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disegno cuori

Elle

«Houston, non ricevo contatti.» Georgette mi porge una gonna con uno spacco.

«Troppo sexy. Così do l’impressione di avere cattive intenzioni.»

«Elò, è pur sempre la terza uscita e sai che cosa succede alla terza uscita. È un trattato non scritto. Un accordo tacito. Un compromesso storico…» Lascia la frase in sospeso, mentre un nodo delle dimensioni di un pugno chiuso mi blocca la gola.

«Tu dici?» mi porto le mani alla bocca coprendo le labbra.

«Io dico, ma tu lo sai già…»

La stanza sembra la scena di un crimine. Come se dei ladri si fossero intrufolati mettendo a soqquadro tutto e scaraventando sul letto l’intero contenuto dell’armadio.

«Ci vuole più luce!» Georgette accende la lampada del comodino che va letteralmente a fuoco, visto che sulla lampada giaceva, lanciata in precedenza, una camicia di satin.

«La mia Dolce e Gabbana!» esclamo rattristata. «Dillo che vuoi dare fuoco alla casa.»

Lei, incurante, posa il mazzo di girasoli regalatomi da Yves su uno spolverino rosa cipria e versa l’acqua sul piccolo fuoco, generando un vortice di fumo.

«Sei un genio, Georgette. Manca solo che parta l’allarme antincendio. Tra l’altro grazie per questo…» Sollevo lo spolverino su cui campeggia un grande alone d’acqua. «Sono quindici euro ogni volta che lo porto in tintoria. Calcolando che lo avevo messo appena due volte e, sommato all’importo della camicia, direi che…»

«Sciocchezze: la camicia l’hai presa in un outlet ed era già vecchia quando l’hai comprata. Quanto ai soldi, non ti facevo così venale. E poi, Elò, cosa vuoi che siano i soldi in confronto all’amore?»

«Mi si stanno cariando i denti!» dico, tossendo per il fumo.

La stanza è ormai avvolta da una cortina di nebbia scura. Gli occhi bruciano e mi verrebbe voglia di strofinarmi le palpebre, se non avessi già terminato la fase del trucco.

«E se ti vestissi di rosso? D’altronde è il colore della passione.» Mi mostra un tubino corallo e mi fa l’occhiolino con fare ammiccante.

«Rosso pompiere, mi sembra perfetto. O rosso inferi, visto che puzzerò di bruciato. Ma dai, Georgette, quest’abito è ambiguo!»

«E allora perché ce l’hai nel tuo armadio?» mi domanda scettica.

«Perché nella vita non si sa mai.»

Me lo posa addosso. «Fantastique! Vero, Robespierre?»

Il gatto, che ha seguito la padrona, ha scelto come alcova un abito di chiffon color antracite che nel frattempo è diventato striato dei peli rossi persi dal felino.

«Allora, Robespierre? Voglio un tuo parere!» insiste Georgette.

Il gatto, sollecitato una seconda volta, si tira su, stiracchiando la schiena, poi annoiato alza la zampa posteriore in una posa da contorsionista e si dedica a un bidet completo sul mio povero abito ridotto a straccio tra il guanciale e la trapunta del letto.

«Robespierre!» grido. «Hai già perso la coda, vuoi che casualmente qualcuno ti amputi anche un orecchio?»

«Ma questo lo fanno i mafiosi!» esclama Georgette indignata.

Il gatto torna a terra con un balzo leggero, incurante del nostro battibecco.

«I mafiosi e le vicine di casa esasperate, Georgette.» Alla fine accetto il suo suggerimento, sfilo i pantaloni della tuta e scivolo nella seta dell’abito color corallo. «Zip!» Mi volto cercando aiuto visto che non ho la stessa agilità del micio.

La sento armeggiare lungo la schiena.

«Quanto hai intenzione di metterci?» chiedo.

«Il tempo sufficiente a tirarla su. Sai che non sono più così convinta di questo tubino rosso? La zip ha qualcosa che non va e sappiamo che alla terza uscita…»

«Mi pare di conoscere la fine della frase…» Non faccio in tempo a terminare la mia che Georgette con un gesto brusco tira giù l’abito, che finisce a terra, e me ne porge un secondo: scollatura a cuore e gonna a palloncino. Questa volta con fantasia fiorata sui toni del viola.

«Sei splendida», mi sussurra compiaciuta.

