Il Vangelo secondo Matteo (2014-2015)

Gli italiani vogliono sempre qualcuno che pensi al posto loro.

Poi, se va bene, va bene. Se va male, lo impiccano a testa sotto.

Mario Monicelli

Sullo scorcio del 2013, subito dopo la vittoria alle primarie e la nomina a segretario del Pd, e qualche mese prima di diventare premier, un Matteo Renzi visibilmente infastidito da opportunisti e adulatori racconta a Servizio Pubblico: «Da qualche giorno i giornalisti della Rai che vengono a intervistarmi, prima di cominciare coprono il microfono e mi sussurrano all’orecchio: “Oh, Matteo, io sono sempre stato dalla tua parte, eh?!”. Il bello è che io non li avevo mai visti prima». Sono i mesi della lunga cavalcata del giovane sindaco di Firenze verso il potere, con consensi pressoché unanimi. «Matteo» piace a sinistra, ma anche a destra grazie ai suoi rapporti (ancora sottotraccia) con Berlusconi e Verdini. Poi, nel febbraio 2014, Renzi si impadronisce anche del governo. E la lista dei renziani-antemarcia-mai-visti-prima si allunga fino a occupare quasi l’intero Albo dei Giornalisti viventi. Fra loro la concorrenza per conquistare la primazia è spietata, senza esclusione di colpi e soprattutto di saliva. E stavolta Renzi si mostra tutt’altro che disgustato dai cortigiani e dai lecchini. Che diventano legione.

Matteo, ti piace il Panorama?

«Renzi è uno dei democratici più amati d’Italia... Questo boyscout trentaseienne, guance paffute, sguardo furbetto e parlantina facile, riesce a fare una cosa sempre più rara dalle parti del Pd: Renzi piace e piace parecchio... Piace per il suo stile smaliziato; per quel suo accento un po’ furbetto [e due, nda]; per quel suo linguaggio anomalo, diretto, spigliato, per niente barocco col quale riesce a mescolare cultura pop e politica raffinata... Un formidabile rottamatore... l’unico antidoto in grado di rievocare l’originario e salutare spirito riformatore... Ha finalmente capito che l’alternativa al centrodestra non si costruisce con le raffigurazioni demoniache dell’avversario» (Claudio Cerasa, «Panorama», Mondadori-gruppo Berlusconi, 19.12.2010). Hai capito i talent scout di Segrate: scoprono il boyscout di Rignano oltre tre anni prima che arrivi al governo e sigli con Berlusconi il Patto del Nazareno. Lingue preventive.

La Zanzara ammaestrata

«Bisogna fare un tifo sfrenato per Renzi» (Giuseppe Cruciani, conduttore de La Zanzara su Radio 24, «Panorama», 7.11.2011). Vedi sopra.

Uomo Nuovo e Vero Leader

«Ecco cosa farò domenica. Uscirò di casa, armato di una certa pazienza, e andrò a votare Renzi alle primarie. Perché lo farò è cosa di scarsissimo interesse, ma perché lo farà una sacco di gente, questo è un fenomeno interessante, e non sono proprio sicuro che tutti l’abbiano capito bene. Posso dare, con tutta la modestia possibile, un aiutino? Io credo che tutto nasca dal fatto che lui non ha scalato un partito, il suo, ma l’ha sfidato. L’ha fatto una prima volta a Firenze, vincendo, e ora ci sta riprovando... Saltare passaggi, accelerare, aggirare l’apparato e, con coraggio, rischiare. Fare un gesto del genere porta Renzi ad essere, istantaneamente, la punta di un iceberg enorme: tutta quell’Italia che, a tutti i livelli, dal piccolo ufficio pubblico al campo aperto del lavoro e della competizione, è stata stoppata dagli apparati o che è riuscita ad emergere non grazie alla vischiosità del sistema, ma nonostante quella. È un’Italia viva, che ha forza e idee, ma che il sistema riesce a bloccare o, in qualche modo, a disinnescare. Non ha praticamente voce all’interno dell’establishment che guida il Paese. Quell’Italia lì ha un’idea molto precisa in testa: il Paese non va riformato, va rifondato. E bisogna farlo con gente nuova e idee nuove, smantellando tutta una rete di privilegi e rimettendo in circolo energie intatte e menti libere. È elementare: vogliono cambiare, ma cambiare veramente... Renzi è riassuntivo di tutto un mondo, come lo sono tutti i veri leader politici. Lo riconduce a una matrice di sinistra, perché rimane fortemente legato a idee di fondo come la tutela dei deboli, la lotta ai privilegi, la centralità dell’educazione, la difesa dei diritti, l’irrinunciabile pretesa di una vera giustizia sociale... Abbiamo l’antipolitica in anticamera, e facciamo i difficili. Abbiamo un uomo nuovo che crede ancora che si possa cambiare il Paese usando bene la politica e non facendone a meno, e ci attardiamo a fargli i test per sapere se è abbastanza di sinistra... Non so. Posso giusto sottolineare che lo spettacolo è piuttosto surreale? In questo affascinante scenario domenica andremo a votare. Per quel che ci capisco io, possono solo accadere due cose: che la si prenda per una liturgia democratica di un partito democratico, e allora passa Bersani e il quieto vivere; oppure l’Italia che non ne può più esce di casa, e fa un improvviso e memorabile outing, chiarendo a se stessa e agli altri che ha la voglia e la forza di ribaltare questo Paese» (Alessandro Baricco, scrittore, «la Repubblica», 24.11.2012).

Da Jovanotti al giovanotto

«Lo voto, rottamarsi è importante. Io l’ho fatto a ogni disco» (Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti, 27.11.2012). Sembra ieri che rappava a Sanremo per il premier D’Alema. Come passa, il tempo.

Ebbene sì

«Ebbene sì, io e Renzi siamo amici, ci vediamo, ci stimiamo, subisco il fascino della sua leadership, un po’ come succede con Silvio. Magari lo voto. Ogni giorno io e Renzi ci scambiamo volentieri sms, ma non vi dico cosa ci diciamo» (Alfonso Signorini, direttore di «Chi», a «La Stampa», 19.9.2013).

Quel gran pezzo della Leopolda

«Quello strano fluido della Leopolda: così il sindaco diventa fidanzato d’Italia». «Su un campione di 500 donne interpellate da Swg per “Grazia” per sapere con chi “vivrebbero un’avventura”, Matteo Renzi batte tutti: come flirt ideale (26 per cento), come amante per l’avventura di una notte (19 per cento), come cavaliere di una serata di gala (20 per cento), e anche come salvatore durante un incendio (28 per cento)... Chi ha trascorso tre giorni a Matteolandia torna a casa convinto che questa specie di misterioso fluido di entusiasmo, di intensa e accesa passione per il leader vuol dire certamente qualcosa... I messaggi del corpo hanno di bello che pretendono attenzione a prescindere dalle idee... Renzi smantella totem e sfata tabù... in jeans e camicia bianca rovescia stereotipi e butta giù steccati... apre il cantiere del nuovo Pd... Su Berlusconi tace... declina parole come speranza e dignità... La “rivoluzione della semplicità” è già nel linguaggio, privo di incrostazioni retoriche... La confessione in pubblico di un ragazzo di 23 anni, Francesco Padalino, che lavora in un call-center: “Le poche volte che accendevo la tv vedevo ospiti con giacca e cravatta e con un linguaggio diverso. A Matrix vidi Matteo Renzi: aveva la giacca, ma non la cravatta. Quest’uomo mi fece incollare alla tv, anche se non credo ai colpi di fulmine. Ho preso un aereo per un sindaco, e mai per una donna”» («la Repubblica», 27.10.2013). Bel pirla.

La lingua del sabato sera

«Renzi è rock. Ma il Cavaliere è Tony Manero» (Paolo Granzotto, «il Giornale», 10.1.2014).

Svolta tu che svolto io

«Renzi è più attuale, direi casual chic. Berlusconi è più classico. Però l’arrivo di Matteo ha costretto Silvio a rivedersi stilisticamente, adesso ha cominciato ad abbinare giacca e lupetto, che è molto meglio del gessato di prima. A me piace comunque di più Renzi, odio la cravatta, il formale... Renzi è l’unico che può svoltare» (Flavio Briatore, «la Repubblica», 18.1.2014).

Zanna bianca

«Renzi ha i denti a pallettoni, cioè incisivi evidenziati e tali da conferirgli un aspetto da ragazzino che lo differenzia dagli altri leader, regalandogli così un’immagine più fresca» (Mauro Mazza, «specialista in chirurgia maxillofacciale e odontostomatologia con esperienza di chirurgia plastica», «la Repubblica», 21.1.2014).

Lingua nazarena

«Renzi ha le palle» (Alessandro Sallusti, «il Giornale», 29.1.2014). Il Patto del Nazareno è stato siglato da appena 11 giorni e già produce i suoi effetti erotici.

Smart Smack

«A tutto gas sulla Smart: così il Renzi-style archivia auto blu e berline. L’arrivo a Palazzo Chigi del leader al volante». «Smart sta per “intelligente”, con una sfumatura di brillantezza... La faccenda della Smart si carica di senso: è leggera, veloce e un po’ prepotente: è giovane, poi, costosa e non italiana. È fichetta. Insomma, è molto Renzi» («la Repubblica», 13.2.2014). La notizia che Renzi sta per rovesciare il governo Letta manda in visibilio tutti i tifosi del governo Letta. Che, dalla sera alla mattina, diventano fan del governo Renzi prim’ancora che nasca. Meglio portarsi avanti col lavoro.

Pontassieve, la nuova Medjugorje

«Mamma Laura l’ha affidato alla Madonna... della quale, sopra la porta d’ingresso, c’è una bella icona... La Madonna dev’essere di casa perché il posto dov’è cresciuto Renzi sembra un paradiso... Lui la sua station wagon la guida con la moglie Agnese a fianco e il rosario sullo specchietto» («La Stampa», 14.2.2014). Santo subito.

Bellicapelli

«“Renzi viene due volte a settimana, per un ritocco alla sfumatura, una manicure, o giusto per un caffè”. Sono state le forbici di Tony a sfrondare la vaporosa frangia un po’ troppo Renzie/Fonzie. “Mi disse: fai tu”. Il ciuffo era sempre spettinato. Ora li porta più corti, pratici, una testa classica. Basetta lunga. Sta bene, no? Lo fanno sembrare più atletico. Che poi Matteo ha dei capelli bellissimi, lavorarli è una gioia, come li metti stanno, lui non si pettina nemmeno. Una strofinata di asciugamano e via, è pronto. Nessun aiutino» (Giovanna Cavalli intervista il barbiere di Pontassieve Antonio Salvi, «Corriere della Sera», 14.2.2014).

L’apparizione della frizione

«Dopo due mesi passati a sfanalare con gli abbaglianti della Smart nello specchietto retrovisore della Panda di Enrico Letta, Renzi decide di premere la frizione, di cambiare marcia, di mettersi in scia, di azionare la freccia e di tentare finalmente il sorpasso... Per diventare l’Angela Merkel del Pd» (Claudio Cerasa, «Il Foglio», 14.2.2014). Ora, la Smart ha il cambio automatico, dunque è senza frizione. Ma quella di Renzi ce l’ha. O almeno Cerasa la vede.

Nato con la camicia (in bagno)

«L’intervento davanti ai dirigenti del Pd è asciutto. Senza fuochi d’artificio, senza retorica. Una sola concessione al personaggio: a Largo del Nazareno, Renzi arriva con la camicia celeste ma ricompare sul podio della direzione con la solita camicia bianca. Si è cambiato un attimo prima in bagno. È il suo tratto distintivo, è il richiamo al mito Tony Blair, magari un portafortuna. Per reggere il peso di un passo molto coraggioso persino spregiudicato, ossia sfiduciare il premier del proprio partito per prenderne il posto, si affida al documento da votare alla fine... Finish, game over, per usare alcune espressioni renziane» (Goffredo De Marchis, «la Repubblica», 14.2.2014).

Un po’ Dante, un po’ Cellini, un po’ Grande Gatsby

«L’ambizione, sa bene il sindaco di Firenze che si rifece a Dante per il suo libro Stil novo, può diventare uno dei peccati peggiori, la superbia; ma per Renzi, evidentemente, è meglio dell’ipocrisia. In quel libro, poi, parlava di Cosimo de’ Medici come rottamatore ante litteram; ma per i suoi detrattori, al sindaco si addice di più la parabola di Benedetto Cellini, artista violento che fece parlare più di sé che delle sue opere. Osservando la galassia di riferimenti di Renzi, e delle generazioni a lui vicine, viene in mente Steve Jobs e il celebre imperativo categorico rivolto ai giovani americani: “Stay hungry, stay foolish!”. Siate affamati, siate folli! Ambiziosi. Dante insegna, però, che può finire male chi si produce in un “folle volo”, per mare, come l’Ulisse della Divina Commedia, o per aria, come Icaro (mito caro a Massimo D’Alema). A molti rappresentanti delle classi dirigenti di vecchio stampo, e magari d’alto lignaggio come Enrico Letta, i modi sbrigativi e vistosi, rampanti di Renzi, dalla rottamazione alla ostentazione dei simboli, dal carisma contundente alla febbre di successo, ricordano il Grande Gatsby, l’affascinante outsider dell’età del jazz americana... Ma i moventi sono diversi» (Luca Mastrantonio, «Corriere della Sera», 14.2.2014). Per la cronaca, Cellini si chiamava Benvenuto, ma questo è il meno.

