24.
Ogni giorno portava con sé dei visitatori. Cilla ne accoglieva alcuni, e ne ignorava altri. Cera poco da fare se non fingere di non vedere quelli che parcheggiavano o si fermavano a piedi sul bordo della strada per fotografare la casa, il parco, lei. Non si curava degli operai che si divertivano a mettersi in posa. Non poteva biasimarli perché si divertivano, perché si prendevano i loro quindici minuti di popolarità.
Presto o tardi, si diceva Cilla, l'interesse sarebbe calato. Quando intravedeva dei paparazzi che la inseguivano mentre comprava accessori o legname, faceva finta che non ci fossero. Quando vedeva delle foto di casa sua, di sé stessa sui tabloid o sulle riviste di gossip, rivolgeva la propria attenzione altrove. E
quando l'addetta stampa di sua madre chiamava per chiedere interviste e servizi fotografici, Cilla riattaccava risoluta.
Si occupava delle proprie cose, e pregava che una delle attuali cattive ragazze di Hollywood facesse qualcosa di abbastanza eccessivo da attirare l'attenzione.
Mentre luglio volgeva faticosamente al termine, Cilla si concentrava sulla casa.
Aveva fin troppo da fare.
«Perché vuoi un lavandino qui» chiese Buddy «se ne metti uno là?»
«È un lavello di servizio, Buddy, e sinceramente non so perché lo voglio. Lo voglio e basta. Il lavello qui.» Cilla posò la punta del dito sul disegno rivisto e assolutamente definitivo della cucina. «La lavastoviglie qui. Il frigorifero. E qui il lavello di servizio, nell'isola di lavoro.»
«Sono affari tuoi» disse Buddy, con quel tono che usava spesso per sottintendere che lei non ne capiva un bel niente. «Ma sto solo dicendo che se metti un lavandino nell'isola, riduci lo spazio del piano di lavoro.»
«Avrà un coperchio che fa da tagliere. Che si appoggia per tagliare le cose, e si toglie quando devi lavare.»
«Lavare cosa?»
«Gesù, Buddy. Ehm, la verdura.»
Lui assunse la sua espressione da bulldog. «Allora cosa laverai nell'altro lavandino?»
«Le mani insanguinate dopo averti pugnalato a morte col cacciavite.»
Buddy contrasse le labbra. «Hai delle idee veramente strane.»
«Sì? Aspetta la prossima. Voglio un rubinetto con doccetta per riempire le pentole.»
«Avrai due maledetti lavandini, e vuoi uno di quegli aggeggi allungabili nel muro sopra il fornello per riempire le pentole d'acqua?»
«Già, lo voglio. Forse dovrò riempire delle pentole molto grandi con l'acqua per la pasta, o per lavarmi i piedi, accidenti. O per far bollire le teste di idraulici scorbutici che continuano a discutere. Forse ho sviluppato una fissazione per i rubinetti. Ma lo voglio.»
Cilla avanzò e batté leggermente il pugno sul muro dove aveva disegnato una X
cerchiata con una matita da falegname. «E lo voglio proprio qui.»
Lui alzò gli occhi al soffitto, come a chiedere a Dio da cosa fosse posseduta.
«Dovrò far passare i tubi, quindi bisognerà tagliare l'intonaco per farli passare e collegarli.» i «Lo so.»
«La casa è tua.»
«Già. Infatti.»
«Ho sentito che ne hai comprata un'altra, quella vecchia casa a Bing.»
«Così pare.» La leggera contrazione allo stomaco era un segno di agitazione e nervosismo. «Il saldo sarà a ottobre, ma così pare.»
«Immagino che metterai i tuoi aggeggi stravaganti anche in quella.»
«Sarai lieto di sapere che ho in progetto di rimanere più sull'essenziale con quella.» Cilla si azzittì quando colse la delusione sul volto di Buddy.
«Lo dici adesso. Be', posso cominciare a preparare le cose giovedì.»
«Sarebbe fantastico.»
Cilla lo lasciò al suo sguardo torvo e ai suoi calcoli.
Gli armadietti della cucina sarebbero stati pronti entro un paio di settimane, valutò, e avrebbe potuto metterli da parte, se necessario, mentre l'impianto idraulico ed elettrico venivano predisposti, controllati, finiti, ricontrollati.
