16 gennaio
Se la delusione dell’assenza ti fa pensare che forse non troverai mai quello che cerchi, la delusione della presenza ti fa rimpiangere d’averlo trovato. Sull’ampia e chiara veste barocca dell’Annunziata la Visitazione di Giuseppe Giusti è una macchia incupita dal tempo e dall’incuria, dove il significato religioso dell’evento si traduce in enfasi di commenti e testimonianze sia angeliche che umane. Niente di diverso dai soliti quadri dello stesso genere, niente che mi parli dell’autore, che mi aiuti a riconoscerlo. Si trattasse almeno di un affresco – vorrebbe dire che Giuseppe è stato ospite del convento, ha passeggiato nel chiostro e ammirato anche lui le lunette del Poccetti e di Cecco Bravo. Chissà se gli sarebbe particolarmente piaciuta, come a me, quella in cui il beato Filippo Buonaccorsi è ancora un fiero ghibellino che incrocia spada e pugnale – il dannunziano pistolese di lama corta – con i suoi nemici; o quelle, piene di colorite digressioni mondane, che ha dipinto Alessio Gimignani. Ma la sua tela – chissà come finita all’Annunziata –
rivela soltanto un gusto scenografico che certo non lo distingue e forse nemmeno gli appartiene personalmente…
<<Di solito in un quadro si cerca l’artista, non l’uomo>> osserva di striscio Angelica.
Da dietro il banco la Corsini, l’amica del prestito, ci guarda incuriosita. <<Come se l’artista fosse separabile dall’uomo>> dico io, tanto per rispondere.
Ma in realtà questo quadro mi ha svogliato anche di venire in biblioteca, nonché di continuare a cercarvi il pittore Giuseppe Giusti.