6.
Cilla trascorse gran parte del pomeriggio guardando water. E scegliendo lavandini. Valutò i vantaggi delle piastrelle di travertino e granito, calcare e ceramica. Nella sua ultima incarnazione di rivenditrice di case, il budget era stato sovrano. Aveva imparato a rispettarlo, a scegliere il prezzo migliore e a considerare sia la casa che il quartiere. Troppo alto, troppo basso, e il profitto sarebbe stato risucchiato come ciuffi di polvere da una Dyson.
Ma questa volta le cose erano diverse. Sebbene il budget non potesse mai essere ignorato, stava facendo delle scelte per casa sua, non per rivendere. Se aveva intenzione dì vivere a Little Farm, di costruirsi una vita e una carriera lì, sarebbe stata lei a convivere con quelle scelte per molto tempo.
Quando si era ritrovata nel campo dei beni immobili, aveva capito di possedere un buon occhio per potenziale, colore, aspetto, equilibrio. E aveva scoperto di essere puntigliosa. Una lieve differenza di tonalità, forma o dimensione delle piastrelle del bagno era importante nel suo mondo. Poteva passare ore a scegliere la maniglia giusta per un cassetto.
E aveva scoperto che farlo, e trovare la maniglia giusta per un cassetto, la rendeva assurdamente felice.
Tornando al cantiere ormai vuoto, Cilla fece un ampio sorriso vedendo le nuove assi della veranda. L'aveva fatto lei, proprio come aveva costruito il parapetto, i pioli, che poi aveva dipinto di un nuovo bianco antico.
Il rumore dei suoi piedi che sbattevano su quelle assi le sembrò musica.
Portò in bagno i campioni che aveva con sé, passò del tempo a riordinarli, esaminarli. E a crogiolarsi nella sua visione. Caldo, affascinante, semplice.
Perfetto per il bagno di una camera degli ospiti.
Gli accessori bronzato nero che aveva già comprato, e in base ai quali aveva progettato il locale, sarebbero risaltati meravigliosamente con le tonalità delicate delle piastrelle e del lavabo da appoggio vecchio stile.
Buddy, pensò, si sarebbe rimangiato le sue parole quando l'avrebbero finito.
Cilla lasciò i campioni dov'erano - voleva guardali bene ancora una volta alla luce naturale del mattino - poi entrò quasi saltellando nella doccia per lavare via la giornata di lavoro.
Cantò, lasciando rimbombare ed echeggiare la voce sulle terribili piastrelle crepate del bagno, che sarebbero state smantellate presto. Nessun playback in studio di registrazione le era mai piaciuto di più.
Quando Ford aprì la porta, Cilla gli porse la bottiglia itinerante di cabernet.
Lui la prese, la sollevò e valutò che ne era rimasta quasi metà.
«Sei un'ubriacona.»
«Lo so. È un problema. Allora, che ne dici di bere qualcosa prima di andare a perlustrare questa palestra?»
«Certo.»
Cilla aveva lasciato i capelli sciolti, notò Ford, che ricadevano, dritti come spaghetti, qualche centimetro sotto le spalle, Il suo profumo gli suscitò un immediato e vivido ricordo sensoriale del gelsomino a fioritura notturna che proliferava nel giardino di sua nonna in Georgia.
«Stai bene.»
«Mi sento bene. Oggi ho comprato tre water.»
«Be', questo merita certamente qualcosa da bere.»
«Ho scelto le piastrelle del bagno,» continuò lei, mentre lo seguiva in cucina
«i pomelli degli armadietti, i lampadari e
una vasca da bagno. Una vasca davvero magnifica, classico stile vittoriano con piedi ad artiglio. Questo è un gran giorno. E sto pensando all'Art Déco per il bagno principale.»
«Déco?»
«Ho visto un lavandino favoloso oggi, e ho pensato, sì, eccolo. Potrei metterci molto cromo e vetro azzurro. Piastrelle bianche e nere, o forse nere e argento.
Un po' di incisività metallica. Sgargiante, rétro. Condiscendente. Ti verrà la tentazione di indossare una vestaglia di seta con piume di marabù.»
«Mi viene sempre. Come mi sono sempre chiesto cosa sia un marabù, e perché abbia le piume.»
«Non lo so, ma potrei comprare quella vestaglia solo per appenderla lì dentro e togliermi il pensiero. Sarà uno sballo.»
«Tutto questo grazie a un lavandino?» Ford le porse un bicchiere di vino.
