È tardi. Ci siamo trascinate fuori dall’acqua, ridendo e imprecando, graffiandoci le caviglie sul legno marcito e scheggiato, ci siamo tamponate i capelli e il corpo ricoperto di pelle d’oca. Fatima si è cambiata i vestiti bagnati, scuotendo la testa davanti alla propria stupidità, e adesso siamo stravaccate assonnate sul logoro divano di Kate, in pigiama e vestaglia, un groviglio di membra esauste e coperte lise, spettegolando, raccontando vecchie storie... vi ricordate...

Fatima ha i capelli sciolti e umidi che le ricadono sulla faccia e sembra più giovane così, molto più simile alla ragazza di un tempo. È difficile credere che abbia un marito e due figli. Mentre la osservo ridere per qualcosa che ha detto Kate, la pendola contro il muro emette due deboli rintocchi e lei si gira a guardare.

«Oh, caspita! Non posso credere che sono le due del mattino! Devo dormire un po’.»

«Che pappamolla», dice Thea. Non sembra per niente stanca, anzi ha l’aria di una che potrebbe andare avanti per ore... le brillano gli occhi mentre beve il fondo del suo bicchiere di vino. «Ieri sera non avevo nemmeno cominciato il turno fino a mezzanotte!»

«Be’, proprio così. Va benissimo per te», dice Fatima. «Alcune di noi hanno passato anni ad abituarsi alla rigida tabella di marcia di un lavoro dalle nove alle cinque e a un paio di bambini piccoli. È difficile uscire dalla routine. Guarda, anche Isa sta sbadigliando!»

Si girano tutte a guardarmi e io cerco inutilmente di soffocare lo sbadiglio ormai a metà, poi mi stringo nelle spalle e sorrido.

«Scusate, cosa posso dire? Ho perso l’energia insieme al girovita. Ma Fatima ha ragione... Freya si sveglierà alle sette. Devo dormire qualche ora.»

«Andiamo», dice Fatima alzandosi e stirandosi. «A nanna.»

«Aspettate», interviene Kate a bassa voce, e io mi rendo conto che in queste ultime ore ha parlato pochissimo. Fatima, Thea e io ci siamo raccontate le nostre storie preferite, aneddoti su colossali prese in giro, ricordi... ma Kate è rimasta in silenzio, tenendo i suoi pensieri per sé. Adesso la sua voce ci coglie di sorpresa, e ci giriamo tutte a guardarla. È rannicchiata nella poltrona, i capelli sciolti che le ricadono sulla faccia, e qualcosa nella sua espressione ci fa ammutolire. Sento le farfalle nello stomaco.

«Io...» esordisce, poi si interrompe. Abbassa lo sguardo. «Oddio», dice quasi tra sé. «Non credevo che sarebbe stato così difficile.»

E di colpo so cosa sta per dire, e non sono sicura di volerlo sentire.

«Sputa il rospo», dice Thea con durezza. «Dillo, Kate. Ci abbiamo girato intorno abbastanza, è venuto il momento di dirci perché.»

Perché cosa? potrebbe ribattere Kate. Ma non è necessario. Sappiamo tutte cosa intende Thea. Perché siamo qui. Che cosa significa quel messaggio, quelle quattro parole: Ho bisogno di voi.

Kate fa un respiro e alza la testa, il viso in ombra alla luce della lampada.

Ma con mio stupore non parla. Invece si alza e si avvicina alla pila di giornali che stanno nel secchio accanto alla stufa, messi lì per accendere il fuoco. In cima c’è una copia del Salten Observer e lei lo prende, in silenzio, con in volto tutte le paure che ha nascosto in questa lunga notte ubriaca.

Ha la data di ieri, e il titolo in prima pagina è lapidario.

OSSO UMANO TROVATO SULLA SPIAGGIA.

Il gioco bugiardo
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