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Major Trader era chino sulla tastiera come un avvoltoio quando alle sette e tre minuti di mercoledì mattina comparve l’ultimo saggio di Vigile Verità.
«Ma che sciocchezze sono queste?» si stupì ad alta voce, benché fosse solo. «Non si fa così, caro il mio Vigile Verità! Come ti permetti di infangare l’onorata storia del Commonwealth e di chiedere alla cittadinanza di farti la spia?»
Addentò il krapfen che aveva in mano e si pulì le dita nel pigiama di flanella. Sua moglie, in cucina, ciabattava e sbatteva pentole e padelle.
«Devi proprio fare tutto questo chiasso?» le gridò Trader dal suo studio, che era dalla parte opposta della casa.
Trader e la moglie stavano per traslocare, essendo prossimi a vendere in modo fraudolento e oltremodo vantaggioso la villetta che avevano appena finito di costruire. Trader aveva un certo fiuto per gli investimenti e negli ultimi anni era diventato ricco. Operava con grande semplicità: acquistava un lotto in un quartiere elegante in cui era possibile costruire esclusivamente per uso residenziale e non a fini speculativi, tirava su una villetta senza infamia e senza lode, ci viveva un anno e poi la vendeva con la scusa che nella sua posizione di consulente del governatore aveva bisogno di una privacy e una sicurezza che per un motivo o per l’altro quella casa non gli garantiva più e quindi era obbligato a trasferirsi. Che il suo fosse un gioco sporco era chiaro a tutti quanti, ma nessuno era mai riuscito a dimostrare il dolo, nonostante le villette che fino a quel momento aveva venduto con questa scusa fossero ormai dieci, e tutte praticamente identiche. Qualcuno aveva protestato, erano state scritte lettere a enti e associazioni e minacciate azioni legali, ma Trader ormai ci aveva fatto l’abitudine.
Cambiare casa gli piaceva da matti, forse perché costituiva l’unico diversivo di una vita altrimenti vuota e ripetitiva. Per diversi mesi all’anno Trader metteva in croce la moglie con il trasloco e vessava gli operai che dovevano costruirgli e mettergli a posto la casa nuova, facendogli una fretta terribile e trattandoli malissimo.
“Sbrigatevi, perdigiorno! Fra due settimane traslochiamo e qui è ancora tutto all’aria! Non mi fate imbestialire!”
“C’è da fare tutto l’impianto elettrico…”
“E quanto ci vuole per un impianto elettrico?”
“Ma se non ha ancora nemmeno scelto la tinta delle pareti…”
“Usi la stessa delle altre dieci case, no? Pareti avorio, moquette avorio… Non cambi niente che va bene così! Possibile che non abbia ancora capito?” strapazzava il capo dell’impresa per telefono. “Metta le stesse plafoniere in ottone, le stesse maniglie, lo stesso tutto!”
Per Trader era vitale comandare a bacchetta, almeno nel proprio regno, anche perché il resto del tempo gli toccava leccare i piedi al governatore. Chi non ci passava, non aveva idea di quanto fosse difficile per il proprio ego. Faccia questo, faccia quello, riscriva questo paragrafo. Scusi, ho cambiato idea. No, alla stampa diciamo quest’altra cosa. Dov’è la mia lente di ingrandimento? Adesso per favore se ne vada, che non mi sento bene.
Perlomeno, quel lavoro impegnativo e poco gratificante gli aveva insegnato l’importanza della manipolazione, della vendetta e della speculazione. Grazie a Internet, se i suoi ultimi investimenti fossero andati come sperava, Trader sarebbe diventato miliardario.
«Major? Non mi hai detto che cosa vuoi per colazione! Salsiccia o bacon? Pane tostato o brioche? Cereali?» gli urlò la moglie dalla cucina, sbatacchiando pentole e coperchi.
«Si può sapere che cosa stai facendo? Suoni la batteria?» gridò Trader per tutta risposta. «Tutto. Voglio tutto quanto.»
Grazie al cielo i bambini erano in collegio e Trader non doveva sorbirsi le loro vocine stridule e il loro baccano: gli bastava quello che faceva sua moglie. Anche in quella casa, come nelle altre dieci, le pareti erano sottili e si sentiva tutto da una stanza all’altra. Trader stava per compiere cinquant’anni e, se tutto andava secondo i suoi piani, sarebbe andato in pensione molto presto, per dedicarsi ai crimini informatici. Aggrottò la fronte pensoso leggendo l’ultimo saggio di Vigile Verità, quindi scrisse un messaggio provocatorio, rigorosamente anonimo.
