BREVE STORIA DI TANGIER ISLAND
di Vigile Verità

Benché ora non ne sia molto contenta, Tangier Island fa parte del Commonwealth of Virginia e fu scoperta nel 1608 da John Smith e sette soldati, sei gentiluomini e un dottore che esploravano la Chesapeake Bay a bordo di una chiatta di tre tonnellate.

Mentre cercavano porti e abitazioni, si imbatterono in un arcipelago che chiamarono Russell Isles. Quando attraversarono la baia verso la sponda orientale, incrociarono due indigeni tarchiati e alquanto poco cordiali, “selvaggi”, come li definì Smith, che tenevano in mano lunghi bastoni con teste d’osso.

«Chi siete e cosa volete?» gli domandarono arditamente i due indigeni nella lingua dei Powhatan, così chiamata perché era quella parlata dal grande capo Powhatan, padre di Pocahontas.

Smith gli rispose in inglese, facendo molta impressione sui selvaggi. E qui voglio aprire una breve parentesi per sottolineare l’importanza della comunicazione, certamente un tema attuale, soprattutto alla luce di quello che è successo ieri sull’isola scoperta da John Smith nel lontano 1608, e cioè a Tangier. Nessun governo statale, nemmeno quello della Virginia, dovrebbe prendere iniziative e promulgare leggi che coinvolgono persone che parlano alla rovescia usando una serie di incomprensibili arcaismi. Se un uomo di Tangier dice, per esempio: “Bella, questa cosa” o “Non piove mica”, a seconda del tono che usa intende che la cosa non gli piace e che sta piovendo a dirotto. Il professor David L. Shores, nato a Tangier Island, affronta l’argomento nel suo Tangier Island: l’isola, la gente, la lingua.

Anticamente, quando un isolano intendeva il contrario di quello che stava dicendo, oltre che con il tono di voce lo segnalava con rafforzativi tipo: “No, figuriamoci”. Se pertanto voleva dire che pioveva molto forte, diceva: “Non piove mica. No, figuriamoci”. Ora non più. Solo chi conosce molto bene le inflessioni e le espressioni facciali degli abitanti dell’isola può capire che cosa intende veramente un pescatore quando dice: “No, non mi interessa mica andarci” oppure: “Piccolino, questo pesce, vero?”.

Pertanto il problema, come mi ha fatto notare una persona a me molto cara che d’ora in poi chiamerò il mio saggio confidente, è che quando una donna di Tangier, riferendosi al progetto per il controllo della velocità VASCAR, esclama: “Che bellezza!” probabilmente intende esprimere tutto il proprio disappunto e la propria contrarietà. Alla luce di queste considerazioni, bisogna dedurre che la signora Ginny Crockett fosse molto irritata, nonostante alla polizia avesse detto il contrario.

Ed è proprio qui che volevo arrivare. Il governatore dovrebbe astenersi dall’operare sull’isola senza prima aver acquisito una certa competenza nell’interpretazione della lingua ivi parlata. Peraltro non dovrebbe impiegarci molto, visto che la sua amministrazione ha dato prova in più di un’occasione di dire una cosa e poi fare il contrario, che è un’altra manifestazione dello stesso processo mentale. “Un’iniziativa davvero straordinaria” ho definito il progetto VASCAR parlando con il mio saggio confidente.

“Sulla base dell’inflessione e del tono esageratamente stridulo con cui l’hai detto, oltre che dell’enfasi con cui hai pronunciato la parola ‘davvero’, alzando il mento e le sopracciglia, posso chiederti se intendevi dire esattamente il contrario?” mi ha domandato.

“Volevo vedere se te ne accorgevi” gli ho risposto. “Non conta quello che si dice, ma come lo si dice.”

“Mi chiedo se anche John Smith abbia avuto lo stesso problema comunicando con i selvaggi” mi ha detto il mio saggio confidente. “E se questi già allora parlassero al contrario.”

“Be’, allora sicuramente era più importante il tono che la sostanza” gli ho fatto notare.

Dopo l’incontro con i selvaggi, Smith riprese il mare, seguendo la costa e le sue insenature finché un giorno, racconta Smith “vento fortissimo, pioggia, tuoni e saette ci assalirono e con grande periglio sfuggimmo alle spietate ire degli oceani”. Dopo essersi salvati per un soffio, si rifugiarono in una delle isole che Smith aveva battezzato Russell Isles.

Ripreso nuovamente il mare, furono investiti da un’altra tempesta, nel corso della quale persero l’albero maestro e le vele e rischiarono il naufragio. Per due giorni aspettarono che la tempesta si placasse e cercarono acqua potabile in un luogo inospitale che Smith chiamò Limbo Island. Finalmente riuscirono a riparare le vele usando le camicie che indossavano e fecero ritorno a Jamestown.

Molti studiosi ritengono che Tangier Island fosse una delle Russell Isles. Tuttavia, dopo aver studiato diverse antiche mappe e una carta moderna, mi sono chiesto se Tangier non corrisponda in realtà all’antica Limbo e se questo non possa in qualche modo spiegare la tendenza dei suoi abitanti a dire il contrario di quello che pensano o comunque a pensare il contrario di quello che dicono. Io non credo che gli storici possano escludere del tutto questa eventualità, che comunque io non sono in grado di dimostrare. Se guardate una carta di volo del settore di Washington, però, vedrete che Tangier e Limbo sono a pochi minuti di elicottero l’una dall’altra.

Per approfondire la questione, ho deciso di recarmi a Jamestown in elicottero e da lì registrare le esatte coordinate del viaggio di Smith come se fosse stato Jamestown-Tangier e poi come se fosse stato Jamestown-Limbo. Va notato che le seguenti coordinate geografiche si riferiscono a quelle apparse sul mio GPS sorvolando Jamestown, Tangier e Limbo. Leggete i dati che seguono e io ve ne spiegherò il significato.

 

JAMESTOWN TANGIER LIMBO
LATITUDINE 37° 12,47 37° 49,51 37° 55,75
LONGITUDINE 76° 46,66 75° 59,87 76° 01,58

Appare evidente che Tangier e Limbo non sono affatto distanti. Vorrei perciò che voi, cari lettori, immaginaste Smith e i suoi compagni in mezzo a una terribile tempesta con tuoni, fulmini e visibilità zero. Come poteva Smith essere così sicuro di non essersi rifugiato su Limbo Island ma su Tangier? Io sono abbastanza certo che se avessi volato in simili condizioni, magari dopo un sorso o due di Wild Turkey, sarei potuto benissimo finire su Limbo Island credendo di essere altrove.

Che Tangier sia Limbo oppure no, non lo sapremo mai. Dubito che se John Smith fosse qui oggi ce lo potrebbe dire. Ma non ho dubbi che se visitasse Tangier adesso, si sentirebbe su Limbo.

Se è davvero molto probabile che Tangier sia Limbo, personalmente mi rammarico che non abbia mantenuto quel nome. Credo che con quel nome si sarebbe potuta aggiudicare quella nicchia di mercato che comprende i turisti più incerti, quelli che preferiscono non prendere decisioni troppo compromettenti e restare temporaneamente senza fare nulla. E credo anche che il governatore della Virginia non si sarebbe scomodato a posizionare autovelox in un luogo chiamato Limbo, né che i suoi abitanti se la sarebbero presa tanto.

Mi raccomando, occhi aperti!