Bisognava riparare l'intonaco, imbiancare, posare i pavimenti. Se i piani di lavoro fossero arrivati puntuali, forse la cucina sarebbe stata pronta, fatta eccezione per gli elettrodomestici da sistemare, per il labor day.
Forse alla fine avrebbe dato una festa. E perfino pensare di organizzarne una avrebbe probabilmente portato iella a tutto quanto.
«Toc, toc!» Cathy Morrow infilò la testa nella porta d'ingresso. «Brian ha detto che non ti sarebbe dispiaciuto se fossi entrata.»
«Infatti. Come sta?»
«Benissimo, anche se sto morendo dalla curiosità. Brian ci racconta quanto sia meraviglioso qui, così Tom e io siamo proprio dovuti venire a vedere coi nostri occhi. Tom è fuori sul retro, dove stanno costruendo il muro di pietra. Per gli arbusti, ha detto Brian.»
«Darà altezza e profondità al giardino e ridurrà la tosatura.»
«Non credo che Brian abbia mai lavorato così tanto per un cliente privato... non commerciale, intendo. Lui è così... Oh, Cilla! E davvero bellissimo.»
Con una ventata di orgoglio, Cilla osservò Cathy girare per il soggiorno. «E
finito, tranne la rifinitura del pavimento, perché li faremo tutti insieme. E
poi mancano i mobili, e gli accessori, i quadri, i trattamenti alle finestre e qualche dettaglio secondario come...»
«È così aperto e caldo. Mi piace molto la luce. Sono trifogli d'Irlanda quelli sull'anello, o come si chiama?»
«Medaglione, sì sono trifogli. Dobby ha fatto un lavoro sorprendente. E il lampadario è fedele all'architettura della casa. Non so cosa ci fosse originariamente. Non sono riuscita a trovare nessuna fotografia che lo mostrasse, e mio padre non riusciva a ricordarlo. Ma credo che le semplici linee artigianali e il motivo a losanghe ambra e blu scuro funzionino.»
«È davvero grazioso. Ma, oh mio Dio, il caminetto.»
«È il punto focale.» Avvicinandosi, Cilla passò la mano sul blu scuro del granito. «Volevo che risaltasse contro le pareti, come risalta il cielo contro le montagne. E un colore forte come questo aveva bisogno di una mensola forte.»
«Non era di... sì, prima era di mattoni.»
«Macchiati di fumo e pieni di buchi, e il focolare non era a norma, come può vedere dai segni di bruciato dei tizzoni sul pavimento.»
«E strano, tutto quello che ricordo di questa stanza, o della casa, in realtà era modernissimo. Il lungo divano rosa rossetto con cuscini di raso bianchi.
Rimasi molto colpita. E come stava bene Janet seduta lì sopra con quel vestito blu! Era bellissima. Be', lo erano tutti» aggiunse Cathy con una risata. «Le celebrità, la gente ricca, famosa e importante. Non potevo credere di essere qui. Fummo invitati soltanto perché il padre di Tom era un personaggio locale molto importante, ma a me non interessava il motivo. Fummo invitati qui tre volte, e fu sempre quasi dolorosamente emozionante.
«Oh Signore, ero più giovane di te l'ultima volta che venni qui... a quell'epoca, voglio dire. È passato così tanto tempo» disse con un sospiro nostalgico. «L'ultima volta fu a una festa di Natale. Tutte le decorazioni, le luci. Champagne, infiniti bicchieri di champagne, musica. Quel divano meraviglioso. La gente la pregò di cantare finché lei non cedette. Cera un pianoforte a mezza coda bianco vicino alla finestra, e... Oh! Chi era, chi era quello con cui tutti pensavano avesse una relazione rovente... il compositore? E poi si scoprì che era gay. Morì di aids.»
«Lenny Eisner.»
«Sì, sì. Dio, che uomo stupendo. Comunque, lui suonò e lei cantò. Magico. Fu il Natale prima che tuo zio rimanesse ucciso. Scusa sto fantasticando ad alta voce.»
«No, mi piace sentir parlare di com'era la casa. Di com'era lei.»
