Giuliano La Prostata migliore attrice protagonista
Viva il socialismo (io rispetto anche Stalin)
«Il socialismo è morto, viva il socialismo». «Perfino il terribilismo degli anni di Stalin, gli anni di ferro e di fuoco, gli anni delle “confessioni” e delle purghe e dello sterminio sistematico di milioni di dissidenti, perfino quello è stato un crocevia tragico della nostra storia verso il quale si può provare un sentimento misto di orrore e di estenuato e disperato rispetto morale... Primo. Luigi Longo disse che il socialismo non coincide con i confini dei Paesi socialisti. Secondo. La crisi dell’Occidente è un fatto non meno evidente della crisi del socialismo... Le risposte a questa crisi non possono essere cercate se non interrogando anche quel grande patrimonio di cultura, di esperienza reale, di storia del nostro secolo che si chiama socialismo» (Giuliano Ferrara, dirigente del Pci torinese, «Nuovasocietà», dicembre 1981).
Craxiano senza se e senza ma
«Craxi è un uomo politico che mi piace senza riserve... Craxi accoglie il nuovo, ma, nel fondo, è un vecchio socialista autonomista... Se si taglia questo cordone sanitario intessuto d’ipocrisia, per cui tutti vogliono i socialisti per governare ma tutti gridano contro i socialisti “dagli all’untore!”, allora è possibile il rinnovamento della Repubblica, del sistema politico e della sinistra» (appena passato dal Pci al Psi, intervistato da Giampaolo Pansa, «la Repubblica», 23.2.1985).
Soluzione 98 per cento
«Sono d’accordo con Craxi nel 98% dei casi» (notista politico del Tg2 diretto dal socialista Antonio Ghirelli, marzo 1987).
Manipulitista
«Non c’è spazio alcuno per l’attacco ai giudici [di Mani pulite, nda] che hanno inceppato e fatto saltare quel motore della vecchia politica» (editorialista del «Corriere della Sera», 29.6.1992).
I giudici eroi
«Chi sono gli eroi di Tangentopoli? Per me sono i giudici e i politici. Sembrerà strano, ma è così. È così per chiunque non creda alla favola delle guardie e dei ladri. I giudici stanno facendo il loro mestiere, applicano il codice penale, indagano su reati classici come la corruzione, la concussione, la ricettazione, la violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. I politici seri, quelli che non nascondono la testa nella sabbia e non negano l’evidenza dei fatti, fanno anche loro la parte che la vita gli assegna: individuato il cancro corruttivo e consociativo che ha svuotato di senso la politica, si assumono le responsabilità che gli competono, difendono quel che è difendibile e cercano rimedi politici ovvero nuove leggi capaci di dar vita a un nuovo sistema... Capisco che possa sembrare paradossale, ma insisto. Gli eroi di Tangentopoli sono quelli che vanno fino in fondo, coloro che applicano la legge senza badare a nessuno, e coloro che cercano di apprestare rimedi politici a un sistema degenerato con il quale abbiamo tutti convissuto in un’aura di sorda ipocrisia» («Corriere della Sera», 20.7.1992).
Scalfariano (nel senso di Scalfaro)
«Non si troveranno mai bastanti parole per elogiare il nuovo presidente della Repubblica, alla luce dei suoi primi passi. Con Oscar Luigi Scalfaro tornano tutti i conti scompigliati dal suo predecessore, almeno in apparenza: il conto della discrezione, di una gestione non intrusiva del ruolo costituzionale, il conto di una retorica amica, consolatoria, capace di lisciare il pelo arruffato del Paese e di rappresentare la comunità senza troppe scosse» («Corriere della Sera», 10.8.1992). Il predecessore a cui Ferrara preferisce il successore Scalfaro è, naturalmente, Francesco Cossiga, di cui Ferrara era un laudator sfegatato fino al giorno delle dimissioni. Tempo due anni, e Ferrara darà a Scalfaro del «golpista ribaltonista».
