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Raymond Dell sollevò il mento di qualche altro centimetro. – Possiamo rifiutarci tutti di rispondere alle vostre domande.
Wolfe annui: – Certo, se pensate che rifiutandovi aiuterete la vostra amica. Volete che proceda con gli altri?
– No. In quanto a quella domanda, se Hattie è vostra cliente, perché non la rivolgete a lei? Forse l’avete già fatto. Sono tre anni che non pago l’affitto, e Hattie non mi ha mai chiesto un centesimo.
Wolfe girò la testa. – Signorina Kirk?
Martha lo stava ancora fissando, come affascinata. – Questo, i poliziotti non me l’hanno domandato.
Wolfe sospirò. – I poliziotti hanno la loro tecnica, e io la mia. La domanda è utile, secondo il mio modo di vedere il problema. Vi mette in imbarazzo?
– No. Vivo in quella casa da circa un anno e ho pagato sempre, regolarmente, cinque dollari alla settimana.
– Avete uno stipendio fisso?
– No. Mio padre mi manda un assegno tutti i mesi.
– Siete una ragazza fortunata. Signor Ferris?
Noel Ferris si passò la lingua sulle labbra. – Non riesco a capire come possano esservi utili queste domande – sbottò, – ma non oso rifiutarmi di rispondere. Non sono ancora riuscito a fare i conti esattamente; comunque, ecco qua come sono andate le cose. Da diciotto mesi ho una camera in quella casa. La scorsa estate, ho firmato un contratto con la televisione e ho versato a Hattie centocinquanta dollari. In novembre, una commedia alla quale partecipavo ha fatto fiasco, e da allora vivo di qualche “sketch” televisivo. Due settimane fa, ho dato a Hattie sessanta dollari. Provate un po’ a fare i conti.
– Dovete ancora centocinquanta dollari esatti alla mia cliente. Signor Hannah?
Paul Hannah prese un’aria decisa: – Non ho nessuna intenzione di rispondere – sbottò. – Voi potete anche essere convinto che la vostra domanda sia azzeccata, ma io sono convinto del contrario. Avete detto di sapere che uno di noi ha ucciso Tammy Baxter, ma io non ci credo. Sono sicuro, per esempio, di non essere stato io. Non si ammazza una persona senza ragione. Tammy era in quella casa da pochissimo tempo, la conoscevamo appena. Il coltello non prova niente. Chiunque l’ha uccisa, si è introdotto in casa ed è entrato in cucina. Come vedete, oso dirvi chiaro e tondo che non risponderò.
Wolfe scosse il capo. – La vostra alzata di scudi è notevole, signor Hannah, ma non serve a niente. Se siete innocente, è inutile che mi dimostriate che non avete paura a rifiutarvi di rispondermi. Perché siete venuto qui, allora? Per accontentare un’amica, oppure per fare sfoggio della vostra presunzione?
– Sono venuto per quello che Hattie ha detto a Martha. E poi, volevo sentire che cos’avevate da raccontarci. Avanti, Wolfe! Non mi sarei certo aspettato di sentirmi chiedere se avevo pagato l’affitto! E va bene, l’ho pagato. Abito in quella casa da quattro mesi e l’ho sempre pagato, settimana dopo settimana. Ma a che vi serve saperlo?
– Ad appurare, per esempio, che non siete indigente. Avete un reddito fisso?
– No. Ho semplicemente del denaro che ho messo da parte tempo fa.
– Bene. E cosi, almeno questo punto è stato chiarito. – Wolfe spostò lo sguardo su Martha: – E ora, signorina Kirk, passiamo a quello che avete detto alla polizia… almeno per quanto riguarda un particolare. I vostri movimenti di stamattina, diciamo dalle dieci e mezzo all’una. Che cos’avete fatto?