Cathy tirò indietro i capelli lucenti. «Te l'assicuro, nessuno brillava più di Janet. Credo... sì, Marianna aveva solo qualche settimana, ed era la prima volta che prendevamo una babysitter. Ero così nervosa all'idea di lasciarla, e così imbarazzata perché avevo ancora addosso tutto il peso della gravidanza. Ma Janet mi chiese della bambina, e mi disse che ero bella. Fu gentile da parte sua, perché mi ero gonfiata come una balena con Marianna, sembravo quasi un ippopotamo. Me lo ricordo perché mia suocera mi tormentava per tutte le tartine che mangiavo. Come avrei fatto a perdere peso se mangiavo così tanto? Che donna irritante. Oh, ma il padre di Tom, ricordo anche lui, quant'era bello quella sera. Robusto ed elegante, e Janet flirtò con lui, cosa che infastidì mia suocera e fece molto piacere a me.»
Cathy si lasciò sfuggire una risata, divertita dal ricordo. «Non ci siamo mai sopportate, io e la madre di Tom. Sì, lui era davvero bello quella sera. Non avrei mai creduto che il cancro se lo sarebbe portato in modo così atroce solo dodici anni dopo. Si trovavano proprio qui, Janet e Drew... Andrew, il papà di Tom. E poi se ne sono andati entrambi. Scusami. Come ho preso una piega così morbosa?»
«Le vecchie case. Sono piene di vita e di morte.»
«Credo che tu abbia ragione. Si tratta di vita ora, vero? E di quello che stai facendo qui. Oh, me n'ero completamente dimenticata. Ho portato due Mimose.»
«Mi ha portato da bere?»
Cathy rise fino a tenersi lo stomaco. «Non il cocktail, gli alberi. Be', saranno degli alberi fra qualche anno, se le vuoi. Ne ho seminate un paio di dozzine, da regalare. Ho un paio
di belle mimose antiche. Magari non ti interessano, e in quel caso non mi offenderò. Sono alte una ventina di centimetri adesso, e non vedrai i fiori per diversi anni.»
«Mi piacerebbe averle.»
«Sono fuori sulla veranda, dentro vecchi vasi di plastica. Perché non le portiamo da Brian, e vediamo dove pensa che starebbero meglio?»
«È il mio primo regalo per l'inaugurazione della casa.» Cilla l'accompagnò fuori, e prese uno dei vasi di plastica neri che conteneva la pianticella delicata e sventolante. «Mi piace l'idea di piantarle così giovani, e riuscire a vederle crescere, anno dopo anno. E strano che lei sia venuta a trovarmi e a parlare di feste. Stavo pensando di darne una, forse per il labor day.»
«Oh, dovresti proprio! Che bello.»
«Il problema è che la casa non sarà del tutto finita, e non sarà ammobiliata, né decorata né...»
«Cosa importa?» Ovviamente già in piena atmosfera, Cathy le diede un colpetto col gomito. «Potrai farne un'altra quando avrai finito tutto. Sarà come... un preludio. Sarò felice di aiutare, e anche Patty, lo sai. Anche la madre di Ford.
In realtà, ne assumeremmo il controllo se tu non ci frenassi.»
«Forse. Forse. Ci penserò.»
Dopo che gli operai se ne andarono, e la casa tornò silenziosa, dopo che due pianticelle delicate, con fiori rosa come piumini per la cipria e che sarebbero fiorite dopo anni, furono piantate in un luogo soleggiato al confine col giardino e il campo incolto, Cilla si sedette su un secchio capovolto nel soggiorno della casa che un tempo era appartenuta a sua nonna. La casa che ora apparteneva a lei.
La immaginò affollata, con gente vestita e pettinata stupendamente. Le luci colorate di Natale, l'eleganza delle candele e del fuoco che risplendevano, scintillavano, luccicavano.
Un divano rosa rossetto con cuscini di raso bianchi.
E Janet, una luce più brillante di tutte le altre, che passava di ospite in ospite, con un elegante vestito blu, e un bicchiere di cristallo pieno di champagne spumeggiante in mano.
La nipote sedeva sul secchio capovolto, sentendo le voci del sogno e inspirando i profumi fantasma dell'abete di Natale.
Ford la trovò, sola al centro della stanza, mentre la luce si affievoliva in quella sera di fine estate.
Troppo sola, pensò lui. Non era soltanto solitaria, non quella volta. Non contemplava in silenzio, e non si crogiolava, ma era completamente sola, e molto, molto distante.
Dato che la rivoleva indietro, Ford si avvicinò e si accovacciò davanti a lei.