Craxi, giù le mani da Di Pietro
«L’attacco di Craxi ai giudici milanesi [cioè al pm Antonio Di Pietro in alcuni corsivi allusivi su “L’Avanti!”, nda], quali che siano le sue carte coperte, mi sembra una scelta politica sbagliata... Invece di tenere sotto tiro i giudici, Craxi dovrebbe approfondire e chiarire la campagna di verità sul finanziamento illegale dei partiti che aveva cominciato col suo discorso alla Camera» («Corriere della Sera», 31.8.1992).
A me mi piace Berlusconi
«Il Berlusconi che piace a me è un imprenditore mite e determinato, liberale in politica e liberista in economia... Questo ottimo Berlusconi, a un certo punto della sua vita di imprenditore e di cittadino, ha deciso la grande svolta: entrare in politica direttamente e gareggiare alle elezioni. Lo ha deciso perché si è accorto che un pezzo del vecchio sistema, raccolto dal partito ex comunista nel cartello delle sinistre, minacciava di portargli via la roba per decreto. E la roba, per un imprenditore, è non soltanto il portafoglio, ma anche la sua libertà. In un sistema liberale, la roba portata via per decreto è un attentato alla libertà di tutti. È stata una scelta difficile, un atto di coraggio che poteva decidere soltanto lui, in prima persona, e che i suoi amici leali avevano il dovere di sconsigliargli caldamente. Lo ha fatto. E con ottime argomentazioni politiche. La nuova legge elettorale, la necessità di dare corpo a un polo alternativo alle sinistre alleandosi con chi ci sta a sommare i suoi voti con gli altri, l’urgenza di far funzionare la democrazia sul serio, con la possibilità per gli italiani di avere un ceto di governo vero e una vera coalizione delle opposizioni... Non si poteva chiedere di più, non si poteva sperare di meglio. Questo Berlusconi è un politico a tutto tondo. Ha un’anima» (all’indomani della discesa in campo del Cavaliere, «Corriere della Sera», 28.2.1994).
Ma pure la Lega e Bossi
«La Lega è parte essenziale della coalizione e in qualche modo, con la sua sola presenza, segna il passaggio al nuovo» («Corriere della Sera», 6.5.1994).
«Bossi lo ammiro: mantiene in vita questa opposizione sociologica con i suoi riflessi rutilanti e fantasmagorici, è un uomo al quale piace sentirsi un barbaro» («La Stampa», 14.5.1994). Pochi giorni dopo, Ferrara diventa ministro per i Rapporti con il Parlamento e portavoce del governo Berlusconi.
Umberto Prezioso
«Alla fine Bossi si rivelerà un alleato prezioso per Berlusconi» (7.6.1994).
Di Pietro il Grande
«Scompare dalla scena giudiziaria una grande procuratore della Repubblica, un grande accusatore, un grande investigatore. Di Pietro esce di scena con un atto che conferma clamorosamente la buona fede che anche nei momenti di più feroce polemica con il pool di Mani pulite a lui personalmente né io, né altri membri del governo abbiamo mai negato» (subito dopo le dimissioni di Di Pietro dal pool Mani Pulite, 6.12.1994).
Il Pm della Provvidenza
«Di Pietro non l’ho mai attaccato. Anzi, riconosco che la sua azione è stata provvidenziale per il passaggio a un altro sistema... Io ero più “dipietrista” di quei malandrini che dicevano: “Lo scandalo riguarda solo Craxi”, perché in realtà riguardava tutti» («La Stampa», 8.2.1995).
Silvius Amadeus Mozart
«Berlusconi ha un aspetto fanciullesco che mi ricorda Mozart: parlava di cacca e poi componeva meravigliose sinfonie» (5.5.1995).
«È come Mozart. Adora le barzellette sporche, parlare di cacca e quelle cose lì» (22.9.1997).
Anzi, Gengis Khan
«È come Gengis Khan» (6.11.1994).
Il monte Rosa l’ha fatto Lui
«È un imprenditore di prima generazione che ha costruito il monte Rosa» (23.5.1995).
