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Sistemazione

Ryan fu sorpreso nel vedere che la neve continuava a scendere. Più di cinquanta centimetri di neve si erano accumulati sul marciapiede che poteva vedere dalla finestra del suo ufficio, all’ultimo piano, e gli addetti alla manutenzione non erano riusciti assolutamente a stare al passo con la bufera durante la notte. Soffiava un forte vento che sospingeva la neve in mucchi lungo 568

le strade e i parcheggi più in fretta di quanto la si potesse rimuovere, e anche la neve che riuscivano a spazzare via trovava semplicemente un altro posto scomodo da ricoprire. Erano anni che una bufera simile non colpiva la zona di Washington. I cittadini dovevano aver ormai superato la soglia di panico e si avvicinavano alla disperazione, pensò Jack. Un senso di claustrofobia cominciava già a farsi sentire. Le provviste di cibi non potevano essere rimpiazzate troppo facilmente. C’era di che farsi una bella risata mentre si recava a prendere dell’acqua per la sua macchina del caffè. Afferrò la spalla di Ben Goodley, mentre usciva dall’ufficio.

«Dottor Goodley, si svegli.»

Gli occhi si aprirono lentamente. «Che ore sono?»

«Le sette e mezza. Di che parte del New England è originario, lei?»

«New Hampshire, il nord, un posto chiamato Littleton.»

«Bene, dare un’occhiata fuori dalla finestra forse le ricorderà casa sua.»

Quando Jack ritornò con l’acqua fresca, il giovane era in piedi davanti alla finestra. «Sembra che ce ne siano cinquanta centimetri là fuori, forse un po’ di più. E allora? Nel paese da dove provengo, questa è chiamata una spruzzata.»

«A Washington, la chiamano l’era glaciale. Il caffè sarà pronto in un paio di minuti.» Ryan decise di chiamare l’ufficio sicurezza all’ingresso. «Qual è la situazione?»

«La gente sta avvertendo che non ce la fa ad arrivare. Ma al diavolo ― la maggior parte del turno di notte non riesce ad andarsene. La GW Parkway è chiusa, come la tangenziale dalla parte del Maryland e anche il ponte Wilson ―

di nuovo.»

«Meraviglioso. Okay, questo è importante, quindi ascolti ― ciò vuol dire che chiunque riesce ad arrivare fin qui è stato probabilmente addestrato dal KGB.

Sparate a vista.» Goodley poteva sentire la risata al telefono da tre metri di distanza. «Tenetemi informato sulla situazione climatica. E prenotatemi un fuoristrada, il GMC, nel caso debba andare da qualche parte.» Jack interruppe la comunicazione e guardò Goodley. «Il grado comporta alcuni privilegi. Inoltre ne abbiamo un paio di quei veicoli.»

«E le persone che devono venire al lavoro?» Jack guardò il caffè che cominciava a bollire nella macchina. «Se la tangenziale e la GW sono chiuse, vuol dire che due terzi dei nostri non possono raggiungerci. Ora sa perché i russi hanno investito tanto denaro sui programmi di controllo climatico.»

«Ma non c’è nessuno quaggiù…?»

«No, la gente qui fa finta che la neve sia qualcosa che scende solo sulle piste da sci. Se non si ferma presto, sarà mercoledì prima che qualcosa ricominci a funzionare in questa città.»

«È davvero così orribile?»

«Lo vedrà da solo, Ben.»

«E io che ho lasciato gli sci da fondo a Boston.»

569

«Non siamo atterrati così forte» obiettò il maggiore.

«Maggiore, il quadro del ruttore sembra in disaccordo con lei» replicò il capo equipaggio. Spinse il ruttore di nuovo in posizione. La linguetta nera di plastica esitò per un attimo, poi fuoriuscì di nuovo. «Per questo la radio non funziona e neppure il sistema idraulico. Ho paura che siamo bloccati a terra per un po’, signore.» Gli aghi di regolazione per il carrello d’atterraggio erano arrivati alle due del mattino, al secondo tentativo. I primi tentativi, falliti, erano stati fatti con una macchina, finché qualcuno aveva deciso che solo un veicolo militare ce l’avrebbe fatta. I ricambi erano arrivati con un mezzo pesante, e anche quello era stato trattenuto da varie macchine bloccate sulle superstrade tra Washington e Camp David. Le riparazioni sull’elicottero dovevano iniziare nel giro di un’ora o due ― non era un lavoro troppo difficile ― ma c’erano complicazioni.

«Allora?» chiese il maggiore.

«Probabilmente, un paio di fili staccati. Devo togliere l’intero quadro, signore, ispezionarlo tutto. Come minimo, un giorno intero di lavoro. Meglio avvertire di tener pronto un secondo velivolo di rincalzo.»

Il maggiore guardò fuori. Non era certo una giornata in cui gli sarebbe piaciuto volare, in ogni modo. «Presumibilmente, non dobbiamo muoverci fino a domani mattina. Sarà pronto?»

«Se comincio ora… diciamo intorno a mezzanotte.»

«Pensate alla colazione, per prima cosa. Penserò io al velivolo di rincalzo.»

«Ricevuto, maggiore.»

«Dirò anche di far collegare l’elettricità per una stufetta e una radio.» Il maggiore sapeva che il capo equipaggio era originario di San Diego.

Poi il maggiore uscì e si aprì la strada a fatica verso il cottage. La piazzola d’atterraggio era soprelevata e il vento si dava molto da fare a tenerla sgombra dalla neve. Di conseguenza, c’erano solo quindici centimetri di neve di cui preoccuparsi. Più in basso, i cumuli di neve raggiungevano quasi il metro. I militari là fuori tra i boschi dovevano divertirsi proprio, pensò.

«Come siamo messi?» chiese il pilota, che si stava radendo. «Il pannello del circuito da dei problemi. Il capo dice che ha bisogno di tutto il giorno per metterlo a posto.»

«Non siamo atterrati poi così forte» obiettò il colonnello. «È quello che ho detto io. Devo chiamare?»

«Sì, fallo. Hai controllato il pannello di pericolo?»

«Colonnello, il mondo è in pace. Ho controllato.»

Il “pannello di pericolo” era soprattutto un’espressione. Il livello di allerta delle agenzie governative che si occupavano di diversi problemi dipendeva dal livello di pericolo previsto nel mondo. Più grande era il pericolo possibile, maggiori erano gli strumenti tenuti pronti per affrontarli. Al momento, non si riscontrava nessuna minaccia prevedibile nei confronti degli Stati Uniti 570

d’America, il che significava che solo un aviogetto era pronto per rimpiazzare il VH-3 del Presidente. Il maggiore fece la telefonata ad Annacostia. «Sì, teniamo il numero due al caldo. Il numero uno è fermo per problemi elettrici… no, ce la facciamo da soli qui. Dovrebbe essere a posto per mezzanotte. Bene, arrivederci.» Il maggiore terminò la telefonata proprio quando Pete Connor entrò nel loro cottage.

«Che succede?»

«L’uccellino è rotto» replicò il colonnello.

«Non pensavo che fosse atterrato troppo duro» obiettò Connor.

«Allora, questo lo rende ufficiale» osservò il maggiore. «L’unico a pensare che l’atterraggio sia stato troppo duro è quell’accidente di elicottero.»

«Il mezzo di rincalzo è in stato di allerta» disse il colonnello, finendo di radersi. «Mi dispiace, Pete. Problemi elettrici, forse non ha niente a che fare con l’atterraggio. Il rincalzo potrebbe arrivare in trenta minuti. Il nostro pannello di pericolo è spento. C’è niente che dobbiamo sapere?»

Connor scosse la testa. «No, Ed. Non siamo al corrente di nessuna minaccia particolare.»

«Potrei far portare l’uccellino di rincalzo qui, ma vorrebbe dire esporlo al maltempo. È meglio lasciarlo ad Annacostia. È una decisione sua, signore.»

«È meglio che lo lasciamo dov’è.»

«Il Presidente vuole ancora seguire la partita da qui, giusto?» «Esatto. Ci prendiamo tutti una giornata libera. Partenza per Washington domani alle sei e trenta circa. Problemi al riguardo?»

«No, dovrebbe essere pronto per le dieci.»

«Okay.» Connor se ne andò e tornò nel suo cottage.

«Com’è il tempo là fuori?» chiese Daga.

«Esattamente come sembra» disse Pete.

«L’elicottero è rotto.»

«Vorrei che facessero più attenzione» osservò l’agente speciale Helen D’Agustino spazzolandosi i capelli.

«Non è colpa loro.» Connor sollevò il ricevitore per comunicare col centro di comando del Servizio Segreto, situato a un paio di isolati dalla Casa Bianca.

«Qui è Connor. L’elicottero è fermo per un problema meccanico. Il rincalzo viene tenuto pronto ad Annacostia a causa delle condizioni del tempo. C’è qualcosa di cui debba essere informato?»

«No, signore» rispose l’agente subalterno. Sul suo pannello di controllo poteva vedere, in caratteri LED, che il Presidente degli Stati Uniti — designato come POTUS sul suo schermo — veniva mostrato come presente a Camp David.

Lo spazio per la First Lady degli Stati Uniti ― FLOTUS ― era vuoto. Il vicepresidente era nella sua residenza ufficiale presso l’osservatorio navale degli USA, Massachusetts Avenue, North West, con tutta la famiglia. «Tutto è calmo 571

e tranquillo, per quanto ne sappiamo.»

«E le strade, come sono laggiù?» chiese Pete.

«Terribile. Ogni Carryall che abbiamo è in giro a raccogliere gente.»

«Grazie a Dio per la Chevrolet.» Come l’FBI, il Servizio Segreto utilizzava grossi veicoli fuoristrada a quattro ruote motrici della Chevrolet ― chiamati Carryall ― per muoversi. I Carryall, corazzati e con un’autonomia di carburante pari a quella di un carro armato, erano superati solo dai carri armati stessi in materia di possibilità di movimento. «Okay, quassù si sta bene e al calduccio.»

«Scommetto che ai Marines si stanno congelando i cojones. »

«E Dulles?»

«Il primo ministro dovrebbe arrivare per le diciotto. Dicono che Dulles abbia una pista aperta, ora. Pensano di liberare tutto l’aeroporto per il pomeriggio.

Sembra che finalmente la bufera si stia un po’ calmando. La cosa strana è…»

«Sì?» Connor non aveva bisogno di sentire il resto. La cosa strana era che un maltempo così rendeva più facile il lavoro al Servizio Segreto. «Okay, sapete dove mettervi in contatto con noi.»