Quegli occhi spettacolari rimasero fissi per un altro secondo, altri due, distanti, poi tornarono, tornarono da lui.
«Ci fu una festa di Natale» disse. «Deve essere stata l'ultima festa di Natale che diede, perché fu il Natale prima che Johnnie rimanesse ucciso. C'erano luci e musica, tanta gente. Bellissima gente. Tartine e champagne. Janet cantò per loro, con Lenny Eisner al piano. Aveva un divano rosa. Un lungo divano rosa intenso con cuscini di raso bianchi. Me l'ha raccontato Cathy. Fa molto Doris Day, vero? Rosa intenso, rosa rossetto. Non ci starebbe proprio adesso, qui quel rosa intenso con queste pareti verde opaco.»
«È solo vernice, Cilla; è solo stoffa.»
«Sono dei simboli. La moda cambia, va e viene, ma ci sono i simboli. Io non sarò mai un divano rosa con cuscini di raso bianchi. L'ho cambiata, e non mi dispiace. Non sarà mai elegante, audace e luminosa com'era quando c'era lei. E
anche questo mi sta bene. Ma a volte, quando sono qui dentro, ho bisogno, e so di sembrare completamente folle, ho bisogno di chiederle se sta bene anche a lei.»
«E a lei sta bene?»
Cilla sorrise, appoggiando la fronte contro quella di Ford. «Ci sta pensando.»
Si piegò indietro, sospirò. «Be', dato che sto facendo affermazioni folli, potrei anche arrivare a farti una domanda folle.»
«Sediamoci fuori in veranda, nell'angolo delle domande folli. È davvero troppo per me stare accovacciato così tanto.» Ford la fece alzare.
Si sedettero sui gradini della veranda, le gambe allungate, mentre Spock gironzolava nel giardino davanti. «Sei sicuro che questo sia l'angolo delle domande folli?»
«Ho l'abbonamento.»
«Okay. Conoscevi il nonno di Brian? Il padre di suo padre?»
«A malapena. Morì quando eravamo ancora piccoli. Ho più che altro una sensazione su di lui. Un tipo grosso, robusto. Potente.»
«Quanti anni avrà avuto, circa sessanta, quel Natale? All'ultima festa di Natale.»
«Non lo so. Più o meno, credo. Perché?»
«Non era troppo vecchio» considerò Cilla. «A Janet piacevano gli uomini più grandi, e più piccoli, e praticamente di ogni età, razza o credo.»
«Stai pensando al nonno di Bri e a Janet Hardy?» Ford rise di sorpresa e meraviglia. «È proprio... strano.»
«Perché?»
«Okay, prima di tutto è strano immaginare i nonni che hanno relazioni, e di conseguenza immaginare i nonni che fanno sesso.»
«Non così tanto se tua nonna ha sempre trentanove anni.»
«Hai ragione.»
«E poi, i nonni fanno sesso. Hanno il diritto di fare sesso.»
«Già, ma non voglio fissarmi l'immagine in testa, o la prossima cosa che farò sarà immaginare i miei nonni che lo fanno e... Vedi? Vedi?» Ford le diede un finto pugno sul braccio. «Ecco, in alta definizione, nella mia mente. Adesso sono segnato a vita. Grazie mille.»
«Sì, decisamente la parte folle della veranda. Ford, potrebbe aver scritto lui le lettere.»
«Mio nonno?»
«No. Be', sì, a dire il vero, adesso che ne parli. Aveva una cotta per lei, l'ha ammesso lui. Le fece tutte quelle fotografie.»
Ford si limitò a lasciar cadere la testa fra le mani. «Mi stai facendo passare per la mente una serie terribile di immagini.»
«Te lo direbbe se glielo chiedessi?»
«Non lo so, ma non glielo chiederò. Nemmeno per sogno. E me ne vado dall'angolo folle della veranda.»
«Aspetta, aspetta. Scambiamo i nonni. Quello di Brian. È difficile pensare che il tuo sarebbe così devotamente aggrappato a quelle foto se la loro relazione fosse finita male. Ma quello di Brian era il tipo, no? Potente, importante.
Sposato. Sposato, con una famiglia, una carriera di successo, e pubblica.
Potrebbe aver scritto lui quelle lettere.»
«Visto che è morto da circa un quarto di secolo, sarebbe dura provarlo, in ogni caso.»