Caro Vigile Verità,
forse perché il mio trisavolo era una spia confederata, credo di avere la delazione nel DNA. Scherzo, naturalmente, ma pensavo che lei avrebbe apprezzato la mia battuta sul DNA, visto che ne ha parlato nei suoi articoli. So per certo che il governatore non ha intenzione di multare gli eccessi di velocità su Tangier Island. Non è questo che gli interessa. Il vero obiettivo del progetto VASCAR è creare una situazione incresciosa di cui vengano incolpati altri. Sono certo che accennerà a questo importante fatto nei suoi prossimi articoli.
E poi mi dispiace molto per Popeye. Non le è venuto il sospetto che forse la cagnetta è stata rapita per un motivo ben preciso? A proposito, c’è un compenso per chi passa informazioni riguardo al dottor Faux o altri?
Cordiali saluti,
D.latore
Neanche questa volta Trader si accorse dell’errore di battitura e premette il tasto “Invio” senza rileggere il messaggio. Mentre nella casa si diffondeva odore di salsiccia e pancetta, Trader aspettò la risposta di Vigile Verità.
«È pronto!» gli urlò la moglie dalla cucina nel momento stesso in cui il trillo del computer gli annunciava che era arrivata posta.
Egregio signor Latore,
credevo che la ricerca della verità fosse un’attività gratuita! Se sa qualcosa sul conto di Popeye, farebbe bene a dirmelo senza aspettarsi una ricompensa!
Vigile Verità
«Bene, bene» borbottò Trader sogghignando. «Devo proprio averlo punto sul vivo.»
«Hai detto qualcosa, Major?» strillò la moglie per farsi sentire nonostante lo scroscio dell’acqua nel lavello di acciaio.
«Non stavo parlando con te!» tuonò lui scrivendo un altro messaggio.
Caro Vigile Verità,
credo di sapere chi è il proprietario della cagnetta scomparsa. E lei pensa che si sia trattato di una semplice coincidenza? Non si è reso conto che la signora in questione è antipatica a molti e non dovrebbe occupare la poltrona che le è stata affidata? Il suo non è un mestiere da donne. A proposito, è sull’elenco telefonico? Mi chiedo come facessero i rapitori a sapere dove abita. E comunque sì, ritengo che i cittadini andrebbero ricompensati per l’aiuto che forniscono alle forze dell’ordine.
Cordiali saluti,
D.latore
Andy si infuriò e gli rispose all’istante.
Egregio signor Latore,
lei è ancora convinto che esistano mestieri da uomo e mestieri da donna? E comunque, se Popeye è stata vittima di un complotto politico, è pregato di dirmelo subito. Non voglio doverla ammonire nuovamente. Quanto all’indirizzo della proprietaria della cagnetta, non è affar suo.
Per quel che concerne un’eventuale ricompensa per le informazioni che mi darà, vedremo se ci sarà spazio per una trattativa.
Vigile Verità
Andy mandò subito il messaggio e restò ad aspettare la risposta del signor D. Latore. Gli arrivò una grande quantità di e-mail, ma tutte di altri lettori. Evidentemente il signor Latore si era disconnesso, oppure lo stava provocando. Andy era furibondo.
Non riusciva a smettere di pensare alle volte in cui si era messo a giocare con Popeye e la cagnetta gli aveva leccato le mani. Gli pareva ancora di sentire il suo bel pelo liscio, la morbidezza della sua pancia rosata, il rumore dei suoi passi sul parquet di casa Hammer.
Prese un album di fotografie in cima a una pila di tomi. Voleva assolutamente ritrovare Popeye, fosse stata l’ultima cosa che faceva al mondo. Era preoccupato anche per Judy, dopo tutto. In effetti, il suo numero non figurava nell’elenco del telefono ed era molto attenta alla sua privacy. Solo colleghi di lavoro, polizia e alcuni vicini sapevano dove abitava. Inoltre, non parlava mai di Popeye né permetteva ai giornalisti di scattarle delle foto. Come facevano, dunque, i rapitori a sapere del cane? A meno che, come aveva suggerito il signor Latore, non fosse stata una ritorsione contro di lei.
«Spero solo che sia ancora viva!» pregò Andy cercando la foto di Popeye che preferiva, in cui la cagnetta indossava un cappottino rosso. «Oh, fa’ che non si sia scordata né di Judy né di me! Oh, Popeye, ti ritroveremo, te lo prometto! Aspetta e vedrai che cosa farò a quell’orribile creatura che ti ha rapito!»
