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Obblighi contrattuali

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Il jet lag poteva essere veramente fastidioso, si disse Marvin. Russell aveva lasciato l’aeroporto O’Hare di Chicago alla guida di una Mercury a noleggio e si era diretto a ovest, giungendo a un motel appena a est di Des Moines. Sorprese il portiere pagando la sua stanza in contanti, dicendogli che il suo portafogli e le sue carte di credito erano stati rubati. Aveva un portafogli evidentemente appena acquistato per rafforzare la sua affermazione, ma a parte quello il portiere accettò i contanti con la prontezza di un uomo d’affari. Il sonno lo raggiunse facilmente, quella notte. Si svegliò appena dopo le cinque, dopo dieci ore piene di riposo, e si concesse un’abbondante colazione all’americana ― per quanto fossero ospitali laggiù in Libano, non sapevano mangiare; si chiese come facessero a sopravvivere senza il bacon ― poi partì alla volta del Colorado. Per l’ora di pranzo era nel bel mezzo del Nebraska, e aveva già ripassato il suo piano e i suoi compiti. Per l’ora di cena si trovava nella cittadina di Roggen, un’ora a nord-ovest di Denver, che era abbastanza vicina. Intorpidito dal lungo viaggio in auto, si fermò in un altro motel e vi passò la notte. Stavolta fu in grado di guardare e godere qualche ora di televisione americana, fra cui una ricapitolazione della stagione della NFL sulla stazione ESPN. Era sorprendente quanto gli mancasse il football. Quasi altrettanto sorprendente era quanto gli mancava la possibilità di bere qualcosa ogni volta che ne provava il desiderio.

Desiderio che quella sera fu soddisfatto da una bottiglia di Jack Daniels che aveva acquistato sulla strada. Quando fu mezzanotte si accorse di essere brillo; si guardò in giro, felice di essere nuovamente in America, felice della ragione per cui era tornato. Era giunto il momento di prendersi una rivincita. Russell non si era dimenticato di coloro cui un tempo apparteneva il Colorado, e non si era dimenticato del massacro di Sand Creek.

Avrebbe dovuto aspettarselo. Le cose erano andate troppo lisce, e la realtà non permette spesso di raggiungere la perfezione. Era stato rintracciato un piccolo errore in uno degli elementi del gruppo primario, e quell’elemento dovette essere asportato e rilavorato, un’operazione che rallentò di trenta ore il loro cammino; trenta ore delle quali quaranta minuti erano serviti per rilavorare l’elemento, e il resto per smontare e rimontare l’arnia. Fromm, che avrebbe dovuto mantenere un atteggiamento filosofico, era invece livido dalla rabbia, e di quell’umore rimase per tutta l’operazione, insistendo per fare la riparazione da solo. Poi era giunto il laborioso riposizionamento di tutti i blocchi esplosivi, tanto più oneroso in quanto era già stato fatto in precedenza.

«Solo tre millimetri» fece notare Ghosn. Solo l’errato posizionamento di uno dei controlli. Trattandosi di un lavoro manuale, i computer non avevano notato l’errore. Uno dei calcoli di Fromm era stato letto male, e la prima ispezione visuale dell’assemblaggio non l’aveva riportato. «E avevamo quel giorno in più.»

Fromm brontolò appena dietro la sua maschera protettiva, mentre insieme a Ghosn sollevava l’assemblaggio di plutonio e lo rimetteva al suo posto. Cinque 476

minuti più tardi, fu chiaro che l’avevano sistemato nel modo corretto. Le barre di tungsteno-renio furono collocate precisamente al loro posto, poi i segmenti di berillio e il pesante emisfero di uranio esaurito che separava il gruppo primario da quello secondario. Ancora cinquanta blocchi esplosivi, e avrebbero terminato. Fromm ordinò una pausa ― quello che avevano appena finito era un lavoro pesante, e lui voleva un breve attimo di riposo. Gli operai se ne erano già andati, i loro servigi non erano più necessari.

«Avremmo dovuto già aver finito, a quest’ora» disse a bassa voce il tedesco.

«Non è ragionevole attendersi sempre la perfezione, Manfred.»

«Quel bastardo ignorante non sapeva leggere!»

«Il numero sul progetto era poco chiaro.» Colpa tua, non ebbe bisogno di dire Ghosn.

« Allora avrebbe dovuto chiedere

«Come vuole, Manfred. Ma sceglie il momento sbagliato per essere impaziente. Siamo nei tempi.»

Il giovane arabo proprio non poteva capire, Fromm se ne rendeva conto. Il culmine delle ambizioni di tutta la sua vita, e avrebbe dovuto essere già pronto!

«Al lavoro.»

Ci vollero altre dieci ore prima che il settantesimo e ultimo blocco esplosivo fosse posizionato correttamente. Ghosn attaccò il suo filo di collegamento, e fu tutto. Poi porse la mano al tedesco, che la strinse.

