Il cortigiano Johnny miglior film straniero
Oh come tira
«Tiro, Rufai in tuffo. Gol. Gol? Gol! Gol? Sìììì, Gol, Gooolll, Goooooool, Gol, Gol, Gol, Gol, Gol» (Gianni Riotta commenta il gol di Roberto Baggio che supera il portiere Rufai della Nigeria negli ottavi di finale dei mondiali di calcio negli Stati Uniti, «Corriere della Sera», 5.7.1994). Commenta il settimanale satirico «Cuore»: «Marinetti? Palazzeschi? Pinot grigio?».
Johnny Raiotta
L’8 settembre 2007, nella piazza del V-Day a Bologna gremita di almeno 100 mila persone e collegata con altre cento piazze da tutta Italia, non c’è una sola telecamera né un solo inviato di un solo telegiornale Rai, Mediaset e La7 (solo di Sky). Il Tg1 diretto da Gianni Riotta apre l’edizione delle ore 20 con un servizio sul premier Prodi a Bari, seguito da uno su Berlusconi chissà dove e da tre servizi sui funerali di Luciano Pavarotti. Poi una lunga, imprescindibile inchiesta sull’inedito fenomeno della prostituzione a Milano. Poi un delitto a Treviso. Poi il videomessaggio di Napolitano a Cernobbio sul futuro dell’Europa. A questo punto l’inspiegabilmente sorridente conduttore Attilio Romita riapre la «pagina politica» con la solita carrellata di micro-pareri di politici che parlano come Qui Quo Qua dicendo cose incomprensibili. Poi un’imperitura intervista a Rutelli, che avrebbe potuto andare in onda anche tre anni prima, o tre anni dopo. Giunto fin qui, chi non avesse ancora spento o distrutto il televisore è tentato di chiamare la redazione per avvertirla del fatto che nel pomeriggio s’è svolta una cosina da niente chiamata V-Day. Ma ecco il Romita incupirsi all’improvviso in volto: è il segnale convenuto, gli tocca parlare del V-Day. Mentre alle sue spalle appare un fermo-immagine di Grillo, il conduttore legge queste poche, frettolose parole: «Si è svolto a Bologna e in altre città italiane il Vaffa Day del popolare comico genovese...». Sullo sfondo un paio di immagini rubate a Eco-tv, che ha trasmesso la diretta via satellite, e via andare. Totale: 29 secondi. Romita, che ritrova finalmente il sorriso, va di fretta: deve annunciare i servizi sui nuovi sviluppi (nessuno) del delitto di Garlasco e del caso Madeleine (una bambina inglese scomparsa in Portogallo), sui romeni che rubano nei supermarket a Ivrea, sull’analfabetismo di ritorno (honny soit qui mal y pense) e soprattutto su un fatto unico nella storia: «Sei subacquei sono sott’acqua a Ponza», si badi bene, «senza prendere ogni tanto una boccata d’aria». Roba forte: subacquei sott’acqua. Chiude un servizio sull’indimenticabile matrimonio di Marco Baldini, officiante Veltroni, testimone Fiorello (25 secondi, 4 meno del V-Day).
Naturalmente nessuno protesta: la lingua censoria di Riotta sta benissimo a destra, centro e sinistra. Ma Sabina Guzzanti, il 12 settembre, va ospite di Michele Santoro ad Annozero e descrive l’incredibile Tg1 che tutti hanno visto. Non l’avesse mai fatto. Il Tg1 la degrada a «soubrette» e legge il comunicato del Cdr che respinge i presunti «insulti al direttore e alla redazione», affermando: «È falso che abbiamo oscurato Grillo: abbiamo coperto e analizzato sin dall’inizio il fenomeno V-Day e V-People in tutta la sua rilevanza. Facendolo sentire e vedere...». E con quali immagini, di grazia, visto che il Tg1 non aveva sul posto neppure una troupe? Mistero. L’indomani si materializza Riotta per uno speciale su Grillo, anzi contro. Insolitamente abbigliato con giacca, al posto della consueta camicia bianca di ordinanza, l’anglo-american-direttore interroga Scalfari e Sartori («l’amico Eugenio» e «l’amico Vanni», con quest’ultimo che lo guata da sotto in su, come a dire: amico? ma chi t’ha visto mai?) tentando di anestetizzarli. Poi risponde alla Guzzanti senza osare nominarla («un’addetta ai lavori di Grillo») e loda – almeno lui – il suo impeccabile Tg1. Purtroppo però le immagini del V-Day portano il bollino di Eco-tv e di Cinquestelle, perché l’ammiraglia Rai non ne ha di proprie.