Passò la foto di Popeye allo scanner e un istante dopo la cagnetta apparve sullo schermo del suo computer. Andy entrò nel proprio sito e digitò la didascalia: “Cagnetta scomparsa. Avete visto Popeye? Lauta ricompensa a chi aiuterà a ritrovarla”. Se il mondo era pieno di debosciati capaci di fare una buona azione solo per soldi, Andy sarebbe stato al loro gioco. All’ultimo momento decise di scrivere LAUTA, in maiuscolo. In men che non si dica, arrivarono decine di messaggi di millantatori a caccia di quattrini. Alcuni sostenevano di aver visto Popeye vagare ai margini della Downtown Expressway o in un vicoletto, oppure uggiolante sul sedile posteriore di un’automobile sospetta. Altri scrissero che, per un giusto prezzo, avrebbero fornito le coordinate di dove si trovava la cagnetta e perché.
Numerosi furono anche i messaggi di solidarietà. Centinaia di lettori raccontarono tristi storie di animali perduti da piccoli. Vigile Verità non aveva mai ricevuto tanta posta da quando aveva aperto il sito, e Andy impiegò tutta la sera e il giorno dopo a cercare di rispondere a tutti, nella speranza che saltasse fuori qualcuno che dicesse: “Scusate tanto, ho preso il cane perché i miei figli desideravano tanto un cucciolo ma io non ho i soldi per comperarglielo. Diamoci un appuntamento e ve lo restituirò in cambio di una ricompensa”. Oppure: “Sì, sono stato io. Una persona che odia il comandante Hammer mi ha parlato del cane e mi ha dato l’indirizzo e dei soldi perché io glielo portassi via. Adesso mi rendo conto che è stato un atto orribile e spietato da parte mia e sono pronto a rimediare, purché mi assicuriate che non verrò punito e riceverò la ricompensa”.
Purtroppo non arrivarono messaggi sul conto di Vicky Vash, o V.V., a parte la breve nota di una persona che si firmava P.J., la quale sosteneva di aver giocato a softball nella stessa squadra della vittima e sapeva per certo che V.V. non si sarebbe mai appartata su Belle Island insieme a un uomo.
«Ma hai perso la testa?» esclamò Judy Hammer al telefono alle sei del pomeriggio. «Pensavo che scrivessi articoli contro la criminalità… Già mi ero stupita che divagassi a proposito di mummie e pirati, ma che tu adesso faccia finta di essere la Protezione Animali mi sembra proprio il colmo!»
«Devo togliere la foto di Popeye dal sito?» le domandò Andy. «Se vuoi, lo faccio subito. Non penso che sia sbagliato. Magari chi l’ha presa, allettato dalla prospettiva di ricevere una ricompensa, la restituirà.»
«Non riesco a guardarla, con il cappottino rosso! Tutte le volte che mi collego con il tuo sito, io…»
«Chi non riesce a guardare la foto di qualcuno che non c’è più non ha superato il lutto. Per questo non strappo mai le foto delle mie ex. Quando riesco a guardarle senza stare male, capisco che ho superato la perdita» spiegò Andy.
«Be’, allora lasciacela» disse la Hammer. «Prima o poi mi ci abituerò. E poi hai ragione, se c’è anche solo un briciolo di speranza, non dobbiamo lasciare nulla di intentato. Credevo che stasera stessi dietro al governatore.» Aveva ripreso un tono professionale. «Non credo che tu abbia fatto bene a criticarlo di nuovo nel tuo articolo. Aproposito, chi è questo tuo saggio confidente che nomini così spesso?»
«Tirare in ballo un’altra persona mi permette di ricorrere al dialogo» rispose Andy.
«Be’, non so chi sia quest’altra persona, ma mi sembrava che fossimo d’accordo sul fatto che nessuno dovesse sapere che sei Vigile Verità. Tanto più ora che è stato commesso questo orribile omicidio.» Judy Hammer era brusca. «Quindi, spero proprio che tu non abbia rivelato la tua identità a qualche tua confidente, che sia saggia o meno. Se l’hai fatto, credo di avere il diritto di saperlo. Non che io abbia il benché minimo interesse per la tua vita privata, s’intende. Spero solo che non sia Windy.»
«Windy?» Andy si offese e spostò la cornetta sull’altro orecchio. «Mi dispiace che tu pensi che io abbia gusti simili.»
Ormai la comunicazione era andata troppo per le lunghe, e Judy Hammer riattaccò senza nemmeno salutare. Andy mandò un’ultima e-mail, questa volta usando il proprio nome.
Gentile dottor Pond,
ha forse i risultati di quegli esami tossicologici? Le ricordo che si tratta di un caso estremamente delicato, sul quale andrebbe mantenuto il massimo riserbo.
Mi duole inoltre comunicarle che non mi è possibile annullarle la multa per guida pericolosa cui mi accennava.
