Letteratura e universalità umana

 

Quando ho saputo che dovevo scrivere un testo su questo argomento e leggerlo a Seoul, sono rimasto sorpreso, ma non è strano: mi sorprendo sempre, tutto mi sorprende, vivo in uno stato di continua sorpresa, proprio perché sono uno scrittore latinoamericano.

Mi sorprendono le parole e il loro potere di fondare realtà; sono un figlio delle parole perché come cileno discendo dagli indios mapuche, dai primi abitanti del mio paese che, pur non possedendo una scrittura, avevano in cambio uno smisurato amore per il parlato, per le parole, che disponevano in ordine nelle fredde notti australi in modo da raccontare le cose del giorno, da raccontare la vita e la morte, le speranze e i sogni, e a forza di nominarle, facevano sì che tutto avesse vita e fosse reale.

Anche i capi guerrieri del mio popolo mapuche erano eletti, non in tornei di forza o mediante prove di abilità fisica, ma in gare verbali. Dovevano parlare per ore e ore, giorno e notte, facendo un discorso equilibrato, coerente e poetico. Il più bravo veniva eletto cacicco e reggeva le sorti della nazione mapuche, della Gente della Terra.

Uno di loro, racconta la storia, parlò per quattro giorni e quattro notti e, per rendere più difficile la prova, lo fece portando sulle spalle un tronco del suo stesso peso. Così, sostenendo il proprio peso, il grande cacicco Caopoliciin, signore delle terre del Sud e delle isole, parlò, narrò, per quattro giorni e quattro notti, raccontando nei dettagli quello che osserva un fiume nel suo vertiginoso viaggio fino al mare.

Questo mio antenato, come tutti noi uomini e donne che amiamo le parole, faceva letteratura e al tempo stesso fondava tutte le cose che nominava, dava loro ragione di essere. Può esserci un esempio più alto di universalità umana?

Quando noi uomini parliamo di umanità, nominiamo una grande famiglia il cui maggior tesoro è la diversità di razze, lingue, colore di pelle, usanze, modi di mettersi in relazione con la vita e con la morte. Eppure questa famiglia così varia ha una componente comune che ci rende umani: la consapevolezza dei diritti dell'uomo e il bisogno impellente di averli come unica norma che ci organizza la vita.

Quando qualcuno scrive «Diritti Umani» sulla carta, sullo schermo di un computer, su un muro o sulla sabbia di una spiaggia, sta scrivendo la poesia della più grande universalità umana. E lo stesso accade se qualcuno dice «Diritti Umani» in una casa, in un paese d'esilio, nella trincea di una guerra assurda - e tutte le guerre sono assurde e superflue - o in una strada scossa da migliaia di manifestanti che difendono la vita. Anche la letteratura e il suo indispensabile messaggio di universalità umana si pronunciano a voce alta e con clamore di folla.

Nella mia lingua, lo spagnolo, che unisce e dà identità culturale a quasi cinquecento milioni di persone, la parola PAZ, pace, ha solo tre lettere, ma sono lettere contundenti e granitiche. È una parola che amiamo perché l'abbiamo detta e scritta per secoli senza ottenere, e non per colpa nostra, che la pace fosse la luce che illumina la nostra vita. Ma continuiamo a insistere proprio perché sappiamo che la parola pace è uno dei grandi gioielli dell'universalità umana.

La letteratura è fatta di parole e la sua grandezza è decisa proprio dall'universalità umana dello scrittore. Non sono la saggezza né il patrimonio culturale a dare splendore a parole brevi e belle come PANE, PACE, LAVORO, GIUSTIZIA e LIBERTA'. C'e chi le dice o le scrive non sa, o non vuol sapere, che il loro senso è inequivocabile, qualunque sia la lingua in cui le dica o le scriva, le spoglia di quell'universalità umana che hanno queste parole fondatrici dei Diritti Umani, il grande retaggio di tutte le civiltà.

Io sono un uomo del Sud, il Cile è la nazione più australe del mondo, e il mio paese di uomini e donne orgogliosamente verticali davanti alle sfide della vita affonda le sue radici nell'antartide. Paese di Pablo Neruda e di Gabriela Mistral, di Salvador Allende e di Pedro Aguirre Cerda, di donne e di uomini che, giunti da tutte le latitudini, hanno creato assieme ai mapuche, la Gente della Terra, un meticciato unito dalla più splendente diversità e dall'amore appassionato nei confronti delle parole fondatrici dei Diritti Umani. I migliori poeti e scrittori cileni hanno fermamente creduto che o la letteratura si basava sulle solide fondamenta dell'universalità umana, o non serviva a nulla. E poiché noi cileni amiamo i nostri migliori poeti e scrittori, abbiamo dato loro ragione e tutto il paese ha levato in coro la voce in difesa dei Diritti Umani. Abbiamo pagato un prezzo molto alto per aver invocato questi diritti: sedici anni di tenebre, paura, terrore, libri bruciati nelle strade, la più atroce dittatura ha tentato di zittire le nostre voci che reclamavano in nome dell'universalità umana. Ma non ci sono riusciti e anche se oggi mancano all'appello tremilacinquecento cileni desaparecidos, continuiamo ad alzare le nostre voci, anche in loro nome, perché le parole PANE, PACE, LAVORO, GIUSTIZZA e LIBERTA’ siano le fondamenta di un altro Cile possibile che, passo dopo passo, stiamo costruendo.

Sono un uomo del Sud, è questo il mio più grande orgoglio, nelle mie vene scorrono i fiumi più ricchi d'acqua, sotto la mia pelle si avvertono il caldo del deserto di Atacama e il filo polare dei ghiacciai, sulla mia pelle porto tatuati i nomi delle mille isole del Cile, respiro l'aroma dei suoi boschi infiniti, e parlo e scrivo e agisco ed esisto in nome dei poveri della mia terra, dei degni poveri della mia terra.

Come cileno e latinoamericano, sono nato e cresciuto nell'emergenza che ci hanno imposto. Recitando i versi dei poeti che ci hanno ucciso, come Pablo Neruda e Paco Urondo. Narrando i racconti e i romanzi degli scrittori che ci hanno ucciso, come Haroldo Conti e Roberto Walsh. Cantando le canzoni dei cantautori che ci hanno ucciso, come Victor Jara e Jorge Cafrune. E sono stati loro, e tanti altri, ad averci insegnato a credere all'universalità umana della letteratura, perché proprio per questo li hanno uccisi.

Ho scritto molti libri e in tutti ci sono le invincibili parole fondatrici del mondo possibile e fraterno in cui credo. Scrivo sulla carta e sui muri: PANE, PACE, LAVORO, GIUSTIZIA e LIBERTA', ueste cinque parole che racchiudono tutta l'umana universalità della letteratura.