«Di solito è così che funziona per me. Vedo un pezzo, e da lì parte tutto, così vedo come potrebbe funzionare il resto della stanza intorno a quello.» Sollevò il bicchiere per brindare. «Ho avuto una buona giornata. E tu?»
Cilla era raggiante, pensò Ford. Un giro da Home Depot, o dovunque fosse stata, ed era raggiante come la luce del sole. «Be', non ho comprato nessun water, ma non posso lamentarmi. Sono a buon punto col libro, la trama, e sono riuscito a metterne parecchio su carta.» La osservò mentre sorseggiava. «Credo di capire la cosa del lavandino, dopotutto. Io ti ho vista, e da lì è partito tutto. E il resto prende forma intorno a te.»
«Posso leggerlo?»
«Certo. Una volta sistemato un po'.»
«Terribilmente normale e prevedibile. Buona parte degli scrittori che ho conosciuto si dividono in due categorie. Quelli che ti implorano di leggere ogni parola che scrivono, e quelli che ti caverebbero gli occhi con una forchetta se intravedessi una pagina di lavoro abbozzato.»
«Scommetto che buona parte degli scrittori che hai conosciuto sono a Hollywood.»
Cilla rifletté un attimo. «Hai ragione» ammise. «Quando recitavo, le pagine del copione potevano sventolarti davanti mentre stavi girando la scena. A dire il vero, mi piaceva così. Più spontaneo, mantiene viva l'energia. Ma prima pensavo: quanto può essere difficile? Devi solo mettere giù l'idea a parole su carta. Ho scoperto quanto può essere difficile quando ho cominciato a scrivere una sceneggiatura.»
«Hai scritto una sceneggiatura?»
«Ho cominciato a scriverla. Su una donna che cresce nell'ambiente, una visione dall'interno: l'ascesa e la caduta, la scalata, i trionfi e le umiliazioni.
Scrivi quello che conosci, ho pensato, e accidenti se lo conoscevo! Sono arrivata a una decina di pagine.»
«Perché ti sei fermata?»
«Ho dimenticato di considerare un piccolo elemento. Non so scrivere.» Cilla rise, scosse indietro i capelli. «Leggere un milione di copioni non significa che tu sia in grado di scriverne uno. Persino uno brutto. E poiché di quel milione di copioni che ho letto circa novecentomila erano brutti, riconoscevo una schifezza. Per recitare, dovevo crederci... non far credere, ma crederci.
Regola numero uno di Janet Hardy. Mi ha colpito che fosse lo stesso per la scrittura. E io, come pensavo, non sapevo scrivere. Tu sì.»
«Come lo sai?»
«L'ho visto quando hai cominciato a parlarmi di questa nuova idea, di questo nuovo personaggio. E si vede nel tuo lavoro, le parole e le illustrazioni.»
Ford le puntò il dito contro. «Hai letto il libro.»
«Già. Confesso che avevo intenzione di sfogliarlo, cogliere la sostanza per non sbagliare se e quando mi avresti chiesto qualcosa. Ma mi sono appassionata. Il tuo Seeker è imperfetto, cupo e umano. Perfino quando è nella versione supereroe, la sua umanità, le sue ferite traspaiono. Credo sia quello l'importante.»
«Credi bene. Ti sei appena guadagnata ancora da bere.»
«Meglio di no.» Cilla mise una mano sul bicchiere quando Ford prese il vino.
«Forse più tardi, durante la cena. Dopo che mi avrai fatto vedere la palestra.
Hai detto che era vicina.»
«Sì, già. Vieni a dare un'occhiata.»
ss
Ford gesticolò, poi aprì una porta di ciliegio con pannello liscio che lei ammirò. Andavano al piano di sotto, suppose Cilla e, siccome visitare le case era sempre interessante, scese con lui.
«Bella scala anche questa» commentò. «Chiunque abbia costruito questa casa, davvero... Oh, accidenti.»
Colta dall'ammirazione, senza nemmeno un po' di invidia, Cilla si fermò alla base. Sul retro, il piano inferiore della casa si apriva sul pendio della collina attraverso ampie finestre e porte a vetri, e attraverso un piccolo e grazioso patio di ardesia all'esterno, dove il cane era steso sulla schiena, con le zampe dritte, addormentato.
Ma dentro, su un pavimento di quercia a doghe larghe ricoperto da tappetini, c'erano le macchine. In silenzio, Cilla fece un giro, osservando lo stepper ellittico, la panca per i pesi, la rastrelliera portapesi, la cyclette, il vogatore.
Roba seria, si disse.