Mi specchio e, seppure non sia così convinta, visto che ho l’appeal di una bambolina di pezza finita per sbaglio in un campo di lavanda, assecondo ancora una volta la mia vicina di casa, la quale non contenta fruga nella scarpiera e afferra un paio di sandali dal tacco altissimo. «Ma scherzi? Con quelli al massimo posso fare cento metri…»

«Il vantaggio di avere un fidanzato taxista è che non ti lascerà mai a piedi!»

Allora indosso i sandali e anche Robespierre esprime il suo consenso con un miagolio.

«Ora non resta che vivere… la terza sera che, se a qualcuno non fosse ancora chiaro, coincide con…»

«Tutto chiaro, Georgette! Tu, invece, cosa farai?»

Il suo sguardo si fa languido e comincia con le dita a intrecciare ciocche di capelli, sfiorandoli con un tocco seducente. «Diciamo che mi darò da fare. Anzitutto, aspetterò il mio bel surfista e poi gli farò gustare la mia ricetta numero 58.»

«Come vola il tempo, siamo già alla 58?» La domanda sarebbe piuttosto come ha fatto il bel surfista a resistere così a lungo.

«Devi sapere che gli ho preparato una frittata di fegatelli che era una delizia. Pensavo di servirgliela nuda sul tavolo…»

«Ma non è più bella la tavola apparecchiata?»

«Che hai capito? Parlavo di me. Vorrei farmi trovare nuda, con l’omelette di frattaglie rovesciata addosso. Va molto di moda col sushi. Posso lasciartene una fetta, se vuoi. »

Un reflusso acido mi sale dallo stomaco e non so se la responsabilità maggiore è da imputare agli ingredienti della ricetta o all’immagine di Georgette nuda sul piano della cucina. O ancora, se quel giramento di testa misto a nausea è dovuto all’imbarazzo di trovarmi di nuovo da sola con Yves questa sera. Il cellulare vibra. Un messaggio.

Quando vuoi sono qua sotto.

Mostro a Georgette lo schermo luminoso. «E adesso?»

«Preparati a una serata che non dimenticherai.» Mi prende sottobraccio fino ad accompagnarmi all’uscita, mi ricorda di non fare tardi come una madre zelante, ma aggiungendo alcuni dettagli folcloristici. «I fazzoletti li hai? Non dovresti piangere, ma non si sa mai…»

Alzo gli occhi al cielo.

«Il rossetto? Quello ti serve per il ritocco, perché sul fatto che ti riempirà di baci direi che non ci sono dubbi…» continua, ostinata come un salmone controcorrente e indifferente al fatto che io sono la corrente, che detesto nuotare e, soprattutto, che sono pronta a imboccare le scale piuttosto che ad ascoltare la sua giaculatoria. «Servirebbero anche i preser…»

«Georgette!» la interrompo stizzita.

«Hai ragione: a quelli penserà lui. Una scatola di mentine! Metti mai che, dopo la zuppa di cipolle, ti faccia mangiare un crostino all’aglio. E un paio di mutandine! Per ogni evenienza…» prosegue esibendo un ghigno serafico.

La mia vicina non parla certo per metafore e ha l’abilità di proiettare se stessa nelle situazioni che ha in mente. Le mani cominciano a sudarmi. Il battito cardiaco accelera e scommetto che nel frattempo sono diventata paonazza. Devo scendere: quindi prendo un bel respiro, recupero la borsa ormai traboccante delle inutilità di Georgette e la fisso.

Lei capisce che è arrivato il momento di andare, chiama Robespierre e, al terzo tentativo, replica all’indolenza del gatto prendendolo per la collottola. «Dobbiamo andare, tesorino.» Le zampe rigide e la pelle del collo tra le dita. «La zia Elò stasera farà sesso.»

Il gatto emette un miagolio gutturale. La posizione non deve essere delle più comode. Accompagno con un braccio Georgette e mi chiudo la porta alle spalle, lanciandomi verso le scale: «Per la cronaca, cara vicina, questa sera io non farò sesso».

Robespierre, divincolandosi, si libera dalla morsa e, come niente fosse, si acciambella sullo zerbino di casa sua aspettando che la padrona vada ad aprire.

«Certo, e io sono la sorella eterozigote di Gisele Bündchen.»

«Magari non della Bündchen, però di Adele potresti!» grido, ormai in corsa sulla tromba delle scale.

«Vicina ingrata! Ultimamente Adele è apparsa sulla copertina di Rolling Stones ed era uno schianto.» La sento urlare, ma ormai il mio cuore è altrove. Su un taxi chiamato Blanc Désir.