Era un ostacolo, pensò Cilla, ma non doveva essere insormontabile.
«Probabilmente ci sono dei campioni della sua calligrafia da qualche parte.»
«Già.» Ford sospirò. «Già.»
«Se potessi avere un campione, e confrontarlo con le lettere, allora lo capirei.
Sono morti entrambi, e potrebbe finire lì. Non avrebbe senso divulgarlo. Ma...»
«Tu lo sapresti.»
«Io lo saprei, e potrei accantonare quella parte della vita di mia nonna che non mi sarei mai aspettata di trovare.»
«E se non corrispondono?»
«Credo che continuerò a sperare di fare la domanda giusta alla persona giusta un giorno.»
«Vedrò cosa posso fare.»
Ford impiegò un paio di giorni a trovare un approccio. Non poteva mentire. Non che non ne fosse capace; solo che lo faceva malissimo. L'unico modo in cui l'aveva fatta franca con una bugia era stato quando la persona a cui aveva mentito si era impietosita e aveva lasciato perdere. Ford aveva imparato a calarsi o a immergersi nella verità.
Osservò Brian e Shanna che rivoltavano un carico di torba nel terreno dietro al muro di pietra terminato.
«Potresti prendere un badile» gli disse Brian.
«Potrei, ma è importante anche guardare e ammirare. Soprattutto guardare e ammirare il culo di Shanna.»
Lei lo dimenò cortesemente.
«Sappiamo tutti che stai guardando il mio di culo» replicò Brian.
«È vero. Shanna è solo una copertura. Per essere più convincente, forse potrebbe piegarsi giusto un pochino di più e... andata!» disse lui, quando Shanna lo fece e rise.
Dipendeva, suppose Ford, dal fatto di essere amici da tutta la vita. Una ragione in più per non considerare una bugia come un'alternativa. Ma prendere tempo sì, si poteva.
«Cosa state piantando?»
Brian si raddrizzò, si passò l'avambraccio sulla fronte sudata, poi indicò un gruppo di arbusti in vaso. «Renditi utile, visto che non sembri avere niente di meglio da fare. Portali qui, così possiamo cominciare a posarli e a vedere come stanno.»
«È cattivo solo perché mi prendo dieci giorni di vacanza. Vado a Los Angeles a trovare Steve.»
«Davvero?» Ford sollevò un'azalea. «Allora...?»
«'Il destino non è scritto'.»
Bisognava amare per forza una donna che citava Terminator. «Salutalo, e tutto il resto.»
Ford aspettò mentre sistemavano le piante che lui passava, le risistemavano, discutevano della disposizione, e alla fine esaminavano e criticavano la disposizione.
«Okay, hai ragione» ammise Shanna. «Scambiamo il rododendro con l'andromeda.»
«Io ho sempre ragione.» Compiaciuto, Brian si batté il pollice sul petto. «È per questo che sono il capo.»
«Come capo, puoi prenderti un minuto?» chiese Ford. «Dovrei dirti una cosa.»
«Certo» rispose Brian, mentre si allontanavano.
«Okay, deve rimanere fra noi due» cominciò Ford. «Cilla ha trovato delle lettere scritte da un tizio con cui sua nonna ebbe una relazione.»
«E allora?»
«Un'importante relazione segreta, con un tizio sposato, che finì male poco prima che lei morisse.»
«Ripeto: e allora?»
«Be', non erano firmate, e Janet le ha tenute nascoste, quindi sono diventate lettere misteriose. In realtà, finché a Hennessy non si è fuso il cervello, pensavamo che le effrazioni potessero essere un tentativo dell'uomo del mistero di riprendersi le lettere.»
«Non avrebbe tipo un centinaio d'anni?»
«Forse, ma non necessariamente. E molti uomini sulla settantina in passato si sbattevano altre donne, oltre alle loro mogli.»
«È scioccante» disse Brian ironico. «Ehi, magari è Hennessy, che ebbe un'avventura burrascosa con la bellissima e sensuale stella del cinema. Anche se io penso che sia uno stronzo rinsecchito da quando è nato.»
«Non è così impossibile. Ma, ehm, un po' più vicino alle ipotesi logiche...
sentì, lei conosceva tuo nonno, e lui era un uomo importante da queste parti, e andava alle sue feste.»
Ford si fermò, grattandosi la testa mentre Brian si piegava in due dalle risate.