«Bene, arrivederci a domani, Pete.»

Connor sentì un rumore e guardò fuori. Un Marine era alla guida di uno spazzaneve e apriva un sentiero tra i cottage. Altri due erano al lavoro sulle strade. Sembrava così strano. Le macchine erano dipinte con i colori utilizzati dal Pentagono per il mascheramento su terreno boschivo, verde e marrone, ma i Marines erano vestiti di bianco. Anche i loro fucili mitragliatori M-16A2

avevano una fodera bianca. Chiunque avesse cercato d’intrufolarsi qui oggi avrebbe scoperto troppo tardi che le forze di guardia al perimetro erano totalmente invisibili, e questi Marines erano tutti dei veterani in azione. In momenti come quello, anche il Servizio Segreto poteva rilassarsi, il che avveniva molto raramente. Qualcuno bussò alla porta. Daga andò ad aprire.

«I giornali del mattino, signora.» Un caporale dei Marines li consegnò.

«Sai» osservò D’Agustino dopo aver chiuso la porta «a volte penso che i fattorini dei giornali siano i soli su cui si possa fare affidamento.»

«E i Marines, allora?»

«Oh, sì, anche loro.»

«Cambiamento di aspetto del segnale in Sierra-16!» riferì l’ecogoniometrista.

«Il bersaglio viene da sinistra.»

«Molto bene» replicò Dutch Claggett. «Signor Pitney, a lei il governo.»

«Sissignore, ho il governo» disse il navigatore, mentre il secondo ufficiale si dirigeva in sala sonar. Il gruppo d’intercettazione per il controllo di tiro si mise all’erta, aspettando di ricominciare i calcoli.

«Proprio qui, signore» l’ecogoniometrista toccò lo schermo con la matita.

«Ora, ha un aspetto a fascio. Pilota, sonar, il rilevamento è ora a uno-sette-zero, 572

bersaglio procede a sinistra. Livello di rumore irraggiato costante, valutazione della velocità del bersaglio immutata.»

«Molto bene, grazie.»

Era la terza virata che intercettavano: la previsione di Claggett si era rivelata esatta. I russi stavano mantenendo un andamento di ricerca molto metodico, molto prudente ― e molto furbo ― in quest’area di pattuglia, proprio come facevano i 688 alla ricerca di sottomarini russi. L’intervallo tra i pioli di questa scala sembrava essere di circa quarantamila metri.

«Secondo ufficiale, quella nuova pompa d’alimentazione che hanno è una bellezza» osservò l’ecogoniometrista.

«Il suo rumore d’impianto è dannatamente basso e quello stronzo sta facendo i dieci nodi, secondo il gruppo d’intercettazione.»

«Fra un paio d’anni dovremo cominciare a preoccuparci.» «Un picco, un picco ― un segnale meccanico su Sierra-16, il rilevamento è ora uno-sei-quattro, ancora con deriva a sinistra.

Velocità costante.» L’ufficiale subalterno fece un cerchio intorno al blip dì rumore sullo schermo. «Forse, signore, ma hanno ancora molto da imparare.»

«La distanza dal bersaglio è ora quarantottomila metri.»

«Signor Pitney, allarghiamo un po’ la distanza. Portiamo a destra» ordinò il secondo ufficiale.

«Signorsì; timoniere, barra a cinque gradi a sinistra, posizione nuova rotta due-zero-quattro.»

«Viriamo per un’altra tratta?» chiese il capitano Ricks entrando nella sala sonar.

«Sì, sembra che le tratte siano regolari, capitano.»

«È un metodico figlio di buona donna, vero?» «Ha virato entro i due minuti della nostra stima» replicò Claggett. «Ho appena ordinato di mantenere la distanza.»

«Giusto.» Ricks si stava proprio divertendo. Non era stato a bordo di un vascello d’attacco dalla sua prima missione come assistente capo divisione.

Giocare a rimpiattino coi sottomarini russi era qualcosa che non faceva da quindici anni. Nelle rare occasioni in cui li aveva intercettati, la sua azione era sempre stata la stessa: procedere nel rilevamento per determinare la rotta dell’altro sommergibile, poi virare perpendicolarmente a esso e allontanarsi finché non si fosse confuso col rumore casuale.

Il gioco stava necessariamente cambiando un poco. Non era così facile come una volta. I sottomarini russi si stavano facendo più silenziosi. Quella che era stata una tendenza fastidiosa solo pochi anni prima, stava diventando qualcosa di veramente preoccupante. E forse avremmo dovuto cambiare la nostra linea operativa… «Mi dica, ufficiale, e se questa diventasse la tattica standard?»

«Che intende dire, capitano?»

«Voglio dire, dal momento che questi cosi stanno diventando sempre più 573

silenziosi, forse questa è la mossa giusta…»

«Come?» Claggett non capiva.

«Se stiamo intercettando questo coso, almeno sappiamo sempre dove si trova.

Si può sempre lanciare una boa SLOT e chiamare rinforzi per togliercelo di torno. Ci pensi. Stanno diventando proprio silenziosi. Se ci allontaniamo appena rileviamo uno di questi cosi, chi c’impedisce di finirgli addosso un’altra volta?

Così, invece, lo intercettiamo a una bella distanza sicura e lo teniamo d’occhio.»

«Ma, capitano, va bene finché funziona, ma se quell’altro si accorge di noi, o se ritorna sulla propria rotta e fa marcia indietro a tutta birra?» «Ottima osservazione. Allora, lo seguiamo dalla parte del giardinetto, invece che di poppa… questo renderebbe meno probabile un incontro accidentale. Andare a sbattere diritto verso poppa per sorprendere un inseguitore è una logica misura difensiva, ma non può continuare a dare colpi alla cieca per tutto l’oceano, non è vero?»

Gesù, sta cercando di elaborare una tattica… «Signore, mi faccia sapere se vuole notificare questo coso all’OP-02.»

«Invece di seguirlo a poppa, voglio mantenere questa quarta a nord, ora. Ci permette, inoltre, una migliore prestazione di coda. In realtà, dovrebbe essere più sicuro per noi.»

Almeno questo ha un senso, pensò Claggett. «Ai suoi ordini, capitano.

Mantenere cinquantamila metri?»

«Sì, vogliamo essere un po’ cauti.»

La seconda bufera, come previsto, non aveva fatto molto, notò Ghosn. C’era una lieve spruzzata ― questo sembrava il termine che usavano ― sui veicoli e sul parcheggio. Sebbene di scarsa rilevanza, era il doppio della più intensa bufera invernale che avesse mai visto in Libano.

«Facciamo colazione?» chiese Marvin. «Odio lavorare a stomaco vuoto.»

Quell’uomo era straordinario, pensò Ibrahim. Era completamente all’oscuro del significato del termine paura. O era molto coraggioso o… qualcos’altro.

Ghosn fece alcune considerazioni. Aveva ucciso il poliziotto greco senza batter ciglio, aveva dato un’amara lezione a uno degli istruttori militari dell’organizzazione, aveva rivelato la sua abilità nel maneggiare le armi da fuoco e si era mostrato totalmente sprezzante del pericolo quando avevano rimosso la bomba israeliana. A quell’uomo mancava qualcosa, concluse. Era senza paura, e uomini così non sono normali. Non era questione di riuscire a controllare la propria paura come la maggior parte dei soldati imparavano a fare.

Semplicemente non aveva nessuna paura. Era solo per impressionare la gente?

O faceva sul serio? Probabilmente faceva sul serio, pensò Ghosn, e se era così, allora quell’uomo era veramente pazzo e quindi più pericoloso che utile.

Pensare a questo, rendeva le cose più facili, per Ghosn.

Il motel non offriva servizio in camera, ma solo nel piccolo ristorante. Tutti e 574

tre s’incamminarono nel freddo per andare a far colazione. Lungo la strada, Russell prése un giornale per leggere le notizie sulla partita.

Qati e Ghosn dovettero solo dare un’occhiata per trovare un altro motivo d’odio nei confronti degli americani. Mangiavano uova al prosciutto e frittelle con salsicce ― in tutti e due i casi, prodotti dell’animale più impuro che esista, il maiale. Entrambi gli uomini trovavano repellente solo la vista e l’odore della carne di maiale. Marvin non li aiutò certo, perché ne ordinò una porzione senza pensarci, come se si trattasse di caffè. Il comandante, notò Ghosn, ordinò fiocchi d’avena e, a metà colazione, impallidì improvvisamente e lasciò il tavolo.

«Ma che cos’ha, dunque? È malato?» chiese Russell.

«Sì, Marvin, è molto malato.» Ghosn guardò il prosciutto unto e grasso nel piatto di Russell e capì come l’odore avesse scombussolato lo stomaco di Qati.

«Spero che sia in grado di guidare.»

«Non sarà un problema.» Ghosn si chiese se fosse vero. Ma certo che lo era, si disse, il comandante aveva attraversato momenti peggiori — ma questa millanteria era per altri, non per un momento come questo. Però, proprio perché non c’era mai stato un momento come questo, il comandante avrebbe fatto quanto si doveva. Russell pagò la colazione in contanti, lasciando una lauta mancia perché la cameriera sembrava un’indiana.

Qati era pallido, quando ritornarono alle loro stanze; si puliva il volto dopo un lungo attacco di nausea.

«Posso fare qualcosa per te?» chiese Russell. «Latte, qualcosa per lo stomaco?»

«Non ora, Marvin, grazie.»

«Come vuoi.» Russell aprì il giornale. Non c’era altro da fare per le prossime ore, se non aspettare. Vide che il Minnesota veniva dato a sei e mezzo. Decise che se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe dato i Vikings come vincitori e fatto una puntata.

L’agente speciale Walter Hoskins, viceresponsabile della sezione operativa corruzione ed estorsioni di Denver, sapeva che si sarebbe perso la partita, sebbene la moglie gli avesse regalato un biglietto per Natale. L’aveva venduto al suo capo per duecento dollari. Hoskins aveva da lavorare. La notte precedente, un informatore confidenziale aveva fatto centro alla festa annuale del commissario sportivo dell’NFL. Quella festa ― come quelle che precedono il Kentucky Derby ― aveva sempre attratto le persone ricche, famose e importanti.