In ginocchio da te
«Quasi tutte le persone che hanno oggi un ruolo nella vita civile dovrebbero delle scuse a Craxi per il modo vergognoso in cui è stato trattato. Anzi, dovrebbero prostrarsi in ginocchio davanti a lui» («La Stampa», 23.6.1995). A raccogliere le eventuali monetine rimaste.
Lui ruba un po’ meno
«Su Berlusconi i giudici hanno trovato una caccola, rispetto alla Fiat o alla Montedison» (15.10.1995).
Furbo con scasso
«È l’uomo più furbo che c’è in Italia» (7.11.1995).
Però, quel D’Alema!
«D’Alema dice cose convincenti... è impegnato in un’operazione difficile... Rigetta il credo delle furie giustizialiste che vorrebbero un’Italia degli onesti contro quella dei disonesti... Vale la pena seguirlo nelle sue mosse, ma ad occhi aperti...» (direttore de «Il Foglio», 19.12.1996).
«L’unica speranza, in questo momento, è D’Alema». «D’Alema cerca di costruire un partito socialdemocratico di impianto europeo» («Il Foglio», 28.12.1996).
Squillante Probo Viro
«Squillante è un mio amico. Per me è una persona proba. Questa è la tragedia di una giustizia ridicola» (dopo l’arresto per corruzione del capo dei Gip di Roma, 14.3.1996).
Maestro Umberto
«Sarà anche rozzo, non avrà letto buoni libri, ma a venti giorni dalle elezioni il bilancio di Umberto Bossi è ottimo. Imparare da Bossi, questo è il problema» («Il Foglio», 14.5.1996).
Caro Max, ti scrivo
«Caro Massimo, chi ti scrive è un ex comunista che conosci bene e che ti conosce bene, e in questo a occhio e croce siamo uguali. La differenza è nella data e nei modi di uscita dal comunismo... Le acrobatiche vicende della vita politica italiana mi hanno poi condotto a flirtare con Berlusconi (il fidanzamento antigiustizialista è ancora in atto) e a diventare il primo comunista al governo dal maggio del ’47. Ma voi durerete di più, sta’ tranquillo» (lettera aperta a Massimo D’Alema, segretario del Pds e neopresidente della Bicamerale per la riforma costituzionale, «Corriere della Sera», 24.2.1997).
Forza Max!
«Forza D’Alema» («Il Foglio», 29.7.1998).
Non si arresta un deputato, specie se amico mio
«Per loro (i deputati) vale la presunzione di colpevolezza, talvolta la più brutale interpretazione delle regole o la sostanziale manomissione delle procedure e del buonsenso: si va dalle false intercettazioni all’uso sistematico della morale dei due pesi e due misure. Cesare Previti, l’uomo nero, ha accettato il processo a suo carico con dignità personale. Di questo processo fa ovviamente parte la denuncia dello spettacolare pregiudizio politico che nutre nei suoi confronti il circo mediatico-giudiziario. Ma l’arresto di un deputato è un atto di inaudita gravità, l’eccezione dettata da un’urgenza che nel caso Previti non si vede neanche col binocolo: un’eccezione che rischia (come dimostra il parallelo caso di Giancarlo Cito) di diventare la regola. Date a Previti un processo equo al quale qualunque cittadino ha diritto... Ma risparmiate alla politica italiana e alle sue istituzioni una nuova umiliazione giustizialista» (sulla richiesta di arresto per Previti, pluriimputato per corruzione giudiziaria insieme a Berlusconi e Squillante, «Il Foglio», 13.12.1997).