«Congratulazioni, Herr Doktor Fromm.»

« Ja. Grazie, Herr Ghosn.»

«Ora dobbiamo soltanto saldare l’involucro, eliminare il vuoto pneumatico ―

ah, mi scusi, il tritio. Come ho fatto a dimenticarmene? Chi si occupa della saldatura?» chiese Manfred.

«Lo farò io. Sono bravo.» La parte superiore dell’involucro della bomba aveva un’ampia flangia che assicurava la sicurezza di quel procedimento, ed era già stato controllato che fosse perfettamente in misura. Gli operai non si erano soltanto occupati del preciso lavoro sulla parte esplosiva dell’arma. Ogni elemento ― a eccezione di quel singolo particolare errato ― era stato tagliato e ridotto seguendo le indicazioni di Fromm, e l’involucro era già stato più volte controllato. Si chiudeva precisamente come la cassa di un orologio.

«Preparare il tritio è facile.»

«Sì, lo so.» Ghosn fece cenno al tedesco di uscire. «È pienamente soddisfatto del progetto e dell’assemblaggio?»

«Completamente» disse Fromm con sicurezza. «Funzionerà precisamente come ho previsto.»

«Eccellente» disse Qati, che attendeva all’esterno con una delle sue guardie.

Fromm si voltò, notando la presenza del comandante e di una delle sue onnipresenti guardie. Erano sporchi, disordinati, si disse Fromm mentre si 477

girava a guardare la valle che si stendeva nell’oscurità; ma doveva ammirarli.

C’era un quarto di luna, ed egli era a malapena in grado di scorgere i contorni del paesaggio. Era così secco e duro. Non era colpa di questa gente se era così spiacevole a vedersi. La terra qui era difficile. Ma il cielo era sereno. Fromm guardò le stelle di quella notte senza nuvole. Più stelle di quelle che avrebbe mai potuto vedere in Germania, specialmente nella Germania Orientale, dove l’atmosfera era così inquinata; pensò all’astrofisica, la via che avrebbe potuto percorrere, così simile a quella che aveva intrapreso.

Ghosn era dietro al tedesco. Si voltò verso Qati e gli fece un cenno con il capo. Il comandante rivolse lo stesso gesto alla sua guardia del corpo, il cui nome era Abdullah.

«Rimane soltanto il tritio» disse Fromm, volgendo loro la schiena.

«Sì» disse Ghosn, «posso occuparmene da solo.»

Fromm era sul punto di dire che rimaneva ancora un’altra cosa. Attese un istante, e non prestò attenzione ai passi di Abdullah. Non ci fu alcun suono quando la guardia impugnò una pistola con silenziatore e la puntò alla testa di Fromm da un metro di distanza. Fromm fece per voltarsi, per accertarsi che Ghosn sapesse veramente cosa fare con il tritio, ma non ce la fece. Abdullah aveva ricevuto un ordine preciso. Doveva essere fatto con delicatezza, come per gli operai. Era un peccato che fosse necessario, pensò Qati, ma lo era, e non c’era nulla da fare. Nulla di tutto ciò rappresentava una preoccupazione per Abdullah, che si limitò a eseguire gli ordini, premendo il grilletto con mano esperta finché la pistola non esplose il colpo. Il proiettile penetrò nella parte posteriore del cranio di Fromm, uscendo subito dopo dalla sua fronte. Il tedesco crollò, accasciandosi a terra. Il sangue zampillò, ma lateralmente, senza raggiungere gli abiti di Abdullah. La guardia attese finché il flusso di sangue non si fu fermato, quindi convocò due compagni per trasportare il corpo fino al camion in attesa. Sarebbe stato seppellito insieme agli operai. Questo almeno era giusto, pensò Qati. Tutti gli esperti nello stesso luogo.

«Un peccato» Ghosn osservò tranquillamente.

«Sì, ma pensi veramente che avremmo potuto utilizzarlo ancora?»

Ibrahim scosse il capo. «No. Sarebbe stato un peso. Non avremmo potuto fidarci di lui. Un infedele, un mercenario. Ma ha onorato il suo contratto.»

«E il macchinario?»

«Funzionerà. Ho controllato le cifre venti volte. È molto meglio di qualsiasi cosa io avrei potuto progettare.»

«Cos’è questa storia del tritio?»

«Nelle batterie. Ho solo bisogno di scaldarle e di far fuoruscire il gas. Poi il gas viene pompato nei due contenitori. Il resto lo sai.»

Qati borbottò. «Me lo hai spiegato, ma non vuol dire che io lo sappia.»

«Questa parte del lavoro potrebbe essere svolta da un laboratorio di chimica di un liceo, né più né meno. Semplice.»

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«E perché Fromm l’ha lasciata per ultima?»

Ghosn scrollò le spalle. «Qualcosa dev’essere lasciato per ultimo. In questo caso, si tratta di un compito facile, tutt’altro che complicato. Forse è questo il perché. Posso farlo adesso, se vuoi.»