«Gesù. Gesù!» riuscì a dire Brian. «Il defunto e illustre Andrew Morrow che faceva il cattivo con Janet Hardy?»
«È un'ipotesi logica» insistette Ford.
«Non nel mio mondo, Saw. Non me lo ricordo tanto bene, ma ricordo che era un osso duro, e un moralista.»
«Nel mio mondo, spesso i moralisti sono quelli che vanno dall'amante prima di tornare a casa da mogli e bambini.»
Brian tornò serio, rifletté. «Già, hai ragione. E Dio solo sa quanto dev'essere stato difficile vivere con mia nonna. Non le andava mai bene niente.
Rimproverava continuamente mia madre. Fino in punto di morte. Sarebbe piuttosto fico,» concluse «se Drew Morrow si fosse fatto qualche giro con Janet Hardy.»
Sorvolare sulla presunta gravidanza, e sul tono minaccioso delle ultime lettere non significava mentire. Era solo... sorvolare. «Hai qualcosa scritto da lui?
Biglietti di compleanno, lettere, qualsiasi cosa?»
«No. Mia madre sì, credo. Tiene da parte i biglietti di famiglia e cose del genere.»
«Puoi recuperare un campione della sua calligrafia senza farle sapere a cosa serve?»
«Probabilmente. Ha una scatola con della roba mia fuori nel garage. Temi scolastici, biglietti, roba del genere. Potrebbe esserci qualcosa lì dentro. Ha insistito per anni che la portassi a casa mia. Potrei togliergliela di mezzo, darci un'occhiata dentro.»
«Bene. Grazie.»
«Ehi!» gridò Shanna. «Avete finito voi due o devo piantare da sola tutto il terrazzo?»
«Brontola, brontola» rispose Brian urlando.
Ford la osservò. Attraente, sporca, bellissima. «Com'è che non c'è mai stato niente tra di voi?»
«Abbiamo perso l'occasione buona, ed è diventata mia sorella.» Brian alzò le spalle. «Ma abbiamo un accordo. Se saremo ancora single a quarant'anni, andremo in Giamaica per una settimana e passeremo tutto il tempo a fare sesso folle e selvaggio.»
«Bene. Allora buona fortuna.»
«Mancano solo nove anni» disse forte Brian, mentre tornava da Shanna.
Per un attimo, Ford rimase semplicemente ammutolito. Nove anni? Era così? Lui non pensava ai quarant'anni. Quaranta era un'altra decade. La decade degli adulti.
Come facevano a mancare solo nove anni?
Ficcando le mani in tasca, deviò verso la casa per cercare Cilla.
In cucina, dov'erano stati smontati e portati via anche i resti del piano di lavoro, e strani tubi spuntavano da un pavimento che sembrava sgranocchiato da roditori ubriachi, Buddy lavorava a un grosso buco sull'intonaco della parete.
Si girò con una specie di grosso attrezzo in mano, che a Ford parve la testa metallica di un pappagallo sopra il collo di una giraffa.
«Chi diavolo mette un dannato rubinetto sopra un dannato fornello?» chiese Buddy.
«Non lo so. Ehm, in caso d'incendio?»
«Tutte stronzate.»
«È la cosa migliore che mi è venuta in mente. C'è Cilla in giro?»
«Quella donna è sempre in giro. Prova in soffitta. Il gabinetto in soffitta»
borbottò Buddy, mentre tornava al lavoro. «Un rubinetto sopra il fornello. La prossima sarà una vasca in camera da letto.»
«A dire il vero, io ho visto... Niente» disse Ford, quando Buddy si girò a guardarlo con gli occhi socchiusi. «Non ho visto niente.»
Ford attraversò la casa, notò che le cornici del corridoio e dell'ingresso erano quasi finite. Al secondo piano, infilò la testa nelle stanze. In una camera con le pareti di un leggero marrone fumé, sentì ancora l'odore di vernice. In quella principale, osservò i tre colori pennellati sul muro. Evidentemente, Cilla non aveva ancora deciso tra un grigio argenteo, un grigioblu e un oro tenue.
Ridiscese in corridoio, salì la scala allargata e finita. Cilla era con Matt, ed entrambi tenevano un campione di legno alla luce che entrava dalla finestra.