Tonino, fai tu il direttore del Foglio
«Dottor Di Pietro, si prenda il “Foglio” per tre giorni». «Da mesi la redazione del “Foglio” è regolarmente visitata da ufficiali della Finanza, agenti della polizia giudiziaria, da carabinieri: vengono... per gli atti di deposito e di notifica, insomma per bombardarci di minacciose iniziative giudiziarie firmate da lei, il magistrato e poi il politico che vuole ottenere soddisfazione sul piano penale e civile perché si sente diffamato... Le cediamo la direzione del “Foglio” per tre giorni a sua scelta, anche consecutivi... Passeremo e pubblicheremo i pezzi che lei vorrà, lavorando per lei, sotto la sua direzione, titolando e impaginando la sua verità, tutta la sua verità, nient’altro che la sua verità... Sarà uno scoop editoriale, egregio senatore, si venderanno molte copie. Lei si farà fama di uomo di carattere e di spirito. Il ricavato di vendite e di pubblicità le servirà per le spese legali. E poi potremo tornare a fare del giornalismo e della politica in un clima meno oppressivo e ricattatorio. Più libero» (23.2.1998).
Da Forza Italia a Forza Max
«Massimo D’Alema... con tutti i suoi limiti... è parso uno dei pochi che mantenessero un minimo di freddezza e di equilibrio di giudizio... Gli oppositori interni del segretario hanno considerato la sua replica un fatto caratteriale, di un leader “piccato”, ma in effetti le proposte in campo... erano tali da far cadere le braccia... D’Alema è probabilmente l’unico che può impedire a questo variegato gruppo di benpensanti di prender piede, anche se fino a ora li ha piuttosto vezzeggiati. Comunque sia, viene da dire: forza D’Alema» (sul presidente della Bicamerale che sta riformando la Costituzione con Berlusconi, «Il Foglio», 29.7.1998).
Silviao Meravigliao
«Berlusconi può fare tutto. La sua è irresponsabile regalità. Qualsiasi altro politico che si esprimesse come lui a Berlino, sarebbe trascinato in manicomio. Berlusconi genera meraviglia» (a «Libero», 14.1.2001).
Sua Soavità
«L’aria di soavità che circonda l’azione di governo di Silvio Berlusconi è stata ieri consolidata dall’incontro con la figura più carismatica di quest’epoca, Karol Wojtyla. Poche parole, poche pose per i media, ma un altro tocco all’immagine di pacificatore che sempre più circonda il nuovo presidente del Consiglio... Questo clima di pace fa impazzire certi ambienti legati alla sinistra... Se la strada per arrivare è quella della camomilla: viva la camomilla» («Il Foglio», 4.7.2001).
Pop Arcore
«Berlusconi non è un uomo, ma un’opera pop» (L’Infedele, La7, 7.12.2002).
Lui è adorabile
«È un adorabile mattocchio che non conosce i confini tra i soldi, la politica, la legge e il teatro» (su Berlusconi che ha appena definito i magistrati «giudici matti, antropologicamente estranei alla razza umana», «Il Foglio», 5.9.2003).
Diritto di lifting
«Il diritto al lifting è indiscutibile, e quando se ne avvale un capo politico è un diritto privato con ripercussioni pubbliche. Analizziamolo tranquillamente, dunque, partendo dal suo carattere machiavellico. Per il principe nuovo è infatti più importante il “parere” che l’“essere”, scriveva cinquecento anni or sono l’inventore dei tempi moderni e disvelatore della politica nelle sue leggi più eterne e più segrete... Se Berlusconi ha deciso di procedere senza tentennamenti e con un divertimento interiore appena immaginabile nell’osservare il bisbiglio sorpreso della buona società, vuol dire che crede in quel che dice quando dice che le classi colte, i giornali, il vocio degli intellettuali sono fenomeni ineffettuali, non hanno un vero risvolto e un vero peso politico, non decidono della lotta per il consenso e per il potere. Decidono invece la calza che sfuma i contrasti troppo rischiosi del riflettore, il sorriso largo e ottimista sottolineato dai denti buoni e candidi, il make-up ben spalmato e l’artefatto delle luci televisive e delle grandi scenografie, i cieli azzurri e le nuvole, le diete e il corpo scattante, e dunque anche il lifting, se necessario» («Panorama», 29.1.2004).