Scusate se riposiziono la lingua

«Enrico Letta lascia dopo aver tenuto il punto, ma essendosi fermato un attimo prima di coinvolgere il Paese, il sistema politico e il Pd in uno psicodramma pericoloso... La porta si sta spalancando a una stagione davvero nuova e inedita dell’intera politica italiana... Renzi si avvia verso l’obiettivo della vita, il governo, col suo solito passo accelerato, e la notizia fa già il giro del mondo suscitando verso l’Italia una curiosità finalmente positiva... A ogni suo salto di status, si allarga il numero di chi viene coinvolto dalle sue scelte e dalle sue fortune. Fino a oggi era solo il popolo democratico. Da domani sarà l’intero popolo italiano» (Stefano Menichini, «Europa», già cantore del dialogo con il governo Berlusconi e poi delle virtù taumaturgiche dei governi Monti e Letta, 14.2.2014).

Sul bagnasciuga

«Un Paese all’ultima spiaggia» (Beppe Severgnini, «Sette-Corriere della Sera», 14.2.2014).

«La prima volta di Renzi è forse la nostra ultima spiaggia» (Beppe Severgnini, «Corriere della Sera», 18.2.2014). Ma non l’aveva già detto del governo Letta? O quella era la penultima spiaggia?

Il nuovo Cristo

«Ovunque andava, Renzi radunava folle che pareva un messia. L’abbiamo visto pronunciare discorsi della montagna e quasi moltiplicare pani e pesci in paesi ultraleghisti della Bergamasca e a Trani, nell’Emilia rossa e a Campobasso» («La Stampa», 14.2.2014).

Turborenzi brum brum

«Mentre noi e i nostri colleghi ci attardiamo nei riti eterni dell’analisi, là fuori ribolle la rabbia del ceto medio e la protesta sociale sale. La fretta di Renzi è l’urgenza dell’Italia» (Fabrizio Rondolino, già portavoce di D’Alema, «Italia Oggi», 15.2.2014). Renzi ha appena rovesciato il governo di Enrico Letta dopo averlo rassicurato con il tweet #enricostaisereno.

La tauromachia

«Per i giovani subito 200 mila nuovi contratti... Già circolano dossier e tabelle, corredati di analisi e proiezioni realizzate da università straniere con specifici focus... stando a uno studio di un’università bostoniana... gigantesca battaglia... obiettivo titanico... non sarà secondario lo sforzo, anche quello titanico, per dotare la Nazione tutta di una vera banda larga» (Carlo Bertini, «La Stampa», 15.2.2014).

Demolition man

«Demolition man, lo scout che s’è fatto generale, il bambino-adulto che ha tirato una spallata improvvisa e micidiale al sistema, si aggiusta la cravatta viola e allarga le dita come se volesse abbracciare uno a uno gli uomini e le donne che ha davanti... Applauso. Trombe. Demolition man si rilassa» (Andrea Malaguti, «La Stampa», 15.2.2014). Tromboni. Trombette.

Matteo, ricordati degli amici

«In realtà un amico vero Renzi ce l’ha. Si chiama Silvio Berlusconi, al quale la malasorte aveva assegnato il fratello venuto male di Renzi: Angelino Alfano da Agrigento, un tontolone (tutto quello che tocca va a ramengo) che con la sinistra, a differenza di Matteo, si trova benissimo» (Alessandro Sallusti, «il Giornale», 15.2.2014).

Lo fa per noi

«Che i politici dicano una cosa e ne facciano un’altra è del tutto normale. Renzi ha cambiato idea su Palazzo Chigi perché ha capito che non avrebbe avuto la riforma elettorale. È stata una mossa dovuta. Il problema delle crisi di sistema è che si risolvono solo con una leadership autorevole... Farà una sparata nei primi giorni di governo che non avete manco idea» (Claudio Velardi, già consigliere di D’Alema, Matrix, Canale5, 15.2.2014).

Pres. Cons. Segr. Lup. Mann.

«Viene da pensare al tardo Cossiga picconatore e molto al primo Bettino Craxi, che ai tempi del Midas aveva 42 anni... Giovane esemplare di specie predatoria, lupoide o felina che sia, non guarda in faccia a nessuno. Azzanna e sorride» («la Repubblica», 21.2.2014).

L’Enfant Prodige

«L’ho conociuto a 7 anni e fin da allora aveva la stoffa del capo» (don Giovanni Sassolini, ex parroco del giovane Matteo, «Chi», 21.2.2014).

La mi porti un bacione a Firenzi

«Giovani e donne: nasce il Renzi-1» («Il Sole 24 Ore», 22.2.2014).

«Un governo giovane e di donne» («la Repubblica», ibidem).

«Giovani e donne, il governo Renzi», «Poletti il cooperatore», «Padoan da teorico dell’austerità a suggeritore della svolta-crescita», «La Botticelliana e la Giaguara: Madia & Boschi, l’avanzata delle “amazzoni” di Matteo», «Priorità Giannini: scuole più sicure» («La Stampa», ibidem). L’accoglienza della grande stampa al governo Renzi non potrebbe essere più entusiastica. Ma c’è un problemino: Napolitano ha tenuto il premier per ben tre ore chiuso nel suo studio della Vetrata al Quirinale per riscrivergli metà della lista dei ministri. Niente pm Nicola Gratteri alla Giustizia: meglio Andrea Orlando con la sua maturità scientifica. Niente Guido Tabellini né Graziano Delrio all’Economia: meglio il dalemiano Pier Luigi Padoan. E così via. Ma niente paura. I giornali liquidano la cosa con l’excusatio non petita (e soprattutto non credibile) del Quirinale: «Con Renzi nessun braccio di ferro». Come nella scena de Il dormiglione, con Woody Allen e Diane Keaton che corrono per l’ospedale dicendo «Siamo dottori, non siamo impostori!», così tutti capiscono che sono impostori e cominciano a inseguirli. Ma con la differenza che quasi l’intera stampa italiana si beve l’impostura, o almeno fa finta.

«Napolitano ha dissipato ogni interpretazione maliziosa sul lungo colloquio con Renzi» (Marcella Ciarnelli, «l’Unità», 22.2.2014).

«Il presidente ha rimarcato la serenità del colloquio e il fatto che né ieri né prima vi sia stato alcun “braccio di ferro”» (Antonella Rampino, «La Stampa», ibidem). E le tre ore di sequestro nello studio della Vetrata? Normale amministrazione. La Rampino spiega che Renzi ha approfittato di un paio d’ore libere al Quirinale per un fantomatico «lavoro parallelo e in un salottino attiguo ha colmato le caselle che, a effetto domino, si erano riaperte attorno alla Giustizia. Non sapremo mai se Renzi aveva inserito in quella casella il giudice Gratteri». Però la «riconosciuta saggezza dell’argomentazione presidenziale» ha posto una questione filosofica mica da ridere: «È opportuno un magistrato per via Arenula, quando il governo ha in programma di riformare la giustizia?». Purtroppo analoga saggezza Napolitano non manifestò con Berlusconi nel 2011, quando firmò senza batter ciglio la nomina a Guardasigilli del magistrato forzista Francesco Nitto Palma. Ma questo è meglio non ricordarlo.

Italo Calvino o Calvin Klein?

«La giornata a Pontassieve con la famiglia: prima la messa, poi gli spaghetti al burro... Fa impressione vedere un premier così giovane non spaventato dal peso della responsabilità. Non si tratta, nel suo caso, della “leggerezza” alla maniera in cui ne parla Italo Calvino e neppur di una sventatezza che sarebbe fuori luogo vista la tragedia italiana. Renzi insiste invece sul coraggio poetico di Walter Withman in cui crede fermamente, ed è quello per cui il sentiero meno battuto è il primo da imboccare e l’approdo si scopre via via, e punta sulla “baldanza” giovanile che è tipica degli eroi ragazzi (“Gli eroi sono tutti giovani e belli”, canta Francesco Guccini) ma adesso di eroi ragazzi gli italiani hanno forse bisogno, dopo che tutte le speranze sono venute meno» («Il Messaggero», 24.2.2014).

La lingua e il polpastrello

«Elenca le cose che vuol fare, una per una, toccandosi con la sinistra le dita della mano destra, dal mignolo al pollice, gira i fogli portando ogni tanto il polpastrello dell’indice sulla lingua, e si rivolge sempre più disinvoltamente all’emiciclo di velluto rosso, finendo per mettere tutte e due le mani in tasca, con la giacca sbottonata sulla camicia bianca» (Sebastiano Messina, «la Repubblica», 25.2.2014).

Il coraggio del quadernetto rosa

«Coraggio. È la virtù autobiografica del giovane premier... Appunta i suoi pensieri in un quadernetto rosa... Come d’abitudine, Renzi si è fermato a chiacchierare con le persone per strada» («La Stampa», 25.2.2014).

Premier multitasking, cronista multilinguing

«Allora Matteo Renzi alza di scatto gli occhi dal suo MacBook Air e le fa segno con le mani che sì, certo che la ascolta, perché lui è capace di fare entrambe le cose contemporaneamente: sentire un discorso e scriverne un altro... È un premier multitasking... come un computer con doppio processore quad-core: seguire il dibattito, guardare il notebook, inviare messaggini e sussurrare qualcosa all’orecchio della ministra che gli sta accanto. Tutto insieme: che problema c’è» (Sebastiano Messina, «la Repubblica», 26.2.2014).

Figlio di Perestrojka

«Su, Forza Renzi e Forza Italia». «Gorbaciov, un comunista, diventò l’eroe del mondo libero. Se mi passate la semplificazione, Renzi è il nostro Gorbaciov... La perestrojka fu una sorta di rottamazione ante litteram... Renzi va sostenuto e incoraggiato nella sua perestrojka» (Alessandro Sallusti, «il Giornale», 26.2.2014).

Non disturbare il Rottamatore

«I giornalisti, sempre all’inutile assalto per carpire qualche battuta... Il premier era appena uscito dalla mensa e vedendosi accerchiato, sorridendo, ha detto: “Scusate, noi si sta andando in bagno, vorremmo non andarci con il microfono”... La visita a Treviso l’ha organizzata in un battibaleno... Prima tappa, la scuola perché un vero politico non deve pensare alle prossime elezioni ma alle prossime generazioni. Poi i sindaci, quelli che i problemi li conoscono davvero. Terza tappa, gli imprenditori, non quelli “qualsiasi”, ma i tartassati dal fisco e dalla burocrazia, spina dorsale del paese... Tra un incontro e l’altro il nuovo presidente del Consiglio ha trovato il tempo per una breve conferenza stampa... Questo è un personaggio che faticherà a star dentro una certa etichetta» («La Stampa», 27.2.2014).

Silvio Renzi, l’Eroe di Segrate

«Renzi e Berlusconi mai così vicini» («Chi», settimanale Mondadori, gruppo Berlusconi, diretto da Alfonso Signorini, 1.3.2014).

«Pierino il fichissimo» (copertina dedicata a Renzi da «Panorama», settimanale Mondadori, gruppo Berlusconi, diretto da Giorgio Mulé, 1.3.2014). Così, in stereofonia.

Il coro dei Balilla

«Facciamo un salto / battiam le mani / ti salutiamo tutti insieme / Presidente Renzi. / Muoviam la testa, / facciamo festa. / A braccia aperte ti diciamo: / benvenuto al Raiti! / I bambini, gli insegnanti, / i bidelli e poi l’orchestra / lasceremo improvvisar così. / Siamo felici e ti gridiamo: / da oggi in poi, / ovunque vai, / non scordarti di noi, / dei nostri sogni, / delle speranze / che ti affidiamo, / con fiducia, / oggi a ritmo di blues. / Le ragazze, i ragazzi, / tutti insieme / alle tue idee e al tuo lavoro / affidiamo il futuro / e poi di nuovo ancora insieme / noi camminiamo, / ci avviciniamo / e un girotondo noi formiamo / sempre a tempo di blues» (Clap and Jump per Matteo Renzi, adattamento di un noto motivetto a opera degli insegnanti che lo fanno cantare agli alunni della scuola elementare «Raiti» di Siracusa in occasione della visita del premier Renzi, 5.3.2014).

Rime baciate

«8 Marzo. / Si festeggia in tutto il mondo / (in Alaska e a Macondo) / la giornata delle donne, / siano figlie, mamme o nonne. / Dopo scontri centenari, / cari maschi siamo pari. / C’è voluto un grande inferno, / ma... siamo otto anche al governo» (editoriale non firmato sull’8 Marzo, attribuibile al direttore Diamante D’Alessio, «Io Donna-Corriere della Sera», 8.3.2014).

Tony Renzy

«Renzi è il Blair italiano» (Fausto Bertinotti, ex leader di Rifondazione comunista, 14.3.2014).

Renzionne

«Di sicuro Renzi è stato veramente qualcosa di nuovo, di dirompente, di cui il Paese ha bisogno. Ha il mio totale appoggio. Ieri sono stato estremamente orgoglioso» (Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat-Fca, 14.3.2014).

Sollevamento pesi

«Sono sollevato dal fatto che Renzi sia al governo» (Gabriele Muccino, regista, 14.3.2014).

Riso Scotti

«Matteo, io voglio rinunciare al mio vitalizio, ma non posso: pensaci tu!» (Gerry Scotti, presentatore tv ed ex deputato Psi, citato da «Il Foglio», 15.3.2014).

Lady Van Gogh

«La prima volta di Agnese come première dame, abito primaverile e giacca nera, ha i colori fiammeggianti di Van Gogh, il giallo delle spighe di grano e il blu della notte stellata» («Corriere della Sera», 16.3.2014).