E questa non aveva fatto eccezione. I senatori del Colorado e della California, un branco di rappresentanti del Congresso, i governatori degli stati e circa altre trecento persone vi avevano partecipato. Il suo informatore era seduto al tavolo del governatore del Colorado, con i senatori e una rappresentante del Congresso da un terzo distretto, tutti bersagli del suo caso di corruzione. I liquori erano stati versati in abbondanza e nel vino si era rivelata la giusta dose di veritas. La 575

sera prima si era stretto un accordo: si sarebbe costruita la diga. Le bustarelle erano già state fissate. Anche il capo della sezione locale del Siena Club era entrato a far parte del gioco. In cambio di una grossa donazione da parte di un costruttore e di un nuovo parco autorizzato dal governatore; gli ambientalisti avrebbero soffocato le loro obiezioni al progetto. La cosa triste, pensò Hoskins, era che quella zona aveva veramente bisogno di un progetto idrico. Sarebbe stato a vantaggio di tutti, inclusi i pescatori locali. Ciò che lo rendeva illegale era che si basava sulla corruzione. Poteva scegliere tra cinque statuti federali da applicare al caso, il più severo dei quali era il decreto RIGO ― la legge sull’organizzazione a delinquere a scopo di corruzione ed estorsione ―

approvato più di vent’anni prima, senza un’attenta disamina della sua possibile portata d’applicazione. Aveva già sbattuto un governatore in un penitenziario federale, a cui avrebbe aggiunto ora altri quattro funzionari eletti. Lo scandalo avrebbe sconvolto completamente la politica dello stato del Colorado.

L’informatore confidenziale in questione era l’assistente personale del governatore, una giovane donna piena d’ideali che, otto mesi prima, aveva deciso di averne abbastanza. Le donne sono quelle che possono nascondere meglio un microfono, soprattutto se hanno seni grossi, come la sua informatrice.

Il microfono veniva fissato proprio nel reggiseno e la geometria della postazione faceva sì che la qualità del suono fosse ottima. Era anche un luogo sicuro, dal momento che il governatore aveva già gustato le grazie della donna e le aveva trovate non di suo gradimento. Il vecchio detto aveva ragione: l’inferno non conosce la furia di una donna respinta.

«Allora?» chiese Murray, infastidito dal fatto di dover passare un’altra domenica dietro la scrivania. Per arrivare in ufficio, aveva dovuto prendere la metropolitana, che ora si era fermata. Poteva anche restare bloccato tutto il giorno.

«Dan, abbiamo già abbastanza prove per un’incriminazione, ma voglio aspettare che il denaro cambi di mano, prima di fare l’irruzione. La mia informatrice ha fatto veramente un colpaccio. Ora voglio trascrivere la registrazione io stesso.»

«Puoi mandarla via fax?»

«Appena ho finito, Dan. Li abbiamo presi tutti all’amo.»

«Walt, potremmo farti un monumento» disse Murray, dimenticando il suo fastidio. Come la maggior parte dei poliziotti di carriera, disprezzava la corruzione pubblica quasi quanto i rapitori.

«Dan, la mia trasferta qui è quanto di meglio mi sia mai capitato» Hoskins rise al telefono. «Forse potrei candidarmi per le cariche senatoriali vacanti.»

«Al Colorado potrebbe andare molto peggio» osservò Dan. Finché non ti porti in giro una pistola, pensò con poca gentilezza. Sapeva di essere ingiusto.

Anche se Walt non valeva un fico secco in fatto di requisiti fisici, in parte necessari per il suo mestiere, la sua valutazione dell’anno precedente si era rivelata anch’essa esatta: Hoskins era un brillante investigatore, un giocatore di 576

scacchi persino pari a Bill Shaw. Walt non sarebbe stato capace di portare a termine un’irruzione nemmeno se l’avesse voluto. Be’, si corresse Murray, non sarebbe poi stato così difficile. I politici si nascondono dietro ad avvocati e portavoce, non pistole. «E il procuratore?»

«È un bravo ragazzo, intelligente, Dan. Fa parte del gruppo. Il sostegno del dipartimento della giustizia non farà certo male, ma la cosa principale è che questo ragazzo ce la può fare, se vuole.»

«Okay, mandami la trascrizione appena hai finito.» Murray fece un altro numero, per chiamare Shaw nella sua casa a Chevy Chase.

«Sì?»

«Bill, parla Dan» disse Murray al telefono protetto. «Hoskins ha fatto il colpo, la notte scorsa. Dice che ha tutto su nastro ― i cinque soggetti principali hanno raggiunto l’accordo a cena.»

«Ti rendi conto che dovrai promuoverlo, ora?» notò il direttore dell’FBI con una risatina.

«Allora, lo nominiamo vice aiuto-direttore» suggerì Dan.

«Questo non ti ha tolto dai guai. C’è bisogno della mia presenza?»

«No. Come va il tempo da voi?»

«Sto pensando di mettere un trampolino per il salto con gli sci vicino al garage. Le strade sono proprio brutte.»

«Ho preso il metrò per venire in ufficio, poi il servizio è stato sospeso ―

ghiaccio sulle rotaie o qualcosa del genere.»

«Washington, D.C., la città che si fa prendere dal panico» replicò Shaw.

«Okay, penso di mettermi comodo a guardare la partita, signor Murray.»

«E io, signor Shaw, sacrificherò il mio piacere personale e lavorerò per l’eterna gloria dell’FBI.»

«Bene, mi piace la dedizione nei miei subordinati. Inoltre, ho qui il mio nipotino» riferì Shaw, guardando la nuora che gli stava dando il biberon.

«Come va Kenny Junior?»

«Oh, forse ne potremo fare un agente. A meno che tu non abbia proprio bisogno di me, Dan…»

«Bill, goditi il nipotino, ricordati solo di passarlo a qualcuno quando se la fa addosso.»

«Giusto. Tienimi informato. Dovrò informare io stesso il Presidente.»

«Prevedi qualche problema?»

«No. Non sopporta i casi di corruzione.»

«Mi farò risentire.» Murray uscì dall’ufficio per recarsi nell’ufficio comunicazioni. Trovò l’ispettore Pat O’Day che andava nella stessa direzione.

«Pat, sono tuoi quei cani da slitta che ho visto là fuori?»

«Alcuni di noi guidano macchine decenti.» O’Day aveva un camioncino a quattro ruote motrici. «La barriera sulla 9a Strada è completamente gelata.»

577

«Perché sei qui?»

«Sono di guardia al centro comando. Il mio rimpiazzo vive a Frederick. Non mi aspetto di vederlo fino a giovedì. Penso che la I-270 sia chiusa fino a primavera.»

«Cristo, che città lagnosa quando nevica.»

«Dillo a me.» L’ultima missione di O’Day era stata nel Wyoming; e gli mancavano ancora, le partite di caccia.

Murray disse agli addetti alle comunicazioni che il fax da Denver era materiale in codice. Per ora, nessuno l’avrebbe visto tranne lui.

«Non riesco a far collimare questo» disse Goodley, subito dopo pranzo.

«Quale?»

«Il primo messaggio che ci ha messo sul chi vive… no, mi scusi, il secondo.

Non riesco a combinare gli impegni di Narmonov con quelli di SPINNAKER.»

«Questo potrebbe non significare nulla.»

«Lo so. La cosa strana è. .. ricorda quel che dicevamo sulle differenze linguistiche nei suoi rapporti?»

«Sì, ma si ricordi che il mio russo non è un granché. Non riesco a intuire le sfumature come fa lei.»

«Questo è il primo rapporto in cui si nota, ed è anche il primo in cui non riesco a essere sicuro che si siano effettivamente incontrati.» Goodley fece una pausa. «Penso che qui abbiamo qualcosa.»

«Si ricordi che deve convincere la nostra sezione russa.»

«Non sarà facile.»

«Esatto» concordò Ryan. «Trovi qualcosa, Ben.»

Uno degli addetti alla sorveglianza aiutò Clark con la cassa di bottiglie.

Rifornì di nuovo il bar, poi si diresse al livello superiore con le restanti quattro bottiglie di Chivas. Chavez lo tallonava coi fiori. John Clark mise le bottiglie al loro posto e si guardò intorno per vedere se tutto era in ordine. Si soffermò con meticolosità su alcuni dettagli per dimostrare che si stava dando da fare. La bottiglia con il trasmettitore-ricevitore aveva il collo crepato, per impedire che qualcuno cercasse di aprirla, pensò. Furbi i ragazzi della sezione tecnica. Di solito le cose più semplici erano quelle che funzionavano meglio.

La composizione floreale doveva essere fissata. Erano soprattutto rose bianche, molto belle, pensò Chavez, e i bastoncini verdi che le sostenevano sembravano proprio autentici steli. Poi Ding scese al livello sottostante e controllò i bagni nella parte anteriore. Lasciò cadere in un cestino della spazzatura un registratore molto piccolo, di marca giapponese, assicurandosi che funzionasse. Si incontrò con Clark alla base della scaletta a chiocciola, e lasciarono l’aereo insieme. Le guardie di sicurezza cominciavano ad arrivare 578

mentre loro scomparivano nel livello inferiore del terminal.

Una volta all’interno, entrambi gli uomini trovarono una stanza che si poteva chiudere a chiave e la usarono per cambiarsi d’abito. Ne uscirono vestiti come uomini d’affari, con i capelli pettinati e con gli occhiali da sole.

«E sempre così facile, signor C.?»

«No.» Entrambi gli uomini si diressero al lato opposto del terminal, mettendo così settecento metri tra loro e il JAL 747, ancora distintamente visibile.

Potevano anche vedere un jet commerciale Gulfstream-IV coi contrassegni di un aviogetto privato. Doveva decollare proprio prima dell’aereo giapponese, ma doveva prendere la rotta opposta. Clark prese un Sony Walkman dalla sua valigetta, vi inserì una cassetta e mise la cuffia. In realtà, sentiva i mormoni degli addetti alla sicurezza sull’aereo; il nastro stava registrando le loro parole, mentre lui sfogliava distrattamente un libro tascabile. Era un peccato che non conoscesse il giapponese, pensò Clark. Come per la maggior parte delle operazioni segrete, l’elemento fondamentale era stare seduti ad aspettare che succedesse qualcosa, senza fare assolutamente nulla. Sollevò lo sguardo per vedere il tappeto rosso che veniva srotolato ancora una volta, le truppe in parata e un podio che veniva montato. Doveva essere una gran rogna per la gente che doveva occuparsi di queste cose, pensò Clark. Le cose si mossero rapidamente.