– Sono rimasta nella mia stanza – rispose Martha – fino a mezzogiorno e un quarto circa. La polizia avrebbe voluto sapere l’ora con più esattezza, ma non sono stata in grado di dirlo. Ieri sera sono rientrata molto tardi, e quando mi alzo faccio sempre un’oretta di ginnastica. A mezzogiorno e un quarto circa sono scesa in cucina. Non c’erano arance e sono uscita a comprarle. Non posso essere stata fuori per più di dieci minuti. Quando sono tornata, mi sono messa a cuocere delle uova al prosciutto. Subito dopo, è arrivato il signor Dell, seguito dal signor Goodwin e da Hattie.
Hattie ci ha detto che il signor Goodwin avrebbe scritto un articolo su di noi e l’ha condotto...
– Basta cosi. Qual è la vostra stanza?
– Quella sopra alla stanza di Hattie, al terzo piano.
– E le stanze degli altri?
– Quella di Ray è al secondo piano, sul retro… Ray è Raymond Dell. La stanza sul retro, sul mio piano, era quella di Tammy Baxter. Quella sopra alla mia, al quarto, è la stanza di Noel Ferris, e quella nel retro, sempre al quarto piano, è la stanza di Paul Hannah.
– Stamattina avete visto qualcuno di loro?
– No. Ho visto soltanto Raymond, quando è entrato in cucina, ma ormai la mattinata era terminata.
– Li avete sentiti parlare, o muoversi?
– No.
– Neppure il signor Ferris, nella stanza sopra alla vostra?
– No. Forse si è alzato prima che mi svegliassi ed è uscito.
– Avete visto o sentito qualcosa che vi sembra possa avere qualche significato?
Martha scosse il capo. – Secondo la polizia, avrei dovuto sentire qualcosa, mentre ero in cucina, ma non è vero.
Wolfe spostò gli occhi su Raymond Dell, che se ne stava affondato nella poltrona di pelle rossa. – Signor Dell, so che siete sceso al pianterreno quando la signorina Annis e il signor Goodwin sono entrati in casa, poco prima dell’una. Fino a quel momento, che cosa avevate fatto?
– Niente – tuonò Dell.
– Niente?
– Niente. È stato appunto poco prima dell’una, che sono uscito di camera per la prima volta nella mattinata. Fino a quel momento, non ho visto nessuno, non ho sentito nulla, non ho visto nulla. Avevo dormito.
– Allora come facevate a sapere che non c’erano arance?
Dell sollevò la testa di scatto. – Che cosa? Oh! – Fece un gesto vago. – Ancora voi, Goodwin. Lo sapevo perché non ne avevo trovate, quando ero sceso nelle prime ore della notte. Di notte, non dormo: leggo. Stavo leggendo “Edipo Re” di Sofocle, e quando l’ho finito, verso le cinque o le sei, ho sentito il bisogno di mangiare un’arancia. Mangio sempre delle arance, a quell’ora. Sono sceso, non ne ho trovate, sono tornato nella mia camera e mi sono appisolato.
– E cosi, è un’abitudine, per voi, non alzarvi mai prima di mezzogiorno.
– Infatti.
– E di notte, leggete. Come passate il pomeriggio?
Dell si accigliò. – Pensate davvero che una domanda del genere sia pertinente?
– Senza dubbio, altrimenti non ve l’avrei rivolta.
– Farò di tutto per essere presente, quando dimostrerete la pertinenza delle vostre domande. Comunque, il pomeriggio, in genere, faccio da “babysitter”.
– Che cosa fate?
– Uso l’orribile termine coniato dalla nuova generazione: “Babysitter”. Ho un amico, certo Max Eder, che fa il pittore e abita in un appartamento dell’East Side. Sua moglie è morta, e lui è rimasto con due figli, un maschietto di tre anni e una femmina di quattro. Dal mercoledì alla domenica, li sorveglio io per cinque ore al giorno, dalle due alle sette. Max mi passa uno stipendio, per questo. Il lunedì e il martedì sono libero di vagare sul mercato teatrale, quando ne ho voglia. Vi accigliate, vedo. In gene re, offro il mio talento agli studi televisivi. Sono costretto a farlo per necessità.
– Qual è l’indirizzo di questo signor Eder?