In compenso però Riotta ha sguinzagliato un inviato a spiare lo show della sera prima di Grillo a Codroipo, ne trasmette abusivamente ampi brani e spaccia il tutto per «dovere di cronaca». Infine si rabbuia in volto, come mai gli è accaduto di fare con Previti e Dell’Utri (il Tg1 ha censurato la condanna in appello di quest’ultimo per estorsione mafiosa), e col ditino ammonitore scandisce: «Ora vediamo chi è davvero Grillo». Uno scoop: una storia trita e ritrita di Grillo che fu invitato a una festa dell’Unità nel 1981 e pretese addirittura che gli pagassero il cachet pattuito per contratto. Un fatto orribile, perché si sappia – avverte Riotta – che «non esistono vergini». In chiusura un invito all’amico «Beppe» perché «venga presto a trovarci».
Johnny Biagi
«Diceva di sé Enzo Biagi quando ha diretto il Telegiornale: ero l’uomo sbagliato al posto sbagliato. Quando sono venuto a lavorare qui, mi ha detto: mi raccomando, fai come me, non prendere le telefonate dei politici. Io sono durato già all’incirca il doppio di quanto è durato lui al Tg e quindi, evidentemente, in qualche modo l’Italia migliora» (direttore del Tg1, Speciale Tg1, 6.11.2007). Oppure, più semplicemente, non ha seguito la raccomandazione di Biagi.
Johnny bilingue
A fine gennaio del 2008 Gianni Riotta, direttore del Tg1 nominato dal centrosinistra, ha un problema: il secondo governo Prodi è prematuramente scomparso, il centrodestra sta per vincere le elezioni e Berlusconi per tornare al governo. Disperato, Johnny si lancia subito all’inseguimento del Cavaliere per mostrare che lui sta con chiunque governi, senza andare troppo per il sottile. La prova d’amore la fornisce già in campagna elettorale. Intervista Berlusconi, il quale gli rivela di non aver mai fatto alcun editto bulgaro, anzi: «Ho fatto di tutto per trattenere l’amico Enzo Biagi alla Rai, ma lui se ne volle andare ugualmente per intascare una lauta liquidazione». Anziché sputargli in faccia, o semplicemente smentirlo con i fatti a tutti noti, Riotta balbetta: «Lasciamo perdere, ora Enzo non c’è più...». E Riotta non c’è mai stato. Altrimenti manderebbe in onda il video dell’editto bulgaro del 28 aprile 2002, quando – da Sofia – il Caimano ordinò alla «nuova dirigenza Rai» di «impedire» che «Biagi, Santoro e Luttazzi facciano un uso criminoso della televisione pubblica, pagati con i soldi di tutti». Diktat subito eseguito dagli appositi dirigenti di viale Mazzini, da lui stesso appena nominati.
Non contento, subito dopo le elezioni, Riotta firma un editoriale sul «Wall Street Journal» per invitare il centrosinistra a non contrastare troppo il nuovo governo Berlusconi: guai a cedere «alla tentazione dell’ostruzionismo», guai a scatenare «la reazione dei sindacati, incoraggiandoli a portare la gente in piazza». Cioè: guai a fare l’opposizione. Che poi è quel che dice sempre il Cavaliere. Purtroppo, malgrado tanta maggiordomitudine, Riotta verrà rimpiazzato nel 2009 da Augusto Minzolini, più affidabile perché ha sempre leccato in una sola direzione.