«Bene.»

Qati assistette al procedimento. Ghosn caricò le batterie nel forno, una dopo l’altra, poi regolò il forno su un livello di calore basso. Un tubo di metallo e una pompa aspirante estrassero il gas emesso da ognuna di esse. Ci volle meno di un’ora.

«Fromm ci ha mentito» Ghosn osservò quando ebbe finito.

«Cosa?» Qati chiese, allarmato.

«Comandante, c’è quasi il quindici per cento in più di tritio rispetto a quello che ci aveva detto. Meglio così.»

Il passo successivo fu ancora più semplice. Ghosn controllò attentamente che ogni deposito fosse sigillato in caso di fughe d’aria e di pressione ― era il sesto di questi controlli: il giovane ingegnere aveva imparato bene dal suo maestro tedesco ― poi trasferì il tritio. Le valvole erano state chiuse con perni a chiavetta, in modo da evitare il rischio di apertura a causa delle vibrazioni.

«Finito» annunciò Ghosn. Le guardie sollevarono la parte superiore dell’involucro della bomba e lo sistemarono al suo posto. Combaciava perfettamente. Ghosn mise un’ora a saldarlo. Un altro test confermò che l’involucro era perfettamente sigillato. Poi attaccò una pompa aspirante Leybold all’involucro.

«Dove devi arrivare esattamente?»

«Un milionesimo di atmosfera è quello che abbiamo stabilito.»

«Si può fare? Non danneggerà…»

Ghosn parlò quasi come Fromm, con sorpresa di entrambi. «Comandante, per cortesia. Tutto ciò che viene pressurizzato all’interno è aria. Non ti farà del male, e non danneggerà questo involucro d’acciaio, non credi? Ci vorrà qualche ora, e potremo anche provare di nuovo l’integrità dell’involucro.»

Cosa che era stata fatta almeno altre cinque volte. Anche senza la saldatura, l’involucro reggeva bene. Ora che era diventato un unico pezzo di metallo, sarebbe stato perfetto come la missione richiedeva. «Possiamo concederci qualche ora di sonno. Un po’ di attività non rovina la pompa.»

«Quando sarà pronta per il trasporto?»

«Domani mattina. Quando salpa la nave?»

«Fra due giorni.»

«Perfetto.» Ghosn fece un gran sorriso. «Abbiamo tempo da vendere.»

Prima di tutto, Marvin fece visita alla sede locale della Colorado Federal Bank and Trust. Stupì e deliziò il vicepresidente della filiale facendo una 479

telefonata in Inghilterra e ordinando il trasferimento diretto in conto di cinquecentomila dollari. I computer rendevano le cose molto più semplici. Nel giro di qualche secondo egli ebbe la conferma che il signor Robert Friend era ricco quanto diceva di essere.

«Potrebbe consigliarmi un buon agente immobiliare locale?» chiese Russell al premurosissimo banchiere.

«Proprio lungo la strada, la terza porta sulla destra. Avrò il suo libretto degli assegni pronto per quando farà ritorno.» Il banchiere lo guardò allontanarsi e chiamò velocemente sua moglie, che lavorava nell’agenzia immobiliare. Quando Marvin giunse all’ingresso dell’ufficio, lei lo stava aspettando sulla porta.

«Signor Friend, benvenuto a Roggen!»

«Grazie, è bello essere di nuovo qui.»

«È stato via?»

«Ho passato del tempo in Arabia Saudita» spiegò Russell/Friend. «Ma mi mancavano i miei inverni.»

«A che tipo di casa stava pensando?»

«Oh, un ranch di medie dimensioni, un posto dove possa allevare un po’ di bestiame.»

«Casa, fienile…?»

«Sì, una casa abbastanza grande. Non troppo, non ne ho bisogno ― ci sono solo io, capisce ― direi sui trecento metri quadri. Ma posso scendere di dimensioni in cambio di buona terra.»

«È originario di questi posti?»

«Del Dakota, veramente, ma ho bisogno di essere più vicino a Denver per il trasporto — trasporto aereo, intendo. Lo uso molto. Il mio vecchio terreno è troppo lontano da tutto.»

«Avrà bisogno di aiuto per mandare avanti il suo ranch?»

«Sì, ne avrò bisogno, diciamo un posto abbastanza grande per due mani ―

magari una coppia. Veramente dovrei avere un posto più vicino alla città, ma dannazione, voglio poter mangiare la mia carne.»

«So cosa intende» annuì l’agente immobiliare. «Ho proprio un paio di posti che potrebbero piacerle.»

«Andiamo a vederli, allora.» Russell sorrise alla donna. La seconda era perfetta. Appena fuori dall’uscita 50, cinquecento acri, una vecchia e bella fattoria con una cucina nuova, un garage per due auto, e tre grosse costruzioni esterne. La terra circondava la fattoria in tutte le direzioni, vi era uno stagno circondato dagli alberi a mezzo miglio dalla casa, e un sacco di spazio per quel bestiame che Russell non avrebbe mai visto.

