il lavoro. Entrambi ignorano il disagio del lunedì mattina e le ordinarie battute sulla lunghezza della settimana.
Étienne inizia il servizio alle diciotto per preparare il piatto del giorno e i contorni. Di norma la sala è già stata apparecchiata da quelli che lavorano al turno del pranzo. La cucina apre ufficialmente alle diciannove, ma i primi clienti iniziano ad apparire attorno alle diciannove e trenta. Per la prima mezz’ora vengono serviti principalmente zuppe e piatti del giorno. È il momento i cui i clienti s’incrociano: quelli che rientrano dal lavoro e che non hanno la voglia di mettersi a cucinare, e quelli che vanno a qualche evento e prima mandano giù un boccone veloce.
In cucina, la macchina si mette in moto, come un treno che parte e lascia la stazione con andatura flemmatica. Solo alle venti il ritmo comincia ad accelerare. Tra le venti e trenta e le ventidue si raggiunge la velocità di crociera: non un attimo per tirare il fiato ma si tiene il tempo. Dopo le ventidue, c’è una decelerazione. Niente di peggio, perché si sa che il ritmo incalzerà di nuovo per il secondo servizio. Questa volta sono i clienti che escono da teatro o dal cinema. Il valzer dei piatti ricomincia, e con esso la cucina è in surriscaldamento. Ma è più difficile tenere il ritmo perché c’è stata la decelerazione delle ventidue, e la leva del cambio è stata lasciata.
Ce n’è fino a mezzanotte, a volte mezzanotte e mezza.
Dopodiché, se la cucina è chiusa, Étienne e la sua équipe possono rassettare tutto e pulire, il che porta via almeno un’ altra ora abbondante. Sono ormai quasi le due quando possono allentare la tensione e bersi un bicchiere. Che in teoria dovrebbe essere l’ultimo, ma che ha la fastidiosa tendenza a ripetersi.
Étienne rientra a casa attorno alle quattro del mattino. Raramente alticcio, non beve per ubriacarsi. Beve poco, in realtà. Cerca soprattutto la tregua che gli procura il vino, la distensione della mente. Anche il contatto con i colleghi, alcuni dei quali sono diventati dei buoni compagni. Sta attento anche a non rientrare troppo presto: giusto prima del momento in cui il sonno verrà a coglierlo. Étienne zittisce la sua solitudine sotto un’apparenza da single incallito di cui sembra assumere pienamente le sembianze.
Fra l’altro è ciò che Camille ammira in lui, quella forza apparente che non gli manca mai. Un blocco di cemento, imperturbabile e indistruttibile. Terribilmente rassicurante. In verità, è tutto l’opposto del marito. L’uno è un intellettuale puro, l’altro un manovale nell’anima. Patrick appare delicato e vulnerabile, Étienne sembra scolpito nella roccia. Patrick è un sedentario impenitente, Étienne ama la strada, i viaggi, gli spazi aperti. L’uno parla molto, l’altro tace per la maggior parte del tempo.
Quando sono insieme, Étienne parla poco, del resto non è quello che Camille si aspetta da lui.
Invece lui la ascolta, il che segna anche una netta differenza con suo marito.
Dopo l’amore, nel momento in cui i corpi saziati si rilassano, Camille accenna ai tormenti che la divorano non appena si allontana da lui. La sensazione di solitudine, associata alla vergogna di tradire il marito – un uomo retto e integro che rispetta e che, soprattutto, è il padre di sua figlia –, la consuma. La ragazza considera con terrore che un giorno lui possa venire a conoscenza del tradimento. Lo conosce. Sa che la notizia lo spezzerebbe. Sa anche che non le perdonerebbe mai l’infedeltà e che la relazione si ritroverebbe irrimediabilmente distrutta. Soprattutto, teme di farsi un nemico: sotto le apparenze amabili e cortesi, Patrick è capace di una freddezza tranciante che la raggela fino al midollo. Quando litigano, quando si sente ferito per un motivo o per un altro, Camille ha la sensazione che si disconnetta da qualsiasi reazione umana. Diventa allora distante, altero, sprezzante, e sembra che niente lo scalfisca. La tensione che regna tra loro mette a dura prova i nervi della ragazza. Si sente devastata dal suo atteggiamento e a volte le ci vogliono diversi giorni per riuscire a oltrepassare il carapace di metallo di cui sembra bardato. Succede perfino che, mentre è convinta di essere nel giusto nel litigio in corso, lei arrivi a scusarsi, giusto perché lui si riprenda e torni amabile e attento.