Il solito gerundio

«Via al Partito delle Libertà. Il carisma berlusconiano ha sostituito per anni un progetto di destra, ora Renzi prende tutti in contropiede. Ma qualcosa di serio si può fare, con intelligenza e ostinazione: un partito vero che unisca tutti» (Ferdinando Adornato, ex Figc-Pci, ex Repubblica, ex Alleanza democratica, ex Pds, ex Forza Italia, ora Udc, «Il Foglio», 9.4.2014). Vale sempre un vecchio titolo di «Cuore»: «Adornato Ferdinando l’appetito vien mangiando».

Molestie telefoniche

«Qualche mattina, molto presto perché noi anziani dormiamo poco, diciamo tra le 5 e le 6, mando a Renzi un sms per vari motivi. Dopo un minuto arriva la risposta. Mi sono segnato le ore: 5.15-6.01-5.49...» (Chicco Testa, presidente di Assoelettrica, di Rotschild Italia e di Roma Metropolitane, «Il Foglio», 10.4.2014).

Perché non possiamo non dirci renziani

Il 25 maggio 2014 si vota per il Parlamento europeo. Il Pd renziano stravince con il 40,8 per cento dei votanti (che sono poco più di un avente diritto su due) e il carro del vincitore diventa un cargo, per poter raccogliere tutti i profughi che sbarcano da ogni costa. È l’Operazione «Matteum Nostrum». Persino nel Pd si dichiarano tutti renziani, il che è tutto dire. Solo due anni prima erano quasi tutti bersaniani tranne Renzi, infatti alle prime primarie Bersani prese il 45 per cento e Renzi il 35. Sei mesi prima, alle seconde primarie, corse voce che vincesse Renzi, infatti passarono con lui Veltroni, Fassino, Franceschini, i prodiani, De Luca, Bassolino, Genovese e Greganti. Così il Rottamatore sbaragliò Cuperlo (appoggiato da Letta, D’Alema, Marini, Fioroni, Fassina) e Civati (appoggiato da Civati). Ora si convertono al renzismo pure i cuperliani e i fassiniani (nel senso di Stefano Fassina). La foto di gruppo dei pidini che esultano nella sede di Largo del Nazareno per il bollettino della vittoria europea ricorda il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, tanto è affollata di imbucati alla festa. C’è il bersaniano Roberto Speranza, un po’ pallido perché ha appena finito di smacchiarsi le macchie di giaguaro.

E c’è perfino Stefano Fassina: quello che chiamava Renzi «ex portaborse», «berlusconiano»; e quando Renzi incontrò Berlusconi al Nazareno disse disgustato: «Mi sono vergognato per lui». Renzi rispose: «Fassina chi?», e lui lasciò il governo Letta. Ora Fassina esalta Renzi «valore aggiunto», la sua «chiara leadership», la sua «squadra sui territori», la «possibilità straordinaria di cambiare l’agenda della politica europea», «la svolta dell’allontanamento dall’austerity e del lavoro». Il suo, naturalmente. Che s’ha da fa’ per campa’.

Dario Franceschini nel 2012 cinguettava su twitter: «Bersani ragiona, Renzi recita». E meno male che non ragiona, altrimenti col cavolo che faceva Franceschini ministro della Cultura.

Andrea Orlando nel 2012 diceva: «Basta passare con Renzi e si diventa nuovi anche se non lo si è di curriculum». Tipo lui, che ora fa il ministro della Giustizia.

Pier Luigi Bersani tuonava: «Renzi è un pazzo», «non conosce l’umiltà», «ho salvato il mio cervello, ma non lo do certo a Renzi». Ora invece trova che Renzi «ha imparato l’umiltà».

Massimo D’Alema prima della cura: «Renzi è ignorante e superficiale», «Sarei curioso di sapere che libri ha letto», «Come segretario è una totale incognita, come candidato è un aspirante e bisogna vedere se reggerà gli anni di attesa che potrebbero essere molto lunghi e logoranti. Si dice “voto Renzi perché ci farà vincere”. Ma cosa? Non ci sono le elezioni. Tutte queste conversioni al renzismo si basano su un gigantesco equivoco: è come facessimo le primarie per il candidato alle politiche, ma non è così, non ci sono le elezioni. Non ha idea di cosa significhi guidare un grande partito. Il Pd non è un trampolino, oltretutto mettersi su un trampolino quando la piscina è vuota è rischioso, diciamo». «Non credo nasceranno circoli “Meno male che Matteo c’è”», «Renzi è ignorante, mente ed è superficiale. È l’uomo dell’establishment, ha un ampio sostegno da Briatore a De Benedetti, vedremo i prezzi che dovrà pagare a questo establishment». D’Alema dopo la cura-Europee: «Renzi è un grande leader», «ha portato nella vita politica la forza innovativa, il dinamismo, la speranza. È molto avvicinabile, semplice, ha mantenuto uno stile molto simpatico, accessibile, ascolta, fa le battute, mai avuto nulla di personale contro di lui. Ci scambiamo messaggini come i ragazzi».

Gianni Cuperlo era il nemico numero uno: «Renzi è in continuità col ventennio berlusconiano: flessibilità nel mercato del lavoro, blairismo, articolo 18, attacco ai sindacati. Cos’è questa se non continuità?». Lasciò addirittura la presidenza del Pd sbattendo la porta perché Renzi ha una «preoccupante concezione del partito... piegata verso l’omologazione del linguaggio e del pensiero», «alle critiche politiche risponde con attacchi personali». Quando Renzi andò al governo, chiese le sue dimissioni da segretario. Ora, sulle ali del «risultato storico» e dell’«ebbrezza del 4 davanti allo 0», saluta in Matteo il leader della «prima forza del progressismo e del socialismo in Europa».

Federica Mogherini, nella foto di gruppo, sorride a 32 denti. Non rideva così da quando esaltò un’altra «straordinaria vittoria»: quella di Bersani contro Renzi alle prime primarie. Un giorno Renzi parlò di politica estera e lei twittò l’hashtag #terzaelementare: «Renzi ha bisogno di studiare un bel po’ di politica estera... non arriva alla sufficienza, temo». Poi Renzi la fece ministra degli Esteri e si scoprì terribilmente renziana.

Marianna Madia vide Matteo in tv con Bersani alle primarie e non ebbe dubbi: «Solo Bersani ha statura da premier». Fortuna che vinse Renzi, se no chi la faceva ministra della Pubblica amministrazione?

Pina Picierno è sempre stata renziana, ma in clandestinità. Fin da quando si laureò con una tesi su «Il linguaggio politico di Ciriaco De Mita». Poi passò a Franceschini, poi a Bersani, ma sempre per finta. Per camuffarsi meglio, twittava: «Dite a Renzi che l’Onu ha stabilito che deve studiare», «Bella supercazzola di Renzi sui diritti», «Mi avanzano un sacco di cappellini della campagna di Renzi: li spedisco a lui o libero il mio garage?», «Renzi, ma ci hai preso per renziani?». Sì, l’ha presa per renziana, l’ha candidata come capolista nel Sud alle Europee e lei ha finalmente fatto coming out: renziana antemarcia.

Renziano last minute è invece Nichi Vendola, leader di Sel. Per lui Renzi era «l’incarnazione dell’inciucio sublime tra sinistra e liberismo». Ora invece «catalizza una speranza di cambiamento contro le politiche di austerity».

Tutta renziana anche la stampa, e pure le tv. In conferenza stampa i giornalisti fanno un bell’applauso al portavoce di Renzi, Filippo Sensi.

«Renzi il Conquistatore» («Il Tempo», 27.5.2014).

«Primo atto del day after: riportare i bimbi adottivi del Congo in Italia» («Il Messaggero», 27.5.2014).

«Parioli-Trieste, il quartiere più rosso» («la Repubblica», 27.5.2014). Compagni della sezione Parioli, presenti!

Giuliano Ferrara si fa una pista di coca per la gioia. Erano anni che, appena cambiava il governo, la sua lingua doveva cambiare destinatario: ora, leccando Renzi, è come se leccasse anche Berlusconi. La lingua batte dove Silvio vuole.

I pugni sul tavolo

«Prima sfida Renzi-Merkel» («La Stampa», 28.5.2014).

«Renzi scuote l’Europa» («la Repubblica», ibidem).

«Renzi: stimo la Merkel, non è un nemico: la Germania è un modello» («La Stampa», 31.5.2014). Gliele ha subito cantate chiare.

Il moto perpetuo

«I primi 100 giorni». «Animal House of Cards». «La Spericolata Era Renzi... Il moto perpetuo renziano è ansiogeno, imprudente, spesso ai limiti dell’incoscienza... I primi tre mesi a Palazzo Chigi sono stati un mulinello vorticoso di cambiamenti... Lo spirito del tempo glielo impone... Esiste anche un’arte nell’improvvisazione, come nel jazz. Nel jazz l’improvvisazione è composizione istantanea, è musica creata sul momento e senza partitura. L’intuizione (e la natura) di Renzi è esattamente questa: se si vuole modernizzare l’eterna Italia immobile, i vecchi riti della politica sono inutilizzabili: servono idee ed energie nuove e soprattutto la sfrontatezza, la leggerezza e la libertà di poter comporre all’istante» (Christian Rocca, direttore di «IL», mensile patinato de «Il Sole 24 Ore», numero speciale, giugno 2014). La copertina, un disegno a colori pastello, ritrae Matteo seduto sulla scrivania di Palazzo Chigi con le scarpe da tennis slacciate, una fetta di pizza nella mano sinistra, la cravatta poggiata sul paralume, e tutto intorno una lattina di Coca-Cola, un pallone da calcio e uno da rugby, l’iPad e l’iPhone in carica, il gagliardetto della Fiorentina appeso al muro accanto al ritratto di Napolitano e a vari post-it sparsi. La lingua turgida di Rocca non deve stupire: è frutto di anni di training nella premiata palestra del «Foglio» di Giuliano Ferrara. Poi il testimone, opportunamente umettato, passa nelle mani delicate di Claudio Cerasa, altro puledrino della scuderia Ferrara, che dipinge teneri bozzetti pascoliani di vita quotidiana del Fanciullino a Palazzo.

Renzie by night

«Backstage Chigi». «Conache esclusive dei primi tre mirabolanti mesi di Renzi al governo». «Governo leggero, informale, confidenziale, molto cool, molto friendly, molto snello, molto gggiovane, molto patinato... Un po’ Via Pál. Un po’ Occupy. Un po’ Chigi by night. Un po’ spogliatoio. Un po’ incoscienza. Un po’ rivoluzione» (Claudio Cerasa, «IL», mensile de «Il Sole 24 Ore», giugno 2014). Un po’ Agenzia Stefani, un po’ Minculpop, un po’ Cinegiornale Luce. Le illustrazioni pastello ritraggono il Caro Leader in forma smagliante, nessuna pinguedine né grasso in eccesso: Egli anzi è asciutto e filiforme, pronto per la battaglia del grano (ha persino «ordinato una cyclette»). Morbidamente accovacciata su un divanetto, Madonna Boschi sfoglia un libro di antiche fiabe. E poi ci sono i due sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio e Luca Lotti, e il finanziere-consulente Marco Carrai.

«Delrio rappresenta la traduzione simultanea in provvedimenti legislativi dei fuochi d’artificio del renzismo... Tutti a Palazzo Chigi giurano di averlo visto più di una volta impegnato a fare esercizi di yoga durante i Consigli dei ministri» (Cerasa, ibidem). Si vede che ogni tanto cade in letargo.

«Lotti ha i contatti giusti con le forze dell’ordine... ha i contatti giusti con i servizi segreti... Carrai ha dato un contributo a Delrio (il walkie-talkie di Renzi con il Quirinale) e Lotti (detto “il Lampadina”) per scegliere i nomi giusti cui affidare ruoli di peso nelle società controllate dallo Stato. Bonifazi – che nella vita oltre che il deputato fa il tesoriere del Pd... – ha più una funzione da, diciamo così, uomo spogliatoio... Organizza serate di karaoke a casa di Rughetti, sottosegretario alla Pubblica Amministrazione... Renzi, Lotti e Bonifazi hanno cominciato a lanciarsi da una parte all’altra della Galleria Deti, al primo piano, a fianco all’ufficio di Renzi, il pallone da rugby... i commessi sono quasi svenuti» (Cerasa, ibidem). Mamma mia che impressione!

Se piove, si bagna

«Quelle sere in cui... Renzi chiede ad alcuni amici di lasciare il ristorante in cui si trovano e di raggiungerlo urgentemente in camera per mangiare una pizza e parlare fino a notte inoltrata del Def... In una di queste riunioni alcuni dei presenti raccontano di aver visto Renzi discutere in mutande di pareggio di bilancio mentre mangia fettine di prosciutto crudo... Renzi che la domenica, dopo pranzo, seduto per terra, dedica un’ora e mezza di lettura ai giornali nel cortile-parcheggio di Palazzo Chigi, quando c’è il sole» (Cerasa, ibidem). Quando piove, viceversa, persino Lui si bagna e si mette al riparo. Cerasa invece si bagna anche all’asciutto.

Evidenziare il roast-beef

«Renzi pesca alcune fette di roast-beef in mezzo agli evidenziatori sparpagliati sulla sua scrivania» (Cerasa, ibidem). Gli verrebbe voglia di levarglieli lui, gli evidenziatori, per evitare che si confonda e ne inghiotta un paio insieme al roast-beef. Ma purtroppo, e qui cala una lagrimuccia, non può: non è (ancora) ammesso nel «cerchio magico». E ne soffre.