«Questa è sul mercato da cinque mesi. Il proprietario chiede quattrocentomila» disse l’agente, «ma potremmo probabilmente ottenerla per trecentocinquantamila.»

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«Okay» disse Russell, controllando l’accesso alla Interstate 76. «Dica loro che se firmano il contratto entro questa settimana, farò un deposito di cinquantamila, il saldo in… diciamo quattro o cinque settimane. Nessun problema per il pagamento. Salderò tutto in contanti non appena il trasferimento del mio denaro sarà completato. Ma… voglio prenderne possesso immediatamente. Dio, odio vivere negli alberghi, ci ho passato fin troppo tempo. Pensa che possiamo ottenerlo?»

L’agente immobiliare gli rivolse un radioso sorriso. «Penso di poterglielo garantire.»

«Fantastico. Dunque, come sono andati i Denver Broncos quest’anno?»

«Otto e otto. Stanno risalendo. Mio marito e io abbiamo i biglietti per tutta la stagione. Cercherà di procurarsi il biglietto per il superbowl?»

«Mi piacerebbe.»

«Sarà piuttosto dura» lo avvertì l’agente immobiliare.

«Troverò il modo.»

Un’ora e una telefonata dopo, l’agente immobiliare ritirò un assegno di cinquantamila dollari dal banchiere suo marito. Furono fornite indicazioni a Russell su dove avrebbe trovato i mobili e gli elettrodomestici. Dopo un’ora, Russell acquistò un pulmino Ford dal concessionario locale e si diresse al suo nuovo ranch. Parcheggiò in uno dei granai. Avrebbe tenuto l’auto a noleggio per un po’. Doveva passare un’altra notte nel motel, poi si sarebbe trasferito nella sua nuova abitazione. Ma non provava alcun senso di conquista. C’era ancora tanto da fare.

Cathy Ryan si ritrovò a prestare molta più attenzione ai giornali, adesso.

Erano bravi a riportare scandali e informazioni segrete, e ora in lei si era svegliato un interesse per quel genere di cose che in precedenza non aveva mai avuto ― e questo lo doveva soprattutto all’interessamento di Robert Holtzman.

Sfortunatamente, gli ultimi articoli che riguardavano i problemi della CIA erano più generici, e si concentravano in special modo sui mutamenti in atto in Unione Sovietica ― cose che lei faceva una certa fatica a comprendere. Era un argomento al quale proprio non era mai stata molto interessata ― allo stesso modo in cui Jack non si eccitava particolarmente alle conquiste della chirurgia oculistica. Finalmente fu pubblicato un pezzo che riguardava certe scorrettezze finanziarie e un “funzionario molto esperto”. Quello era il secondo argomento, e Cathy realizzò che, se si fosse trattato di Jack, in casa avrebbe trovato tutta la documentazione relativa all’indagine. Era una domenica, e Jack era andato di nuovo al lavoro, lasciandola ancora una volta sola a casa con i bambini. I bambini stavano godendosi la fredda mattina davanti al televisore. Iniziò a consultare i documenti finanziari.

Erano un disastro. L’organizzazione economica era un’altra cosa che non interessava alla dottoressa Caroline Ryan, e Jack ne aveva assunto la 481

responsabilità più o meno in contumacia, così come la cucina spettava a lei. Ella non era nemmeno a conoscenza del sistema di archiviazione, ed era certa che Jack non si sarebbe mai aspettato che lei un giorno potesse affrontare quel colossale caos di documenti. Durante la sua opera di consultazione, scoprì che la finanziaria che si occupava delle loro azioni stava operando piuttosto bene al momento. Normalmente, lei vedeva soltanto i bilanci di fine anno. Il denaro non la interessava più di tanto. La casa era stata pagata. I fondi per l’educazione dei figli erano già sistemati. La famiglia Ryan effettivamente viveva grazie ai salari combinati dei due “dottori Ryan”, il che consentiva ai loro investimenti di crescere, mentre appesantiva le loro tasse annuali ― anche questa una cosa di cui si occupava Jack, con l’aiuto dell’avvocato di famiglia. Il più recente saldo del loro guadagno la fece sobbalzare.

Cathy decise all’istante di aggiungere alla lista per gli auguri di Natale i responsabili dei loro investimenti. Ma non era quello che stava cercando. Lo trovò alle due e mezza del pomeriggio. Il fascicolo era semplicemente denominato “Zimmer”, e naturalmente si trovava nell’ultimo cassetto che controllò.