Dell si strinse nelle spalle, inarcando le sopracciglia, da vero attore. – A questo punto, cominciate a sembrarmi pazzo. Comunque, lo trovereste sulla guida del telefono. Mission Street numero trecentoquattordici.
– Da quanto tempo gli rendete… mh… questo servizio?
– Da più di un anno.
Wolfe spostò lo sguardo. – Signor Hannah. Dato che per il momento vi rivolgerò una domanda che vi è già stata rivolta dalla polizia, spero che non vi sentiate oltraggiato. Che cosa avete fatto, oggi, dalle dieci e mezzo all’una?
– Non fate lo sbruffone, accidenti! – sbottò Hannah. – Mi prendete anche in giro, ora? Resto qui solo perché ho promesso a Martha che l’avrei fatto. Sono uscito di casa poco dopo le nove, e ho passato un paio d’ore sui moli del West Side, poi ho preso un autobus e sono andato al Mushroom Theatre. Ci sono arrivato poco prima delle dodici. Cominciamo le prove alle dodici esatte. Verso le due, è arrivato un tipo, che mi ha mostrala un distintivo e mi ha invitato a seguirlo, dicendo che un certo ispettore voleva interrogarmi. Mi ha portato nella Quarantasettesima strada, a casa di Hattie.
– Che cosa ci facevate, sui moli del West Side?
– Guardavo e ascoltavo. Nella commedia che stiamo preparando, “fa’ come ti pare“, interpreto la parte di uno scaricatore. Voglio impossessarmi del gergo e…
– Dov’è il Mushroom Theatre?
– In Bowie Street, vicino a Houston Street.
– Avete una parte importante, nella commedia?
– No. Non molto importante.
– Quante battute avete?
– Non troppe. Come vi ho detto, la parte non è importante. Sono giovane e ho bisogno d’imparare.
– Da quanto tempo vanno avanti le prove?
– Da circa un mese.
– Avete già recitato in teatro?
– Una volta, l’autunno scorso. Avevo una particina ne “Il piacere è tutto mio”.
– Per quanto tempo ha tenuto il cartellone, la commedia?
– Sei settimane. Abbastanza, per un quartiere che non è Broadway.
– In genere, quando andate sul molo, scegliete un posto particolare?
– No. Mi muovo a caso, guardo e ascolto.
– Lo fate tutti i giorni?
– Ma no!
– Quante volte siete andato sul molo, nelle scorse settimane?
– Una sola volta, prima d’oggi. E un altro paio di volte quando ho ottenuto la parte, in novembre.
Pensai che, se non altro, quel tipo possedeva una delle qualità basilari degli attori: era pronto a rispondere a qualunque domanda sulla sua carriera, che fosse pertinente o no. Se Wolfe avesse ritenuto utile conoscere la trama di “Fa’ come ti pare”, non aveva che da chiederlo.
Ma, a quanto pareva, non lo ritenne utile. Spostò lo sguardo. – E voi, signor Ferris?
– Io mi sento molto meglio – rispose Noel Ferris. – Quando, dalle domande che mi rivolgevano, ho capito che ero sospettato di omicidio e mi sono reso conto che non possedevo uno straccio di alibi, me la sono vista brutta. Credetemi. Che cosa sarebbe accaduto se tutti gli altri fossero stati da qualche parte e avessero avuto dei testimoni pronti a confermare i loro alibi? Perciò vi ringrazio, signor Wolfe. A quanto pare, siamo tutti nelle stesse condizioni. Mi sento veramente meglio. In quanto a me, sono uscito di casa poco dopo le dieci e ho visitato quattro agenzie. Due ricorderanno che sono stato là, ma probabilmente non saranno in grado di specificare l’ora esatta. Quando mi è venuta fame, sono tornato a casa per mangiare. Non posso permettermi dei pranzi da cinque dollari, e non posso mangiare roba da pochi centesimi, per via dello stomaco. Quando sono entrato nell’atrio, al telefono c’era un uomo, che stava dicendo a qualcuno che Tammy Baxter era stata assassinata e che il suo cadavere era nel salotto.
– Che tipo di agenzie avete visitato?