«Sì, mi piace il contrasto fra quercia e noce.» Matt annuì. «Sai cosa potremmo fare? Potremmo incorniciarla col noce. Tu hai il tuo... Ciao, Ford.»
«Ciao.»
«Riunione al vertice» gli disse Cilla. «Mobili incassati.»
«Continuate pure.»
«Okay, così.» Con la matita, Matt cominciò a disegnare sulla parete di cartongesso, e l'attenzione di Ford si spostò sulle strisce di vernice sul muro opposto. C'era lo stesso grigio argenteo di prima, un giallo caldo e allegro, e una specie di color albicocca.
Diede un'occhiata in bagno, alle piastrelle e alle tonalità.
Riprese ad ascoltare e sentì Matt e Cilla trovare un accordo su materiale e disegno.
«Comincerò a farlo nel mio laboratorio» le disse Matt.
«Come sta Josie?»
«Accaldata e impaziente, e si chiede perché diavolo non abbia fatto i conti lo scorso inverno e non si sia accorta che avrebbe passato l'estate incinta.»
«Fiori» suggerì Ford. «Comprale dei fiori tornando a casa. Sarà ancora accaldata, ma sarà felice.»
«Forse lo farò. Controllerò per assicurarmi che il legno per il parquet arrivi martedì. Escludendo altri errori, cominceremo a spianarlo col martello quassù.
Le rose funzionano sempre, giusto?» chiese a Ford.
«C'è un motivo se sono un classico.»
«Okay. Ti farò sapere per il legno, Cilla.»
Mentre Matt scendeva, Ford si avvicinò, sollevò il mento di Cilla, la baciò.
«L'argento chiaro qui, l'oro opaco nella camera principale.»
Lei inclinò la testa. «Forse. Perché?»
«Si intona meglio coi bagni rispetto alle altre scelte. E anche se sono entrambe tonalità calde, il grigio da un senso di freddezza. E una soffitta, per quanto tu possa vivacizzarla. E nella camera, quel colore è riposante ma comunque forte. Adesso dimmi perché Buddy sta mettendo un rubinetto sopra il fornello.»
«Per riempire le pentole.»
«Okay. Ho parlato con Brian.»
«Lo fai spesso.»
«Delle lettere. Di suo nonno.»
«Tu... tu gliel'hai detto?» Cilla spalancò la bocca. «Gli hai detto che secondo me suo nonno potrebbe aver infranto i comandamenti con mia nonna?»
«Non mi sembra che abbiamo parlato di comandamenti. Tu volevi un campione della calligrafia. Brian probabilmente può recuperarne uno.»
«Sì, ma... non avresti potuto essere discreto, un po' ambiguo? Non avresti potuto mentire?»
«Faccio schifo quando cerco di essere ambiguo. E anche se fossi da medaglia d'oro nelle gare di ambiguità, non potrei mentire a un amico. Ha capito che gliel'ho detto in confidenza, e non rivelerà la confidenza di un amico.»
Cilla fece un respiro. «Voi siete certamente cresciuti su un pianeta diverso dal mio. Sei sicuro che non dirà niente a suo padre? È davvero imbarazzante.»
«Ne sono sicuro. Brian ha fatto un commento interessante, però. E se fosse stato Hennessy a scrivere le lettere?»
Cilla spalancò di nuovo la bocca. «L'Hennessy che voleva uccidermi col suo furgoncino?»
«Be', pensaci. Non impazziresti se avessi una relazione con una donna, e poi il figlio di quella donna fosse responsabile, secondo te, di aver fatto finire tuo figlio su una sedia a rotelle? È molto improbabile, sono d'accordo. Rileggerò le lettere pensando a questo. Solo per vedere che effetto fa.»
«Sai una cosa? Se la storia prendesse quella piega, anche solo vagamente, non credo che lo vorrei sapere. Immaginare mia nonna con Hennessy non mi fa certo esultare.»
Cilla sospirò e cominciò a scendere con lui. «Ho parlato con la polizia oggi»
disse a Ford. «Non ci sarà il processo. Hanno trovato un accordo, Hennessy ha patteggiato. Passerà come minimo due anni in una struttura di stato, psichiatrica.»
Ford le prese la mano. «Come ti sentì?»
«Onestamente non lo so. Quindi credo che accantonerò la cosa e penserò al presente.»
Entrò nella camera principale, osservò i campioni di vernice. «Sì, hai ragione sul colore.»