Il fascicolo “Zimmer” era alto diversi centimetri. Cathy sedette a gambe incrociate sul pavimento prima di decidersi ad aprirlo, la testa già le doleva per lo sforzo compiuto nella ricerca e per la compressa di Tylenol che avrebbe dovuto prendere ma che non aveva preso. Il primo documento era una lettera di Jack a un avvocato ― non il loro avvocato, quello che aveva redatto i loro testamenti e che si occupava delle loro tasse e del resto della loro routine ―

nella quelle dava istruzioni per organizzare un fondo monetario per l’educazione di sette bambini, numero che era aumentato a otto diversi mesi dopo, notò Cathy. Il fondo era stato iniziato con un versamento di più di mezzo milione di dollari, ed era gestito come un pacchetto di azioni dagli stessi responsabili che si occupavano degli investimenti della famiglia Ryan. Cathy fu sorpresa nel vedere che Jack si era sbilanciato nel fare delle vere e proprie raccomandazioni per questo conto, una cosa che non aveva mai fatto per il proprio. Non aveva nemmeno perso il suo tocco. Gli interessi del pacchetto “Zimmer” ammontavano al ventitré per cento. Altri centomila dollari erano stati investiti in un’attività ―

una società “Sotto-Capitolo-S”, ella notò, qualsiasi cosa ciò potesse significare

— con la Southland Corporation come… ah, realizzò, un 7-Eleven. Era una società del Maryland, il cui indirizzo era…

È solo a poche miglia da qui! Si trovava, in effetti, appena usciti dalla Route 50, e ciò significava che Jack ci passava due volte al giorno, andando e tornando dall’ufficio.

Comodo!

Dunque, chi diavolo era Carol Zimmer?

Conti medici? Ostetrici?

La dottoressa Marsha Rosen! La conosco! Se Cathy non fosse stata in facoltà alla Johns Hopkins, avrebbe usato Marsha Rosen per le sue gravidanze; la 482

Rosen era una laureata di Yale, e la sua reputazione era notevole.

Una figlia? Jacqueline Zimmer? Jacqueline? pensò Cathy, mentre il suo viso si faceva paonazzo. Poi le lacrime iniziarono a scendere lungo le guance.

Bastardo! Non puoi darmi un altro figlio, ma ne hai dato uno a lei, vero?

Controllò le date, poi riandò indietro con la memoria: Jack non era tornato a casa, quel giorno, se non molto tardi. Si ricordava, perché aveva dovuto cancellare un invito a cena da…

Lui era lì! Era lì per il parto,vero? Di quali altre prave ho bisogno! Il trionfo per la scoperta si tramutò subito in nera disperazione.

Il mondo poteva finire così facilmente, pensò Cathy. Un piccolo pezzo di carta poteva essere decisivo, e poi più nulla. Era tutto finito.

Ma è finita?

Come poteva non esserlo? Anche se lui avesse ancora voluto ― lei lo voleva?

E i bambini? si chiese Cathy. Richiuse il fascicolo e lo rimise al suo posto senza alzarsi. «Sei un dottore» ricordò a se stessa. «Devi pensare prima di fare qualsiasi cosa.»

I ragazzi avevano bisogno di un padre. Ma che tipo di padre era lui? Era fuori di casa tredici, quattordici ore al giorno, spesso sette giorni alla settimana. Era riuscito a portare suo figlio a una ― solo una! ― partita di baseball, nonostante lui lo pregasse in continuazione. Era fortunato se assisteva alla metà delle partite del piccolo Jack. Mancava ogni riunione di scuola, le recite di Natale, tutto il resto. Cathy era stata quasi sorpresa nel vederlo a casa la mattina di Natale. La sera precedente, preparando i regali, lui si era ubriacato di nuovo, e lei non si era nemmeno disturbata a cercare di piacergli. Che senso c’era? Il suo regalo per lei… be’, era abbastanza bello, ma il genere di cosa che un uomo può trovare in pochi minuti di shopping, niente di speciale…

Shopping.

Cathy si sollevò e controllò la posta sulla scrivania di Jack. Gli estratti ―

conto delle sue carte di credito erano nel mucchio. Ne aprì uno e scoprì diversi conti da Harley’s, a Londra. Seicento dollari? Ma se aveva acquistato soltanto un regalino per il piccolo Jack, e due cosine per Sally. Seicento dollari!

Spese natalizie per due famiglie, Jack?

«Di quante prove hai ancora bisogno, piccola Cathy?» si chiese nuovamente ad alta voce. «Oddio oddio oddio…»

Non si mosse per molto tempo, né vide o sentì altro se non la propria stessa miseria. Soltanto la madre, nel suo subconscio, si rendeva conto dei rumori fatti dai bambini nella stanza dei giochi. Jack fece ritorno a casa poco dopo le sette quella sera, piuttosto soddisfatto di se stesso per essere riuscito a tornare un’ora prima del solito, e ancora più felice per il fatto che l’operazione in Messico era ormai cosa concreta. Tutto quello che gli restava da fare era farla approvare dalla Casa Bianca ― e Fowler l’avrebbe fatto, stavolta; nonostante i rischi, nonostante il suo disprezzo per le operazioni segrete, l’occasione era troppo 483

ghiotta per il politico che c’era in lui ― e poi attendere che Clark e Chavez la portassero a termine e che le sue azioni salissero considerevolmente. Tutto sarebbe cambiato. Le cose sarebbero migliorate. Avrebbe risolto molte cose.