Le innocenti imprecisioni
Il 1° giugno 2009 è un giorno da segnare sul calendario, perché Giuliano Ferrara riesce a leccare il padrone Silvio contemporaneamente su due testate: il solito «Foglio» e il tedesco «Die Welt». La tesi è al solito, come il suo autore, molto intelligente: «Se Berlusconi fosse gay se le sue feste avessero lo charme discreto di casa Armani o il sapore un po’ trasgressivo di Dolce & Gabbana», nessuno obietterebbe nulla. Forse gli sfugge che Armani e Dolce & Gabbana non sono presidenti del Consiglio, non aviotrasportano stock di nani, ballerine e mignotte a spese dei contribuenti in Costa Smeralda e nelle altre ville, non leccano la mano al Papa e non sfilano al Family Day. Ma il Molto Intelligente per scienza infusa non bada a certe sottigliezze. Per fare quadrato (da solo) attorno al principale, rinnega financo la sua recente conversione al cattolicesimo: «C’è qualcosa di marcio – scrive – nel moralismo machofobico di certi ambienti cattolici», incapaci di comprendere «il patronage, il rapporto di uomini importanti, in età, con persone più giovani». Ferrara le canta pure alla stampa estera «moralista», che si scandalizza per il mucchio di balle che il premier ha appena raccontato sulla minorenne Noemi Letizia: quelle, semmai, sono innocenti «imprecisioni, inesattezze, mezze bugie contro la stampa inquisitoria». Aggiornate dunque il vocabolario: le telefonate di un vecchio sporcaccione a una minorenne si chiamano «patronage» e le sue menzogne «imprecisioni e inesattezze». Sempreché l’autore sia «un uomo importante» e paghi due o tre stipendi a Ferrara. Ecco perché lo chiamano Giuliano La Prostata: è incontinente, ogni tre per due gli scappa da leccare.
Giuliano La Prostata
«Il tour elettorale va avanti imperterrito, mi trascino una prostata in fiamme di città in città. Grandioso flop a Torino, ma eroico, abissale. Pioggia e grandine in piazza Castello... Poi iniezione di antibiotico e via a Biella, al museo del territorio: nuovo flop, ma confidenziale... Infine l’apoteosi di Livorno, così divertente e ribalda che mi è passato il dolore alla prostata» (leader della lista elettorale «No Aborto», La7.it/blog, 1.4.2008).
La mazzetta erogena
«Per un anno circa, tra il 1985 e l’86, feci l’informatore prezzolato della Cia. Ricordo ancora gli incontri nella stamberga di Trastevere con il giovane sveglio e simpaticissimo agente americano. Mi lasciai corrompere senza troppi problemi. I dollari erano avvolti in una busta giallina, fantastica, del peso giusto. E perdere l’innocenza era meraviglioso. Qualche conversazione avveniva al Pincio, vicino all’orologio ad acqua, e il passaggio di mano della busta aveva qualcosa di erotico, alludeva alla colpa come nell’adulterio perfetto» («Il Foglio», 1.4.2009). L’Ordine dei Giornalisti riesce a non espellerlo. Motivo: è passato troppo tempo ed è scattata la prescrizione. Ma Ferrara resta per tutti molto intelligente. Anzi, molto intelligence.
Lo leccano troppo poco
«Si può essere pro o contro, ma non si può ignorare la rivoluzione Marchionne. Invece siamo avvolti nella menzogna. La sua cura per l’economia italiana è una notizia cubitale, che i giovani leoni, e meno giovani, di un giornalismo ridotto a comunicazione spenta, ratifica di decisioni prese altrove, stentano a captare e rilanciare nel dibattito democratico italiano» (Giuliano Ferrara, «Il Foglio», 18.12.2010).
Servi liberi e forti
«Festa per il caro amico Silvio. Libera adunata dei servi del Cav.». «Mi appello ai servi liberi e forti... di una fantastica stagione politica che non merita di avvizzire così... Reagire per il bene di un Paese che sembra amarci un cicinin meno di una volta e per il nostro bene di liberi servi del berlusconismo» (appello alla mobilitazione per difendere Berlusconi da eventuali «colpi di Stato giudiziari», «Il Foglio», 2.6.2011).