Il Presidente del Messico accompagnò personalmente il primo ministro giapponese all’aereo, stringendogli la mano con calore, alla base della scaletta.

Quella poteva essere una prova, pensò Clark. C’era la soddisfazione di aver fatto bene il proprio lavoro, ma anche la tristezza che cose de! genere potessero accadere realmente. Il gruppo salì la scaletta, il portello si chiuse, la scaletta fu allontanata dall’aviogetto e il 747 accese i motori.

Clark sentì che la conversazione riprendeva nella saletta superiore dell’aereo.

Poi la qualità del suono andò immediatamente al diavolo quando i motori si scaldarono. Clark seguì il Gulfstream in fase di rullaggio che si avviava verso la pista di decollo. Il 747 cominciò a rollare due minuti più tardi. Era ragionevole.

Bisognava stare molto attenti nello spedire un aereo in cielo subito dopo un jumbo. Gli aerei di grandi dimensioni si lasciano dietro una turbolenza d’onda che potrebbe essere molto pericolosa. I due agenti della CIA rimasero nel salone d’osservazione finché l’aereo della JAL non decollò: il loro lavoro era finito.

In aria, il Gulfstream salì fino alla sua altitudine di crociera di dodicimilacinquecento metri in direzione zero-due-sei, diretto a New Orleans. Il pilota ci andò piano con il controllo del gas, seguendo le informazioni degli uomini sul retro. Sulla loro destra, il 747 si stava portando alla loro stessa altitudine, su una rotta zero-tre-uno. All’interno dell’aereo più grande, la presunta bottiglia di scotch era puntata verso un finestrino; le sue trasmissioni a banda 11 erano diffuse verso i ricevitori-trasmettitori del Gulfstream. La larghezza della banda-dati del sistema, molto favorevole, garantiva un buon segnale; non meno di dieci registratori erano in funzione, due per ogni canale di banda laterale separato. Il pilota spostò la rotta il più possibile a est finché i due 579

aerei si trovarono sopra il mare, poi virò a sinistra quando un secondo aereo, un EC 135 che aveva faticato a decollare dalla base aeronautica di Tinker in Oklahoma, prese posizione quarantotto chilometri a est e seicento metri sotto il grosso aereo Boeing.

Il primo aviogetto atterrò a New Orleans, sbarcò uomini e macchinari, fece rifornimento, poi decollò per ritornare a Città del Messico.

Clark era all’ambasciata. Una delle sue aggiunte all’operazione era un interprete di giapponese fornito dalla direzione centrale della CIA. Pensando che la sua ricezione di prova sarebbe stata utile per determinare l’efficacia del sistema, aveva inoltre deciso che sarebbe stato ancora meglio avere una lettura diretta di quanto veniva detto. Clark pensò che era una dimostrazione ragionevole di iniziativa operativa. Il traduttore prese il suo tempo, ascoltando là conversazione registrata per tre volte prima d’iniziare a scrivere a macchina.

Scrisse meno di due pagine. Lo infastidiva che Clark leggesse sopra le sue spalle.

«Vorrei che fosse altrettanto facile fare un accordo con l’opposizione alla Dieta» lesse Clark ad alta voce. «Dobbiamo solo occuparci anche di alcuni dei suoi associati.»

«Sembra che abbiamo quel che volevamo» osservò il traduttore.

«Dov’è il vostro addetto alle comunicazioni?» chiese Clark al responsabile della stazione CIA.

«Posso farlo da solo.» Era, infatti, abbastanza facile. Il responsabile della stazione trascrisse le due pagine scritte a macchina su un computer. Sul disco c’erano letteralmente miliardi di numeri digitali casuali. Ogni lettera che digitava veniva trasformata a caso ni qualcosa d’altro e trasmessa alla sala MERCURY a Langley. Qui, il segnale in arrivo veniva registrato. Un tecnico delle comunicazioni selezionò dalla biblioteca protetta il disco appropriato per la decodificazione, lo inserì nel suo computer e premette un tasto. Dopo pochi secondi la stampante laser scriveva due pagine di messaggio. Questo fu sigillato in una busta e consegnato a un corriere, che si diresse verso l’ufficio al settimo piano del vicedirettore. «Dottor Ryan, il messaggio che stava aspettando.»

«Grazie.» Jack firmò la ricevuta. «Dottor Goodley, mi deve scusare per un momento.»

«Nessun problema.» Ben ritornò alla sua pila di carte. Ryan estrasse il messaggio e lo lesse lentamente e con attenzione, per due volte. Poi prese il telefono e chiese una linea protetta per Camp David.

«Centro di comando» rispose una voce.

«Parla il dottor Ryan da Langley. Devo parlare col Presidente.»

«Attenda, signore» replicò l’ufficiale subalterno della Marina. Ryan si accese una sigaretta.

«Parla il Presidente» rispose un’altra voce.

«Signor Presidente, qui Ryan. Ho un frammento della conversazione dal 580

747.»

«Così presto?»

«È stato registrato prima dell’accensione dei motori, signore. Abbiamo una voce non identificata ― pensiamo che sia il primo ministro ― che afferma che hanno raggiunto un accordo.» Jack lesse tre righe parola per parola.

«Quel figlio di buona donna» sibilò Fowler. «Con prove così, potrei incriminare quel tipo.»

«Ho pensato che volesse questo subito, signore. Posso inviarle un fax della prima trascrizione. Per quella completa bisogna aspettare fino alle nove, suppergiù.»

«Sarà carino avere qualcosa da leggere dopo la partita. Okay, lo mandi.» La linea fu interrotta.

«Volentieri, signore» disse Jack rivolto al telefono.

«È ora» disse Ghosn.

«Okay.» Russell si alzò e si infilò il giaccone pesante. Sarebbe stato molto freddo fuori. La temperatura massima prevista era di dieci sotto zero e non erano ancora sul posto. Un tagliente vento da nord-est scendeva dal Nebraska, dove faceva ancora più freddo. L’unica cosa positiva al riguardo era che portava un cielo sereno. Anche Denver è una città con un problema di smog, accentuato dalle inversioni delle temperature invernali. Ma oggi il cielo era letteralmente sgombro da nubi, e a ovest Marvin poteva vedere le raffiche di neve che il vento spazzava via dai picchi del Front Range, come tanti stendardi bianchi.

Sicuramente era di buon auspicio e il tempo sereno significava che il volo in partenza da Stapleton non avrebbe subito ritardi, come aveva temuto un paio di giorni prima. Avviò il motore del furgone, ripassando le frasi da dire e ripetendo il piano mentre faceva riscaldare il veicolo. Marvin si girò a guardare il carico.

Quasi una tonnellata di esplosivo superpotente, aveva detto Ibrahim. Questo avrebbe veramente fatto incazzare la gente. Salì sulla macchina in affitto e l’avviò, aprendo al massimo il riscaldamento. Peccato che il comandante Qati si sentisse così male. Forse erano i nervi, pensò Russell.

Un paio di minuti più tardi, i due uscirono. Ghosn si sedette accanto a Marvin. Era nervoso anche lui.

«Pronto?»

«Sì.»

«Okay.» Russell inserì la retromarcia e uscì dal parcheggio. Accostò per controllare che la macchina noleggiata lo seguisse, poi si allontanò dal parcheggio, dirigendosi verso la superstrada.

Il viaggio verso lo stadio richiese solo pochi minuti, senza alcun problema. La polizia era presente in forze e Marvin si accorse che Ghosn li seguiva con gli occhi, molto attentamente, ma non se ne preoccupò. I poliziotti erano lì solo per controllare il traffico, dopo tutto, e ora stavano con le mani in mano, dal 581

momento che il traffico era ancora piuttosto ridotto. C’erano quasi sei ore prima dell’inizio della partita. Lasciò la strada per entrare nel parcheggio all’ingresso delle televisioni; ora doveva parlare con un poliziotto. Qati li aveva già lasciati e stava girando un paio di isolati più in là. Marvin fermò il furgone e abbassò il finestrino. «Salve» disse al poliziotto.

L’ufficiale Pete Dawkins della polizia cittadina di Denver era già gelato, sebbene fosse originario del Colorado. Doveva fare la guardia al cancello delle TV e dei VIP, una postazione che gli era stata affibbiata perché era un novellino. Gli ufficiali anziani erano tutti nei posti più caldi. «Chi siete?»

«Personale tecnico» replicò Russell. «È questo l’ingresso per le TV, vero?»

«Sì, ma non siete sulla mia lista.» C’era un numero limitato di posti disponibili nel parcheggio dei VIP, e Dawkins non poteva permettersi di fare entrare chiunque.

«Il videoregistratore si è rotto nell’unità “A”, laggiù» spiegò Russell con un gesto. «Abbiamo dovuto portare un altro apparecchio.»

«Non mi ha detto niente nessuno» osservò il poliziotto. «Nessuno ha detto niente neppure a me fino alle sei di ieri notte. Abbiamo dovuto portare questa dannata macchina da Omaha.» Russell sventolò documenti di consegna in maniera vaga. Fuori vista, sul retro, Ghosn respirava appena.

«Perché non l’hanno inviato per via aerea?»

«Perché la Federal Express non lavora la domenica e questo dannato coso è tanto grande che non passa dal portello di un Lear. Sono del servizio tecnico di Chicago, okay? Sono della TV. Mi pagano tre volte e mezzo la mia tariffa per questa merda, trasferta, evento speciale, straordinario e festivo.»

«Mi sembra buono» osservò Dawkins.

«Meglio della paga di un’intera settimana. Continui a parlare, agente» disse Russell con un largo sorriso. «È un dollaro e mezzo al minuto, sa?»

«Dovete avere un sindacato forte.»

«Ma certo» rise Marvin.

«Sa dove portarlo?»

«Nessun problema, amico» Russell si avviò. Ghosn fece un lungo respiro mentre il furgone si muoveva di nuovo. Aveva ascoltato ogni parola, sicuro che qualcosa sarebbe andato disastrosamente storto.

Dawkins seguì con lo sguardo il furgone che si allontanava. Controllò l’orologio e prese nota dell’ora nel suo registro. Per qualche motivo, il capitano voleva che segnasse chi arrivava e quando. Dawkins non riusciva a spiegarselo, ma le idee del capitano non sempre sembravano sensate, vero? Gli ci volle un momento per rendersi conto che il furgone dell’ABC aveva la targa del Colorado. Questo era strano, pensò, mentre una Lincoln entrava nel parcheggio.