Per prima cosa, si sarebbe concesso una vacanza. Era giunto il momento. Una settimana, forse due, e se qualche stronzetto della CIA si fosse presentato con dei documenti da controllare, Ryan con ogni probabilità lo avrebbe ammazzato.

Voleva un po’ di libertà dal lavoro, e se la sarebbe presa. Due settimane buone.

Avrebbe fatto saltare la scuola ai ragazzi e sarebbero andati a trovare Topolino, proprio come Clark aveva suggerito. Domani avrebbe fatto le prenotazioni.

«Sono a casa!» annunciò Jack. Silenzio. Strano. Andò da basso e trovò i bambini di fronte al televisore. Ci stavano dannatamente troppo, davanti a quel televisore, ma era colpa sua. Avrebbe fatto cambiare anche quello. Avrebbe diminuito le sue ore di lavoro. Era tempo che Marcus svolgesse il suo compito fino in tondo, invece di fare orario da bancario e lasciare a Jack tutto il dannato lavoro. «Dov’è la mamma?»

«Non so» disse Sally senza distogliere lo sguardo dalla massa viscosa verde e arancione di fonte a lei.

Ryan risalì ed entrò in camera per cambiarsi. Ancora nessuna traccia di sua moglie. La trovò mentre trasportava un cesto di biancheria da lavare. Jack si fermò sul suo cammino, sporgendosi verso di lei per baciarla, ma Cathy si ritrasse e scosse il capo. Okay, non era così importante.

«Cosa c’è per cena, amore?» egli chiese allegramente.

«Non so. Perché non prepari qualcosa tu?» Era il suo tono, il modo brusco con cui aveva risposto senza provocazione.

«Cosa ho fatto?» chiese Jack. Era già sorpreso, ma non aveva avuto abbastanza tempo per afferrare il suo comportamento. L’espressione dei suoi occhi aveva qualcosa di alieno, e quando gli rispose, la sua voce lo fece rabbrividire.

«Niente, Jack, non hai fatto proprio niente.» Lo superò stringendo il cesto e scomparve dietro l’angolo.

Rimase lì, appoggiato alla parete, a bocca aperta senza sapere cosa dire, senza aver capito perché mai sua moglie avesse improvvisamente deciso di disprezzarlo.

Ci volle soltanto un giorno e mezzo da Latakia al Pireo. Bock aveva trovato una nave destinata al porto giusto, eliminando il cambio a Rotterdam. Qati non gradiva che il piano originario subisse dei cambiamenti, ma un attento controllo delle spedizioni via mare aveva fatto loro capire che i cinque giorni risparmiati avrebbero potuto rivelarsi importanti, e dunque decise di acconsentire alla modifica. Lui e Ghosn osservarono la gru mentre sollevava il container e lo caricava sul ponte della Carmen Vita, una nave cargo battente bandiera greca di servizio nel Mediterraneo.

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Sarebbe giunta negli Stati Uniti in undici giorni. Qati pensò che avrebbero potuto procurarsi un aeroplano e organizzare il trasporto in modo più veloce, ma sarebbe stato troppo pericoloso. Undici giorni. Sarebbe stato in grado di vedere il suo dottore un’altra volta, e avrebbe avuto anche il tempo di volare in America per controllare che tutti i dettagli fossero a posto. Gli uomini assicurarono il container al suo posto. Sarebbe stato ben protetto, al centro della nave, con altre scatole sopra; tutto a poppa, in modo che le tempeste invernali non lo potessero colpire direttamente. I due uomini entrarono in un bar del porto e attesero che la nave salpasse, poi volarono a Damasco, e da lì si diressero in auto fino al loro quartier generale. Il laboratorio nel quale era stata costruita la bomba era già scomparso ― messo in naftalina, sarebbe stata l’espressione giusta. I cavi dell’elettricità erano stati tagliati, e i vari ingressi erano stati ricoperti dalla terra.

Se qualcuno fosse passato con un camion pesante sul tetto mimetizzato avrebbe avuto una grossa sorpresa, ma l’ipotesi non era realistica. Era possibile che dovessero usare l’impianto un’altra volta, e quella possibilità li aveva convinti a non spostare i macchinari in qualche altro nascondiglio. La soluzione più logica fu ricoprire e nascondere l’impianto.