Un'enorme tv a schermo piatto ricopriva una parete. Cilla notò gli elementi incassati, e il frigo bar con sportello di vetro che conteneva bottiglie d'acqua. E nell'angolo, dove il legno si fondeva con l'ardesia, si trovava una vasca idromassaggio nero lucente.
«Opera di Matt?»
«Sì. Perlopiù.»
«Sono sempre più compiaciuta del mio istinto di assumerlo. Non devi mai andartene di qui.»
«Questa era un po' l'idea. Mi piace rintanarmi per lunghi periodi. Era stata progettata come soggiorno, ma visto che la mia famiglia non vive qui, ho pensato: perché trascinarmi in palestra quando posso portare la palestra a casa mia? E poi, nessuna quota di iscrizione. Ovviamente, toglie la possibilità di occhieggiare corpi femminili tonici e sudati, ma bisogna fare dei sacrifici.»
«Io ho un seminterrato» rifletté Cilla. «Un vero seminterrato, ma è grande. Ho pensato a come finirlo più avanti, ma più che altro sarà usato come magazzino e ripostiglio. Però con la giusta illuminazione...»
«Fino ad allora, sei la benvenuta se vuoi usare questa.»
Aggrottando la fronte, Cilla si girò a guardarlo. «Perché?»
«Perché no?»
«Non evitare la domanda. Perché?»
«Non la stavo evitando.» Che strana combinazione di prudenza e apertura, quella ragazza, pensò Ford. «Ma se ti servono altri particolari, io la uso solo qualche ora la settimana. Quindi sei la benvenuta se vuoi usarla qualche ora la settimana anche tu. Si chiama ospitalità del Sud.»
«Quando ti alleni di solito?»
«In realtà non ho un orario fisso. Più che altro quando ne ho voglia. Cerco di assicurarmi di averne voglia cinque o sei giorni la settimana comunque, altrimenti potrei cominciare a somigliare a Skeletor.»
«Chi?»
«Sai, Skeletor. I dominatori dell'universo? Acerrimo nemico di HeMan. E... no, non lo sai. Ti procurerò un libro. Però il nome non mi si addice, perché in realtà Skeletor è molto muscoloso. Comunque, puoi usare le porte laggiù, quando ne hai voglia. Io non saprò nemmeno che sei qui. E potrei avere fortuna, se la mia voglia è in sintonia con la tua... così potrei occhieggiare una donna tonica e sudata, alla fine.»
Cilla socchiuse gli occhi. «Tira su la maglietta.»
«Pensavo che non me l'avresti mai chiesto.»
«Tieni addosso i pantaloni. Solo la maglietta, Ford. Voglio controllare gli addominali.»
«Sei una donna strana, Cilla.» Ma sollevò la maglietta.
Lei gli premette un dito nel ventre. «Okay. Volevo solo essere sicura che usassi davvero questi attrezzi, e il fatto di averne voglia è un vantaggio secondario più che un obiettivo.»
«Si ha un obiettivo quando ce lo si pone.»
«E io me lo pongo, e mi sta bene. Ma vorrei davvero accettare la tua offerta, e farlo senza obblighi o aspettative. Apprezzo l'ospitalità, Ford. Sul serio.
Inoltre hai l'approvazione formale di Matt, e lui mi piace.»
«È una fortuna perché lo pago cinquecento dollari l'anno per quell'approvazione.»
«Lui ti vuole bene. Si capiva quando gli ho fatto, impercettibilmente e abilmente, il terzo grado su di te.»
Ford provò un'immediata sensazione di felicità. «Gli hai fatto il terzo grado su di me?»
«Impercettibilmente» ripeté lei. «E abilmente. E lui è un bravo ragazzo, quindi...» Cilla osservò ancora la stanza, gli attrezzi, e Ford riuscì quasi a sentire il suo desiderio. «Perché non facciamo uno scambio? Io approfitterò volentieri dei tuoi attrezzi, e se tu avrai bisogno di sistemare o sbrigare qualcosa in casa, me ne occuperò io.»
«Sarai il mio tuttofare?»
«Sono piuttosto brava a fare tutto.»
«Indosserai la cintura degli attrezzi e una gonna cortissima?»
«La cintura degli attrezzi, sì. La gonna, no.»
«Accidenti.»
«Se non posso sistemare io la cosa, manderò uno dei ragazzi. Forse qualcuno di loro indosserà una gonna cortissima.»
«Posso sempre sperarci.»
«Affare fatto?»
«Affare fatto.»
«Fantastico.» Sorridendo, Cilla studiò di nuovo la stanza. «Ne approfitterò come prima cosa domani. Perché non ti fai portare fuori a cena per suggellare l'accordo?»