Grazie, terremoto
«Ascolti record in tutte le edizioni del Tg1 nella giornata del terremoto in Abruzzo. Il Tg1 ha registrato uno share intorno al 30 per cento nelle edizioni delle 6.30, delle 7 e delle 8, con un picco del 43,1 per cento nell’edizione delle 9.30. La Straordinaria delle 11, durata oltre un’ora, ha realizzato uno share del 33 per cento. E l’edizione principale delle 20 si è confermata leader dell’informazione con uno share del 33,9 per cento e con un ascolto medio di 8 milioni di ascoltatori e picchi di quasi 10 milioni. Lo Speciale Tg1 condotto da Bruno Vespa, con David Sassoli inviato sulle zone del disastro, ha avuto uno share del 27 per cento e una media di 6,7 milioni di ascoltatori. Record anche per l’edizione online del Tg1» (Susanna Petruni legge il comunicato del Tg1 diretto da Gianni Riotta all’indomani del terremoto in Abruzzo con 309 morti, oltre 1500 feriti, decine di migliaia di sfollati e 10 miliardi di euro di danni, 7.4.2009).
Uòlter non si stronca
«Quando l’autore di un libro è un personaggio noto, i recensori spesso finiscono con il mettere sotto critica l’autore, non il volume. E Noi [di Walter Veltroni, nda] è destinato a subire questa sorte ineluttabile... [Bisognerebbe] leggere Noi come scritto da Mario Rossi... il ricordo di un’Italia allegra e scanzonata... una sinistra del buonsenso, della mano aperta, che veda in una pubblicità un sorriso e non la mano del demonio, nella famiglia un calore e non oppressione ratzingeriana, nella memoria simpatia e non manovra massonica» («Il Sole 24 Ore», 10.10.2009). Un mese prima il critico Giovanni Pacchiano, sempre sul «Sole 24 Ore», aveva stroncato Noi. Non sia mai. Un mese dopo, Johnny ripara con tante scuse: Noi è un capolavoro. Da Premio Nobel.
Johnny Lecchino
Il 31 dicembre 2009, sempre sul «Sole», Gianni Riotta annuncia che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti è stato eletto «Uomo dell’anno» per volontà imperscrutabile «delle grandi firme del giornale». Poi purtroppo le grandi firme del «Sole» vengono interpellate a una a una e assicurano di non saperne nulla. Tremonti l’ha eletto lui, Riotta. Si è riunito con se stesso davanti allo specchio, si è domandato «per chi voti?», non si è risposto perché il voto è segreto, poi alla fine ha aperto l’urna e, dallo spoglio, è risultato un voto a Tremonti e nessuno ad altri. Così Tremonti s’è aggiudicato l’ambìto riconoscimento del «Sole 24 Ore». All’unanimità.
Johnny Marzullo
Per Gianni Riotta le interviste non sono quella cosa banale in cui uno fa le domande e l’altro risponde. Sono una gara a chi arriva primo. Lui per esempio arriva primo con il banchiere Alessandro Profumo che – scrive sul «Sole 24 Ore» (1.2.2011) – gli ha «concesso la prima intervista dopo l’addio a Unicredit». La primizia ha talmente emozionato Riotta da fargli dimenticare qualsiasi domanda a Profumo sulle sue dimissioni da Unicredit e sullo scandaloso sistema bancario italiano. Anzi: da fargli dimenticare qualsiasi domanda, punto. Quelle pubblicate in neretto, seguite dal punto interrogativo, non sono domande, ma assist con brevi cenni sull’universo. «A che punto ha trovato la meditazione di banchieri e uomini d’azienda dopo la crisi del 2008?». Così così. «Come stanno gli Usa secondo lei?». Benino, grazie, presenterò. «L’hanno persuasa i leader dell’Ue?». Eh insomma. «Tra Banca centrale europea e Federal Reserve... chi ha ragione?». Entrambe e nessuna. «Pechino crocevia del secolo?». Come no. «Non è che colpiti dalla potenza cinese dimentichiamo l’India?». In effetti. «La Russia ha scelto toni morbidi... Perché?». Ah saperlo. «È la scuola la chiave dello sviluppo?». Parole sante. «Nei suoi colloqui privati che giudizi ha ascoltato sul nostro paese?». Be’, insomma. «Di che cosa non s’è parlato, quali voci sono mancate all’agenda globale?». Per esempio le dimissioni di Profumo da Unicredit. Già si sapeva che, uscendo da Unicredit con una super-liquidazione di 40 milioni, Profumo aveva firmato un impegno al silenzio sulla vicenda. Ora la notizia è che l’ha firmato anche Riotta.
