«Per la tomba di Gioiella ci pensiamo noi» gli aveva detto il fidanzato di Gelsomina, il giorno in cui Gerri era al Cimitero, assieme a un grande architetto, specialista in monumenti funebri, venuto apposta da Milano per il mausoleo di Luna, senza nessun limite di spesa.

«Va bene» gli aveva frettolosamente risposto, camuffando il suo totale compiacimento.

Gli sembrava una liberazione, non occuparsene più. Chiudere finalmente anche con quell’ipoteca, per sempre cancellare anche la malattia vera di sua figlia, ora che più non c’erano testimoni, e abbandonarsi all’illusione dolcissima che fosse davvero morta di cuore. Una malattia che colpiva soprattutto i bambini, quella di cuore, niente d’eccezionale. Molti ci morivano di cuore, e pure la sua bambina, dunque.

Si sentì leggero, dopo quasi vent’anni non lo sentì più quel macigno sul petto, insopportabile da portare. Cazzo, peccato che lo capiva solo in quel momento, era una scoperta fenomenale, la sua, la verità era come ognuno se la raccontava e ci credeva.

Questa cazzo di verità, su cui tutti pontificavano, che tutti reclamavano, doveva fare star bene, non male, non da cani. Ora per lo più la verità, il concetto di verità, come generazioni di minghioni lo passavano in eredità ad altri poveri minghioni, era più un debito che un valore, più una dannazione che una soluzione.

Mentre, se uno aveva un cervello d’oro, come ce l’aveva lui, si costruiva di volta in volta la verità, come voleva fosse, e ci campava felice tutta la vita con la sua verità.

Applicando questo nuovo concetto di verità, rivide tutta la sua vita, la corresse, e si sentì felice. Ora finalmente tutto quadrava.

La sua intolleranza al vino non nascondeva affatto la sua esperienza di garzone, quanto invece la sua passione per il più costoso, il più snob dei vini, la sciampagna.

La sua adorata figlia era nata con una malformazione cardiaca, niente d’eccezionale, dunque.

Aveva avuto un pensiero geniale, che andava brevettato, che avrebbe cambiato la vita del mondo, di tanti infelici che s’ammazzavano perché schiacciati dalla cazzo di verità, e morivano da fessi, da testediminghia, senza sospettare che si potesse combattere contro quel virus pericolosissimo, mortale, contagioso, solo sparandogli contro una loro artigianale verità.

Provò a calare la sua teoria sul suicidio di Gioiella. Se non si fosse arresa alla verità assassina dell’abbandono, se invece avesse opposto una sua salvifica verità, facciamo conto che si fosse stufata del bullo, che lo avesse mandato affanculo, la sua vita avrebbe avuto tutt’altro corso.

Chissà quanti filosofi avevano studiato e scritto sulla Verità, ma di fatto nessuno aveva trovato un rimedio, una via d’uscita da quell’inferno.

Peccato che, ormai a quasi 70 anni, non avrebbe potuto godere a lungo di questa sua straordinaria scoperta. Ah minghia! Ci stava ricadendo, tornava a insidiarlo la verità del mondo, la verità delle testediminghia, la verità cosiddetta oggettiva.

Non ci cascava più, in tempo lo soccorse subito la sua verità. E la sua verità era che aveva davanti una vita lunghissima, che avrebbe avuto una moglie fantastica, dei figli maschi e sani, che avrebbero fatto espandere in tutto il mondo la Gerri Soap and sons.

Le tombe, gemelle, semplici, di marmo bianco furono costruite in quindici giorni. Su quella di Gioiella c’era scritto il suo nome, su quella di Luna, non c’era scritto il nome, c’era scritto soltanto «MIA FIGLIA».

In una tomba c’era davvero un corpo, il corpo di Gioiella, nell’altra no, non ci sarebbe stato mai.

Il corpo di Luna, ostaggio di Gerri, sarebbe stato seppellito nel mausoleo, col suo nome e cognome scritti in oro, e chissà con quante inutili frasi d’effetto, magari in rima, tipo poesia, commissionate a qualche sedicente poetuncolo di paese, per qualche soldo.

Su ognuna delle due tombe Gelsomina pose una sua scultura, il volto di Gioiella aveva gli occhi ridenti e un che di felicità, come mai da viva. Era così che aveva voluto la ragazza, quando glielo aveva chiesto, come faceva con tutti i morti, prima di scolpirne la statua.

Per la tomba di sua figlia, invece, aveva scolpito il volto d’una bambina sul petto della Madonna. Poteva essere la Madonna, ma solo perché si era al Cimitero, poteva però anche essere una madre che stringeva al petto sua figlia, in un abbraccio senza fine. Tutte e due al sole, al Sole per sempre.