Ma parla per te
«“Siamo tutti puttane”. Parrucca rossa, occhiali neri e rossetto sulle labbra, Giuliano Ferrara torna a cantare sul canale Youtube da “Il Foglio” e prende in giro la pm Ilda Bocassini sulle note di “Bella figlia dell’amore” dal Rigoletto di Verdi. Intona “Ilda Rossa procura” contro la richiesta di condanna e di interdizione perpetua per Berlusconi per il caso Ruby» («il Giornale», 15.5.2013).
E dài, diglielo che lo ami
«Eppure Berlusconi è la dolcezza di vivere, la volontà di piacere, l’ingenuità moderata del potere (“Non voglio disturbare il colonnello Gheddafi” è una frase malaccorta ma autentica che passerà alla storia semantica della politica)... In Berlusconi e nei suoi innocui video si vedono la tenacia, ma anche il carattere fatalmente relativo del potere, la saggezza compiacente del sorriso largo. Si capisce che per quell’uomo la politica è un sistema di vita da fuggire nel privato, nella festa, nel canto» («Panorama», 28.2.2011).
Pisapia ringrazia
«Letizia Moratti è pronta per il secondo mandato... grazie alla solita grinta e tranquillità... Il lavoro ben fatto... di questa signora... fa pochi scontenti... tiene in pugno una grande città europea e la proietta sulla scena del mondo, non si cura del chiacchiericcio, realizza quel che ha promesso... La Moratti è un tipo di leadership femminile che persuade senza voler incantare e per questo è oggetto di attenzioni speciali da parte del mondo ideologico che odia le persone capaci, gli imprenditori in politica, la ricchezza familiare» («il Giornale», 8.5.2011, ventidue giorni prima della sconfitta di Letizia Moratti alle elezioni comunali di Milano a opera di Giuliano Pisapia). La Moratti nutriva grandi speranze nella riconferma a sindaco di Milano. Poi ha letto la firma del suo leccatore e ha intuìto che non c’era più niente da fare.
Bel discorso, l’ho scritto io
«È tornato il miglior Silvio Berlusconi, quello pacato e fattivo che riesce a spiazzare gli avversari... Un discorso politicamente impeccabile, a voce bassa, tecnicamente molto chiaro... Moderazione ed eleganza» («Panorama», 23.6.2011). Naturalmente il discorso gliel’ha scritto Ferrara. Politicamente impeccabile. Moderato ed elegante.
Ora mi piace Monti
«Sono un berlusconiano tendenza Monti» («Il Foglio», 29.3.2012).
Rapper Monti
«Cavaliere, tienimi da conto Monti» (rap scritto e interpretato da Giuliano Ferrara, video sul sito de «Il Foglio», 23.5.2012).
Adesso però amo Renzi
«Renzi è fuori dagli schemi usuali, ha idee riformiste, non è forcaiolo, non sogna l’impossibile, è giustamente percepito come un rinnovamento generazionale incarnato, ha un appeal trasversale, è un patrimonio politico dell’opposizione che vuole diventare maggioranza» («Panorama», 7.11.2011).
Belle parole, le ho dettate io
«Bravo Cav., grande uscita di scena». «Ha proclamato con poche parole la fine di un’epoca, quella del carisma personale, delle emozioni, dei grandi progetti sognatori, del fuoco nella pancia» (commento al discorso in cui Berlusconi annuncia il suo falso ritiro dalla politica, scritto dallo stesso Giuliano Ferrara, «Il Foglio», 25.10.2012). Com’era quella di Gabriele D’Annunzio che si fece amputare una costola?
L’Opera da due soldi
«Uno scandalo da due soldi» (sullo scandalo del buco miliardario del Monte Paschi di Siena, «Il Foglio», 28.1.2013).
