A volte i titoli dei quotidiani sono bellissimi. Versi. Endecasillabi. O quasi. Leggo sul Giorno: «Un arido furore nella città vuota». E mi viene rabbia. Perché mi sarebbe piaciuto averlo scritto io, quel titolo che presenta La gatta di Alcide Paolini (Mondadori Editore, pagine 217, lire 2.800). Storia di un amore o storia di un rancore? Racconto di solitudine, di morte in tasca, di disperata nevrosi. Un critico ha scritto che si tratta di un libro importante,.del migliore uscito in questi ultimi tempi. lo di quel critico mi fido e dico che mi sta bene.
Si tratta di un discorso non interrotto e che Paolini ha cominciato qualche anno fa. Anzi, molto più di qualche anno fa. Quand'era magro come ora, sempre cosi alto e, assieme ad altre persone, lui, venuto da Udine, presentava una rivista letteraria che si chiamava «La situazione» (1959, Padova). Poi con Controsveglia cominciava a pubblicare il suo primo romanzo 136,(1967) cui seguiva quello che a - mio giudizio, strettamente privato, é assieme alla Gatta, l'opera più bella di Paolini e cioè Verbale d'amore (1969), un libro che Garzanti, giusto un'estate fa, presentava in edizione tascabile. E il motivo c'è. La gatta, che poi nel romanzo esiste sul serio ed è nera come il peccato, è un libro triste che rende ancora più teso, complicato, rancoroso, disumano, il maledetto «banale quotidiano», quello che ci uccide dentro, che esiste sempre, con l'implacabile esattezza del calendario. C'è. Occorre, come dire, gestirlo. Per poi magari sbagliare ancora. Pagine oscure di coscienza ferita, di. analisi che disperano, che danno sempre più frustrazione. Memoria, ricordo, ossessione." Con qualche whisky in più, mentre nel tremendo silenzio della città abbandonata il suono del telefono strazia, oppure da vita. Ma la voce non è mai quella giusta, quella che si attende. Ci sono tante voci sbagliate, nella vita di una persona. Di questa donna sola che, nel breve giro (ma quanto lungo a vivere, minuto dopo minuto, sapendoli tutti, i minuti bastardi) nel tempo di un «ponte», quello pasquale, vede la sua vita. Se stessa. ll furore. La grigia paura. Spera con dei gesti di riempire i silenzi e le attese. La pioggia che comincia a cadere, le dirà che la città ritorna quella di sempre: quella dei «vivi».
Un libro scritto con disperazione cosciente, feroce. Pagine che devono essere costato dolore. Come quasi 'sempre accade quando si raccontano «cose» vere: quelle di ogni giorno e notte, quelle delle ore che trasciniamo con noi, le ore della nostra cronaca. Questa di Paolini è una vicenda che non lascia indifferenti: implica e complica e tutta al’interno, ma è anche tanto «fuori», nel senso che la potremmo aver vissuta tutti noi che leggiamo; Servite da una scrittura agile, nervosamente compatta, l'uomo dalle camicie azzurre, ha vinto una grossa battaglia.
Un consiglio? Con 700 lire acquistatevi Verbale d'amore che non è solo,.come e scritto sulla copertina la storia di un «malato, un delitto, uno strep-tease atroce». È qualcosa di più. Credo che serva a capire meglio e ad amarla, questa gatta che e, soprattutto, rapporto su come sia difficile comunicare con gli altri. Scoperta dell'acqua calda? Mah, provateci un po' voi. L'autore si chiama Herbert James
Campbell ed è nato a Londra nel 1925. Di mestiere fa il fisiologo e lo psichiatra ma è anche un uomo che sa usare la macchina da scrivere. Ed ecco quindi questo suo Le aree del piacere (Mondadori Editore, pagine 308, lire 3.500). si tratta di un volume (tradotto da Libero Sosio) divisoi in due parti; e cioè La scienza del piacere e La ricerca del piacere, cui è anche-unito un glossario e una bibliografia, niente male per chi abbia voglia (e la voglia viene) di sapere qualcosa in più su degli argomenti di cui tutti si parla, ma dei quali in realtà poco si sa, con esattezza. Quali argomenti? Ma perbacco, quelli che riguardano il come. programmare la nostra felicità, fatta di cibo e di amore di sensazioni e di-..percezioni, di cervello e di fantasia. Campbell, con linguaggio chiaro, ci dice come possiamo «utilizzare nel modo più puro» quelli che sono gli impulsi connaturati al nostro vivere. Per rendere più umana l'«animalità» di cui tutto siamo fatti.
Quello che ora vi presento non è libro per soli «addetti ai lavori» e cioè per giornalisti, ma e un volume (alla sua seconda edizione) che interessa, eccome, tutti i circa sei milioni di lettori di quotidiani.
Il titolo è questo: Il linguaggio dei giornali italiani (editore Laterza, 450 pagine, lire 5.000) e l'autore si chiama Maurizio Dardano. Un giovanotto del '35 che insegna storia della lingua italiana all'università di Roma. Il quotidiano è tra gli strumenti più importanti delle -comunicazioni di massa. «Esso insinua nel lettore schemi linguistici e interpretazioni che sotto una veste di oggettività nascondono precise posizioni ideologiche». Dardano, con molto acume, linguaggio. svelto e notevole preparazione, ci parla di queste tecniche e di queste tematiche. E lo fa benissimo.