Quest’auto era nella sua lista. Era il commissario sportivo della conferenza americana dell’NFL. Probabilmente, i VIP dovevano arrivare presto, pensò, in modo da sistemarsi nei loro box di lusso e avere tutto il tempo per bere in pace.

582

Aveva presenziato al servizio d’ordine della festa del commissario sportivo, la notte prima, e aveva visto i ricchi pagliacci del Colorado ubriacarsi completamente, insieme ad altri politici e VIP — soprattutto degli stronzi, pensò il giovane poliziotto, che li aveva attentamente osservati ― da ogni parte d’ America. In fondo F. Scott Fitzgerald aveva ragione.

Duecento metri più in là, Russell parcheggiò il furgone, inserì il freno a mano e lasciò il motore acceso. Ghosn si spostò dietro. La partita doveva cominciare alle 4,20, ora locale. Gli avvenimenti importanti cominciavano sempre in ritardo, valutò Ibrahim. Decise per un inizio della partita alle 4,30, e aggiunse un’ora e mezza, fissando l’ora zero alle 6,00, ora standard delle Montagne Rocciose. I numeri arbitrari avevano sempre due zeri, dopotutto, e il momento effettivo della detonazione era stato fissato settimane prima: precisamente entro un’ora e mezza dall’inizio della partita. L’ordigno non aveva un dispositivo contro la manomissione. Ce n’era uno alquanto grossolano posizionato su ogni portello d’accesso, ma non c’era stato tempo per fare qualcosa di complicato; e questo, pensò Ghosn, era una buona cosa. Le raffiche di vento da nord-est scuotevano il furgone, e un delicato interruttore a levetta non avrebbe rappresentato una buona idea.

In quanto a questo, si rese conto un po’ in ritardo che solo chiudere la portiera del furgone, sbattendola, avrebbe potuto… Cos’altro hai dimenticato di prendere in considerazione? sì chiese. Ghosn si ricordò che momenti come quello suscitavano sempre i pensieri più spaventosi. Ripensò mentalmente a tutto quanto aveva fatto fino ad ora. Aveva dovuto controllare tutto centinaia di volte e anche di più. Tutto era pronto, ovviamente, tutto era pronto. Non aveva passato lunghi mesi di preparazione per questo?

L’ingegnere operò un ultimo controllo dei suoi circuiti di prova.

Funzionavano tutti. Il freddo non aveva intaccato le batterie. Collegò i fili al timer ― o almeno tentò di farlo. Le sue mani erano irrigidite per il freddo e tremavano per l’emozione del momento. Ghosn si fermò un momento per riprendere il controllo di sé e riuscì a collegarli, al secondo tentativo, avvitando il dado per tenerli fermi al loro posto.

E questo, decise, era tutto. Ghosn chiuse il portello d’accesso, che azionò automaticamente il semplice interruttore contro la manomissione, e si allontanò dal dispositivo. No, si disse, non è più un “dispositivo”.

«Fatto?» chiese Russell.

«Sì, Marvin» rispose quietamente Ghosn. Venne davanti mettendosi a fianco di Russell.

«Allora, andiamocene.» Marvin guardò l’uomo più giovane scendere dal furgone e si sporse per mettere la sicura alla portiera. Poi, scese a sua volta e chiuse la sua. Si diressero a piedi verso est, passando vicino ai grossi furgoni di collegamento via satellite delle reti televisive, con le loro enormi antenne paraboliche. Dovevano valere milioni, pensò Marvin, e sarebbero andate distrutte tutte, insieme ai bei tomi della TV, proprio come quelli che avevano 583

fatto della morte di suo fratello un evento spettacolare. Ucciderli non lo disturbava affatto, proprio per niente. Per un attimo, la massa dello stadio li protesse dal vento. Continuarono ad attraversare il parcheggio, incontrando le file dei primi tifosi in anticipo e le macchine che si fermavano al parcheggio, molte del Minnesota, piene di tifosi con abiti pesanti, con sacchetti di noccioline e con strani berretti in testa, alcuni decorati con corna.

Qati li aspettava sulla macchina a noleggio in una via laterale. Si spostò semplicemente sul sedile di fianco, permettendo così a Marvin di sedersi al volante. Il traffico cominciava a farsi pesante e, per evitare il peggio, Russell prese una strada alternativa che aveva provato il giorno prima.

«Sapete, è proprio un peccato rovinare una partita così.»

«Che vuoi dire?» chiese Qati.

«Questa è la quinta volta che i Vikings ce la fanno ad arrivare al superbowl.

Questa volta potrebbero vincere. Quel tipo, Wills, il loro running back, è il migliore dopo Sayers, e a causa nostra nessuno lo vedrà mai vincere. Peccato.»

Russell scosse il capo e sorrise con una smorfia al solo pensiero. Né Qati né Ghosn si preoccuparono di rispondergli. Proprio non avevano un gran senso dell’umorismo, vero? Il parcheggio del motel era quasi vuoto. Tutti i clienti dovevano essere dei tifosi o qualcosa del genere, pensò Marvin. «Tutto pronto?»

«Sì.» Ghosn scambiò uno sguardo con il comandante. Era un peccato, ma non poteva essere altrimenti.

La stanza non era stata ancora riassettata, ma non c’era da preoccuparsi.

Marvin andò in bagno, chiudendo la porta dietro di se. Quando l’americano ne uscì, vide che i due arabi erano entrambi in piedi. «Pronto?»

«Sì» disse Qati. «Marvin, potresti prendermi la valigia?» «Certo.» Russell si girò per prendere la valigia sulla mensola metallica. Non sentì la spranga che gli colpì la base del collo. Il suo corpo, tozzo ma potente, si accasciò a terra sulla moquette dozzinale. Qati aveva colpito pesante, ma non abbastanza da ucciderlo, si rese conto il comandante. Diventava sempre più debole ogni giorno di più. Ghosn lo aiutò a spostare il corpo nel bagno, dove lo sdraiarono supino.

Il motel era modesto e il bagno piccolo, troppo piccolo per il loro scopo.

Avevano sperato di poterlo mettere nella vasca, ma non c’era abbastanza posto per i due uomini nella stanza minuscola. Quindi Qati s’inginocchiò a fianco dell’americano. Ghosn si strinse nelle spalle e prese un asciugamano appeso.

Lo avvolse intorno al collo di Russell. L’uomo era più tramortito che non svenuto e cominciava a muovere le mani. Bisognava agire in fretta. Qati gli passò il coltello affilato che aveva preso dal ristorante dopo cena, la sera prima.

Ghosn lo prese e lo piantò nel del collo di Russell, proprio sotto l’orecchio destro. Il sangue zampillò come da un rubinetto, e Ibrahim lo tamponò coll’asciugamano per evitare di spruzzarsi i vestiti. Poi, fece la stessa cosa alla carotide di sinistra. Entrambi gli uomini premettero sull’asciugamano, come per 584

bloccare il flusso di sangue.

Fu in quel momento che gli occhi di Marvin si spalancarono. Non c’era comprensione in essi, per lui non c’era tempo per comprendere cosa stesse accadendo. Le sue braccia si mossero, ma entrambi gli uomini usavano il loro peso per tenerle giù e impedire all’americano di fare qualsiasi movimento. Non parlò, sebbene aprisse la bocca e, dopo un ultimo sguardo accusatone a Ghosn, un velo si stese sui suoi occhi per un momento, poi gli si rovesciarono all’indietro. Qati e Ghosn si spostarono per evitare il sangue che scorreva nei solchi tra le piastrelle del bagno. Ibrahim tolse l’asciugamano. Il sangue scorreva a gocce, ora, e non costituiva più un problema. Tuttavia l’asciugamano era alquanto zuppo. Lo buttò nella vasca. Qati gliene passò un altro.

«Spero che Dio sia misericordioso con lui» disse Ghosn quietamente.

«Era un pagano.» Era troppo tardi per recriminare.

«È colpa sua se non ha mai incontrato un uomo di Dio?»

«Lavati» disse Qati. C’erano due lavandini fuori dal bagno. S’insaponarono le mani con cura, controllando i propri abiti per trovare eventuali tracce di sangue.

Non ce n’erano.

«Che succederà qui, quando scoppierà la bomba?» chiese Qati.

Ghosn ci pensò su. «Così vicino… sarà fuori dalla palla di fuoco, ma…» si diresse alla finestra e spostò le tende di qualche centimetro. Lo stadio era chiaramente visibile e il fatto che fosse in linea d’aria gli rese più facile valutare e descrivere quanto sarebbe successo. «L’impulso termico lo farà incendiare e l’onda dello scoppio raderà al suolo l’edificio. L’intera costruzione verrà distrutta.»

«Sei sicuro?»

«Assolutamente. Gli effetti della bomba sono facili da prevedere.»

«Bene.» Qati tolse tutti i documenti di viaggio e identificazione che lui e Ghosn avevano usato finora. Dovevano passare il controllo della dogana e avevano già sfidato il fato abbastanza. Buttarono in un cestino i documenti non necessari. Ghosn prese entrambe le valigie e le portò alla macchina.

Controllarono la stanza ancora una volta. Qati si sedette in macchina. Ghosn chiuse la porta per l’ultima volta, lasciando un cartello di “Non disturbare” sulla maniglia. La distanza dall’aeroporto era breve e il loro volo sarebbe partito fra due ore.

Il parcheggio si riempì rapidamente. Tre ore prima dell’inizio della partita, con grande sorpresa di Dawkins, il parcheggio dei VIP era già pieno. Lo spettacolo prepartita era già iniziato. Poteva vedere un’equipe che girava per il parcheggio con una telecamera portatile intervistando i tifosi dei Vikings, che avevano trasformato un’intera metà del parcheggio in una gigantesca festa improvvisata. Fumo s’innalzava da fornelli e griglie a carbonella. Dawkins sapeva che i tifosi dei Vikings erano un po’ suonati, ma questo era ridicolo.

585

Dovevano solo entrare nello stadio, dove potevano trovare ogni sorta di cibo e bevande e goderseli in un ambiente riscaldato a diciotto gradi, seduti comodamente, ma no ― volevano proclamare che erano dei duri, standosene là fuori con una temperatura che non poteva essere superiore a venti sotto zero.

Dawkins era uno sciatore, si era mantenuto agli studi lavorando ad Aspen con le pattuglie battipista. Conosceva il freddo e apprezzava il valore del caldo.

«Come vanno le cose, Pete?»