Più di ogni altra cosa, ce l’ha con il marito per aver fatto di lei ciò che è diventata. Tra moglie e madre, si sente ridotta a mantenere il ruolo che ci si aspetta da lei, come due abiti che alterna a seconda del momento della giornata. Chi è realmente? Dov’è finita la ragazza che avanzava nella vita con fiducia e superbia? Il semplice fatto di porsi la domanda le dà l’impressione di ritrovare un po’ di quella che era una volta, prima di sposare Patrick. Prima d’indossare l’abito da sposa che, con il tempo, le è sembrato sempre più stretto. Con la nascita di Emma, è scivolata in un nuovo abito e ha finito, con il tempo, per cucirselo addosso. Adesso ruggisce sotto la veste di una donna in cui non si riconosce più.
Étienne, lui, ha individuato subito la ragazza che è stata, che esiste ancora nel suo sguardo ed è assolutamente deliziosa. Per qualche oscuro miracolo, è riuscito a resuscitarla.
Nonostante tutto, Camille non ha la forza di affrontare una separazione. La sola prospettiva di dover dividere la custodia di Emma le frantuma il cuore. Non potrebbe mai sopportare di vederla una settimana su due. Privarla del padre le sembra ugualmente inconcepibile.
E poi, i sentimenti verso il marito sono complessi.
Certo, la quotidianità ha da tempo iniziato il suo logorio, le abitudini hanno preso il posto della passione. Le promesse di felicità eterna negli anni si sono sgretolate lasciando posto a un impaccio perenne. Eppure, Camille non è proprio sicura di non provare più niente per Patrick.
In verità si sente presa in una morsa lacerante tra la forza di una passione che la divora, e di cui non riesce più a fare a meno, e la solitudine del microcosmo familiare necessario alla sua felicità, che vorrebbe proteggere.
Per due volte, ha tentato di porre fine alla relazione con Étienne. Entrambe è ricaduta tra le sue braccia pochi giorni dopo, persa, sconvolta, miserabile e devastata, a malapena l’ombra di se stessa.
Da cinque settimane, le sue giornate son ritmate dal contatto intimissimo con quell’uomo. Messaggi vocali, sms, e-mail, chiamate telefoniche e appuntamenti segreti sono diventati le sole misure del suo tempo. Lei impiega tutto il proprio ingegno per conservare le prove del loro amore senza rischiare che Patrick le scopra inavvertitamente, il che richiede una vigilanza costante.
A Camille piacciono i pranzi discreti che condividono in fondo a una bettola improbabile, dove non rischiano di imbattersi in qualche conoscenza. Ama le conversazioni che passano da un argomento all’altro, i silenzi meravigliati, le irrefrenabili risate senza motivo e perfino le situazioni assurde che la loro clandestinità li obbliga a volte ad affrontare. Ride da sola, ricordandosi di quel pomeriggio soleggiato durante il quale, approfittando della mitezza del tempo, hanno passeggiato in un quartiere lontano da quelli che frequentava abitualmente. Sfidando la più elementare prudenza, si era lasciata andare a prendere Étienne sottobraccio, solo per fare finta. Essere una coppia normale, per un attimo. Mostrarsi agli occhi di tutti, protetti solo dal loro anonimato. E ovviamente ha incrociato la sua vicina, interdetta a scoprirla in compagnia di un uomo che non fosse suo marito. Camille per poco non andava in panico. Étienne, con addosso gli occhiali da sole, si è improvvisamente trasformato in un cieco che la ragazza, con grande bontà d’animo, aiutava a orientarsi per ritrovare la strada. Fingendo gratitudine, si è lasciato guidare per un centinaio di metri, moltiplicando gli inciampi e le goffaggini. Lo spavento di Camille ha ceduto spazio al divertimento e da allora la vicina è piena di stima per lei.