«Per ora rifiuto l'invito perché ho previsto un menu da Chez Sawyer.»
«Hai intenzione di cucinare?»
«La mia specialità.» Ford le prese il braccio e la fece girare verso i gradini.
«L'unica che non prevede l'uso del forno a microonde. Consiste nel mettere un paio di bistecche sulla griglia, infilare un po' di peperoni su uno spiedo e cuocere un paio di patate al forno. Come ti piace la bistecca?»
«Mi piace sentirla sussurrare piano: muu.»
«Cilla, tu sei la mia donna ideale.»
Non lo era. L'unico ideale di Cilla era quello di inseguire i propri obiettivi, ed essere soddisfatta di realizzarli. Ma doveva ammetterlo: Ford rendeva la cosa allettante. Catturava la sua mente, mettendola a proprio agio e mantenendola in allerta. Era una bella abilità, pensò Cilla. Le piaceva la sua compagnia, più di quanto le suggerisse la sua saggezza, soprattutto perché aveva progettato di trascorrere molto tempo da sola.
E poi era bellissimo in piedi dietro alla griglia fumante.
Mangiarono nella veranda sul retro, mentre Spock russava beato tra gli scarti della lauta cena. E Cilla trovò quel pasto essenziale assolutamente perfetto.
«Dio, è così bello qui. Tranquillo.»
«Nessuna voglia di club affollati o una rapida incursione a Rodeo Drive?»
«Ne ho avuto a sufficienza di entrambi molto tempo fa. Allora sembrava divertente, ma diventa sgradevole in fretta se non è davvero il tuo posto. Non era il mio. E cosa mi dici di te? Hai vissuto a New York per un po', vero?
Nessuna voglia di dare un altro morso alta Grande Mela?»
«Era eccitante, e mi piace tornarci ogni tanto, assorbire quell'energia. Il fatto era che credevo di dover vivere lì, visto quello che volevo fare. Dopo un po', mi sono reso conto che lavoravo di più quando venivo a trovare i miei genitori per qualche giorno e stavo con gli amici, rispetto a quanto facessi là nello stesso arco di tempo. Alla fine ho capito che laggiù c'erano troppe persone che pensavano, a ogni ora del giorno e della notte. E ho creduto fosse meglio qui.»
«E curioso» rispose Cilla.
«Cosa?»
«Una volta, in un'intervista, un giornalista chiese a mia nonna perché avesse comprato questa piccola fattoria in Virginia. Lei disse che qui riusciva a sentire i propri pensieri, e che tendevano a essere soffocati da quelli degli altri quando era a Los Angeles.»
«Capisco esattamente cosa intendeva. Hai letto molte sue interviste?»
«Lette, rilette, ascoltate, guardate. Non ricordo una volta in cui non mi abbia affascinata. Quella luce brillante, quell'icona tragica, dalla quale discendo.
Non potevo sfuggirle, quindi avevo bisogno di conoscerla. Quando ero piccola mi infastidiva. Venire confrontata con lei, e non essere mai all'altezza.»
«I confronti sono escogitati perché la gente non si senta all'altezza.»
«È vero. Quando avevo dodici o tredici anni, ormai mi avevano abbondantemente rotto le palle. Così cominciai ad analizzarla, con determinazione, in cerca del trucco, del segreto. Allora scoprii una donna con uno stupefacente talento naturale. Chiunque a confronto non sarebbe stato all'altezza. E accorgendomi di questo, non me la presi più con lei. Sarebbe stato come prendersela con un diamante perché brilla.»
«Sono cresciuto sentendo parlare di Janet, perché aveva la casa qui. Morì qui.
Mia madre ascoltava tanto i suoi dischi. Andò a un paio di feste alla fattoria»
aggiunse. «Mia madre.»
«Davvero?»
«Rivendicava la fama per aver baciato il figlio di Janet Hardy, cioè tuo zio. Un po' strano, vero? Io e te seduti qui fuori così, e anni fa, mia madre e tuo zio se la spassavano nell'ombra dall'altra parte della strada. Potrebbe essere ancora più strano se ti dicessi che mia mamma fece più o meno lo stesso con tuo papà.»
«Oh, Dio.» Scoppiando in una risata, Cilla prese il vino, bevve un piccolo sorso. «Non te lo stai inventando?»
«È la pura verità. Questo fu, ovviamente, prima che si mettesse con mio padre, e tuo padre seguisse tua madre a Hollywood. Faccenda complicata, ora che ci penso.»
«Direi di sì.»