– Di collocamento per attori televisivi e teatrali.
– Le visitate quotidianamente?
– No. Circa due volte alla settimana.
– E gli altri cinque giorni, come passate il vostro tempo?
– Non sono io che passo il tempo, ma il tempo che passa me. Due giorni alla settimana, a volte tre, costruisco cavalli, canguri e altri animali. Vado in una specie di laboratorio, li modello e preparo i calchi. Niente a che fare con Cellini, comunque. Mi danno otto dollari per uno scoiattolo, venti per una giraffa.
– Dove si trova questa specie di laboratorio?
– Nel retro di un negozio, nella Prima Avenue. Il nome del negozio è “Harry’s Zoo”. Il proprietario si chiama Harry Arkazy. Ha una figlia di sedici anni bella come una rosa, ma purtroppo balbuziente. Si chiama Ilonka. Il figlio, invece…
– Questa non è una commedia, signor Ferris – sbottò Wolfe. Voltò la testa per guardare l’orologio appeso alla parete. – Ho accettato di rappresentare la signorina Annis solo cinque ore fa, perciò non mi sono ancora organizzato mentalmente, Le mie domande, quindi, sono state fatte a casaccio, ma vi assicuro che per quanto possano esservi sembrate strane, non lo erano. – Li osservò attentamente, uno per uno. – Ora che vi ho visti e vi ho sentiti, sono più preparato, e posso studiare qual è il miglior modo di procedere. Lascerò che sia la signorina Annis a ringraziarvi… a ringraziare tre di voi… per essere venuti qui. – Si alzò. – Dovremo rivederci ancora.
Martha lo fissò a bocca aperta.
– Ma Hattie mi ha detto che dovevamo riferirvi tutto quello che abbiamo raccontato alla polizia!
Wolfe fece un cenno d’assenso.
– Lo so. Ci metteremmo tutta la notte. Arriverò a questo estremo solo se ci sarò costretto. Se avete detto qualcosa di importante alla polizia, ormai è troppo tardi perché io possa farci qualcosa: gli agenti hanno ore e ore di vantaggio, su di me. Non farei che mangiare la polvere sollevata dai loro piedi.
Dell tuonò: – E lo chiamate indagare su un omicidio, questo? Mi avete chiesto solo se ho pagato l’affitto e come passo i miei pomeriggi!
Be’, Dell aveva ragione. Era strano che quattro indiziati venissero spontaneamente nello studio di Wolfe, pronti a vuotare il sacco, per essere sbattuti fuori prima ancora che avessero il tempo di parlare. Noel Ferris, con le labbra contratte, si alzò e si diresse verso l’atrio. Martha Kirk, non avendo ottenuto nessuna soddisfazione da Wolfe, si appellò a me: mi rendevo conto che Hattie era stata arrestata per un omicidio che non aveva commesso? Paul Hannah rimase seduto ad ascoltarci, succhiandosi il labbro inferiore; poi si alzò, sfiorò il braccio di Martha e le disse che non restava che andare. Raymond Dell balzò in piedi, chinò il mento, guardò Wolfe per mezzo minuto buono, con gli occhi indignati, poi si voltò e usci a passo di marcia. (Dell esce. Applausi).
Seguii Martha e Hannah nell’atrio, ma la ragazza preferì mettersi le soprascarpe da sola. Quando aprii la porta per farli uscire, una folata di fiocchi di neve mi danzò sulla testa.
Quando tornai nello studio, trovai Wolfe seduto alla scrivania, adagiato contro lo schienale della poltrona, con gli occhi chiusi. Gli domandai se voleva della birra, ottenni un cenno d’assenso per tutta risposta, andai in cucina, tornai con una bottiglia e un bicchiere, più un bicchiere di latte per me. Wolfe riapri gli occhi, aspirò un barile d’aria dal naso e la ributtò fuori dalla bocca, si raddrizzò, prese la bottiglia e versò la birra.
Poi parlò: – Saul, Fred e Orrie. Domani mattina alle otto devono trovarsi in camera mia.