Russell volò a Chicago per assistere ai playoff di football. Si portò dietro una macchina fotografica, una costosa Nikon F4, e consumò due rullini di pellicola a colori 100 ASA per fotografare i camion della ABC ― la troupe di Monday Night Football si stava occupando di questa partita ― prima di prendere un taxi per l’aeroporto. Il volo andò talmente liscio che egli riuscì a seguire la partita alla radio, guidando dallo Stapleton International di Denver fino alla sua nuova casa appena fuori dalla Interstate 76. I Chicago Bears vinsero ai supplementari per 23 a 20. Ciò significava che Chicago avrebbe avuto l’onore di perdere la prossima settimana contro i Vikings al Metrodome. La squadra del Minnesota era stata ferma una “giornata” durante la prima settimana di partite di qualificazione. Lo stiramento inguinale di Tony Wills sarebbe presto guarito del tutto, e quel novellino, fece notare l’annunciatore alla radio, aveva sfiorato le duemila iarde di corsa con la palla nella sua prima stagione nella NFL, più ottocento iarde come ricevitore. Russell era riuscito a seguire quasi tutta la partita della AFC, poiché era stata giocata sulla costa occidentale. Non c’erano state sorprese, ma era sempre football.

Il sommergibile americano Maine lasciò l’attracco senza inconvenienti. I rimorchiatori lo fecero virare, puntando la sua prua verso il canale, e restando nei paraggi nel caso l’assistenza si fosse rivelata necessaria. Il capitano Ricks era appoggiato alla balaustra sulla parte superiore del sommergibile, a poppa della cabina di pilotaggio. Il tenente di vascello Claggett era di turno alla sala di controllo. In realtà era il navigatore a dirigere la manovra, usando il periscopio per segnare le posizioni che il guardiamarina diligentemente controllava sulla mappa, assicurandosi che il sommergibile si mantenesse al centro del canale e 485

puntasse nella giusta direzione. Il viaggio verso il mare aperto era piuttosto lungo. Su tutta l’imbarcazione gli uomini continuavano a stivare gli equipaggiamenti. Quelli che non erano di turno ne approfittavano per riposarsi. Presto sul Maine sarebbero ripresi i regolari turni di sei ore. I marinai si concentrarono per abbandonare definitivamente le loro abitudini terrestri e per adattarsi di nuovo alla vita in mare. Famiglie e amici dovevano rimanere su un altro pianeta. Per i prossimi due mesi il loro universo non sarebbe andato oltre la carlinga d’acciaio del loro sommergibile. Mancuso lo guardò salpare, come faceva sempre con tutte le sue navi. Era una vergogna, decise, che non ci fosse il modo di allontanare Ricks dal sommergibile. Ma non si poteva. Avrebbe incontrato il gruppo fra qualche giorno per discutere di faccende di routine. Durante quella riunione, avrebbe espresso i suoi timori su Ricks. Non sarebbe stato in grado di andare troppo lontano per quella prima volta, avrebbe soltanto informato il gruppo dei suoi dubbi circa il comandante. Il carattere semi-politico della cosa irritava Mancuso, a cui piacevano le cose fatte alla luce del sole, come si usava in Marina. Ma la Marina aveva anche le sue regole di comportamento, e in assenza di cause sostanziali che avrebbero deciso l’intervento diretto, tutto ciò che poteva fare era esprimere la sua preoccupazione per Ricks e il suo modo di affrontare le cose. Oltretutto il gruppo era comandato da un altro di quei superingegneri che probabilmente avrebbe avuto fin troppa simpatia per Harry.

Mancuso cercò di trovare un’emozione per quel momento, ma non vi riuscì.

La sagoma grigia diveniva sempre più piccola a mano a mano che procedeva lungo le acque calmissime del porto, uscendo per la sua quinta missione di ricognizione, come i sommergibili americani avevano fatto per gli ultimi trentanni. Sempre i soliti affari, con tutti i cambiamenti in atto nel mondo, si trattava soltanto di quello. Il Maine salpava verso il mare aperto, per garantire il mantenimento della pace attraverso la minaccia della forza più inumana che potesse esistere. Il commodoro scosse il capo. Era come gestire una ferrovia. E

lui era sempre stato un uomo da attacco. Ma funzionava, aveva funzionato, e probabilmente avrebbe continuato a funzionare per chissà quanti anni a venire, si disse Bart, e sebbene non tutti i capitani fossero come Mush Morton, tutti riportavano indietro le loro navi. Salì sulla sua auto ufficiale blu e disse all’autista di riportarlo in ufficio. Le scartoffie lo chiamavano.

Almeno i ragazzi non si erano accorti di nulla. Jack fu confortato da quel pensiero. I ragazzi vivevano come spettatori in un mondo altamente complesso, che richiedeva anni di istruzione per essere apprezzato, e prendevano nota sostanzialmente soltanto delle parti che riuscivano a capire; il che non comprendeva un papa e una mamma che non si parlavano. Non sarebbe durata per sempre, naturalmente, ma avrebbe potuto durare abbastanza da consentir loro di appianare le cose. Probabilmente sarebbe andata così, pensò Jack. Ne era sicuro.