Magari

«Giornalisti che provano in tutti i modi a essere ricevuti a Palazzo dal principe: su tutti Claudio Tito di “Repubblica”... A seguire Mario Calabresi, che a Palazzo Chigi è di casa, e lo era anche con Berlusconi, con Monti e con Letta, e lo è anche oggi con Renzi, e non sempre si presenta a Piazza Colonna con i Google Glass; infine Aldo Cazzullo, unico giornalista del “Corriere” con Maria Teresa Meli ad avere un filo diretto con Renzi, e avvistato con una certa frequenza sotto Palazzo Chigi con il telefonino in mano per chiedere disperatamente uno spazio per essere ricevuto dal premier e scrivere il libro Magari con il segretario del Pd» (Cerasa, ibidem). Il titolo Magari, voglioso e ottimista quanto basta, è il plagio di una canzone d’amore di Renato Zero: «Magari toccasse a me / prendermi cura dei giorni tuoi / svegliarti con un caffè / e dirti che non invecchi mai... / Sarò come tu mi vuoi / ho un certo mestiere anch’io / Mi provi? / Io sono pronto a fermarmi qui / il cielo vuole così / Prendimi al volo e poi / non farmi cadere più / da questa altezza sai / non ci si salva mai... / Mi ami? / Magari». Quanti neorenziani antemarcia vorrebbero intonarla al Fanciullino, o anche soltanto a un Lotti o a un Delrio, sotto il balcone di «Chigi by night»! Ma questo, purtroppo, è un privilegio per pochi.

Senti chi parla

«Allarme leccapiedi. Tutti con Renzi (forse). Gli adulatori di oggi saranno i primi a pugnalarlo domani» («il Giornale», diretto da Alessandro Sallusti, 1.6.2014). Praticamente un autoallarme.

Un uomo, un’Agenda

«L’agenda di Renzi è l’unica che abbiamo in Italia e in Europa. Spero che lo ascoltino. Mi piace molto, perché è uno che fa» (Sergio Marchionne, 1.6.2014).

Il nero slancia

«Quando Renzi faceva l’arbitro: era lento, ma inflessibile» («Corriere della Sera», 1.6.2014).

Populista, ma raffinato

«Il populismo raffinato di Renzi incassa l’abbraccio della folla. Lo stile spregiudicato del premier sembra piacere: non succedeva dal ’94». «Cavalca la rottamazione, ed è di parola: rottama. Annuncia di voler puntare tutto su giovani e donne: e appena può lo fa... Vende le auto blu, taglia gli stipendi ai manager di Stato, “regala” 80 euro a dieci milioni di italiani e parte all’assalto della burocrazia e della Rai. Cose semplici... ma il Paese – il popolo – vede che qualcosa si muove, qualche altra cambia e qualcuno – finalmente – ne paga il conto. Dopo tante promesse, ecco dei fatti: che generano speranza e ottimismo, rampa di lancio indispensabile per qualunque tentativo di ripartenza. Il Paese, insomma, guarda e ricorda... Per ora va così. E i cittadini sperano e se lo incontrano dicono “give me five”...» (Federico Geremicca, «La Stampa», 3.6.2014).

Quando sbaglia, lo fa apposta

«A Berlino col cappotto abbottonato male annuisce a frau Merkel con lo sguardo di Pinocchio che alliscia la fatina, e c’è chi è pronto a giurare che l’abbia fatto apposta, a infilare il bottone nell’asola sbagliata come uno scolaro distratto, vista la dimestichezza che vanta con i capispalla e con chi li produce... “Un ambasciatore così deciso del made in Italy deve indossare abiti tagliati su di lui”, sentenzia Umberto Angeloni, che ha vestito anche Bill Clinton... C’è lo stile, uno stile personalissimo, un “dinamismo frizzante” come lo definisce Ferruccio Ferragamo, tanto gradito ovunque e tanto difficile da trovare... Renzi, insomma, ha abolito il doppio petto Caraceni e tutti si son messi in fila per rivestire il premier, così giovane, prestante ovvero handsome, e soprattutto alto (altezza mezza bellezza, per la moda vale più che altrove)... Di Renzi disinvolto tutti vogliono un pezzetto per sé» (Fabiana Giacomotti, «il Foglio», 28.6.2014).

Patroclooooo!

Il 2 luglio 2014 Matteo Renzi inaugura a Strasburgo il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea. Battaglioni di giornalisti aviotrasportati sbarcano in massa nella cittadina francese per celebrare degnamente l’Evento, come se fosse un alto riconoscimento alla grandeur renziana e non un fatto di routine che si ripete stancamente ogni sei mesi, a turno, per tutti gli Stati membri dell’Ue (nel 2012 toccò persino a Cipro). Il premier italiano sa benissimo che la stampa internazionale, diversamente da quella domestica, snobberà il suo discorso: infatti parla a braccio, rivolto non tanto ai pochi eurodeputati presenti in aula (in gran parte italiani), ma ai giornalisti di casa e ai telespettatori dei tg nostrani. E alla fine diserta la conferenza stampa europea per volare a Roma, fra le braccia confortevoli di Bruno Vespa a Porta a Porta. Il discorso scritto (chissà da chi) con le linee programmatiche del semestre europeo, visto che non se lo filerà nessuno, lo lascia sul tavolo senza neppure leggerlo. Molto meglio favoleggiare a botte di «selfie dell’Europa stanca», «non siamo un puntino su Google Maps», «mettiamo i puntini sulle i», «non siamo l’ultima ruota del carro», «la smart Europa che vogliamo costruire», «i tedeschi non facciano gli splendidi». E soprattutto piazzare la trovata del giorno: la «Generazione Telemaco», copiata da un libro dello psicoanalista Massimo Recalcati e destinata a riempire i titoli di giornali e tg, ovviamente italioti. I quali l’indomani, puntualmente, abboccano.

«La missione di Telemaco» («la Repubblica», 3.7.2014).

«Generazione Telemaco in attesa di crescita» («Corriere della Sera», ibidem).

«Telemaco è un punto di partenza» («l’Unità», ibidem).

«Il fattore Odissea», «Telemaco, mille geniali metafore» («La Stampa», ibidem).

«Format Telemaco per salvare l’eredità dei padri» («Il Messaggero», ibidem).

«L’Odissea di Renzi», «Il nemico di Telemaco» («Il Foglio», ibidem). Un poema omerico-onirico a edicole unificate.

Alessandro Sallusti, sul «Giornale», tripudia per la «Dichiarazione di guerra» ai crucchi maledetti: «Finalmente Renzi manda un vaffa alla Germania», finalmente un «italiano che reagisce all’arroganza tedesca», come «non si vedeva dai tempi di Berlusconi con Schulz», ragion per cui «su questo punto la penso esattamente come Pier Silvio», ma solo su questo punto.

Su «La Stampa», Elisabetta Gualmini esalta il «colpo da maestro di Matteo-il-comunicatore» perché «non c’è dubbio che in un’Europa vecchia e stanca ci sia bisogno proprio di un Matteo», in vista di «un nuovo New Deal». E Silvia Ronchey scioglie inni omerici al «transfert geniale di Matteo Renzi con Telemaco, che l’ispirazione sia stata mediata dalla musa di uno psicanalista lacaniano o che gli sia venuta direttamente da Omero». Segue l’epico ritratto dell’Acheo di Rignano: «Alto e squadrato, eloquente e conciso, come figlio di Ulisse e rappresentante dell’evocata “generazione Telemaco”, Renzi funziona nell’immagine anche meglio dell’efebico Telemaco televisivo della nostra, se non della sua, infanzia. Soprattutto funziona l’immagine di un’Italia-Itaca in cui anche il locale Parlamento è sopraffatto dai Proci... Ma Atena, dea della ragione, affianca Telemaco e lo rassicura». E questa dev’essere la Boschi. Senza trascurare che il nostro eroe lancia «un messaggio volutamente intriso di antica, dolente e anche umile lucidità mediterranea».

Non può mancare, su «Repubblica», la benedizione della Musa Lacaniana, al secolo Massimo Recalcati, autore del saggio ispiratore Il complesso di Telemaco. L’articolo invece s’intitola «La missione di Telemaco». Svolgimento: «La notte dei Proci che ha caratterizzato i nostri ultimi vent’anni è anche la notte di una caduta della differenza simbolica tra le generazioni. Oggi è il tempo dei figli e del loro viaggio: Telemaco, diversamente da Edipo, non vuole la pelle del padre, non rifiuta la filiazione, non entra in conflitto mortale con i suoi avi. Sa che per riportare la Legge a Itaca bisogna unire le forze, bisogna rifondare un patto tra le generazioni». Infatti Telemaco è subito corso a incontrare nonno Vespa.

Piermatteo

«La crisi che stiamo vivendo è troppo lunga. Non c’è più un minuto da perdere: come italiano e come imprenditore tifo per le riforme subito e per la fretta del governo. Renzi ha una chance unica e una grandissima responsabilità. È il più bravo comunicatore dopo mio padre. Avete visto, per la prima volta ho usato le slide dopo che lo ha fatto Renzi. Avevo messo in conto di suscitare sorpresa. Ma in un Paese che ha bisogno di riforme io tifo per Renzi, e chi non lo farebbe con chi ha preso il 40 per cento... Sarebbe da pazzi scendere in campo quando c’è già il più forte di tutti. Non vedo grande concorrenza in giro: se non succede qualcosa, Renzi vince per vent’anni» (Pier Silvio Berlusconi, vicepresidente Mediaset, 2.7.2014).

Fama mondiale

«In meno di otto mesi dalla cavalcata delle primarie... Renzi dopo aver conquistato il governo è approdato a un traguardo decisivo e a una dimensione internazionale che lo rafforza ulteriormente» (Marcello Sorgi, «La Stampa», 3.7.2014).

La giornata del Caro Leader

«Appena nominato segretario, il ristorante prescelto per i “summit” era l’antico forno Roscioli. Da premier, però, Renzi ha drasticamente ridotto le incursioni fuori dal Palazzo. E i fedelissimi sono “costretti” ad adattarsi alla curiosa dieta del premier. Non tanto, come ai tempi di Palazzo vecchio, pasta al burro e tartare. Nella Capitale è esplosa la sua antica passione per la pizza, accompagnata da vino rosso rigorosamente piemontese. La ordina con i würstel, faceva così anche con la pizzeria a due passi dalla sua abitazione a Pontassieve... È forse il primo presidente del Consiglio che per telefonare non passa dalla segreteria, ma contatta personalmente il centralino di Palazzo Chigi. “Sono Renzi, può chiamarmi...”, è il ritornello... Chi lavora al suo fianco sa infine che Renzi scrive parecchio. Ma soprattutto sottolinea i testi. Fissa le idee con tre o quattro evidenziatori diversi: ogni colore una priorità. E a tutti ha imposto una regola. I dossier devono essere sintetici, una pagina al massimo. Per il resto c’è l’iPhone, scarico già a metà mattina. Ma un caricabatterie è sempre in tasca» (Tommaso Ciriaco, «la Repubblica», 12.7.2014).

Massima diffusione al Verbo

«Verrebbe da coniare l’hashtag #Bonocambiaverso, sull’onda delle parole simbolo del cambiamento impresso da Renzi alla politica italiana. Un grande riconoscimento per quel giovane che nel 2006, nel suo libro Tra De Gasperi e gli U2, sosteneva che i giovani oggi si appassionano alla politica molto più seguendo un intervento di Bono Vox che non studiando le grandi figure del passato. È una vera notizia, degna di attenzione dei servizi di cultura e politica di tutte le redazioni del servizio pubblico Rai, che siamo sicuri saranno già all’inseguimento di portavoce e uffici stampa del leader degli U2» (Michele Anzaldi, ex portavoce di Rutelli, ora deputato renziano del Pd e membro della commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, a proposito di una frase di elogio a Renzi pronunciata dal cantante Bono Vox, «Huffington Post», 14.8.2014).

Ciellingua

«Peccato per l’assenza di Renzi al Meeting di Rimini, anche perché Cl fa il tifo per lui. Siamo sempre stati governativi...» (Giorgio Vittadini, presidente della Compagnia delle Opere, «la Repubblica», 19.8.2014). Non ne hanno proprio mancato uno, di governo.

Camicie bianche della Rivoluzione!

«Il “team camicia bianca” che insegue il modello Obama. Belli e d’annata (recente): la rivincita della lista beautiful» («La Stampa», 8.9.2014). Nella gigantografia sopra il titolo appare in tutto il suo splendore il quintetto dei leader europei di centrosinistra: Achim Post (Germania), Diederik Samsom (Olanda), Pedro Sánchez (Spagna), Manuel Valls (Francia) e Matteo Renzi (Italia). Tutti in camicia bianca.

Libro e Renzetto

«Quella di Renzi per qualcuno sarà pura retorica, ma noi non possiamo non condividere la verità di questa sua affermazione sulla scuola... Siamo sempre pronti a criticare tutto e a non vedere quel poco o tanto di buono che ci circonda... abituati più a distruggere che a costruire... Ben venga la retorica, se ci rende più attenti alle cose belle che avvengono tutti i giorni e che a volte diamo per scontate» (Alfonso Signorini, «Chi», 21.9.2014). Ma cosa avrà mai detto di tanto speciale Renzi? «Fino a quando ci sarà un insegnante che mostra la musica che c’è in una poesia, o educa al rigore di un’equazione, quel giorno non sarà un giorno perduto». Accipicchia.

Il nuovo Cromwell

«Il Rottamatore di Sua Maestà. Cromwell fu il politico più risoluto ai tempi di Enrico VIII. Molti fili, meno una lama, lo legano a Renzi» (Stefano Di Michele, «Il Foglio», 27.9.2014).