Il Tronchetti della felicità
«Marco Tronchetti @pirelli_media “Italia dichiara guerra alla disoccupazione giovanile!” via @Corriereit» (Gianni Riotta su twitter, il 7.6.2013). Così Riotta rilancia su twitter un’intervista del «Corriere della Sera» a Marco Tronchetti Provera che tenta di giustificare una delle più opache e pasticciate operazioni di Borsa degli ultimi anni: il riassetto societario della holding Camfin. Ma Riotta non ne parla proprio.
In compenso si premura di far sapere all’ufficio stampa della Pirelli, la società di Tronchetti Provera, di aver rilanciato l’intervista di Tronchetti Provera, quindi aggiunge «@pirelli_media». Come leccare Tronchetti migliorando pure il titolo della sua intervista, ma anche la Pirelli e il «Corriere», in 140 caratteri. Purtroppo soltanto tre dei follower di Riotta rilanciano il tweet. Gli altri 130.862 sono a corto di lingua.
L’Impero dei Sensi
«La sinistra raziocinante, da sempre minoranza a me cara, va a dirigere Ufficio Comunicazione @pdnetwork con Filippo Sensi» (Gianni Riotta, twitter, 3.1.2014).
«Molti sono stati sorpresi a Roma, quando Renzi ha selezionato Sensi, un popolare blogger romano... un timido e appartato giornalista... come suo portavoce...» (Gianni Riotta a proposito del portavoce di Renzi, Filippo Sensi, già portavoce di Rutelli e vicedirettore di «Europa», «Foreign Policy», 14.1.2014).
«Nice guy gets 40%» (Gianni Riotta dopo la vittoria del Pd renziano alle elezioni europee, 26.5.2014).
«Ci vorrà tempo ma ho già il titolo dell’autobiografia di @nomfup: Cose di lavoro» (Gianni Riotta su Sensi, che su twitter si firma @nomfup e ha lanciato l’hashtag #cosedilavoro, 4.7.2014).
«Bravo Filippo» (Gianni Riotta, twitter, 30.11.2014).
Dai dai dai, stappa un Renzino!
«Urca non lo sapevo che anche @matteorenzi è un Capricorno #auguri e si affidi alla razionalità del segno» (su twitter all’indomani del 39° compleanno di Renzi, 12.1.2014). In soli 140 caratteri Riotta riesce, nell’ordine a: 1) mandare gli auguri al politico più potente d’Italia, neosegretario del Pd e prossimo presidente del Consiglio, nato l’11 gennaio; 2) elogiare la di lui proverbiale razionalità, del resto tipica del segno zodiacale; 3) buttare lì che, guardacaso, il Capricorno è «anche» il segno di un razionalissimo giornalista italiano, nato il 12 gennaio, pure lui noto per la leggendaria razionalità. E chi sarà mai il fortunello? Gianni Riotta. Urca!
Da Boy Scout a Cowboy
«Come sapete, Matteo Renzi era il sindaco di Firenze. È facilissimo governare Firenze. Dopo l’esilio di Dante e dopo il Rinascimento, a Firenze, non è più successo niente. Governare Firenze è facilissimo perché è una città ricca, solida, che si governa da sola. Fare il sindaco di Firenze è un po’ come fare il direttore del Louvre a Parigi: è un lavoro comodo e redditizio. Poi Renzi ha deciso di partecipare alle primarie: dal museo al Far West» (conferenza tenuta in lingua inglese presso l’Institute of International and European Affairs IIEA, dal titolo «From Berlusconi to Renzi: Old Troubles, New Challenges», 9.9.2014). Forse Riotta temeva che la lingua inglese nascondesse un’altra lingua: la sua. Ma noi abbiamo deciso di renderle giustizia.
La congiura de’ Renzi
«Poi [dopo le primarie, nda], in a very Florentinian coup, è riuscito a conquistare il posto di primo ministro dal suo predecessore, Enrico Letta, e, per questo motivo, nel suo partito molti l’hanno criticato. Io penso che sia stata una mossa del tutto naturale: c’è un giovane politico ambizioso che vince le primarie e vuole il posto, non vuole restare in panchina a cuocere a fuoco lento: prende il posto e affronta la sfida» (ibidem).