Non aveva idea di quale fosse il problema, né sapeva cosa fare. Quel che 486

avrebbe dovuto fare, naturalmente, era tornare a casa a un’ora decente, magari portarla fuori a cena in un posto carino e… ma quello non era possibile con due bambini a scuola. Trovare una baby-sitter nel bel mezzo della settimana e così lontano dalla città era poi praticamente impossibile. Un’altra possibilità era semplicemente andare a casa e prestare più attenzione nei suoi confronti, e puntare a…

Ma non poteva contare sulla sua abilità nel fare una cosa del genere, e un altro errore avrebbe soltanto peggiorato le cose.

Sollevò lo sguardo dalla sua scrivania, osservando i pini che circondavano il terreno della CIA. La simmetria era perfetta. Il suo lavoro stava mandando in malora la sua vita in famiglia, e ora la sua vita in famiglia rischiava di mandare in malora il suo lavoro. Così, adesso, non vi era nulla che lui potesse fare nel modo giusto. Carino, davvero. Ryan si alzò dalla sua scrivania e uscì dal suo ufficio, dirigendosi distrattamente fino al primo chiosco. Lì giunto, acquistò il suo primo pacchetto di sigarette in… cinque anni? Sei? Strappò comunque il rivestimento di cellophane ed estrasse una sigaretta dal pacchetto. Uno dei vantaggi di avere un ufficio privato era il fatto di poter fumare senza alcuna interferenza — la CIA era diventata, da quel punto di vista, uguale a tutti gli altri uffici governativi; nella maggioranza dei casi si poteva fumare soltanto nei bagni. Fece finta di non vedere l’espressione di disapprovazione dipinta sul viso di Nancy mentre faceva ritorno nel suo ufficio, poi si mise a cercare un posacenere nella sua scrivania prima di accendere la sigaretta.

Quello era, decise un minuto più tardi ― mentre l’iniziale giramento di testa si impadroniva di lui ― uno dei piaceri della vita su cui si poteva sempre contare.

Un altro era l’alcol. Ingerivi quelle sostanze e ottenevi il risultato desiderato, il che spiegava la loro popolarità nonostante i danni alla salute di cui ognuno era perfettamente informato. Alcol e nicotina, le due cose che trasformavano una vita intollerabile in qualcos’altro. Mentre l’accorciavano.

Non era stupendo? Ryan fu sul punto di ridere della sua incredibile stupidità.

Quale altra parte di sé avrebbe distrutto ora? Ma importava qualcosa?

Il suo lavoro importava qualcosa. Di ciò era sicuro. Quello era ciò che l’aveva proiettato in questo macello, in un modo o nell’altro. Era quello il principale fattore distruttivo della sua vita, ma non poteva lasciarlo più di quanto non potesse cambiare il resto.

«Nancy, per cortesia faccia venire il signor Clark.»

John arrivò due minuti più tardi. «Ah, diavolo, dottore!» osservò quasi immediatamente. «E adesso cosa dirà la mogliettina?»

«Niente di niente.»

«Scommetto che si sbaglia.» Clark aprì una delle finestre per cambiare un poco l’aria. Aveva smesso di fumare molto tempo prima. Era l’unico vizio di cui aveva paura. Aveva ucciso suo padre. «Cosa desidera?»

«Come va l’equipaggiamento?»

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«In attesa del suo “via” per costruirlo.»

«Via» Jack disse semplicemente.

«Ha avuto l’ordine di partire con la missione?»

«No, ma non ne ho bisogno. Diremo che farà parte dello studio sulla fattibilità della cosa. Quanto per mettere insieme il tutto?»

«Tre giorni, mi dicono. Avremo bisogno di qualche aiuto da parte dell’Aeronautica.»

«Cosa mi dici del lato computer?»

«Il programma è già stato convalidato. Hanno preso nastri da sei diversi aerei, e hanno abbassato il rumore. Non ci sono mai volute più di due o tre ore per fare un’ora di nastro.»

«Città del Messico dista da Washington…»

«Dipende dal tempo, al massimo poco meno di quattro ore. Fare il nastro completo sarà lavoro di una notte» valutò Clark. «Qual è il programma del Presidente?»

«La cerimonia di arrivo è lunedì pomeriggio. La prima riunione di lavoro è prevista per il mattino seguente. Cena di stato martedì sera.»

«Lei ci va?»

Ryan scosse il capo. «No, andiamo a quella di una settimana prima ― ehi, non è poi così lontano, vero? Chiamerò l‘89° Stormo ad Andrews. Fanno sempre decolli di esercitazione. Far salire a bordo la tua squadra non sarà difficile.»

«Ho selezionato tre squadre. Tutti ex operatori segreti alle informazioni elettroniche dell’Aeronautica e della Marina» disse Clark. «Sanno il loro mestiere.»

«Okay, procedi di corsa.»

«Ci conti, dottore.» Jack lo guardò allontanarsi e si accese un’altra sigaretta.