Il nuovo Mao, la nuova Rivoluzione Culturale

«Molti pensano, con ragione, che Renzi non raggiunga ancora la sufficienza in realizzazioni pratiche, ma non possono negargli un nove o un dieci in innovazione culturale» (Angelo Panebianco, «Corriere della Sera», 28.9.2014).

A mani nude contro l’Isis

«Il governo ha un piano per rafforzare la guerra contro lo Stato islamico. Giovedì l’annuncio... un pacchetto di opzioni» (Claudio Cerasa, «Il Foglio», 10.10.2014). Trattasi di quattro aerei da rifornimento, qualche fucile e forse pure una manciata di istruttori made in Italy. Il califfo al-Baghdadi sentiva già profumo di vittoria, poi ha letto «il Foglio» e ha iniziato a tremare. La vittoria finale è rinviata a data da destinarsi.

Lui sì che se ne intende

«È Renzi il futuro del centrodestra» (Giuliano Urbani, già tessera numero 1 di Forza Italia, «Libero», 18.10.2014).

Lo leccavo già prima

«Prima mi davano del lecca-Berlusconi, ora mi danno del lecca-Renzi. Ma Matteo mi piaceva già da sindaco di Firenze. Ho subito capito che aveva la stoffa» (Alfonso Signorini, direttore di «Chi», «il Giornale», 3.11.2014).

De Benerenzi

«Renzi ha quattro doti straordinarie: è un eccellente politico, ha una prontezza straordinaria, ha un’empatia e una comunicazione non comuni. È un fuoriclasse, prima pensavo che fosse un Berlusconi-bis, poi l’ho conosciuto bene e ho cambiato idea» (Carlo De Benedetti, finanziere ed editore di «Repubblica» ed «Espresso», Che tempo che fa, Rai3, 30.11.2014).

Dorando e leccando

«Caro presidente Berlusconi, sei un uomo di sport. Dorando Pietri che si ferma a un passo dalla fine della maratona di Londra nel 1908 è un’immagine suggestiva e romantica. Ma oggi conta vincere. Fermarsi a un passo mi sembra un errore clamoroso. Il pacchetto delle riforme deve decollare. E finalmente l’Italia potrà cambiare. Abbiamo tutto da guadagnare, come dirigenti politici, come partiti e soprattutto come cittadini» (mail inviata da Matteo Renzi a Silvio Berlusconi per convincerlo a firmare il Patto del Nazareno e pubblicata nel suo libro autobiografico L’altra parte di me da Alfonso Signorini, che la ricevette in anteprima dal premier per un consiglio, 30.11.2014).

Un Premier da amare

Il 19 dicembre 2014 Rai1 manda in onda una serata speciale dal titolo Un mondo da amare, officiata da Bruno Vespa e Antonella Clerici. Guest star: il premier Matteo Renzi, circondato da un nugolo di incolpevoli bambini nel ruolo di intervistatori, col contorno di nenie natalizie e brani di Jovanotti. Un Cinegiornale Luce da Telefono Azzurro. Vespa aggredisce subito il capo del governo: «Gli italiani quando potranno comprare una pizza in più?». La Clerici, per non essere da meno, torchia Vespa: «Cosa ti faceva mangiare nonna Ida?». Renzi dispensa ottimismo obbligatorio vietato ai maggiori: «Mettiamo da parte il pessimismo», «L’Expo è un’occasione per voler bene all’Italia», «No ai furbetti», «È come se l’Italia non sapesse farsi i selfie», «Lavoro per voi, come un capoclasse», «Anche se mi rottameranno, la politica è bella», «Voglio una scuola all’altezza dei sogni». Le domande degli infanti, suggerite da mediocri autori Rai e sollecitate da Vespa con faccia da denuncia («qualcuno ha una domandina?»), recitano: «Perché le riunioni di governo si chiamano di gabinetto?». È la trovata più comica e dissacrante della serata. A notte inoltrata, Andrea Bocelli intona il Nessun dorma: troppo tardi.

Giornalisti claqueur

«One man show, alla fine il premier strappa l’applauso ai giornalisti». «Nell’auletta dei Gruppi parlamentari il one man show di Matteo Renzi è in corso da un’ora, ma ad un certo punto il premier si interrompe: legge in diretta un breve aggiornamento sul naufragio del traghetto Norman Atlantic e dalla platea di cronisti ed esponenti dell’Ordine dei giornalisti, a sorpresa, si alza un breve applauso» («La Stampa», 30.12.2014). Ecco perché non gli fanno mai una domanda: hanno sempre le mani impegnate.

Sei un mitoooo!

«Matteo Renzi è una leggenda vivente» (Max Pezzali, cantante, 30.12.2014).

Dopo Obama, solo Lui

«Crisi, politica, riforme. Renzi-boom su twitter è il più citato al mondo dopo Barack Obama» («la Repubblica», 2.1.2015).

Perno e Coefficiente

«I prossimi quarant’anni di Matteo Renzi non sono un mero dato aritmetico. Innanzitutto, per motivi personali: è molto sensibile a se stesso, parla in terza persona e forse sarà il primo a farsi gli auguri l’11 gennaio, magari per esorcizzare l’iscrizione al circolo “Splendidi quarantenni”, come Nanni Moretti si definiva nel film Caro Diario... Perno del suo storytelling, prova di autenticità, coefficiente di talento in una società che spettacolarizza la giovane età. A fine 2015, cioè a 40 anni, Renzi non potrà più finire nella lista degli under 40 più influenti al mondo, com’è successo nel 2014 con “Fortune”, dove l’ex sindaco di Firenze era al terzo posto, dietro ai fondatori di Uber e di Airbnb (a pari merito) e a Mark Zuckerberg. Sia chiaro: Renzi ha superato la “linea d’ombra” da anni, e più volte, prendendo il timone e liberandosi da figure politiche paterne e fraterne, issando quale vessillo la sgargiante camicia bianca. Ha conquistato Firenze, ha perso con stile e vinto con forza le primarie del Pd, poi ha preso il posto di Enrico Letta» (Luca Mastrantonio celebra il 40° compleanno di Matteo Renzi con ben cinque giorni di anticipo, «Corriere della Sera», 6.1.2015).

Federer di governo

«Seguire Matteo Renzi in questi giorni mi ha dato la stessa soddisfazione di guardare giocare Roger Federer quando è in forma» (Claudio Petruccioli, iscritto al Pci dal 1959, ex direttore de «l’Unità», ex presidente della Rai, «il Fatto Quotidiano», 31.1.2015).

Guarda che Luna, guarda che Renzi

Cosa c’è sulla scrivania di Matteo Renzi? Molti giornalisti pagherebbero per saperlo, ma ce n’è uno che lo sa infallibilmente, facendo crepare d’invidia i concorrenti. Si chiama Riccardo Luna e lo scrive il 6 febbraio 2015 sulla prima pagina di «Repubblica»: sulla scrivania di Renzi c’è una lettera che parla di «sesso, bugie e videogame». Si tratta della missiva di una deputata contro Grand Theft Auto, videogioco violento che ignari genitori comprano ai figli vellicandone senza saperlo gli istinti sadici. Denuncia meritoria, articolo meritorio e governo meritorio, ça va sans dire. Ma come fa Luna a sapere cosa c’è sulla scrivania di Renzi? Forse lo aiuta quel decretino firmato dal premier il 19 settembre 2014 con cui il governo Renzi ha nominato Luna digital champion italiano per la svolta digitale renziana. Lui, modestamente, nei dépliant dei convegni a cui partecipa – non si sa mai se come firma di «Repubblica» o come collaboratore del premier – si qualifica «Giornalista e Innovatore». Mica cazzi.

Non disturbate, sta lavorando per me

«Non lo voglio difendere, non ne ha bisogno, ma ha fatto in 11 mesi quello che non è stato fatto in anni interi. Lasciamolo lavorare, non ostacoliamolo. Non abbiamo scelta» (Sergio Marchionne, 10.2.2015).

Marco Linguetti Prolecca

«Il cammino di Renzi è giusto, credo che questo governo abbia l’agenda giusta del Paese» (Marco Tronchetti Provera, presidente e Ad della Pirelli, 17.2.2015).

Homo Novus

«Un anno con Renzi: la “rivoluzione” dell’uomo nuovo». «Comunque vada ha sepolto il mondo di ieri». «Se sfogliamo i giornali di un anno fa ci sembra di vedere un altro mondo... È l’energia che è nuova... un’energia esplosiva». «L’uomo nuovo oltre destra e sinistra». «Cosa ha fatto il rottamatore». «Ha imparato a giocare di sponda». «Il marchio da veicolare è chiaramente lui stesso». «La sua energia esplosiva». «Libia, Renzi scrive ad al-Sisi e cerca di coinvolgere la Russia». «Invita al-Sisi a credere nei negoziati Onu. Lo riferiscono fonti informate... La lettera ha inoltre l’intento di riportare la Russia nella coalizione anti-Isis in Libia» (antologia di titoli e articoli de «La Stampa», 20.2.2015). E tutto in un giorno solo!

Non bastava Ferrara: ecco Ferrarotti

«Renzi è giovane... sa accendere speranze... i giovani con lui sognano di nuovo» (Franco Ferrarotti, sociologo, «La Stampa», 20.2.2015).

Transennate le fabbriche, arrivano i nuovi assunti

«Dalla Fiat alle piccole imprese: la prima ondata di assunzioni del Jobs Act... A giudicare dai primi segnali che sono venuti dalle imprese in questi mesi, c’è da constatare comunque un risveglio delle assunzioni» («la Repubblica», 23.2.2015).

«Effetto sgravi, boom di assunzioni. Poletti: nei primi due mesi dell’anno 79 mila contratti a tempo indeterminato in più sul 2014» («La Stampa», 27.3.2015). Sui giornali è tutta una fioritura di titoli sulle decine di migliaia di nuovi posti di lavoro creati miracolosamente dal Jobs Act nei primi due mesi dell’anno. Poi, grazie all’Istat, si scopre che il governo si è dimenticato di calcolare tutti coloro che intanto il lavoro l’hanno perso. Come stabilire la crescita della popolazione contando soltanto i nati e non i morti. Il saldo fra licenziati e nuovi assunti resta negativo, infatti i disoccupati aumentano. E, rispetto a un anno prima, i nuovi posti in più sono appena 13. Non 13 mila, non 13 per cento: 13 come i commensali dell’Ultima Cena.

Le gesta del Giovane Uomo

«Renzi, nascita e successo di un leader bambino. Questo libro non è una biografia agiografica del Nuovo Principe, che di adulatori ne conta già abbastanza. E non è neppure un dossier di fatti e malefatte. È semplicemente il racconto di Matteo Renzi come non avete mai letto perché è scritto da chi i passi della sua vita li ha seguiti di persona, e non ha dovuto acchiapparli da Wikipedia con il copia e incolla. Con tante foto inedite tirate fuori dagli amici, i parenti, i compagni di scuola e di gioco. È il libro più vero perché nasce fresco dalla cronaca. Un libro scritto prevalentemente dai giornalisti de “La Nazione”, il giornale di Firenze e di Renzi, insieme ai colleghi del “Quotidiano Nazionale”, chiamati ora giorno dopo giorno a raccontare le gesta di questo giovane uomo che spera di rendere più giovane anche questa nostra vecchia Italia. Breve descrizione. Dalla Prima Comunione a Palazzo Chigi: Matteo Renzi raccontato dai nostri giornalisti che l’hanno seguito passo passo nella carriera politica e che hanno raccolto le testimonianze di parenti e amici. Prezzo: € 8,90» (dal sito de «Il Quotidiano Nazionale», 2.3.2015).

Il Grande Tessitore

«E Renzi vola verso il Cremlino. Obiettivo: mediare con l’Ucraina e coinvolgere Mosca sulla Libia» («Corriere della Sera», 4.3.2015). Ma anche mediare con la Libia e coinvolgere l’Ucraina su Mosca, o mediare con Mosca e coinvolgere la Libia sull’Ucraina. Ad libitum.

La campagna di Russia

«Gli incontri li ha chiesti Matteo Renzi e hanno immediatamente accettato... Quell’Italia che ha finora mantenuto una posizione più pragmatica degli alleati del G7... Renzi ha l’obiettivo di riportare gradualmente il Cremlino nel suo ruolo naturale» (Marco Galluzzo, «Corriere della Sera», 4.3.2015).

Vero che ha ragione Renzi? Sì, ragionissima!

Paolo Conti: Presidente Bernabei, perché si torna all’uomo forte di viale Mazzini?

Ettore Bernabei: Perché le tante soluzioni collegiali, che hanno avuto anche le loro giustificazioni, hanno funzionato poco. Ora la situazione è molto cambiata.

C: Renzi vede la Rai motore culturale, cita la Bbc?

B: Ed ha ragione!

C: Quindi Renzi ha ragione quando dice che il governo deve indicare il capo-azienda?

B: Ha ragionissima! Solo il governo che ha la responsabilità della guida del Paese può avere l’idea giusta su chi debba essere... Quell’uomo dovrà prendersi le sue responsabilità sulle scelte operative... Anche decidendo se mandare o no in onda questo o quello.

C: Ma non è censura?

B: Al contrario, è tutela di legittimi interessi generali.

C: E i partiti? Fuori dalla Rai?

B: Certo, ma non l’alta politica nazionale (intervista a Ettore Bernabei, ex dg della Rai tra il 1960 e il 1974, ora presidente della casa di produzione «Lux Vide», fornitrice della Rai, «Corriere della Sera», 14.3.2015). Ah, dimenticavamo: Bernabei ha «94 anni splendidamente portati» e «le idee chiarissime sul progetto di Matteo Renzi».