Dawkins si girò. «Nessun problema, sergente. Tutti quelli sulla lista si sono fatti vedere.»

«Ti sostituisco per un paio di minuti. Vai dentro a scaldarti per un po’. Puoi trovare del caffè nella cabina di sorveglianza proprio dentro l’ingresso.»

«Grazie.» Dawkins sapeva di aver bisogno di qualcosa. Avrebbe dovuto rimanere bloccato fuori per tutta la partita, pattugliando il parcheggio per assicurarsi che nessuno cercasse di rubare qualcosa. Poliziotti in borghese erano sul chi vive per scoprire borseggiatori e bagarini, ma la maggior parte di loro sarebbe entrata per seguire la partita. Dawkins aveva solo una radio. C’era da aspettarselo, pensò. Faceva il poliziotto da meno di tre anni. Era ancora un novellino. Si diresse verso lo stadio, passando vicino al furgoncino dell’ABC

che aveva fatto entrare prima. Diede un’occhiata dentro e vide un videoregistratore Sony. Strano, non sembrava essere collegato a niente. Si chiese dove potessero essere quei due tecnici, ma adesso bere un caffè era più importante. Anche i mutandoni di polipropilene avevano i loro limiti, era congelato come non mai.

Qati e Ghosn riportarono la macchina noleggiata all’agenzia e presero l’autobus per il terminal, dove fecero il check-in e consegnarono i bagagli. Poi andarono a informarsi sul loro volo. Vennero a sapere che il volo American MD-80 per Dallas-Forth Worth sarebbe partito in ritardo. Il maltempo in Texas, spiegò l’addetta allo sportello. C’era ghiaccio sulle piste dovuto alla bufera che aveva solo sfiorato Denver la notte prima.

«Devo prendere la coincidenza per il Messico. Mi potrebbe trovare un volo per un’altra città?» chiese Ghosn.

«Abbiamo un volo per Miami, stessa ora di partenza del suo volo per Dallas.

Potrei trovarle un posto in un volo da Miami…» L’addetta alla biglietteria inserì i dati nel computer. «C’è una sosta di un’ora. Oh, okay, c’è solo una differenza di quindici minuti per Città del Messico.»

«Potrebbe farlo? Non posso perdere la coincidenza.»

«Due biglietti?»

«Sì, mi scusi.»

«Nessun problema. La giovane donna sorrise al suo computer. Ghosn si chiese se sarebbe sopravvissuta all’evento. Le enormi vetrate guardavano verso lo stadio e anche a questa distanza l’onda espansiva… forse, pensò, se si fosse 586

messa al riparo in fretta. Ma sarebbe rimasta accecata dal lampo dell’esplosione. Degli occhi così carini, che peccato. «Ecco. Farò in modo che trasferiscano i vostri bagagli» gli promise. Ghosn si permise di dubitarne un poco.

«Grazie.»

«Il cancello è da quella parte» indicò lei.

«Grazie ancora.»

La ragazza li osservò mentre si allontanavano. Quello giovane era abbastanza carino, pensò, ma suo fratelloo capo? si chiese ― doveva essere un musone. Forse non gli piaceva volare.

«Allora?» chiese Qati.

«La coincidenza segue approssimativamente il nostro programma. Abbiamo perso un quarto d’ora circa per il Messico. Il problema del maltempo è localizzato, non dovrebbero esserci ulteriori difficoltà.»

Il terminal era quasi vuoto. La gente che voleva partire da Denver aveva evidentemente deciso di aspettare voli successivi in modo da seguire la partita alla TV e Ibrahim vide che la stessa cosa avveniva nei voli in arrivo. C’era a malapena una ventina di persone nel salone delle partenze.

«Okay, non riesco a far collimare i loro appuntamenti nemmeno qui» disse Goodley. «Infatti, direi che abbiamo la pistola fumante.»

«E come?» chiese Ryan.

«La scorsa settimana, Narmonov è rimasto a Mosca solo per due giorni, lunedì e venerdì. Martedì, mercoledì e giovedì è stato in Lettonia, Lituania, nell’Ucraina occidentale e poi ha fatto un salto fino a Volgograd, per motivi di politica interna. Il venerdì è escluso perché è il giorno in cui è arrivato il messaggio, no? Ma lunedì il nostro amico è rimasto nell’edificio del Congresso praticamente tutto il giorno. Non penso che si siano incontrati la settimana scorsa, ma la lettera suggerisce il contrario. Penso che qui abbiamo una bugia coi fiocchi.»

«Mi faccia vedere» disse Ryan.

Goodley sistemò i suoi dati sulla scrivania di Ryan. Insieme controllarono la date e gli itinerari.

«È proprio interessante» disse Jack dopo un paio di minuti. «Quel figlio di buona donna.»

«Persuasivo?» Goodley voleva saperlo.

«Completamente?» il vicedirettore scosse la testa. «No…»

«Perché no?»

«È possibile che i nostri dati siano scorretti. E possibile che si siano incontrati di nascosto, forse domenica scorsa quando Andrej Il’jč era nella sua dacia. Una rondine non fa primavera» disse Jack indicando con la testa la neve là fuori.

587

«Abbiamo bisogno di un controllo dettagliato prima di procedere oltre, ma quello che ha scoperto, Ben, è molto, molto interessante.»

«Ma, dannazione…»

«Ben, deve andarci piano con roba simile» spiegò Jack. «Non si può buttare all’aria il lavoro di un agente importante sulla base di dati non chiari, capisce?»

«Tecnicamente, sì. Pensa che sia passato alla concorrenza?»

«Agente doppio, vuole dire?» Ryan sorrise. «Dottor Goodley, sta imparando il gergo. Si risponda da solo.»

«Allora, se fosse un doppio agente, no, non avrebbe mandato questo genere di roba. Non vorrebbero mandarci dei segnali simili, a meno che elementi del KGB…»

«Ci pensi bene sopra, Ben» Jack lo invitò alla cautela.

«Oh, sì. Li compromette, vero? Ha ragione, non è probabile. Se fosse passato all’altra parte, i dati sarebbero diversi.»

«Esattamente. Se lei ha ragione e se lui ci sta ingannando, la spiegazione più probabile è quella a cui è giunto lei. Ci guadagna dalla scomparsa politica di Narmonov. Può aiutarci ragionare come un poliziotto in questo affare. Chi ne trae vantaggio ― chi ha un motivo, è questo il ragionamento da portare avanti in un caso come questo. La persona migliore per dare un’occhiata a tutto questo è Mary Pat.»

«La devo chiamare?»

«In una giornata come questa?»

Qati e Ghosn s’imbarcarono sul loro volo alla prima chiamata, accomodandosi ai loro posti in prima classe e allacciandosi le cinture di sicurezza. Due minuti più tardi, l’aereo si allontanò dal cancello d’imbarco e si avviò rullando verso la pista di decollo. Avevano fatto la mossa giusta, pensò Ghosn. Il volo per Dallas non era ancora stato annunciato. Due minuti più tardi, l’aereo di linea decollava e subito virava in direzione sud-est, verso i climi più caldi della Florida.

La cameriera aveva cominciato male la giornata. La maggior parte degli ospiti se n’era andata tardi e lei era rimasta indietro nel programma delle pulizie.

Schioccò la lingua per il disappunto nel vedere il cartello di “Non disturbare” a una porta; ma non c’era sull’altra stanza, comunicante con la prima, e quindi pensò che si trattasse di un errore. Sull’altro lato del cartello c’era il messaggio

“Fatemi la stanza, SUBITO”, in colore verde, e spesso i clienti si confondevano.

Per prima cosa, entrò nella stanza senza cartello. Ci mise poco tempo, solo uno dei due letti era stato usato. Tolse le lenzuola e le sostituì con la velocità che deriva dal fare lo stesso lavoro più di cinquanta volte al giorno. Poi controllò il bagno, sostituì gli asciugamani sporchi, mise una nuova saponetta nel portasapone e svuotò il cestino dei rifiuti nel sacco appeso al suo carrello. Poi, dovette prendere una decisione ― se rassettare l’altra stanza oppure no. Il 588

cartello sulla porta diceva di no, ma se l’avessero veramente voluto, perché non avevano messo il cartello anche in questa? Valeva la pena, almeno, di dare un’occhiata. Se avesse visto qualcosa di valore, allora se ne sarebbe tenuta fuori.

La cameriera guardò attraverso la porta comunicante aperta e vide due letti sfatti. Non c’erano vestiti sul pavimento. Anzi, la stanza era più ordinata oggi di quanto non lo fosse stata il giorno avanti. Infilò la testa nello spiraglio della porta e guardò verso il bagno. Non sembrava che ci fosse qualcosa d’interessante. Decise di pulire la stanza. La cameriera prese il carrello, lo girò e lo spinse oltre la porta. Ancora una volta, rifece i letti, poi si diresse verso…

Come aveva fatto a non notarlo prima? Le gambe di un uomo. Cosa? Lei avanzò e…

Al direttore del motel fu necessario un intero minuto per calmarla e capire cosa voleva dirgli. Grazie a Dio, pensò, non c’erano ospiti in quella parte del motel in quel momento: erano tutti a vedere la partita,. Il giovanotto fece un lungo respiro e si avviò fuori dal suo ufficio, oltre il ristorante e fino al lato posteriore del motel. La porta si era chiusa automaticamente, ma con la sua chiave universale risolse il problema.

«Mio Dio» disse semplicemente. Almeno, era preparato. Il direttore non era uno stupido. Non toccò nulla, passò nella stanza adiacente e uscì. Il telefono sulla scrivania del suo ufficio aveva stampati su un cartoncino tutti i numeri utili per un’emergenza. Digitò il secondo.

«Polizia.»

«Vorrei denunciare un omicidio» disse il direttore, cercando di sembrare il più calmo possibile.

Il Presidente Fowler mise giù il fax sul tavolino d’angolo e scosse la testa. «È

veramente incredibile che possa provare qualcosa di così scoperto ed eclatante.»

«Che cosa farai al riguardo?» chiese Liz.

«Bene, dobbiamo verificare, ovviamente, ma penso che ne saremo in grado.

Brent prenderà il volo dopo la partita, stasera. Lo voglio domani mattina presto nel mio ufficio per sentire il suo parere. Penso che gli sbatteremo semplicemente in faccia la cosa. E se non gli piace, be’, peggio per lui. Questa è roba da Mafia.»

«Ti da veramente fastidio, vero?»

Fowler aprì una bottiglia di birra. «Una volta pubblico ministero, pubblico ministero per sempre. Non si può cambiare.»