«E mortificante per me, quando me lo raccontò. Quando finii nella classe di tuo padre alle superiori. Il pensiero che mia madre avesse serrato le labbra su quelle del signor McGowan fu quasi un trauma all'epoca, accidenti.» I suoi occhi si illuminarono di ilarità. «Adesso mi piace il parallelismo: il figlio di mia madre ha serrato le labbra su quelle della figlia del signor McGowan.»
Cerchi, pensò Cilla. Aveva pensato ai cerchi quando era venuta a ricostruire la fattoria della nonna. Ora ecco un altro cerchio collegato. «Devono essere stati molto giovani» disse piano. «Johnnie aveva solo diciotto anni quando morì. Deve essere stato terribile per Janet, per i genitori degli altri due ragazzi: uno morto, uno paralizzato. Lei non si riprese più. Si vede in ogni filmato, in ogni sua foto scattata dopo quella notte: non fu più la stessa.»
«Mia madre usava sempre quell'incidente come una specie di uomo nero, quando diventai abbastanza grande per guidare. Ogni tanto si vedeva in giro per la città Jimmy Hennessy sulla sedia a rotelle, e lei non perdeva mai occasione di ricordarmi cosa sarebbe potuto succedere se fossi stato tanto sconsiderato da bere o farmi, e poi mettermi al volante, o salire in macchina con qualcuno che l'aveva fatto.»
Ford scosse la testa, si spazzolò la bistecca. «Ancora adesso non riesco ad andare in un bar e godermi innocentemente una sola birra se devo tornare a casa in macchina. Le madri possono davvero incasinarti.»
«Vive ancora qui? Il ragazzo... be', ormai non più un ragazzo... l'unico che sopravvisse allo scontro?»
«È morto l'anno scorso. O quello prima. Non ne sono sicuro.»
«Non ne ho sentito parlare.»
«Ha vissuto a casa per tutta la vita. Si occupavano di lui i genitori.
Faticoso.»
«Già. Suo padre incolpava Janet. La incolpava per aver portato qui la sua immoralità hollywoodiana, per aver lasciato crescere suo figlio come un selvaggio, per avergli comprato una macchina veloce.»
«C'erano altri due ragazzi su quell'auto. Nessuno li costrinse a salire» fece notare Ford. «Nessuno gli versò a forza la birra giù per la gola o gli mise in circolo l'erba. Erano giovani e stupidi, tutti e tre. E pagarono un prezzo terribile per questo.»
«E anche lei lo pagò. Secondo mia madre, e la sua amarezza a riguardo mi dice che è vero, Janet pagò alle famiglie di quei ragazzi una considerevole somma di denaro. Una somma segreta, perfino per mia madre. E poi, secondo il vangelo di TMy, Janet tenne la fattoria soltanto come una specie di monumento a Johnnie, e la vincolò con l'amministrazione fiduciaria per decenni dopo la propria morte per lo stesso motivo. Ma io non ci credo.» «Cosa credi?»
«Credo che Janet l'abbia tenuta perché qui era felice. Perché qui poteva sentire i propri pensieri, perfino quando quei pensieri erano cupi e spaventosi.» Cilla sospirò, tornò a sedersi. «Dammi un altro bicchiere di vino, per favore, Ford.
Con questo faranno tre, che è in assoluto il mio limite massimo personale.»
«Cosa succede dopo il terzo?»
«Non vado oltre i tre da anni, ma se il passato vale ancora, da rilassata, forse leggermente e piacevolmente annebbiata, passerei da abbastanza ubriaca da berne ancora uno o due. Poi sarei davvero ubriaca, ti salterei addosso, e mi sveglierei domani coi postumi della sbornia e ricordi confusi del nostro incontro.»
«In tal caso, l'erogazione è sospesa dopo questo.» Ford versò il vino. «Quando ci sarà un incontro, la tua memoria sarà cristallina.»
«Non ho ancora deciso in proposito, lo sai.»
«Okay, io invece sì.» Ford appoggiò il mento sul pugno e la fissò. «Non riesco a staccarmi dai tuoi occhi, Cilla. Continuano ad attirarmi.»
«Gli occhi di Janet Hardy.»
«No, gli occhi di Cilla McGowan.»
Lei sorrise, sorseggiò il suo ultimo bicchiere di vino. «Stavo per inventarmi una scusa, anzi, non intendevo neanche di inventarne una, per non venire stasera.»
«Davvero?»
«Davvero. Perché hai fatto il prepotente sul mio modo di vivere.»
«Sostituirei 'prepotente' con 'assennato'. Per quale motivo sei venuta?»