Matteo d’Egitto avvisa il Maghreb: attenti all’Isis

«Vertice in Egitto, Renzi lancia l’allarme: intervenire in Libia prima che l’Isis vinca» («Corriere della Sera», apertura di prima pagina, 14.3.2015). Da settimane l’Egitto bombarda con i suoi caccia gli avamposti dell’Isis in Libia, specie da quando gli islamisti hanno diffuso il video horror di 21 egiziani copti decapitati su una spiaggia libica. Poi arriva bel bello Renzi al Forum economico di Sharm el-Sheikh e che fa? Avvisa gli egiziani della pericolosità dell’Isis, lanciando l’allarme. E il «Corriere» lo sbatte in prima pagina, addirittura sopra il titolo sull’annuncio a sorpresa di papa Francesco sul nuovo Giubileo. Nessun rilievo invece alla replica del presidente al-Sisi: «Grazie Matteo, buono a sapersi, mo’ me lo segno».

Lo Scattista

«Renzi lo scattista: alterna riforme di destra e di sinistra» («La Stampa», 27.3.2015).

La First Model

«È una mattina fredda, il vento fa volare la cascata di riccioli neri di Agnese, dalla sciarpona grigia restano scoperti solo gli occhi sorridenti. Indossa jeans e un piumino blu, semplicissima. Ha un fisico da modella, alta, magra, gambe lunghissime» (su Agnese Renzi, moglie del premier Matteo, «la Repubblica», 10.12.2013). Eppure la stessa Agnese aveva ammonito i giornali: «Ma cos’avrete da scrivere così tanto?». Messaggio non recepito.

L’Agnese va a mangiare

«“Abbiamo mangiato pasta al burro e petto di pollo, il pranzo più semplice al mondo”, dice Agnese, insegnante precaria e first lady suo malgrado... attaccata a tutti i segni della normalità... jeans e maglioncino viola lui, jeans e giacca rosa cipria lei» (la prima domenica da premier del giovane Matteo in famiglia minuto per minuto, «la Repubblica», 24.2.2014).

L’Agnese va a comprare

«Agnese style, la semplicità quotidiana della first lady». «Agnese Landini, moglie del presidente del Consiglio Matteo Renzi, tra i banchi del mercato di Pontassieve. Anche questa settimana la signora Renzi non si è fatta mancare una passeggiata al mercato del paese. Verso mezzogiorno, proprio mentre il marito si presentava alla Camera per illustrare lo stato della finanza pubblica alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, Agnese Renzi è arrivata al mercato, in total look nero. Tra i banchi c’è stato stupore, chi la riconosce e chi no, e sussurra. “Era l’Agnese? la moglie di Renzi? Non l’ho riconosciuta, meno male non ho fatto i’ bischero!”, dice il proprietario del banco dove la signora Renzi ha cambiato i tessuti» (Ansa, 19.3.2014). La meraviglia, per quanto astrattamente giustificabile dinanzi a cotanta apparizione, parrebbe inspiegabile: di che si stupiscono, al mercato di Pontassieve, se la vedono tutte le settimane? E il bancarellaro fa il bischero con lei tutte le settimane, o la tentazione gli è venuta per la prima volta solo quando è divenuta first lady?

La bella lavanderina

«La first lady Agnese Landini, fotografata sabato 5 aprile a Pontassieve con in mano i vestiti ritirati in lavanderia. Agnese Landini sorride ai fotografi lo stesso giorno in cui il premier ha pranzato in famiglia nella sua casa in provincia di Firenze, dove è arrivato nella serata di venerdì dopo l’incontro con papa Francesco a Santa Marta. Per tutta la mattinata Renzi non è uscito di casa ma ha poi interrotto il weekend con moglie e figli per rientrare a Roma in anticipo e poter lavorare ai dossier sul tavolo del governo. La Landini, in queste foto dimostra ancora una volta tutta la sua semplicità» (Ansa, 6.4.2014).

La First precaria

«Agnese Landini, una first lady in fila tra i docenti precari: “Spero in una cattedra annuale”». «“Io l’ispiratrice della riforma sulla scuola? Beh, è normale che fra marito e moglie ci si parli. Sono un’insegnante precaria da otto anni e Matteo ha sempre conosciuto bene la realtà della scuola italiana, l’ha vissuta con me”. Aula magna strapiena di giovani docenti e senza aria condizionata. È arrivata di mattina presto Agnese Landini, 37 anni, la first lady. Al liceo Russell Newton di Scandicci assegnano le supplenze annuali per le medie e superiori. In fila, a caccia di una cattedra che a fine giornata non arriverà, c’è anche la moglie del premier Renzi. Hanno tutti gli occhi su di lei. E lei sorride, ogni tanto dà uno sguardo all’iPad e conversa con le amiche. “Come una comune mortale, certo. Perché non dovrei?... Io sono una precaria, finora ho avuto solo incarichi annuali”...» («la Repubblica», 20.9.2014). Attenta, però, Agnese: c’è una terribile rivale in agguato.

Matteo loves Angela

«Accogliendo come un principe rinascimentale la cancelliera tedesca nella sua splendida Firenze, il presidente del Consiglio non ha nascosto l’intenzione di volerla impressionare con il fascino abbacinante della sua storia, dei suoi monumenti, della sua cultura europea. Ma da politico accorto, Renzi sa bene che la signora venuta da Berlino nulla ha a che vedere con quelle fragili creature anglosassoni che in riva all’Arno, sopraffatte da tanta bellezza, perdevano i sensi, vittime della sindrome di Stendhal... Eppure non è solo una fatica di Sisifo, quella del presidente del Consiglio, che ieri sera ha mostrato all’ospite tedesca le meraviglie degli Uffizi e del Corridoio vasariano e che stamane discuterà con lei di Europa, all’ombra del David di Michelangelo... Tornando a Sisifo, la lettura del mito incarnata da Matteo Renzi sembra essere quella di Albert Camus: lo sforzo sarà anche inutile, ma è assolutamente necessario. In questo senso, diceva il francese, “bisogna considerare Sisifo felice”. La faccia di Matteo Renzi ieri sera sembrava confermarlo» (Paolo Valentino, «Corriere della Sera», 23.1.2015). Vieni, Angela, che ti mostro la mia collezione di Vasari...

Angela loves Matteo

«Non capita spesso alla cancelliera, timida, discreta, poco incline a lasciar libero l’eloquio, come invece è pulsione incontenibile del premier. “Es ist klar, dass Sie sich moegen”, è chiaro che si piacciono, dice un membro della delegazione tedesca. La controprova è proprio l’effetto elettrizzante che Renzi ha sulla cancelliera, un ciclone» (Paolo Valentino, «Corriere della Sera», 24.1.2015). Qui gatta ci cova.

C’è chimica!

«Finito l’incontro con la stampa, la Merkel riparte, ma prima, ai piedi del David, saluta Renzi con un bacio... Tra Angela e Matteo “c’è chimica”, assicurano i collaboratori del premier, che ha deliziato la Cancelliera con le opere d’arte di Firenze» («la Repubblica», 24.1.2015). Sempre ad appropriarsi dei successi dei governi precedenti.

* * *

La Signorina degli Anelli

«Maria Elena Boschi ha giocato ripetutamente con l’anello che porta all’anulare sinistro» («Corriere della Sera», 17.7.2014).

«L’anello di Maria Elena Boschi ha destato molta curiosità» («la Repubblica», 17.7.2014). Chissà che cosa c’è sotto. Roba grossa, comunque.

La fata dagli occhi turchini

«... Maria Elena Boschi. Proprio lei, la fascinosa portabandiera del governo Renzi, ieri mattina ha smesso di sorridere, ha socchiuso gli occhi e – per la prima volta – ha alzato la voce... Si son girati tutti per vedere la ministra con gli occhi azzurri... che attaccava perentoriamente – perdendo di colpo l’imbarazzata dolcezza della matricola – gli avversari della sua riforma, avvertendoli con voce severa... Sembra quasi un’altra Boschi, quella che, nell’austera aula chiamata a votare la sua abdicazione, teneva le mani giunte per precisare il concetto e poi le apriva per scandire la vacuità fasulla dei suoi contestatori... Finché, a un certo punto, ha tirato fuori dalla tasca del suo tailleur-pantalone grigio argento la citazione di un notissimo personaggio politico toscano. Che non era Renzi, stavolta, ma... Amintore Fanfani... “Le bugie in politica non servono!”» (Sebastiano Messina, «la Repubblica», 22.7.2014). Perbacco, che concetto profondo! Prossimamente su questi schermi, la Boschi estrarrà dalla tasca una citazione di Mariano Rumor: «Quando fa caldo aprite la finestra». O di Antonio Gava: «Se piove aprite l’ombrello». Si spera che non incappi mai in un’altra celebre frase di Fanfani: «Se uno è bischero, è bischero anche a vent’anni». Figurarsi a trentatré.

Multibosking

«Hostess, cuoca, atleta. La ministra multitasking. Viaggi, missioni, incontri istituzionali. I mille volti di Maria Elena Boschi» («Il Venerdì di Repubblica», 15.8.2014).

Sweet Mary Ellen

«Il fascino Maria Elena. La seduzione Boschi. I suoi sguardi salvano l’alleanza di governo e dal Transatlantico spianano la strada di Mattarella verso il Quirinale? Il ruolo della renzianissima non è quello della pasdaran. Tutt’altro: è quello della mediatrice dolce, della negoziatrice sweet-fascinosa, di quella che si ritaglia il ruolo della poliziotta buona – convincere gli alfanei con il suo garbo, far riflettere i berlusconiani e rabbonirli con il suo sorriso... Lei, Sweet Maria Elena, per portare dalla sua parte i democristiani degli altri partiti ricorda loro – e a volte non ha bisogno di ricordarlo – le proprie origini cattolico-popolari. Faceva pure la parte della madonnina in un presepe vivente... Vestitino provenzale da madonnina aretina, all’inizio della giornata anche un golfino blu da collegiale (che poi si toglie quando il gioco si fa duro), calze nere e scarpe marroni. Lei li ammalia e loro sono ammaliati da lei» («Il Messaggero», 31.1.2015).

È un bel renziano!

«Si sarebbe potuto intitolare Io e Matteo il libro che Graziano Delrio ha scritto in coincidenza con il primo anno di governo Renzi. Si chiama invece Cambiando l’Italia. Rinnovare la politica, ritrovare la fiducia (Marsilio). Ma in queste pagine davvero ci sono solo due personaggi, lo stesso sottosegretario e il premier... Perché l’obiettivo è fissare le priorità del renzismo, offrire la visione politica e strategica dell’azione dell’ex sindaco di Firenze. Dare anche, alla sua avventura, le basi culturali con tante citazioni che vanno da Hannah Arendt a Giorgio La Pira, da David Foster Wallace a Michel Foucault. Alla fine però il termine che definisce meglio questa stagione è sempre quello: cambiamento... Parla poco della sua vita privata, il sottosegretario. Giusto qualche accenno. Era un “modesto alpinista”, suo padre “faceva il muratore”. Poi confessa solo un momento di perdita di controllo. “Ho sempre detto ai miei figli di non avere paura di sbagliare e detesto gli insegnanti che non si applicano per incoraggiare i ragazzi a provare e a sbagliare”. Ma questo libro vuole essere un manifesto, mettere in fila i punti di riferimento del renzismo e dell’azione di governo... Delrio ricorda il volume di La Pira L’attesa della povera gente, quel sogno della piena occupazione che è in fondo il traguardo utopistico della riforma di oggi. Sembra di capire che gli stia particolarmente a cuore la vicenda dell’Ilva, seguita in prima persona. Della via d’uscita della nazionalizzazione per salvare i posti di lavoro. “Il tempo è scaduto per migliaia di persone e famiglie – disse Renzi in Consiglio dei ministri –, la fabbrica si salva e basta”. Delrio ripensò a La Pira: “Non so, mi sono commosso”, confida. E qui si torna a Io e Matteo, quel Matteo che Delrio sul cellulare ha memorizzato in rubrica alla voce Mosè» (Goffredo De Marchis, «la Repubblica», 25.2.2015).

Trémino Borges e Pessoa, arriva Franceschini

«Con la sua quarta prova narrativa, aveva dato un avviso che sta fra Borges e l’amato Pessoa... vena fantastica e ironica... Il Franceschini scrittore guarda a spiriti acri e ribelli, magari un Bolaño, certamente uno Zavattini... Ha sempre avuto un buon successo di critica: Jovanotti lo definì “visionario”. Come scrittore, non come politico... Nel Visconte dimezzato [di Italo Calvino, nda] quando le due metà di Medardo di Terralba incrociarono le spade per il duello finale, fu un’apoteosi» (Mario Baudino, «La Stampa», 22.2.2014). Sta parlando, casomai non si fosse capito, del neoministro della Cultura Dario Franceschini.

Che occhi grandi hai

«L’Opera. I soldi. I manager. Il marketing. Il Valle. I sindacati. Il decreto. Il governo. Il Bene comune. Il cinema. La televisione. Apple. Google. Le tasse. Le ritorsioni...» «Dario Franceschini, prima di arrivare alla ciccia, prima di arrivare alla sua polemica con la Apple, alla rivolta delle soprintendenze, alla sua discussione con Renzi, alla ribellione dei sindacalisti, agli scempi del Teatro Valle, si ferma un attimo, fissa il cronista negli occhi, ascolta la sua domanda, si alliscia la barba, cerca di trovare le parole giuste, giocherella coi suoi iPhone, lancia uno sguardo al suo portavoce e decide di stare al gioco. E d’un fiato lo ammette: è vero, oggi la sinistra non ha più paura di Checco Zalone» (Claudio Cerasa, «Il Foglio», 30.7.2014). E sono soddisfazioni.