Il JAL 747 atterrò all’aeroporto internazionale Dulles tre minuti in anticipo. A causa del maltempo, e con l’approvazione dell’ambasciatore giapponese, la cerimonia d’arrivo fu abbreviata. Inoltre, il segno distintivo di un vero arrivo importante a Washington era la sua informalità. Era uno degli usi locali che l’ambasciatore aveva spiegato al predecessore dell’attuale primo ministro. Dopo 589

un breve ma sincero benvenuto del vicesegretario di Stato Scott Adler, il gruppo ufficiale fu fatto salire su veicoli fuoristrada, che l’ambasciata aveva dovuto mettere assieme in tempi brevissimi, e si diresse verso il Madison Hotel, a pochi isolati dalla Casa Bianca. Fu riferito al primo ministro che il Presidente era a Camp David e sarebbe tornato a Washington il mattino seguente. Il primo ministro giapponese, ancora sofferente per gli effetti degli spostamenti aerei, decise di riposare per un paio d’ore. Non si era ancora tolto il cappotto, quando una seconda squadra di addetti alle pulizie salì a bordo dell’aereo. Un uomo prese i liquori non utilizzati, compresa la bottiglia con una crepa sul collo. Un altro svuotò i cestini dei vari bagni in un sacco per la spazzatura. Subito dopo, erano già in strada diretti a Langley. Tutti i velivoli per l’inseguimento, tranne il primo, erano atterrati alla base aeronautica di Andrews, dove anche gli equipaggi cominciarono il loro periodo di riposo meritato ― in questo caso al circolo ufficiali della base. Le registrazioni iniziarono il loro viaggio verso Langley in macchina, arrivando più tardi della registrazione proveniente da Dulles. Risultò che la registrazione dal 747 era quella con la migliore qualità sonora, e i tecnici iniziarono quindi con quella cassetta.

Il Gulfstream ritornò a Città del Messico, anch’esso in orario. Il velivolo rollò dirigendosi verso il terminal per l’aviazione generale e l’equipaggio composto di tre membri — anch’esso un equipaggio dell’Aeronautica, anche se nessuno lo sapeva — si apprestò ad andare a cenare. Dal momento che erano dell’Aeronautica, era il momento di prendersi un po’ di meritato riposo. Clark era ancora all’ambasciata e pensava di seguire almeno il primo quarto della partita, prima di tornare a Washington e a tutta quella dannata neve.

«Stai attento o ti addormenterai durante la partita» avvertì il consigliere per la sicurezza nazionale.

«E solo la seconda birra, Elizabeth» replicò Fowler.

C’era un contenitore termico vicino al divano e un grande vassoio d’argento pieno di cose da sgranocchiare. Elliot trovava ancora tutto questo alquanto incredibile. J. Robert Fowler, Presidente degli Stati Uniti, così intelligente e deciso quant’altri mai, ma anche accanito tifoso di football, stava lì seduto proprio come Archie Bunker, aspettando il calcio d’inizio.

«Ne ho trovato uno, ma l’altro è un casino» riferì il capo equipaggio. «Mi sembra di non riuscire a raccapezzarmi, colonnello.»

«Venga dentro a scaldarsi» disse il pilota. «È stato comunque fuori troppo a lungo.»

«Una storia di droga, scommetto» disse l’investigatore più giovane.

«Allora è da dilettanti» osservò il suo compagno. Il fotografo aveva scattato i 590

suoi usuali quattro rullini, e ora gli uomini del medico legale stavano sollevando il corpo per infilarlo in un sacco di plastica e portarlo all’obitorio. Non potevano esserci molti dubbi sulla causa della morte. Era un omicidio particolarmente brutale. Sembrava che gli assassini ― dovevano essere per forza due, aveva già pensato l’uomo ― avessero dovuto tenere ferme le braccia dell’uomo, prima di tagliargli la gola, e poi erano stati lì a guardare mentre si dissanguava a morte, usando l’asciugamano per non sporcarsi gli abiti. Forse, c’era stato un debito da saldare, o cose simili. Forse, questo tipo li aveva truffati o c’era vecchia ruggine tra di loro. Chiaramente, non si trattava di crimine passionale: era troppo crudele e calcolato.

Tuttavia, l’investigatore ritenne di essere stato fortunato: il portafoglio della vittima era ancora nelle sue tasche. Aveva tutti i suoi documenti d’identità, e ancor meglio, aveva due serie complete di documenti, che venivano ora controllati. Nel registro del motel erano stati annotati i numeri di targa di entrambi i veicoli associati alle due camere, che venivano anch’essi controllati al computer dell’ufficio motorizzazione.

«Questo tipo è un indiano» disse il medico legale alzandosi. «Indiano d’America, voglio dire.»

Ho già visto quella faccia da qualche parte, pensò l’investigatore più giovane.

«Aspetta un momento.» All’improvviso, notò qualcosa. Sbottonò la camicia dell’uomo, scoprendo l’inizio di un tatuaggio.

«È stato in galera» disse l’altro investigatore. Il tatuaggio sul petto dell’uomo era grossolano, artigianale, e mostrava qualcosa che aveva già visto prima…

«Aspetta un momento… questo significa qualcosa…»

«La Società dei guerrieri!»

«Hai ragione. I federali hanno trasmesso qualcosa su… sì, ti ricordi? La sparatoria su nel Nord Dakota, l’anno scorso?» L’uomo più anziano pensò per un secondo. «Quando abbiamo le informazioni sulla patente e la targa, assicurati che siano inviate a Washington. Okay, lo potete portare via ora.» Il corpo fu sollevato e portato fuori. «Portatemi il direttore e la cameriera.»

L’ispettore Pat O’Day aveva avuto la bella fortuna di essere assegnato al servizio di sorveglianza nel centro di comando dell’FBI, stanza 5005 dell’Hoover Building. La stanza aveva una strana forma, vagamente triangolare, con le scrivanie del personale sui lati d’angolo e gli schermi sulla parete più lunga. Era una giornata tranquilla ― c’era maltempo sulla metà del paese e il maltempo ostacola il crimine più di qualsiasi forza di polizia ― e, di conseguenza, gli schermi mostravano le squadre a Denver che si preparavano per il lancio della monetina. Proprio quando i Vikings vinsero alla monetina e scelsero di ricevere, una giovane donna delle comunicazioni entrò con un paio di fax dal dipartimento di polizia di Denver.

«Un caso di omicidio, signore. Pensano che sappiamo chi sia.»

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La qualità delle fotografie nelle patenti non è certo degna di un professionista, se poi vengono ingrandite ― e poi spedite via fax ― le cose non migliorano affatto. Dovette guardarle attentamente per un paio di secondi, e stava già concludendo che non conosceva affatto quella faccia, quando d’improvviso ricordò qualcosa della sua missione in Wyoming.

«Ho visto questo tipo prima d’ora… indiano… Marvin Russell?» si girò verso un altro agente. «Stan, hai mai visto questa faccia?»

«No.»

O’Day guardò il resto dei fax. Chiunque fosse, era morto con la gola tagliata, riferivano i poliziotti di Denver. “Probabilmente un omicidio legato alla droga”

era l’interpretazione iniziale della sezione omicidi di Denver. Bene, si spiegava, non era forse vero che John Russell aveva fatto parte di un giro di trafficanti?

Gli altri dati iniziali indicavano che c’erano altri documenti d’identità sulla scena del delitto, ma le patenti dovevano essere false ― ben contraffatte, dicevano le note. Tuttavia, avevano un furgone registrato a nome della vittima e anche una macchina noleggiata a nome di Robert Friend, che era il nome sulla patente della vittima. La polizia di Denver stava ora ricercando i veicoli e voleva sapere se l’FBI aveva qualche informazione utile sulla vittima e i suoi consociati.

«Mettiti in contatto con loro e chiedi di mandare per fax le foto degli altri documenti d’identità che hanno trovato.»

«Sissignore.»

Pat seguì le squadre che entravano in campo per il calcio d’inizio, poi prese il telefono. «Dan? Pat. Vuoi venire qui un momento? Penso che un nostro vecchio amico sia stato trovato morto… No, non quel tipo di amico.»

Murray arrivò proprio in tempo per il calcio d’inizio, che ebbe la precedenza sui fax. Il Minnesota portò la palla sulla linea delle ventiquattro iarde e l’attacco si mise in moto. Immediatamente, la rete televisiva coprì lo schermo con tutta una serie d’informazioni inutili, tanto che i tifosi non potevano nemmeno vedere i giocatori.

«Questo ti sembra Marvin Russell?» chiese Pat.

«Sicuro come l’inferno. Dov’è?»

O’Day fece un gesto verso lo schermo TV. «A Denver, ci crederesti? L’hanno trovato circa novanta minuti fa con la gola tagliata. La polizia locale pensa che sia legato al traffico di droga.»

«Bene, è quello che faceva il fratello. Che altro?» Murray prese i fax dalle mani di O’Day.

Tony Wills prese il primo passaggio, portando la palla cinque iarde oltre la mischia ― riuscendo quasi a spiazzarla. Sul secondo down, entrambi gli uomini seguirono Wills che prendeva un passaggio volante per le venti iarde.

«Quel ragazzo è straordinario» disse Pat. «Mi ricorda una partita in cui Jimmy Brown…»

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Bob Fowler aveva appena iniziato la terza birra del pomeriggio, desiderando di essere alla partita invece che bloccato lì. Ovviamente, il Servizio Segreto sarebbe impazzito e la sorveglianza alla partita avrebbe dovuto essere rafforzata al punto che la gente sarebbe stata ancora in coda per entrare. Quella non sarebbe stata una buona manovra politica, vero? Liz Elliot, seduta vicino al Presidente, accese l’altra TV sul canale via cavo per seguire un film. Si mise la cuffia, in modo da sentire senza disturbare il Comandante in capo. Non ha proprio alcun senso, pensò, proprio per niente. Come faceva quest’uomo a entusiasmarsi tanto per uno stupido gioco per bambini…

Pete Dawkins terminò il suo servizio prepartita tirando la catena che chiudeva il suo ingresso. Chiunque avesse voluto entrare ora avrebbe dovuto utilizzare le altre due entrate che erano ancora aperte, ma sorvegliate. Nell’ultimo superbowl, una banda di ladri molto furbi aveva scorazzato nel parcheggio e si era allontanata con un bottino di duecentomila dollari di roba, rubata dalle macchine parcheggiate ― soprattutto radio e registratori ― e questo non sarebbe successo a Denver. Cominciò il suo giro di pattuglia, insieme ad altri tre poliziotti. Di comune accordo, avrebbero sorvegliato l’intero parcheggio, invece di soffermarsi in aree specifiche. Era troppo freddo per fermarsi. Camminare li avrebbe almeno tenuti più caldi. Le gambe di Dawkins sembravano rigide come cartone e il movimento le avrebbe fatte sgranchire. Non si aspettava veramente di scoprire qualche crimine. Quale ladro di macchine sarebbe stato così stupido da andare in giro con una temperatura di venti gradi sotto zero? Ben presto si ritrovò nella zona occupata in precedenza dai tifosi del Minnesota. Certamente erano ben organizzati. Le feste improvvisate erano terminate in tempo. Le sedie pieghevoli erano state riposte e si erano dati da fare per ripulire tutto. Tranne che per qualche pozzanghera di caffè congelato, si poteva a malapena capire che avevano fatto festa lì. Dopotutto, i tifosi del Minnesota non erano poi così stupidi.