«Comprare i water mi ha messa proprio di buonumore. Sul serio» disse Cilla, quando lui soffocò una risata. «Ho trovato quello che fa per me, Ford. Dopo tanto tempo passato a cercare.»
«Hai trovato quello che fa per te nei water.»
Ora toccò a Cilla ridere. «Ho trovato quello che fa per me nel prendere qualcosa di rovinato o trascurato, o solo un po' vecchio, e farlo brillare di nuovo.
Renderlo migliore. E farlo ha reso me migliore. Quindi, visto che ero di buonumore, ho attraversato la strada. Sono davvero contenta di averlo fatto.
«Anch'io.»
Cilla non vide né lui né Spock quando entrò nella palestra di Ford il mattino seguente. Accese l'iPod e passò alle cose importanti. Si concesse un'ora ininterrotta, e a un certo punto il cane uscì a fare un giro nel giardino sul retro e sollevò la zampa parecchie volte. Ma non c'era ancora traccia né rumore di Ford quando Cilla uscì di nuovo, lanciando un'occhiata nostalgica alla vasca idromassaggio.
Non c'era tempo per getti d'acqua e piacere, si disse. Ma Spock le corse incontro talmente emozionato di vederla, che Cilla trascorse dieci minuti buoni a strofinarlo, mentre lui gorgogliava e grugniva in una strana forma di comunicazione. L'esercizio, il cane sciocco, il giorno stesso, la misera allegria mentre tornava correndo dall'altra parte della strada. Lavò via con una doccia il sudore dell'allenamento; trangugiò un caffè e uno yogurt al mirtillo.
Mentre si allacciava la cintura degli attrezzi, le squadre e i subappaltatori cominciarono ad arrivare.
Ci voleva del tempo, ogni mattina, ma Cilla era contenta di impiegarlo in quel modo. Parlando, valutando, confrontando le idee per risolvere i problemi.
«Ho intenzione di allargare il bagno, Buddy» gli disse, e, come si aspettava, lui emise un sospiro nervoso.
«Quello che sto usando adesso, non quello che hai preparato.»
«È comunque un bel po' di lavoro.»
«Ho già parlato con Matt» disse lei. «Vieni su, e ti mostrerò cosa faremo.»
Buddy esitò, ma c'era da aspettarsi anche quello. In realtà, Cilla era arrivata a desiderare che lo facesse. «Adesso che metteremo il mio ufficio di sopra invece che qui, ho intenzione di usare questo spazio per farne la camera principale. Toglieremo quella parete» cominciò lei.
Buddy ascoltò, si grattò, scosse la testa. «Ti costerà molto.»
«Sì, lo so. Farò un progetto più dettagliato dopo, ma per ora questa è l'idea.»
Cilla aprì il taccuino sullo schizzo che aveva disegnato con Matt. «Terremo la vecchia vasca vittoriana con piedi ad artiglio, la faremo risistemare e la metteremo qui. Tubature e scarichi sotto il pavimento. Doppio lavandino qui, e stavo pensando a lavabi sottopiano.»
«Immagino che metterai una lastra di granito o simile.»
«No, zinco.»
«Scusa, cosa?»
«Piani di zinco. E qui installerò una doccia a vapore. Sì,» disse Cilla, prima che lui potesse parlare «idee hollywoodiane. Vetromattone qui, per formare l'angolo wc Alla fine, rifletterà e rispetterà l'architettura, renderà omaggio al rétro e, Buddy, sarà uno sballo.»
«Sei tu il capo.»
Cilla fece un ampio sorriso. «Ben detto.»
Il capo si spostò all'esterno, per costruire il parapetto e i pioli alla luce del sole di aprile.
Quando arrivò suo padre, Cilla si stava occupando dei lati, e si era appena fatta un'altra sudata.
«Che bello» commentò lui.
«Procede.»
Il padre fece un cenno con la testa verso la casa, e la cacofonia di rumori del cantiere. «Sembra ci sia dell'altro che procede all'interno.»
«La prima fase di demolizione è finita. Ho fatto alcune modifiche, quindi più avanti dovremo demolire ancora al secondo piano. Ma l'ispettore verrà domani.»
Cilla sollevò la mano e incrociò le dita. «Per approvare la bozza dell'impianto idraulico ed elettrico. Poi ci metteremo al lavoro.»
«In città ne parlano tutti.»
«Lo immagino.» Cilla gesticolò verso la strada. «Il traffico è aumentato. La gente rallenta, si ferma addirittura, per guardare. Ho ricevuto una telefonata dal giornale locale per un'intervista. Non voglio ancora le fotografie. La maggior parte della gente non può capire cosa diventerà finché è a questo stadio, quindi ho dato al giornalista qualche rapida informazione telefonica.»