Di Lotti e di governo

«Parla poco coi giornalisti, già questo è indice di intelligenza e mente ferma... Crudezza senza ostentazione unita a una riservatezza senza spacconeria... Non sbraca mai... È una specie di tabù nel nuovo potere: il più freddo e il più bravo... Se ci fosse Frank Urquhart-Underwood – il personaggio di House of Cards – nel renzismo, sarebbe lui... È capace di polso durissimo... Ha 33 anni – gli anni di Cristo, biondo come lui – ma sa essere fermo, lucido e a fuoco come gli altri del gruppo, mal per loro, no... Si veste con jeans scuri e il golfino, blu o nero. È biondo, e con gli occhiali neri (stile Oakley) ha un suo perché... Per rinsaldare l’amore con la moglie le compra una pagina di pubblicità sul quotidiano locale per dirle auguri il giorno del compleanno» («La Stampa», su Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, 14.9.2014). Lotti, a Palazzo Chigi, gestisce i fondi e le provvidenze per l’editoria in crisi di cui anche «La Stampa» si è giovata. Quindi il più freddo, il più bravo.

Lo Voi o non Lo Voi? Certo che Lo Voi!

«La scelta è quasi rivoluzionaria... uno dei procuratori più giovani di sempre... un altrettanto “rivoluzionario” accordo di sistema... è la linea verde, di rinnovamento, tanto cara in generale a Matteo Renzi, mentre nello specifico la nomina di Lo Voi sarebbe assai gradita al Quirinale... “Sono qui per lavorare, non per fare polemiche”... Non si fa bagnare dalla burrasca che Alfredo Morvillo, cognato di Falcone, cerca di scatenare dicendo che Lo Voi non era amico del magistrato ucciso a Capaci» (Riccardo Arena sul nuovo procuratore di Palermo, Franco Lo Voi, eletto dal Csm scavalcando i colleghi Guido Lo Forte e Sergio Lari, più anziani e titolati di lui, «La Stampa», 19.12.2014). È vero che la Costituzione e la divisione dei poteri non prevedrebbero, anzi escluderebbero che a nominare i magistrati siano il capo dello Stato e quello del governo. Ma per Napolitano e Renzi si fa volentieri un’eccezione.

Ministra e mamma

«Marianna Madia. Una mamma al governo tra poppate e notti in bianco». «La neonata Margherita è un frugoletto rosa con tanti capelli scuri... L’attesa di Margherita è stata per la Madia un allenamento in vista dell’impegno da ministro: ha lavorato per tempo alla semplificazione delle incombenze e dei doveri di mamma per far sì che la nascita della bimba non interferisse troppo con il secondo “parto” che la attende, la riforma della Pubblica amministrazione, che vedrà la luce nei prossimi giorni... La Madia, quando ha accettato l’incarico da Renzi, sapeva già che non avrebbe potuto contare sui tre mesi di congedo di maternità: troppo incalzanti i tempi dettati dal giovane premier... Così ha costruito la rete di sostegno che... le consente di lavorare tra una poppata e l’altra. Il merito è della nonna e dello staff ministeriale. Anche quando è a casa, è sempre connessa con i più stretti collaboratori. Non è da escludere che la pupetta possa prendere parte a qualche consiglio dei ministri, in caso di necessità» (reportage sulla recente maternità di Marianna Madia, Pd, ministro della Pubblica amministrazione, «Oggi», 30.4.2014).

La Madonna della Marianna

«Anno 2000. Anno del Giubileo. La Giornata mondiale della gioventù sta per finire. Roma è una capitale spirituale. “A Tor Vergata... decidiamo di partire per Medjugorje”... Lì la vita è scandita dalla presenza di Maria. Ti dicono: alle 17 c’è un’apparizione, alle 19 si cena» (intervista alla ministra della Pubblica amministrazione Marianna Madia, Pd, «Sette-Corriere della Sera», 1.8.2014). Anche il pancino vuole la sua parte.

Federica, la mattacchiona

Chi è davvero Federica Mogherini, ministra degli Esteri uscente dal governo Renzi perché appena promossa ad Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e della sicurezza (Lady Pesc)? Il «Corriere della Sera» del 30 agosto 2014 prova a rispondere, come sempre senza sconti. Si parte da Marco Pacciotti, ex segretario della Fgci nello stesso liceo classico di Roma-Parioli da lei frequentato: «Seria, appassionata, sempre disponibile a lavorare su un progetto, un’iniziativa... divertente, simpatica e molto ironica». Senza dimenticare che «parlava già un ottimo francese e l’inglese». E ora porta «subito nel nostro lavoro una dimensione europea», assicura il collega Vinicio Peluffo. Il suo padre politico, Walter Veltroni, ne elogia anzittutto la zia, Isa Mogherini: «Donna di cultura straordinaria. Quando arrivava lei a casa era una festa». Poi passa a Federica: «Il rigore, le basi solide, la capacità di lavoro. Sempre intenta a studiare un dossier». Perbacco.

Gianni & Pinotti

«Renzi non è il solo scout al governo. Anche Roberta Pinotti ha un passato fra i seguaci di sir Robert Baden Powell. Il suo primo pensiero? Ovviamente per i nostri marò. Dobbiamo riportarli a casa... e lei ha idee già chiare... Ha già volato su un Mb339 delle Frecce Tricolori» (Teodoro Chiarelli, «La Stampa», 22.2.2014). Un blitz alla Chuck Norris, Missing in action con un pugno di scout pronti a tutto. Insomma, è fatta.

La Presidentessa del distretto militare

«Comandante Pinotti. Decide, taglia, cambia. In un settore da sempre maschile. Ecco chi è la ministra della Difesa. E c’è chi punta su di lei nella corsa al Quirinale» («l’Espresso», 10.7.2014). Sì, buonanotte.

IN FONDO A DESTRA

Berluspop

«La Grande Bellezza sarebbe riconoscere l’Oscar di Berlusconi» (Alessandro Sallusti, «il Giornale», 4.3.2014). Ma gliel’ha già riconosciuto la Cassazione: per la miglior frode straniera.

Berlusgay

«Premessa: quello che leggerete è un paradosso, un iperbole [sic, nda], una piroetta, un atto d’amore nei confronti di un uomo che rischia di finire in galera in quanto uomo eccezionale. Quindi, per me è tutto chiaro. Premetto che qui non è in dubbio la virilità e lo charme del Presidente Berlusconi. Qui per una volta si vola in alto [ri-sic, nda] e si tenta di fare il triplo salto mortale per difendere un’icona che, se la lobby gay avesse le palle, sarebbe già mito. Perché Berlusconi è molto di più di quello che si è detto e scritto: ormai si è meravigliosamente trasformato nella nostra Duchessa D’Alba. Iconograficamente, Madonna, Lady Gaga e tutte quelle simpatiche nane che, con la bava alla bocca, hanno costruito meticolosamente e per anni il loro posizionamento nel pantheon culturale della galassia gay, gli fanno una pippa. In questa Italia mediocremente e noiosamente Renziana, Berlusconi, con quella sua inconfondibile janeggine da vecchia Signora non ancora struccata, ci ha regalato due capolavori: un Presidente del Consiglio detto “la Fuffa” (fa tanto trans in servizio nelle colline fiorentine), e una compagna di vita, la sua, che studia da Evita. Niente di più diabolicamente frocio, niente meno di una serata al Muccassassina, tutto decisamente più divertente ed epico delle Primarie del Pd o dei carteggi “pucci pucci” tra Paola Concia e Paola Binetti. Decadente, deriso, ferito, ma vivo, Berlusconi va immaginato così: in quelle prime ore del mattino quando, con la stessa spinta poetica cara alle soubrette degli anni ’50, si accomoda davanti allo specchio per truccare, scolpire e lievitare il suo paffutissimo volto, per indossare infine quelle scarpette tacco 8 in grado di fargli toccare il cielo con un dito.

Altro che l’ambiguità di James Franco, i muscoli di Fabrizio Corona o le forme efebiche di Justin Bieber: i froci divini, categoria santa e minoritaria del mondo gayo, conoscono bene quella incontenibile allegria e quell’inaspettato pathos che solo le piroette della Duchessa D’Alba e i battements fondus di Berlusconi sanno suscitare dentro i cuoricini. Non c’è partita, non c’è Gay Pride che tenga, altro che quella brava persona di Ivan Scalfarotto o quella simpatica “matta” di Nino Strano: Berlusconi è talmente gay, è meravigliosamente e visibilmente soprattutto gay, che le donne lo amano, lo desiderano, lo sognano, lo idolatrano, lo vogliono, lo posseggono. Per restituircelo ancora più “macho”, virile, omo. Perché a differenza di tutti quei froci porta-borsette che l’Italia produce e coltiva da anni, Berlusconi è frocio solo nell’anima e i porta-borsette li redime a tal punto da affidargli prima un lavoro (magari un settimanale patinato) e poi corsi di “bon ton” per le sue esigenti accompagnatrici.

Non c’è da aggiungere altro, scriverei per ore declinazioni e varianti sul tema, ma il vocabolario diventerebbe e gratuitamente inelegante e miseramente volgare. Ma quando vedrò l’Arcigay sventolare il volto del nostro Divino in una di quelle patetiche marce autodistruttive, allora sì, allora scriverò il resto di questa storia che, solo io e pochi altri, sappiamo posarsi su concrete e solide basi culturali. E non solo. Ma una cosa posso aggiungerla: niente come Berlusconi, in Italia, è stato tutto e il contrario di tutto. In poche parole: andrebbe graziato all’istante solo per ringraziarlo, come ho scritto più volte sui miei francobolli su “Il Foglio”, per quella massiccia dose di libertà psicologica che ci ha sottratto al dogmatismo e all’ideologismo imperante» (Pierluigi Diaco, Dagospia, 4.4.2014).

Leccatacchi (con rialzo)

«Il vero re delle preferenze resta il Cavaliere» («il Giornale», 1.6.2014). Anche quando non è più candidato né candidabile. Non è meraviglioso?

Leccazampe

«Dudù ha trovato una fidanzatina. Si allarga la famiglia di Arcore: arriva Dudina, la nuova cagnetta di casa, cucciola di due mesi» (titolo di prima pagina sul cane di Silvio Berlusconi e Francesca Pascale, «il Giornale», 1.6.2014). Arf arf.

Divino Amore

«E poi c’è la vecchina, 89 anni, ossa fragili ma scorza che pare di quercia: “Orfana giovanissima, lavoro da quando avevo 16 anni; dalle 5 del mattino alle 9 di sera. Anche adesso vado ad aiutare un’anziana, poverina: le faccio la spesa. Ho sulle spalle un figlio e un nipote, entrambi disoccupati. La mia pensione? 585 euro”. Commovente. E il Cavaliere prende il microfono: “Propongo una sottoscrizione per aiutare la signora. Comincio io con 20mila euro”. Applausi scroscianti e diluvio di selfie, al coro di “Sil-vio! Sil-vio!”» (Francesco Cramer sul comizio di Silvio Berlusconi al santuario romano del Divino Amore, «il Giornale», 15.1.2015).

Dudù & Dudina

«“Secondo una segnalazione che stiamo verificando, Dudù e Dudina ricevono ancora le ‘antiche attenzioni’ a base di pasticcini e dolcetti”, si legge nella nota di denuncia dell’associazione animali Aidaa. “Stiamo verificando che non si tratti di una burla, ma pare proprio vista la fonte che ci possano essere gli estremi per l’attendibilità e se così fosse anche in questo caso chiederemo i controlli da parte dei veterinari Asl di competenza per territorio”, avverte l’associazione. A difendere la posizione di Francesca Pascale, il veterinario dei due barboncini di casa Berlusconi, la dottoressa Silvia Cattani: “Dalle numerose visite a cui sottopongo regolarmente Dudù e Dudina, con relativi esami, posso affermare che sono perfettamente in salute e non presentano nessuno dei segni tipici associabili all’eccesso di zuccheri nell’alimentazione o ad una dieta scorretta. In base alla mia esperienza, mi sento di escludere categoricamente che i due cani vengano ‘ingozzati di pasticcini e dolcetti’”. Conferma il tutto anche il veterinario Federico Coccia, a Un giorno da pecora: “I cani stanno benissimo, hanno tutti i valori nella norma, sono sereni. Smentisco categoricamente, nessun pasticcino. Dudù e Dudina hanno una dieta equilibrata, con dei croccatini specifici. Dudina, poi, mangia più leggero, perché è più piccola”» (Adnkronos, 17.2.2015). Ora sì che possiamo dormire tranquilli.

Il sabato del villano

«Il sabato Matteo Salvini fa la spesa al mercato, pranza con la sorella e poi accompagna suo figlio alla partita. La sera? Una birra in centro con un amico» («Chi», 12.2.2015).

SuperMatteo

«Non pare scalfito neppure un poco dal jet lag, Matteo Renzi. Oppure, se lo è, il presidente del Consiglio non lo dà a vedere. E se fino a qualche ora prima era dall’altra parte del mondo, a colloquio con Barack Obama e con l’editor board del “Washington Post”, ecco che fin dal primo mattino si fionda negli Scavi di Pompei. Ma evidentemente Renzi farà qualcosa di più per Caserta» («Il Mattino», 21.4.2015).

OBAMA PROMUOVE TUTTI

Per uno studio sul provincialismo della stampa italiana, proponiamo un’antologia degli incontri fra il presidente americano Barack Obama e i vari premier italiani che ha incontrato sulla sua strada da quando entrò alla Casa Bianca nel 2009. Ogni commento è superfluo.

