UNA BREVE SPIEGAZIONE
di Vigile Verità

I primi anni di storia degli Stati Uniti d’America sono stati ricostruiti sulla base di testimonianze da noi ricevute sotto forma di lettere, cronache, resoconti di vita vissuta, mappe e pubblicazioni dell’inizio del diciassettesimo secolo. La maggior parte degli originali è andata perduta per sempre oppure vive nel silenzio di qualche collezione privata. Altri documenti storici, conservati a Richmond, purtroppo bruciarono durante la Guerra Civile, così che i nordisti potessero riscrivere la storia e convincere gli scolari di tutto il mondo che il nostro paese nacque a Plymouth, che è una palese menzogna.

Questa e altre menzogne non devono sorprenderci. Molti di quelli che conosciamo come “fatti” sono in verità semplice propaganda a opera di persone piene di pregiudizi o comunque dotate di prospettive limitate. Voci passate di bocca in bocca, di articolo in articolo, di e-mail in e-mail, storie raccontate dai politici ai cittadini, dai testimoni ai giurati, arrivano a presentare una versione dei fatti enormemente distorta, quando non palesemente fasulla. Per questo, cari lettori, tengo a precisare che nelle mie dissertazioni mi baserò soltanto su ricerche condotte in prima persona e fatti inoppugnabili, e seguirò i principi della scienza e della medicina, notoriamente privi di immaginazione, personalità, ambizioni e rancori.

Il DNA, per esempio, è assolutamente imparziale: a lui non importa niente se sei o non sei stato tu. Il DNA sa chi sei, sa chi sono i tuoi genitori e i tuoi figli, ma non ha opinioni in merito e se ne frega di te. Non vuole la tua amicizia né il tuo voto. Il DNA riconosce il tuo sperma, ma non ti giudica, e non ha il minimo interesse voyeuristico per il come e perché l’hai lasciato lì dove l’hai lasciato. Per questo io sono più disposto a credere al DNA che all’imputato e mi dispiace che il DNA sia troppo occupato a risolvere problemi giudiziari e di paternità contestata per potersi dedicare alla ricostruzione della storia degli Stati Uniti. Se il DNA avesse tempo, immagino che ci dimostrerebbe che tante nostre convinzioni sul passato sono errate, alcune in maniera molto grave.

Siccome però Il DNA non può affiancarmi nel mio lavoro, dovrò cercare di spiegarvi da solo che cosa ho scoperto sugli inizi dell’America moderna, nella speranza che possa servirci per capire chi siamo e perché la nostra società è quella che è. La storia comincia con un piccolo ma significativo episodio nel porto di Londra, il 20 dicembre del 1606, quanto trentasei marinai e centootto avventurieri dissero addio ai familiari e bevvero l’ultimo boccale nelle birrerie dell’“Isle of Dogges”, come viene indicata in una mappa di Londra del 1610.

Scese le scale di Blackwall fino al molo, gli avventurieri, che volevano di più dalla vita e ambivano a oro e argento, salirono a bordo della Susan Constant, della Godspeed e della Discovery e incominciarono il loro storico viaggio alla volta del Nuovo Mondo rimanendo bloccati alla foce del Tamigi per sei settimane. Le cronache sostengono che il motivo di tanto ritardo fu la bonaccia o il vento contrario.

Se qualcuno tra gli avventurieri e i marinai abbia guardato dalle navi le birrerie dell’Isle of Dogs con rimpianto e nostalgia a noi non è dato sapere, ma la matematica ci dimostra che nessuno degli imbarcati lasciò la nave. Durante il viaggio uno morì nei pressi dei Caraibi, forse per un colpo di calore, e il 14 maggio 1607, quando le tre navi attraccarono finalmente a Jamestown Island, sulla sponda settentrionale del James River, in Virginia, sbarcarono centosette coloni. Poco dopo tre di essi furono uccisi dagli indiani, e a luglio le navi ripartirono per l’Inghilterra per fare rifornimento, lasciando nel Nuovo Mondo centoquattro persone.

Il loro numero scese rapidamente mentre i marinai e il capitano Newport tornavano in Inghilterra. Al loro arrivo, suppongo che si siano ristorati e abbiano fatto progetti per il futuro nelle birrerie dell’Isle of Dogs e al Sir Walter Raleigh House, mentre in Virginia i coloni aspettavano i rifornimenti e cercavano di stabilire relazioni pacifiche con gli indiani, o i selvaggi, come li chiamavano, scambiando con loro pezzetti di rame e altri gingilli per cibo e tabacco.

Nessuno è ancora riuscito a dare una spiegazione esauriente del motivo per cui fra i coloni e gli indigeni i rapporti fossero tanto incostanti, ma immagino che la risposta sia da cercarsi nella natura dell’uomo, che aspira a dominare, si offende e tende a essere bigotto, egoista e avido, a ingannare il prossimo, ad aggredirlo e derubarlo. Nessuno ha mai spiegato nemmeno perché l’Isle of Dogs si chiamasse così, ma si sa che, nel periodo elisabettiano, marinai e pirati si ristoravano nelle locande dell’isola ogni volta che arrivavano da un lungo viaggio o prima di imbarcarsi in qualche nuova impresa.

Affronterò quanto prima l’argomento pirati, perché certamente furono una presenza importante all’inizio della storia americana e continuano a costituire un problema adesso, sulla strada e per mare, sebbene i loro mezzi di trasporto, armi ed equipaggiamenti si siano evoluti enormemente nel corso dei secoli. Purtroppo, però, i pirati moderni hanno la stessa personalità e lo stesso modo di comportarsi di quelli vecchi. Restano spietati tagliagole convinti che solo i morti non parlano e, sulla base di questa loro convinzione, a ogni abbordaggio fanno una strage. Perché non crediate di essere esenti da simili difetti caratteriali, cari abitanti della Virginia, vi ricordo che la Chesapeake Bay un tempo era infestata dai pirati e Tangier Island commerciava apertamente con loro, oltre a ospitarli, tanto che la leggenda vuole che persino Barbanera in persona vi avesse risieduto.

Ora che ho cominciato a dirvi la verità, cari lettori, spero che rifletterete sulla vostra vita e che da oggi stesso cercherete di mettere i bisogni e i sentimenti di almeno un’altra persona davanti ai vostri. Come allo specchio tutto sembra più vicino di quanto non sia, così nell’autostrada della vita il Passato non mantiene le distanze di sicurezza e viaggia a un passo da noi. Siamo ciò che eravamo, e più le cose cambiano meno cambiano, a meno che non cambiamo noi nel profondo del nostro essere.

Mi raccomando, occhi aperti!