Dawkins aveva un auricolare della radio nell’orecchio. Ascoltare la partita alla radio era come fare del sesso coi vestiti addosso, ma almeno poteva sapere a che cosa erano dovute le grida di gioia e incoraggiamento dei tifosi. Il Minnesota segnò per primo. Fu Wills a fare punto sfuggendo sulla sinistra dalle quindici iarde. Il primo attacco dei Vikings era stato portato a termine con solo sette giochi e in quattro minuti e quindici secondi. Il Minnesota sembrava proprio forte, oggi.

«Buon Dio, Dennis deve sentirsi male» osservò Fowler. Liz non lo sentì, concentrata sul film. Il segretario alla Difesa ebbe subito motivo di stare ancor peggio. Il calcio fu tirato a cinque e il running back di riserva che controllava quella parte del campo per i Chargers ce la fece fino alle quaranta iarde ― ma lì si confuse e un Viking si buttò sopra la palla.

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«Dicono che Marvin era un piccolo, furbo bastardo. Guarda i numeri sulle altre patenti. Tranne che per le prime due cifre, sono le stesse della sua., scommetto che aveva… be’, che qualcuno ha messo mano a una di quelle macchine per documenti d’identità» disse Murray.

«Passaporti e tutto il resto» replicò O’Day, seguendo Tony Wills farcela di nuovo sulle otto iarde. «Se non trovano un modo per fermare quel ragazzo, questa partita sarà un macello per l’altra squadra.»

«Che tipo di passaporti?»

«Non lo dicono. Ho chiesto ulteriori informazioni. Manderanno le foto per fax, quando ritornano in ufficio.»

A Denver i computer stavano lavorando. L’agenzia di autonoleggio fu identificata e un controllo dei loro sistemi rivelò che la macchina era stata resa all’aeroporto internazionale Stapleton, proprio poche ore prima. Questo rese la pista molto calda, quindi gli investigatori andarono direttamente lì dal motel, dopo aver preso le prime deposizioni dei due “testimoni” iniziali. Le descrizioni degli altri due collimavano con le foto dei passaporti. Queste venivano ora mandate al quartier generale della polizia. Sapevano che già in quel momento l’FBI stava strepitando per ottenere altre informazioni; il che lo faceva sembrare sempre più un grosso caso di traffico di droga. Entrambi gli investigatori si chiesero dove potesse essere il furgone della vittima.

Dawkins finì il suo primo giro dello stadio proprio quando il Minnesota si aggiudicò la sua seconda meta. Ancora una volta era stato Wills, questa volta un passaggio alle quattro iarde dalla difesa. Questo tipo aveva già al suo attivo cinquantadue iarde in avanti e due ricezioni. Dawkins si sorprese a guardare il furgone dell’ABC che aveva fatto entrare prima. Perché la targa del Colorado?

Avevano detto che venivano da Chicago e che avevano fatto arrivare quell’aggeggio da registrazione da Omaha. Ma il furgone era verniciato come un furgone televisivo ufficiale. Le stazioni TV locali non dipendevano dalle grandi reti televisive. Mostravano tutte la loro affiliazione, ma le grandi sigle stampigliate ai lati si riferivano tutte alle stazioni locali. Doveva chiederlo al sergente. Dawkins fece un cerchio intorno all’ora d’ingresso del furgone sul suo registro e la siglò con un punto interrogativo. Entrò nella cabina della sorveglianza.

«Dov’è il sergente?»

«Fuori, nel parcheggio» rispose il poliziotto di sorveglianza. «Quell’asino ha scommesso forte sui Chargers. Non penso che riesca a sopportarlo.»

«Vedrò di fargli scommettere ancora un po’ più forte» rispose Dawkins con una smorfia. «Da che parte è andato?»

«A nord, penso.»

«Grazie.»

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I Vikings ebbero di nuovo il gioco, con un punteggio di 14 a 0. Lo stesso giocatore di rinvio s’impadronì del pallone, questa volta calciato tre iarde all’interno dell’area di fondo campo. Ignorò il consiglio del safety man di mettere a terra la palla e si diresse a razzo al centro. Evitando un placcaggio alle sedici iarde, si avvantaggiò di un blocco da manuale e si avviò verso le linee laterali.

Quindici iarde più avanti era chiaro che solo il realizzatore poteva avere una possibilità, ma fu troppo lento. A centotré iarde, era il più lungo rinvio della storia del superbowl. Il punto successivo era valido e la partita era adesso sul 14-7.

«Si sente meglio, Dennis?» chiese il segretario di Stato al segretario alla Difesa.

Bunker posò il suo caffè. Aveva deciso di non bere birra. Voleva essere assolutamente sobrio quando avrebbe accettato il trofeo Lombardi dal commissario sportivo.

«Sì, ora dobbiamo solo trovare il modo per fermare il suo ragazzo.»

«Buona fortuna.»

«È proprio bravo, Bruce. Dannazione, se corre.»

«Non è solo un atleta. Quel ragazzo ha cervello e un gran cuore.»

«Bruce, se l’ha tirato su lei, allora lo so che è intelligente» disse Bunker con generosità.

«Vorrei solo che gli si stirasse un tendine del ginocchio, proprio ora.»

Dawkins trovò il sergente un paio di minuti più tardi. «C’è qualcosa di strano qui» disse.

«Cosa?»

«Quel furgone ― quello piccolo, bianco, in fondo alla fila dei camion per il satellite, con la scritta ABC. Ha la targa commerciale del Colorado, ma dovrebbe venire da Chicago o da Omaha. Li ho fatti entrare io, hanno detto che dovevano consegnare un registratore per rimpiazzarne uno rotto, ma quando sono passato da lì un paio di minuti fa, non era collegato e i tipi che l’hanno portato se n’erano andati.»

«Che mi stai a dire?» chiese il sergente.

«Penso che sarebbe una buona idea fare un controllo.»

«Okay, ricevuto. Gli darò un’occhiata.» Il sergente guardò il registro per controllare il numero di targa. «Stavo andando ad aiutare quelli del Wells Fargo al piano di carico. Puoi farlo per me, okay?»

«Sicuro, sergente.» Dawkins si avviò.

Il supervisore della sorveglianza alzò la radio Motorola. «Tenente Vernon, qui parla il sergente Yankevich, ci possiamo incontrare nell’area delle TV?»

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Yankevich iniziò a dirigersi a sud girando intorno allo stadio. Aveva la sua radio personale, ma gli mancava un auricolare. Il San Diego fermò i Vikings sui downs. Il Minnesota calciò la palla ― un buon tiro che richiese un’ottima presa da parte del numero trenta dei Chargers. Bene, forse la sua squadra ce l’avrebbe fatta a pareggiare. Qualcuno dovrebbe sparare a quel Wills, pensò con rabbia.

L’ufficiale Dawkins si diresse verso l’estremità nord dello stadio e vide il veicolo blindato del Wells Fargo al piano di carico del livello inferiore. Un uomo stava cercando di caricarsi sulle spalle un sacco che sembrava pieno di monete.

«Qual è il problema?»

«L’autista ha battuto il ginocchio, è andato a farselo medicare. Potrebbe darmi una mano?»

«Dentro o fuori?» chiese Dawkins.

«Me li passi, okay? Stia attento, sono maledettamente pesanti.»

«Ci sono.» Dawkins saltò all’interno. Il furgone blindato era rivestito internamente da scaffali pieni di innumerevoli sacchi di monetine, o così almeno sembrava. Ne sollevò uno ed era pesante come gli era stato detto. Il poliziotto infilò il suo registro nella cintura e si mise al lavoro, passandoli sul piano di carico, dove la guardia li mise su un carrello a due ruote. Tipico del sergente di affibbiargli un lavoro così.

Yankevich s’incontrò con il tenente all’ingresso delle TV. Entrambi si diressero verso il furgone in questione. Il tenente guardò dentro. «Uno scatolone con la scritta “Sony”… un momento. C’è scritto che è un videoregistratore commerciale.»

Il sergente Yankevich riferì al suo capo quello che gli aveva detto Dawkins.

«Probabilmente non è nulla, ma…»

«Sì, ma… Troviamo prima il tipo dell’ABC. Voglio anche chiamare la squadra artificieri. Rimanga qui e tenga d’occhio quel coso.»

«Ho un passepartout in macchina. Se vuole, posso entrare senza problema.»

Ogni poliziotto sa come aprire le macchine.

«Penso di no. Lasciamo che ci pensino gli artificieri ― inoltre, è probabilmente quello che sembra. Se sono venuti per rimpiazzare una piastra di registrazione rotta… be’, forse hanno aggiustato quello rotto e hanno deciso che non gli serviva.»

«Okay, tenente.» Yankevich entrò per prendersi un’altra tazza di caffè per riscaldarsi e ritornò all’esterno che gli piaceva tanto. Il sole stava tramontando dietro le Montagne Rocciose ed era sempre qualcosa di meraviglioso, anche con la temperatura sotto zero e il vento tagliente. Il sergente della polizia passò oltre i furgoni televisivi per seguire la pulsante palla arancione immergersi attraverso una nuvola di neve sollevata dal vento. Alcune cose erano meglio del football.

Quando l’ultimo spicchio di sole scomparve dietro il profilo delle montagne, tornò indietro, deciso a dare un altra occhiata alla scatola dentro il furgone. Non 596

ce l’avrebbe mai fatta.