Ringraziandola anticipatamente, le porgo i miei migliori saluti.
A. Brazil
Spense il computer e si mise la divisa. Meno di un’ora dopo parcheggiò davanti alla Ruth’s Chris Steak House nella parte meridionale della città, dove incontrò il collega Macovich, che aveva portato il governatore e famiglia a cena in elicottero. Si sedettero insieme nella macchina di Andy con gli occhi fissi sull’entrata del ristorante ad aspettare che il governatore uscisse.
«Com’è portarli in giro in elicottero?» chiese Andy guardando lo scintillante Bell 430 grigio metallizzato con le strisce blu e il sigillo del Commonwealth sugli sportelli.
«Be’, non è poi questa meraviglia…» rispose Macovich. «Fortuna che quando sono andato a prenderli il governatore non mi ha riconosciuto, perché ero sicuro che quel cesso di sua figlia avrebbe tirato fuori il discorso del biliardo e prima o poi mi avrebbe messo di mezzo. Invece l’ho distratta con le merendine che tengo nel cassetto sotto il sedile dietro, sai? Spero che non dica niente nemmeno al ritorno.» Macovich si accese una Salem Light e si voltò, guardando Andy da dietro gli occhiali scuri. «Già che siamo qui seduti tranquilli, da soli, mi spieghi come hai fatto a cacciarti nei guai? Voglio dire, ci siamo chiesti tutti perché la Hammer ti ha sospeso dal servizio un anno intero.»
«Come sarebbe “mi ha sospeso”?» chiese Andy sulla difensiva.
«Porca miseria, lo dicono tutti. Gira voce che sei finito nei pasticci per qualcosa, oppure che hai litigato con il comandante.»
«No, ho semplicemente preso il brevetto di pilota e seguito dei corsi.»
«Senti, non mi verrai a raccontare che ci vogliono quaranta ore alla settimana per dodici mesi per prendere un brevetto di pilota! Un corso può durare due, tre settimane… Cos’hai fatto il resto del tempo? Sei andato a donne? Hai guardato la televisione?»
«Perché no?»
«Non vuoi dirmi perché ti sei beccato una sospensione?» insistette Macovich.
«No» rispose Andy immusonito, decidendo che era meglio che continuasse a girare la voce, piuttosto che Macovich o chi per lui venisse a sapere chi era Vigile Verità.
«Porca miseria, non avrei mai creduto che fossi così incasinato… A vederti sembri l’uomo più felice della terra!» aggiunse Macovich con una punta di gelosia.
«Abbiamo bisogno di nuovi piloti» cambiò discorso Andy. «Ormai siamo rimasti soltanto io e te.»
Macovich seguì lo sguardo di Andy e osservò l’enorme elicottero. Gli stava venendo un terribile sospetto.
«Scommetto che vorresti essere tu il pilota del governatore» lo accusò, emettendo una nuvola di fumo.
«Be’, perché no? A te una mano farebbe comodo» rispose Andy con nonchalance, decidendo in quel momento di parlarne con il governatore. «Sicuramente alla sua famiglia serve più di un pilota, e comunque tu come fai quando non puoi volare a vista?» continuò.
«Trovo una scusa per non portarlo in elicottero» rispose Macovich. «Di solito gli racconto che ho un problema di manutenzione, oppure che non funziona il radar.»
«Hai un quattro e trenta e vai in giro solo in condizioni di visibilità ottimali?» Andy non riusciva a capacitarsi. «Quell’elicottero è fatto apposta per volare in condizioni di scarsa visibilità! Perché, sennò, avrebbe in dotazione pilota automatico, IIDS e EPHI? Per non parlare del rotore, che è straordinario! Cristo santo, puoi andare in volo rovesciato come con un F-16! Non che sia raccomandabile, intendiamoci» aggiunse subito dopo Andy, visto che era proibito effettuare acrobazie con gli elicotteri. «Ma devo ammettere che sul simulatore a Fort Worth, quando ho fatto il corso di addestramento, ci ho provato. Sono sceso a un centinaio di nodi, l’ho puntato giù dritto a duemila piedi, ho spinto il ciclico tutto a destra e ho fatto una giravolta stupenda.»
L’idea di volare a testa in giù a Macovich faceva talmente impressione che tirò un’altra boccata di fumo per calmarsi i nervi. «Sei matto» lo rimproverò. «Adesso capisco perché ti hanno sospeso. Ameno che…» Tutt’a un tratto gli era venuta in mente una cosa. «Ameno che, invece di una sospensione, la Hammer non ti abbia dato un permesso. Perché ti occupassi di qualche progetto segreto. Porca miseria!»