Un sacco bella
«Sarà pure umanitaria, ma com’è bella la Boldrini... È bella, sensuale ed elegante. Laura Boldrini è la nuova donna di sinistra, il modello femminile per l’Italia contemporanea... È diversa, lei è realizzata, risolta, d’una bellezza segnata dalla vita e dall’impegno, dolente e seria, ma senza orgogli luciferini, senza chiccismi, niente trucchi, bellezza naturale» («Il Foglio», 24.4.2013).
Un sacco bullo
«Basta con la noia. Diciamocelo, dopo il loden e la provvidenza c’è bisogno di bulli» (su Matteo Renzi, «Il Foglio», 13.2.2014).
È perfetto, l’ho inventato io
«Partenza grandiosa per Matteo Renzi. Drammone al Quirinale, poi un governo perfetto... Auguri a Renzi, degno successore del Cav, che ha silurato chi doveva silurare e promosso chi doveva promuovere... Un tweet dallo studio della Vetrata: “arrivo, arrivo #lavoltabuona”. Renzi, come Berlusconi prima di lui, è un colpo di scena vivente. Sapeva benissimo di dovere a se stesso e al Paese, e alla base del Pd e ai consensi trasversali di cui è in cerca inesausta, qualcosa di nuovo e di vitale. E glielo ha dato. Sapeva perfettamente che problemi di maggioranza non ci sono. Deputati e senatori votano la fiducia all’ultima spiaggia, senza discussioni... Gli avevamo modestamente consigliato di fare se stesso, il suo governo, e quello ha fatto. Gli avevamo dato 48 ore di tempo, perché qui da noi siamo pazzi, si è preso tre giorni in più» («Il Foglio», 22.2.2014). Con la sua lingua bi-lama Gillette, Ferrara riesce a leccare Matteo e Silvio in un colpo solo. Praticamente è bilingue.
SturmRenzen
«Renzi arriva a Palazzo Chigi con piglio teutonico» («Il Foglio», 28.2.2014).
Royal Baby o Rosemary’s Baby?
Sotto Natale del 2014 la Rizzoli Libri, in procinto di essere acquistata dalla berlusconiana Mondadori, ingolosisce gli eventuali cultori del genere con un comunicato per palati fini: «Il decano dei giornalisti scomodi per la prima volta in libreria. Una requisitoria pubblica e una confessione privata che farà discutere tutti, irritare molti. Un ritratto folgorante dell’uomo che sta rivoluzionando l’Italia, il vero erede del cavaliere che fu». La «requisitoria», a dispetto dell’apparenza di arringa, s’annuncia feroce quant’altre mai fin dal titolo: The Royal Baby. E il «decano dei giornalisti scomodi», per chi non lo sapesse, è Giuliano Ferrara. Non c’è potente d’Italia – ma che dico d’Italia, mi voglio rovinare: d’Europa, del mondo, della galassia – che non abbia assaggiato la sua penna corrosiva, urticante, controcorrente, intinta nel vetriolo. «Mi piacerebbe – annuncia il noto fustigatore, per metterci l’acquolina in bocca – che la finissero di attribuirsi premi e prestigio, i soliti noti che pullulano nelle pieghe dell’immobilismo italiano. Bisogna togliergli l’Italia, dice Matteo Renzi. Ha ragione, mi dico». E giù botte da orbi ai «gufi e rosiconi» che si frappongono alle magnifiche sorti e progressive del renzusconismo trionfante. «Come un abile delfino del Cavaliere – aggiunge Ferrara, scomodo come non mai – Renzi sta trasformando la lingua e la politica di un’Italia che fatica a tenergli il passo». Ecco: soprattutto la lingua, soprattutto quella di Ferrara, che non risponde più ai comandi, vive di vita propria e lecca a doppio pennello: le son cresciute pure le extension.