Inarcai le sopracciglia. Saul Panzer è il miglior agente investigativo a sud del polo nord. Si fa pagare dieci dollari l’ora e ne vale venti. Fred Durkin si fa pagare sette dollari, e ne vale sette e mezzo. Orrie Cather si fa pagare sette, ma ne vale sei e un quarto.
– Oh! – Bevvi una sorsata di latte. – Allora avete trovato un indizio!
– Ho raggiunto una conclusione: sarebbe stato inutile continuare a parlare con quella gente. Il signor Leach li tiene sotto osservazione da tre settimane, e ora l’ispettore Cramer li ha attaccati di fronte. Se voglio arrivare prima di loro, ho una sola speranza: prenderli alle spalle.
Quando la schiuma della birra cominciò a scendere, Wolfe sollevò il bicchiere e bevve una lunga sorsata di liquido. – Abbiamo poche probabilità di riuscita, me ne rendo conto – disse poi. – Ma tanto vale tentare. Non me ne intendo, di falsari; sono sicuro, però, che nessuna organizzazione affiderebbe cinquecento banconote da venti dollari a un uomo poco intelligente. Diecimila dollari. Sappiamo che il colpevole era in possesso di questa somma, quindi possiamo permetterci un’ipotesi: il colpevole non è un semplice spacciatore, ma la fonte stessa del denaro falso.
– Già. Può darsi, però, che Leach avesse la stessa idea, quando ha messo Tammy in quella casa.
– Senza dubbio. Sono quasi certo che la signorina Baxter era stata incaricata di perquisire la casa del la signorina Hattie in cerca delle apparecchiature usate per falsificare il denaro. Ovviamente, la signorina Baxter non ha trovato niente. Inoltre, suppongo che, come, avete pensato voi, gli agenti del Dipartimento del Tesoro sapevano che in quella casa venivano smerciati dei soldi falsi, ma non sapevano da chi. Quindi, tutti gli inquilini venivano sottoposti a continua sorveglianza. Da parte della signorina Baxter finché erano in casa, da parte di altri quando uscivano. Se fossi un agente del Servizio Segreto addetto alla sorveglianza di Raymond Dell, avrei pensato che gli incontri dello stesso Dell con gli spacciatori dovessero essere clandestini. È cosi che avrebbe funzionato la mia mente. La prima volta che l’avessi seguito fino a quella casa dell’East Side, avrei svolto delle indagini, con la dovuta prudenza; ma quando avessi appreso che ci andava cinque volte alla settimana per sorvegliare due bambini, mi sarei occupato d’altro. Ma io non sono un agente del Servizio Segreto del Dipartimento del Tesoro, e la mia attenzione viene attratta ugualmente dalla casa delI'East Side, e soprattutto da un certo Max Eder, pittore. Domani mattina manderò Orrie Cather in ricognizione. Fred Durkin andrà nel negozio della Prima Avenue… A proposito, voglio l’indirizzo esatto deII’“Harry’s Zoo“. – Fece una smorfia. – Saul Panzer si recherà al Mushroom Theatre. Come ho detto, non abbiamo molte probabilità di successo, ma che altro potremmo fare, domani? A meno che non abbiate qualcosa da suggerire.
– Certo che ce l’ho – sbottai. – Vi consiglio rispettosamente di cominciare a escogitare quello che dovremo fare dopo domani.
Sospirò, prese il bicchiere, ingollò una lunga sorsata di birra, si leccò le labbra e posò il bicchiere sulla scrivania. – Forse ho esagerato borbottò poi – quando ho detto che non abbiamo molte probabilità di successo. Ho una speranza che non mi sembra del tutto infondata, ne devo essere sincero. Dodici ore del tempo di quei tre uomini verranno a costare, più le spese, oltre trecento dollari. Non rischio mai una cifra simile, sia pure del denaro di una cliente, se non ho delle speranze giustificate.
– Allora avete trovato un indizio.
– Certo.
– Bene. Spero che non sia falso, come le banconote.
Allungai la mano verso il telefono e formai il numero di Saul Panzer.