«Quando verrà pubblicato?»
«Domenica. Lifestyle. Janet Hardy è ancora di moda.» Cilla spinse indietro il berretto per passare il dorso della mano sulla fronte. «Tu la conoscevi, papà.
Lei approverebbe?»
«Credo che amasse questo posto. Credo sarebbe contenta che lo ami anche tu. E
che tu ci stia lasciando il tuo segno. Cilla, stai costruendo tu il parapetto?»
«Sì.»
«Non avevo idea che fossi capace di farlo. Pensavo che tu avessi le idee, e poi assumessi delle persone per realizzarle.»
«Per alcune idee è così. Per la maggior parte, credo. Ma mi piace lavorare.
Soprattutto a questo genere di cose. Voglio provare a ottenere la licenza di appaltatore.»
«Tu... be', niente male!»
«Voglio avviare un'attività. In città parlano tutti della casa? Col tempo questo si trasformerà in reddito per me. Credo che la gente potrebbe voler assumere la donna che ha ricostruito la fattoria di Janet Hardy, soprattutto se è sua nipote. E dopo un po'...» Gli occhi di Cilla si socchiusero e brillarono. «Mi assumeranno perché sanno che sono brava.»
«Hai davvero intenzione di restare.»
Allora suo padre non ci aveva creduto. Perché avrebbe dovuto? «Ho intenzione di restare. Mi piace il profumo che c'è qui. Mi piace come mi sento qui. Sei di corsa?»
«No.»
«Vuoi fare un giro, fare il consulente di paesaggi?»
Gavin sorrise lentamente. «Mi piacerebbe.»
«Fammi prendere il taccuino.»
Camminando con lui, ascoltandolo mentre gesticolava verso una zona, descriveva gli arbusti e le associazioni che suggeriva, Cilla imparò di più sul suo conto.
Il suo modo riguardoso di ascoltare, e poi di rispondere, le pause intermedie di riflessione. Il sentirsi a proprio agio con sé stesso, il tempo che si prendeva.
Gavin si fermò sul bordo dello stagno, sorridendo. «Ho nuotato qui qualche volta. Dovrai tenere sotto controllo le ninfee e le fife.»
«È sulla lista. Brian ha detto che forse metteremo delle bandiere gialle.»
«Sarebbe una buona idea. Potresti piantare un salice laggiù. Farebbe un bell'effetto: piangente sull'acqua.»
scribacchiò. «Pensavo a una panchina di pietra, per sedersi da qualche parte.»
Ricordando, alzò gli occhi su di lui. «Allora, è qui che hai baciato la madre di Ford Sawyer?»
La bocca del padre si spalancò per la sorpresa e, per la gioia di Cilla, le sue guance arrossirono. Gavin ridacchiò, e riprese a camminare. «E questa dove l'hai sentita?»
«Ho le mie fonti.»
«Io ho le mie. Ho sentito dire che hai baciato il figlio di Penny Sawyer nel giardino davanti.»
«Buddy.»
«Non direttamente, ma viene da lui.»
«È un po' strano.»
«Un po'» concordò Gavin.
«Non hai risposto alla domanda.»
«Credo che confesserò di aver baciato diverse volte Penny Quint, come si chiamava allora, e qualche volta anche qui. Siamo stati insieme seriamente per parecchi mesi alle superiori. Prima che lei mi spezzasse il cuore.»
Sorrise mentre lo diceva, e Cilla ricambiò il sorriso. «Le superiori sono un inferno.»
«Possono esserlo davvero. Guarda caso mi spezzò il cuore proprio qui. E dove eravamo prima, vicino allo stagno. Penny e io litigammo, dio solo sa per che cosa, e ci lasciammo. Ammetto di essere stato combattuto fra il corteggiarla di nuovo e il tentare di conquistare tua madre.»
«Che carogna.»
«La maggior parte dei ragazzi sono carogne a diciotto anni. Poi vidi Penny, vicino allo stagno, che baciava Johnnie.» Gavin sospirò, perfino ora, ricordando. «Fu un colpo. La mia ragazza, o quella che consideravo ancora in parte la mia ragazza, e uno dei miei amici. Violava il codice.»
«Gli amici non vanno con le ex» disse Cilla. «Il codice vale ancora.»
«Johnnie e io discutemmo per questo. Penny me ne disse subito quattro. Più o meno nello stesso momento, arrivò tua madre. E sempre stata attirata dal dramma.