«Volete che un vecchio e intemerato berlusconiano pop come me non s’innamori del boy scout della provvidenza?». Ma no che non vogliamo: alla lingua non si comanda. Tantopiù che «il catalogo dei suoi avversari [del Royal Baby, nda] inizia ad assomigliare in modo impressionante a quello di Berlusconi: i poteri forti e i salotti buoni, Confindustria e i sindacati, l’Europa e i manettari». Chi ricorda le nozze dell’amico Carrai con Renzi testimone, una trentina di banchieri e boiardi di Stato, più un uomo della Cia (dunque ben noto a Ferrara), sa bene che i poteri forti sono tutti contro Matteo. Chi raffronta il Jobs Act col documento di Confindustria sul lavoro (identici) ben comprende che pure Squinzi rema contro. Un assedio. Si sentiva il bisogno di quella che Rizzoli definisce «provocazione all’establishment nostrano», a cui Giuliano La Prostata aggiunge «il suo stile inimitabile». Ergo «largo ai giovani e bando ai tromboni». Pancia in dentro e petto in fuori. È Matteo che traccia il solco, ma è Ferrara che lo difende. Però in modo scomodo.
Per informazioni rivolgersi ai precedenti oggetti degli innamoramenti ferrariani: Pci, Craxi, Berlusconi, Andreotti, Contrada, Previti, Squillante, D’Alema (con Bicamerale incorporata), Dell’Utri, Blair, Bush jr., Sarah Palin, Rutelli, Michela Vittoria Brambilla, Veltroni, Fini, Monti, Letta jr. Tutti venuti prematuramente a mancare all’affetto dei propri cari. In questo consiste la sua scomodità: appena ti bacia, sei secco. Più che Royal Baby, pare il sequel di Rosemary’s Baby. Ma a nulla varranno gli appelli del Giglio Magico renziano alla Rizzoli perché fermi le rotative finché è in tempo. Il libro vedrà regolarmente la luce. E per Renzi inizierà il lento, ma inesorabile declino.
Il marcio su Roma
«Mafia capitale è un modo di dire, per di più sbagliato... I giornali nazionali sono molto impegnati a cantare le gesta di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi come fossero Riina e Provenzano (escluso questo foglio che in solitario ha detto di pensarla altrimenti dai pm romani... L’attribuzione dell’aggravante mafiosa ha consentito forzature repressive... in conflitto con le garanzie... Ma il danno è soprattutto civile... Un’immensa montatura... I procuratori inventano la mafia dei cravattari, la mafia che non c’è» («Il Foglio», 3.2.2015). Purtroppo per lui, pochi giorni dopo la Cassazione conferma l’aggravante mafiosa per Buzzi e Carminati. Provaci ancora, Giuliano.
Monumento equestre a Incalza (e De Luca)
«Sto commissionando per la mia casetta di campagna (non ho spostato una pietruzza in 25 anni) un monumento a Ercole Incalza. Non in gesso, in pietra di travertino. Pesante... A proposito di De Luca, ma in questo caso Vincenzo, lo voto, prendo la residenza in Campania e lo voto secco. Vittima di una sentenza farsesca, con il suo vocione da funzionario del Pci, il suo coraggio, la sua arroganza, ha fatto di quel buco fetido che fu Salerno una solare Salisburgo. Parchi, lungomare, Università: un monumento anche a lui, sarà un parco monumentale, a lui condannato per abuso d’ufficio linguistico, che balla colossale. Basta di dire fregnacce greche, basta con la petulanza e il pettegolezzo... Nelle intercettazioni c’è la solita puzza, molto fumo, zero arrosto... Forza, è ovvio che Incalza scrivesse il programma grandi opere di Ncd, la destra europea, chi volete che consigliasse il ministro, uno che padroneggiava i problemi da due decenni o un architetto fighetta e sostenibile? Della questione morale ne ho piene le palle. Non so se si sia capito» (a proposito di Ercole Incalza, appena arrestato per corruzione sulle Grandi Opere, e Vincenzo De Luca condannato in primo grado per abuso d’ufficio, «Il Foglio», 20.3.2015). Sì, si era vagamente intuìto fra le righe.