Il Fotogenico fra le star
«Il suo governo è un governo molto fotogenico ma, allo stesso tempo, è pieno di star» (ibidem).
L’Avvenente Competente
«Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi subisce molte, molte malignità da parte della stampa italiana perché è bella e bionda, molto bella e molto bionda, ed è, allo stesso tempo, una giovane avvocato capace di mettere in soggezione e che sa molto bene il fatto suo ed io non vorrei mai essere dalla parte opposta alla sua ad un tavolo di confronto» (ibidem).
La generazione energetica
«Questa [della generazione postberlusconiana, nda] è l’energia che c’era nel paese perché, anche al di fuori del mondo della politica, ci sono manager come Andrea Guerra di Luxottica, che ha sottratto molti brand famosi al mercato americano, o come John Elkann, il nuovo leader della Fiat, il manager che ha firmato l’accordo con Chrysler, o anche il portavoce di Matteo Renzi, Filippo Sensi, che è un blogger, e adesso lo trovate al G20 o al G8 che rappresenta la voce dell’Italia» (ibidem).
Un po’ Prometeo, un po’ Alessandro Magno
«Non voglio dire che Renzi quest’energia l’abbia creata. L’energia era già lì, ma Renzi è riuscito a inserire la spina per sprigionarla. Renzi è riuscito a dire a una generazione che voleva cambiare il paese: “Seguitemi e andremo!”» (ibidem).
Johnny his happy
«Gli Italiani avranno tutti i peggiori difetti di questo mondo, ma sono persone di buon senso. L’Italia reale, non quella che vedete alla televisione [dove peraltro Riotta appare di continuo, nda], ma quella delle persone riunite a tavola il giorno di Natale, ha votato per Grillo per dare un segnale di cambiamento, ma quando ha visto che con Renzi poteva incanalare la sua protesta in un modo razionale e non irrazionale, alle elezioni europee ha dato il 40% dei voti a Renzi e il 20% a Grillo... E io sono contento che Renzi sia riuscito a ottenere questo» (ibidem).
Meravigliosa creatura (e pure arrapante)
«Abbiamo un giovane primo ministro fotogenico, forte, intelligente, sexy, digitalmente esperto, con il suo meraviglioso governo» (ibidem). In lingua originale suona ancora meglio: «We have a photogenic, strong, smart, sexy, digitally oriented, young prime minister with his great cabinet».
Scusate se do i numeri
«Il presidente Carlo Azeglio Ciampi toccò quota 86% nel gradimento dei cittadini, record impressionante che Giorgio Napolitano ha migliorato al 90%» (Gianni Riotta, «La Stampa», 16.1.2015). Riotta poi prosegue sostenendo che Napolitano lascia il Quirinale con un gradimento del 60%, contro l’appena 46 di Obama e il misero 15 di Hollande. Purtroppo, stando agli ultimi sondaggi, Napolitano se ne va con una fiducia ridotta al 39,6%, la più bassa della storia dei presidenti della Repubblica italiana. I dati elaborati da Euromedia Research dicono che, per il 37% degli italiani intervistati, nei suoi nove anni di mandato Napolitano ha addirittura «danneggiato l’Italia», mentre solo il 13,5 ritiene che abbia «aiutato l’Italia». E, alla domanda su chi vorrebbero come nuovo capo dello Stato, il 54,8% risponde «un personaggio non proveniente dalla politica». Resterà per sempre un mistero quale sondaggio abbia sotto mano Riotta. Ma, visti anche i precedenti, è molto probabile che si sia telefonato da un cellulare all’altro e, quando ha trovato libero, si sia domandato: «Ti piace Napolitano?». E, dopo ampia e articolata riflessione, si sia risposto: «Sì, molto, ma mi piacerà anche chi verrà dopo, anche se non so ancora chi è».
Zugzwang Slap Slap
«Renzi e la “mossa del Zugzwang”». Così ha sbaragliato alleati e avversari. Un colpo da maestro» («La Stampa», 1.2.2015).