Mary si rilassa sul sedile per osservare la mia reazione e ha l’aria goduta nel vedere il mio disorientamento. Mentre annaspo alla ricerca delle parole per risponderle mi sorge di colpo un dubbio: forse ha saputo la verità per tutti questi anni.

«I-io...»

Mi sorride col suo lento sorriso malizioso e torna a fissare i binari. Il treno si avvicina. Lo sento fischiare e le luci del passaggio a livello iniziano a lampeggiare con esasperante frequenza.

Ho il viso irrigidito nel tentativo di nascondere la mia reazione, ma alla fine riesco a dire qualcosa.

«Però mi sembra... mi sembra difficile da credere, non ti pare? Perché avrebbero dovuto uccidere Ambrose?»

Alza e abbassa pesantemente le larghe spalle.

«E che ne so? Ma è più credibile dell’idea di lui che si uccide e lascia i ragazzi a sbrogliarsela da soli. Come ho detto, avrebbe camminato nel fuoco per loro, specialmente per Kate. Non che quella stronzetta se lo meritasse.»

Resto a bocca aperta.

«Che cos’hai detto?»

«Ho detto che avrebbe camminato nel fuoco per i ragazzi» ripete. Mi ride in faccia senza ritegno. «Che cosa pensavi che avessi detto?»

Sento divampare la rabbia, e all’improvviso tutti i sospetti che nutrivo su Kate mi sembrano volgari pettegolezzi. Davvero sono disposta a lasciare che voci e insinuazioni mi mettano contro una delle mie più vecchie amiche?

«Non ti è mai piaciuta, vero?» dico seccamente incrociando le braccia. «Ci godresti se la polizia la interrogasse per questo.»

«Devo dire la verità? Sì», risponde Mary.

«Perché?» La mia domanda diventa una specie di urlo lamentoso, come la voce che avevo da bambina. «Perché la odi tanto?»

«Io non la odio. Ma non è certo una santa, quella troietta. E nemmeno voialtre.»

Troietta? Per un attimo penso di non aver sentito bene. Ma dalla sua faccia capisco che non è così, e all’improvviso la voce mi trema di collera.

«Come l’hai chiamata?»

«Mi hai sentito benissimo.»

«Non crederai davvero a quei disgustosi pettegolezzi su Ambrose? Come fai a pensare a una cosa del genere? Era tuo amico!»

«Su Ambrose?» Solleva un sopracciglio e curva le labbra. «Non lui. Lui ha cercato di fermarli. Ecco perché voleva allontanarli.»

All’improvviso mi sento gelare. Allora è vero. Thea aveva ragione. Ambrose stava davvero per mandare via Kate.

«Che... che cosa intendi? Fermare cosa?»

«Vuoi dire che non lo sai?» Fa una risata secca e senza allegria, come il latrato di un cane. «Ah. La tua cara amica andava a letto con suo fratello. Ecco quello che Ambrose aveva scoperto, ecco perché cercava di allontanarli l’uno dall’altro. La sera che Ambrose gliel’ha detto sono andata al Mill, e le urla di Kate si sentivano da lontano, ancora prima che bussassi alla porta. Se la prendeva con lui. Lanciava oggetti. Lo insultava con parole che non pensavo che una ragazzina di quell’età conoscesse. Bastardo qui e stronzo senza cuore là. Ti prego non lo fare, dice, pensa a quello che fai. E poi, visto che quei discorsi non funzionavano, ha detto che gliel’avrebbe fatta pagare, una minaccia in piena regola, quella sfacciata. Me ne sono andata il più in fretta possibile, e li ho lasciati là a litigare come cani, ma avevo sentito abbastanza. E poi la notte successiva lui scompare. Adesso dimmi che cosa dovrei pensare, Miss Santarellina. Che cosa dovrei pensare, quando un mio caro amico scompare e la figlia non denuncia la sua sparizione per settimane, e alla fine le sue ossa ricompaiono in una fossa? Dimmelo tu.»

Ma non posso dire nulla. Non sono nemmeno in grado di parlare. Non posso far altro che rimanere là seduta e ansimante. Poi il sangue mi torna di colpo in circolo e sgancio a tastoni la cintura, spalanco la portiera e prendo Freya dal sedile posteriore, mentre il treno passa sferragliando urlandomi la sua velocità in faccia.

Quando sbatto la portiera con la mano che trema, lei si china dal mio lato e con la profonda voce rasposa sovrasta con facilità il ruggito del treno.

«Quella ragazza ha le mani sporche di sangue, e non soltanto di sangue di pecora.»

«Come...» riesco a dire, ma ho la gola chiusa e le parole mi soffocano. Mary però non aspetta che finisca. Quando le luci smettono di lampeggiare e la sbarra inizia a sollevarsi, il motore riprende vita e riparte con uno scossone attraverso i binari, lasciandomi là a bocca aperta.

Non posso permettere che vada avanti così. È tutto sbagliato.

Sono ancora lì che tento di venire a capo delle parole di Mary quando le luci ricominciano a lampeggiare per il treno diretto a sud.

Ho ancora il tempo di attraversare i binari. Potrei correre dietro a Mary, raggiungerla alla stazione, chiederle di chiarire ciò che intendeva.

Ma ormai penso di sapere.

È tutto sbagliato.

O posso prendere il prossimo treno con Freya. Tra due ore sarei a Londra al sicuro dimenticando tutta questa storia.

Ha le mani sporche di sangue.

Invece giro il passeggino e inverto la direzione. Torno al Mill.

Il gioco bugiardo
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