Me ne andai con lei, calmai il mio cuore e il mio ego. Quella fu l'ultima volta in cui Johnnie e io ci parlammo. Le ultime parole che ci dicemmo furono dure.
L'ho sempre rimpianto.»
Ora non c'era alcun sorriso, e al suo posto Cilla vide un vecchio dolore. «Morì due giorni dopo. Insieme a un altro mio amico, e Jimmy Hennessy rimase paralizzato. Sarei dovuto andare con loro quella sera.»
«Non lo sapevo.» Qualcosa si strinse dentro di lei. «Non l'ho mai sentito dire.»
«Sarei dovuto essere su quella macchina, ma Penny baciò Johnnie, e io litigai con lui. E non andai.»
«Mio Dio.» Un brivido serpeggiò lungo la spina dorsale di Cilla. «Devo parecchio alla madre di Ford.»
«Andai all'università l'autunno seguente, come avevo programmato... poi, dopo un paio d'anni, mollai e mi trasferii a Hollywood. Ottenni un contratto. Credo che, almeno in parte, tua madre mi diede un'altra occhiata perché in qualche modo le ricordavo il fratello e Janet. Lei era troppo giovane quando quell'occhiata diventò una cosa seria. Lo eravamo entrambi. Ci fidanzammo segretamente, ci lasciammo pubblicamente. Tira e molla, tira e molla per anni. Poi fuggimmo. Ti abbiamo avuta a malapena un anno dopo.» Gavin mise un braccio sulle spalle di Cilla. «Abbiamo fatto del nostro meglio. So che non è stato il massimo, ma abbiamo fatto del nostro meglio.»
«È dura sapere che buona parte di quello che è successo, che è stato fatto, aveva origine dalla morte nel peggiore dei casi, dagli errori nel migliore.»
«Tu non sei mai stata un errore.»
Cilla non replicò. Come poteva? Era stata definita unica abbastanza spesso.
«Andavi ancora all'università quando Janet morì?»
«Avevo finito il primo anno.»
«Hai sentito dire qualcosa su un uomo, qualcuno di queste parti, col quale aveva una relazione?»
«C'erano congetture continue, pettegolezzi continui su Janet e gli uomini. Non ricordo niente di particolare, o nessuna chiacchiera su qualcuno di qui.
Perché?»
«Ho trovato delle lettere, papà. Ho trovato delle lettere che le aveva scritto un amante. I timbri postali sono di qui, perlopiù. Janet le ha nascoste.
L'ultima, spietata, dopo che lui aveva troncato la relazione, è stata imbucata solo dieci giorni prima della sua morte.»
Erano tornati alla casa, e adesso si trovavano vicino al bordo della veranda sul retro. «Credo che fosse tornata qui per vederlo, per affrontarlo. Era disperatamente infelice, se anche solo metà dei resoconti dell'epoca sono veri.
E credo che fosse innamorata di quell'uomo, quell'uomo sposato col quale ebbe una storia appassionata e tumultuosa per più di un anno prima che tutto si spegnesse.»
«Credi che lui fosse del posto? Come si chiamava?»
«Non firmava le lettere col nome. Lei...» Cilla diede un'occhiata, notò quanto fossero vicini alla finestra aperta. Prese il braccio del padre, lo fece allontanare. «Lei disse a quell'uomo che era incinta.»
«Incinta? Cilla, ci fu un'autopsia.»
«Potrebbero averlo nascosto. Forse non era vero, ma se invece lo fosse stato, se non si fosse trattato di una bugia per riconquistarlo, potrebbero averlo nascosto. Lui la minacciò. Nell'ultima lettera le disse che l'avrebbe pagata se avesse provato a rivelare la loro relazione.»
«Non vuoi credere che si sia uccisa» cominciò Gavin.
«Suicidio o no, è morta comunque. Io voglio la verità. Janet se lo merita, e anch'io. La gente ha parlato di omicidio e complotti per decenni. Forse ha ragione.»
«Era drogata, tesoro. Una donna che si drogava e che non riusciva a smettere di affliggersi per il figlio. Una donna infelice che brillava davanti alle telecamere, sul palco, ma che non trovò mai davvero la felicità lontano da lì. E
quando Johnnie morì, si perse nel dolore, e soffocò quel dolore con le pillole e l'alcol.»
«Ebbe un amante. E tornò qui. Johnnie baciò la tua ragazza, e come risultato tu rimanesti vivo. I piccoli momenti cambiano la vita. E se le portano via. Io voglio scoprire quale momento, quale vero avvenimento si portò via la sua. Anche se fu per sua stessa mano.»