Distesi l’uno contro l’altro, sfiniti e soddisfatti, riemergono lentamente.
«Se non me ne hai ancora parlato, è perché tua figlia non ha fatto la spia a tuo marito…» sussurra Étienne accarezzando i capelli di Camille.
La ragazza si accoccola un po’ di più tra le sue braccia.
«No. Non ha detto niente. Ma può venir fuori in qualsiasi momento.»
«E a te, ha detto qualcosa?»
Camille scuote la testa.
«Ha solo cinque anni. Non so quanto sia consapevole di averci sorpresi in una situazione delicata. Dopo aver richiuso la porta dietro di te, ho fatto come se fosse tutto nella norma. Mi ha chiesto chi fossi, le ho detto solo che sei un vecchio amico.»
«Un vecchio amico?» ripete Étienne in tono derisorio.
Sguardi complici. Étienne fa la caricatura di un’espressione senile, Camille scoppia a ridere.
«Credi che dovrei parlargliene?» chiede rifacendosi seria.
Un silenzio trattenuto. Le posa addosso uno sguardo nel quale lei individua una traccia d’inquietudine.
«Parlare di cosa? Con chi?»
«Con Emma» risponde come se fosse evidente. «Di quello che ha visto ieri…»
I tratti di Étienne si distendono impercettibili, il che non sfugge a Camille.
«Cosa avevi capito?»
«Ho pensato che volessi parlarne a tuo marito…»
«Ti darebbe fastidio?»
Alza le spalle distogliendo lo sguardo.
«Non stiamo bene così?»
La risposta è leggera, ma il cuore di Camille si fa pesante. Étienne non ha mai preteso niente da lei, il che la rassicura e la ferisce allo stesso tempo. Sente chiaramente che la magia dell’inizio va scemando, che è meno premuroso, più indifferente. Le piacerebbe suscitare in lui la confusione che prova lei, i sogni di audacia che accarezza, il trionfo dell’ebbrezza sulla ragione. Eppure, da un po’ di tempo, Étienne sfoggia una serenità che lei stima incompatibile con la potenza del loro amore.
«Devo andare» dichiara lei consultando l’orologio.
Si solleva in un balzo, raccoglie di fretta i vestiti sparpagliati, fila in bagno.
Qualche attimo dopo, Étienne la riaccompagna alla porta dell’appartamento.
«Ti chiamo appena posso» gli promette.
Quando infine sparisce nella tromba delle scale, Étienne resta un momento sulla porta, pensieroso.
La luna di miele sta per finire. Camille comincia a irritarlo.
Le conosce a memoria, queste mogli birbantelle che ricercano nell’adulterio i brividi della giovinezza svanita. Queste madri di famiglia modello che per anni si sono messe d’impegno a interpretare un ruolo stereotipato – quello della donna felice a capo di una tribù – e che, riuscite a farlo loro, si dimenano per uscirne. Sì, le conosce bene, queste donne che improvvisamente rinnegano una vita alla quale sono corse appresso a perdifiato, un marito che provveda ai loro bisogni, figli per appagare gli istinti primari. Un bel giorno si svegliano con la voglia imperiosa di ritrovare la libertà, di provare che sono ancora quelle che erano a vent’anni.
Come se il peso del tempo su di loro non avesse presa. Come se fossero immortali.
Camille non lascerà mai il marito, ne ha la certezza. A lui piacciono i momenti rubati che passa con lei, sapendo che la clandestinità dà alla loro storia tutto il suo pepe. Ha passato l’età dei giuramenti da due soldi e non è affatto certo di volerne ancora, ricominciare tutto da capo, la vita di coppia, condurre il frutto proibito tra le insidie della quotidianità, rischiare di estinguere la magia del proibito.
Quello che sa per certo è che, alla sua età, non ha più voglia di perdere tempo.