Obama-Berlusconi

«Silvio Berlusconi è un grande amico. Mi aspetto sempre da lui un’opinione franca e onesta, oltre al fatto che a me il premier Berlusconi piace personalmente, i nostri popoli hanno profondi legami» (Barack Obama, primo incontro alla Casa Bianca con il premier italiano sette mesi dopo la sua elezione, 16.6.2009). I giornali americani praticamente ignorano l’evento, quelli italiani invece titolano all’unisono: «Obama promuove Berlusconi».

Obama-Monti

«Ho piena fiducia nella leadership di Monti. Voglio solo dire quanto noi apprezziamo la poderosa partenza e le misure molto efficaci che sta promuovendo il suo governo in Italia» (Obama dopo l’incontro alla Casa Bianca con Mario Monti, 9.2.2012). Titolo in automatico sulla stampa italiana a edicole unificate: «Obama promuove Monti».

Obama-Letta

«Non potrei essere più colpito dall’integrità, dalla profondità di pensiero e dalla leadership del premier Letta. L’Italia si sta chiaramente muovendo nella direzione giusta. Con Letta condividiamo gli sforzi comuni sulla lotta alla disoccupazione giovanile e per la crescita. Tra di noi c’è stato un rapporto forte da subito. Lui è di Pisa, mi ha invitato in Toscana, non mi farò certo pregare» (Obama dopo l’incontro alla Casa Bianca con Enrico Letta, 17.10.2013). I giornali italiani tutti titolano: «Obama promuove Letta», o addirittura «promuove la legge di Stabilità», anche se al momento non ne esiste neppure una bozza definitiva (casomai alla Casa Bianca interessasse l’articolo).

Obama-Renzi/1

«Sono rimasto favorevolmente impressionato dall’energia e dalla grande visione che Matteo ha portato al suo incarico, ma anche dalla sua serietà e ambizione nelle idee. Penso che con questo spirito e con questa energia sarà tutto positivo per l’Italia e per l’Europa: è meraviglioso vedere questa nuova generazione di leader che entrano in gioco» (Barack Obama in visita in Italia parla di Matteo Renzi, premier da appena un mese, 27.3.2014). E come titolano l’indomani i giornali italiani? «Obama scommette su Renzi. “Sangue fresco, farà bene all’Europa”», «Barack-Matteo: “Yes we can”», «L’energia del premier conquista il leader Usa», «Renzi senza complessi» («La Stampa»). «Obama a Roma: mi fido di Renzi» («Il Messaggero»). «L’incoraggiamento di Obama all’Italia. Elogio a Napolitano, giudizio positivo sulle riforme di Renzi», «Matteo, ti aiuto io», «La fiducia sulle riforme di Renzi. E a Napolitano: con te Italia fortunata» («Corriere della Sera»). «L’intesa tra Obama e Renzi: “Giusto cambiare l’Europa”», «Che roccia Napolitano» («la Repubblica»). «Crescita e lavoro: yes we can. Obama promuove Renzi». «Renzi incassa la “fiducia” di Obama. “Italia fortunata, ha uno statista come Napolitano”» («l’Unità»). Chissà che si aspettavano che dicesse, Obama, oltre ai normali convenevoli diplomatici. Forse pensavano che, vedendo Renzi, gli scoppiasse a ridere in faccia: «Ma come ti vesti? Ma chi te l’ha fatto il nodo alla cravatta? Ma lo sai che con quei denti all’infuori sembri Bugs Bunny?». Oppure che, incontrando Napolitano, se ne uscisse con frasi del tipo: «Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più? Ueh, matusa, ma lo sai che pure mio nonno è più giovane di te? In pensione ai giardinetti mai, eh?». Invece, contrariamente alle previsioni, il presidente americano, in visita al paese alleato più servile e genuflesso del mondo, non ha insultato né sbeffeggiato i suoi capi dello Stato e del governo. Chi l’avrebbe mai detto.

Obama-Renzi/2

«Sono molto colpito dall’energia di Renzi e impressionato dalle sue riforme per la crescita» (Barack Obama, ricevendo Renzi alla Casa Bianca, 17.4.2015). Ultimo leader europeo ammesso alla Casa Bianca dopo 14 mesi di anticamera punitiva per la sua politica estera filorussa, in perfetta continuità col putinismo berlusconiano, Renzi si vende una visita tutta chiacchiere e distintivo, ma priva di risultati concreti sulla crisi libica e sull’emergenza umanitaria nel Mediterraneo, per uno strepitoso successo. Anche grazie ai soliti giornali italiani, che l’indomani inseriscono il pilota automatico.

«La Stampa», pagina 1: Paolo Mastrolilli sottolinea «la chimica personale nata tra Barack e Matteo». Anche perché Matteo Zelig ha detto a Obama che «l’America è il mio modello», esattamente come un anno prima aveva detto alla Merkel «la Germania è il mio modello» (e meno male che non è ancora andato in Grecia). «La Stampa», pagina 3: riecco «la buona “chimica” emersa tra i due», stavolta a firma di Paolo Baroni e Fabio Martini. E poi via, una profluvie di Renzi «Obama italiano», anzi «Matteo l’Amerikano», «sogno americano», «la forza di sfidare il futuro puntando sulla crescita». Pure il Quantitative Easing di Draghi e il Piano Junker pare averli inventati Renzi.

Su «Repubblica», Francesco Bei si bea: «“Caro Matteo”, “Caro Barack”. Era dai tempi dell’idillio Bush-Berlusconi che non si vedeva tanto calore. La chimica è scattata». Ridàgli. Renzi scopre che Obama lo copia: «Ha usato le stesse parole che ripeto io a ogni Consiglio europeo». Bei esalta la perfetta «sintonia sulla crescita, quasi un atto di accusa alla Germania. Mentre a casa i Fassina e i Landini lo dipingono come servo della Merkel, Renzi viene apprezzato dagli americani come l’antagonista europeo del rigore». E pazienza se, sopra il suo articolo, c’è quello di Federico Rampini che riporta le parole esatte di Obama: «Io non critico la Merkel, grande alleata. Renzi è sulla strada giusta avendo avviato le riforme che vi chiedeva la Merkel». Quindi è Obama, non Landini e Fassina, a dargli del servo della Merkel. Bei però è troppo beato per accorgersene:

«Il body language della conferenza stampa, i segni del linguaggio del corpo, il “tu” confidenziale [you equivale anche a «lei», ma lui non lo sa, nda], puntano tutti nella stessa direzione... La stretta di mano... una presa amichevole, come fanno i ragazzi tra di loro, con l’avambraccio in verticale» (Francesco Bei, «la Repubblica», 18.4.2015). E la lingua in orizzontale. Supportata da foto e didascalie: «Alcuni gesti con le mani di Obama e Renzi sono apparsi curiosamente simili». «Kerry fa un gesto di approvazione alla delegazione italiana». Poi «Obama cinge le spalle di Renzi», e i due se ne vanno trotterellando verso il tramonto, in un finale alla Chaplin.

«Renzi ha trascorso le sue 36 ore washingtoniane a vivere per intero il film in cui il protagonista era lui stesso. Come una puntata di House of Cards, la sua serie preferita. Non a caso, come Frank Underwood, la giornata di Renzi inizia con una corsa di un’ora lungo i prati che portano da Capitol Hill, passando sotto il grande obelisco, fino al Lincoln Memorial» (Bei, ibidem). Praticamente il nuovo Alberto Sordi, ameregano der Kansas Sity.

LA MERKEL COLPITA DA TUTTI

Lo stesso meccanismo si attiva quando la cancelliera tedesca Angela Merkel, al governo della Germania dal 2005, incontra il premier italiano di turno.

Merkel-Prodi

«La Cancelliera è simpaticissima: mi ha detto che a tre minuti dalla fine del match Prodi le ha confidato di odiare i rigori, e immediatamente l’Italia ha segnato: cosa che l’ha colpita moltissimo. È il famoso “fattore C”, come si dice. Prima di partire ho pregato Prodi di prestarmelo...» (Giorgio Napolitano, «la Repubblica», 11.7.2006). È la prima volta che Angela Merkel, eletta otto mesi prima cancelliera di Germania, si dice «colpita» da un premier italiano, nella fattispecie Romano Prodi. La data è il 4 luglio 2006 e il luogo lo stadio di Dortmund, dove si disputa la semifinale dei Mondiali di calcio fra Italia e Germania (2-0).

«Sono rimasta molto colpita» (Angela Merkel, 20.3.2007). Stavolta la Cancelliera è in visita a Roma, dove il premier Prodi e il sindaco Walter Veltroni la portano a spasso per i musei e i monumenti della capitale.

Merkel-Berlusconi

«Con la Germania stiamo collaborando molto bene. Abbiamo il vantaggio di appartenere alla stessa famiglia della democrazia e della libertà del Ppe, con Angela siamo seduti spalla a spalla nel Consiglio europeo e finora non c’è stata decisione che io ricordi in cui le nostre posizioni sono state diverse» (Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, 6.10.2008). Questa volta il Cavaliere fa tutto da solo, perché eccezionalmente la Merkel non si dice «colpita» dalla sua visita a Berlino, anche se probabilmente lo è, ma per motivi che non può confessare per rispetto dell’etichetta diplomatica. L’incontro, checché ne dica Berlusconi, va malissimo. Lui tenta di venderle il fondo salva-Stato di Tremonti e lei non ne vuole sapere. Alla fine parla solo lui, millantando uno strepitoso successo. Di lì a tre anni, dopo i cucù e le altre figuracce, verrà seppellito anche dalla famosa risata Merkel-Sarkozy.

Merkel-Monti

«Sono rimasta molto impressionata dalle misure strutturali del premier Monti» (Angela Merkel, 24.11.2011). I vignettisti si scatenano a immaginare il sobrio Professore che spalanca il loden facendole strabuzzare gli occhi con le sue misure, per giunta strutturali. Ma i giornali italiani – gli unici a dare risalto al vertice, pressoché ignorato da quelli tedeschi e del resto d’Europa – si bevono tutto e sparano il titolo unico: «La Merkel promuove Monti». Anche perché Monti ha appena incontrato il presidente francese Hollande e, a quel che scrive la stampa nostrana, ha stretto un «asse», anzi «un patto italo-francese» per mettere all’angolo la Merkel, naturalmente «per la crescita». Stesso titolo due mesi dopo, quando Monti torna a rendere omaggio ad Angela: «La Merkel promuove Monti» («la Repubblica», 12.1.2012).

Merkel-Letta

«Sono colpita, rallegrata, gioiosa per la collaborazione che inizia con Enrico Letta: ogni Paese deve fare i propri compiti e l’Italia ha già compiuto un pezzo di strada» (Angela Merkel, 30.4.2013). Seguono le solite giaculatorie su «rigore e crescita», «fiscal compact e lavoro», «finanza solida e sviluppo». Letta jr. però fa il duro: «Manterremo gli impegni, ma i modi e le forme con cui troveremo le risorse è roba nostra e non devo spiegarla a nessuno». Si è autoconvinto di aver piegato la Cancelliera: «Mi è sembrata sensibile all’esigenza di crescita: o cresce l’Europa tutta, o nessuno si salva da solo». La stampa italiana ci ricasca: «La Merkel promuove Letta». L’indomani Letta vede Hollande e – almeno a leggere i giornali italiani – è subito «asse franco-italiano» per gabbare la Cancelliera, oltreché naturalmente «per la crescita».

Merkel-Renzi

«Sono rimasta veramente colpita e impressionata dalle riforme strutturali molto ambiziose di Renzi» (Angela Merkel, 17.3.2014). Renzi è reduce dall’ormai classico vertice a Parigi col presidente Hollande per l’immancabile «patto», anzi «asse italo-francese» per fregare la Merkel sulla «crescita». Poi si reca a Berlino. E, sebbene sfoggi un cappottone siberiano modello Totò, Peppino e la malafemmina, per giunta con un bottone scombinato, crede di aver fatto colpo a botte di «rigore e crescita» sulla Cancelliera. Che glielo lascia credere, come ha fatto con i suoi predecessori. I giornali (italiani) del 18 marzo 2014 titolano: «Merkel promuove Renzi» («la Repubblica»). «Merkel promuove Renzi» («La Stampa»). «Merkel-Renzi via libera» («l’Unità»).

E poi di nuovo, dopo il secondo incontro: «Renzi incassa l’ok della Merkel» («la Repubblica», 9.10.2014). «Merkel promuove l’Italia» («Corriere della Sera», ibidem). «Renzi incassa il sì della Merkel» («il Giornale», ibidem).

E poi ancora, dopo il terzo: «La Merkel spinge l’Italia: “Riforme che rassicurano”. Renzi: E ora metto il turbo» («la Repubblica», 24.1.2015). «Renzi, Merkel, la Cancelliera promuove gli sforzi fatti» («Corriere della Sera», 24.1.2015).

Ricapitolando: ogni volta che riceve un capo del governo italiano, la Merkel si dice regolarmente «colpita» o «impressionata». È come se avesse un modulo unico prestampato, prêt-à-porter, da usare negli incontri con i nostri statisti, cambiando di volta in volta soltanto il nome del premier di turno (tanto i giornali italiani si bevono tutto). È una questione pratica, di comodità. Lei è lì dal 2005 e ha un sacco di cose da fare, mentre i nostri premier cambiano alla velocità della luce e hanno molto tempo libero. In dieci anni di cancellierato, Angelona ne ha visti passare sei: Berlusconi, Prodi, ri-Berlusconi, Monti, Letta e Renzi. Nessuno che sia mai stato colto dal dubbio: non sarà che, niente niente, la Merkel ci prende un filino per il culo?