«A proposito di segreti» disse Andy, cercando di deviare la conversazione da quell’argomento scottante «vorrei tanto sapere chi è Vigile Verità.»
«Ah, be’, non sei il solo» replicò Macovich. «Il governatore lo vuole scoprire a tutti i costi e mi ha ordinato di indagare. Anzi, se hai qualche idea, te ne sarei grato.»
Andy non rispose.
«E, comunque, incuriosisce anche me» continuò Macovich. «Come faceva a sapere di Tangier Island e di quello che ci siamo andati a fare? Ho letto il suo articolo: sembrava che fosse lì con noi, che avesse visto tutto…»
Andy non replicò, perché non voleva dire bugie. Macovich si voltò dalla sua parte, colto da un altro sospetto improvviso.
«Non sarai mica tu, eh?» gli chiese. «Guarda che se sei Vigile Verità, ti prometto che non lo dico a nessuno. A parte il governatore, naturalmente.»
«Senti, se sapessi chi è Vigile Verità non pensi che andrei a dirglielo io, al governatore?» replicò Andy, aggirando la domanda del collega.
«Be’, certo, se lo sapessi glielo andresti a dire e ti prenderesti tutto il merito» rifletté Macovich.
«Perché non dovrei?»
«Ma, allora, secondo te chi è? A me è venuto il dubbio che sia Major Trader.»
«Non credo proprio» ribatté Andy. «Trader è un bugiardo patentato. È capace solo di mentire. Come fa a essere lui Vigile Verità?»
«È vero.» Macovich emise una nuvola di fumo. «Ed è vero anche che abbiamo pochi piloti.»
«Perché se ne vanno tutti?» chiese Andy.
Macovich non voleva dire una parola di più. Era già nei guai con la famiglia del governatore e non gli sembrava proprio il caso di peggiorare ulteriormente la situazione. Anche perché temeva che Andy potesse fargli le scarpe. Era in gamba, probabilmente più di quanto non fosse lui. Parlava bene, era colto e a volte usava paroloni che Macovich nemmeno capiva.
«Scommetto che quando andavi a scuola eri un secchione» gli disse con tono invidioso e aggressivo. «E stavi sempre chiuso in biblioteca a studiare.»
«No, non ho mai studiato tanto» replicò Andy, evitando di raccontare a Macovich che aveva saltato un anno di superiori da quanto era bravo e che andare a scuola gli era sempre piaciuto un sacco. «Mi sbrigavo a fare i compiti per uscire.»
«Sì, certo.» Macovich annuì, avvolto in una nuvola di fumo.
Macovich aveva frequentato il primo anno di un istituto professionale con grande fatica, covando rancore nei confronti del padre, il quale avrebbe voluto far entrare il figlio maggiore alla Ethyl Corporation, dove si sarebbe guadagnato rispettabilmente da vivere fabbricando solventi. Macovich, però, aveva abbandonato la scuola ed era entrato nell’esercito, dove aveva imparato a pilotare gli elicotteri. Poi era entrato nelle forze dell’ordine. Un paio di mesi prima, un po’ per ripicca, aveva regalato a suo padre una foto incorniciata del governatore e famiglia, con tanto di autografo. La signora Crimm si era graziosamente firmata “La First Lady, Maude Crimm”.
Lanciò il mozzicone, che cadde per terra descrivendo un ampio arco e continuando a brillare come un occhio rabbioso.
«Gli parlo io, al governatore. Se gli dico che voglio un secondo pilota, sono sicuro che non troverà niente da ridire» si vantò Macovich, che non aveva la minima intenzione di spianare la strada a Andy, anzi, gli avrebbe volentieri messo i bastoni fra le ruote. «Sempre che non si ricordi di me, naturalmente. Se quella vipera della figlia decide di piantare una grana, mi conviene aspettare a chiederglielo. Di’, quasi quasi me ne accendo un’altra, prima che tornino.»
Per un istante l’atmosfera dentro la macchina si snebbiò abbastanza perché Andy si rendesse conto che Thorlo Macovich era il nero più grande e grosso che avesse mai conosciuto.
«Non che al governatore dia fastidio il fumo» continuò Macovich accendendosi un’altra sigaretta al mentolo. «Ma alla First Lady sì. Porca miseria!» Scosse la testa. «Hai letto l’intervista che ha rilasciato l’altra domenica sul fumo passivo?» La nuvola di fumo azzurrino si allargò. «Cioè, manco glielo soffiassi direttamente nei polmoni!»
«Ti conviene spegnerla» gli consigliò Andy. «Stanno uscendo dal ristorante.»