21

 

Dentro la rivendita di acqua calda, Vecchio Cacciatore sedeva per conto proprio e beveva tè in silenzio, avvolto dalla luce pomeridiana.

Una rivendita di acqua calda era assai meno di una sala da tè, e svolgeva la doppia funzione di fornire acqua calda agli abitanti della zona e tè ai clienti occasionali. Dietro la stufa c’erano soltanto un paio di rozzi tavoli di legno. Nelle vicinanze si trovavano diversi chioschi che vendevano spuntini. Spesso, in passato, la gente andava alle rivendite di acqua calda portandosi tortini e focaccine cotte al vapore, spendeva un centesimo o due per una tazza di tè e rimaneva lì a chiacchierare, spassandosela come re.

Ma Shanghai stava rapidamente diventando una città di contrasti e di contraddizioni. Sull’altro lato della strada c’erano nuovi e costosi palazzi, ma lì, di fianco alla rivendita, la zona era rimasta praticamente un bassofondo.

Vecchio Cacciatore, però, ci si trovava bene. Non doveva impersonare un ruolo. Lui era un vecchio bevitore di tè, non un Riccone, che addirittura il tè se lo portava da casa. Doveva soltanto pagare l’acqua calda. Poteva starsene lì seduto per ore, a parlare del tè con il proprietario senza veder girare cameriere pronte a servirlo con le loro teiere dal beccuccio lungo.

Il tè stava diventando freddo, ma era ancora nerissimo. Aveva messo una grossa manciata di oolong, cercando di rinvigorirsi un po’ con una bevand extraforte. La sera prima aveva intravisto una certa scena alla finestra di Jiao, poi era rimasto lì seduto di fronte al palazzo a sorvegliare la casa, fino a notte fonda. E così adesso si sentiva stordito come un gatto malato.

Era vecchio, ammise, sputando le amare foglie di tè, ma quel caso – pur non essendo il suo caso – rappresentava per lui qualcosa di speciale. Ripensò a quando il giorno prima aveva interrogato Bei, la guardia di sicurezza del condominio di Jiao.

Quell’incontro non aveva dato grandi frutti. Anche Bei era un pensionato, che faceva quel lavoro per integrare la magra pensione. A differenza di Vecchio Cacciatore, però, Bei guadagnava pochissimo, e doveva rimanere in piedi all’ingresso del condominio, col bello e il cattivo tempo, per sei giorni alla settimana. Con loro grande e piacevole sorpresa, scoprirono entrambi di condividere una passione per il tè. E così andarono in un posto più consono, la Sala da Tè del Padiglione sul Lago, nel Mercato del Tempio di Dio nella Città Vecchia, dove Vecchio Cacciatore cercò di ricavare da Bei qualche informazione su Jiao al cospetto di uno squisito servizio da tè in terracotta di Yixing, sistemato sul tavolo di mogano. Bei iniziò a parlare senza riserve.

Secondo la guardia di sicurezza, Jiao riceveva pochi visitatori. Il palazzo era ben sorvegliato, e gli ospiti dovevano citofonare dall’ingresso, quindi Bei ne era sicuro, così come era sicuro di non averla vista in compagnia di qualche uomo. Poi si ricordò che circa sei mesi prima Jiao aveva ricevuto una visita inconsueta: una povera vecchia vestita di stracci – un’apparizione rara, in quel tipo di condominio – che sosteneva di venire dal vecchio quartiere di Jiao. Era priva di istruzione e diceva parole anche un po’ sconnesse, così Bei la interrogò a lungo e con cautela. Quando alla fine lui chiamò Jiao, lei gli disse di far salire subito la donna. Dopo due o tre ore Jiao la riaccompagnò fuori, chiamandola “nonnina” e facendo arrivare un taxi per lei. La vecchia non si fece più rivedere.

Che Jiao fosse ben disposta nei confronti di una persona proveniente dal suo vecchio quartiere non era poi così sorprendente. Ma la domanda era: quale quartiere? Lei era cresciuta in un orfanotrofio. Poi aveva condiviso una stanza con delle “sorelle di provincia”, ragazze di campagna di modesta estrazione, fino al trasferimento in quel nuovo condominio.

Ma Jiao aveva ricevuto almeno un’altra visita, che non era stata notata né da Bei e neppure dalla Sicurezza Interna. Vecchio Cacciatore rifletté, sorseggiando il tè dalla tazza mezza vuota, e sollevò la mano pronto a picchiarla sul tavolo come un cantante d’opera di Souzhou, ma si trattenne. Ciò che aveva visto la notte precedente, dopo la chiacchierata con la guardia di sicurezza, confermava i sospetti di Peng sulla vita segreta di Jiao. Dalla parte opposta della strada la visuale sulla stanza della ragazza non era molto buona, ma l’immagine dei due in piedi vicino alla finestra era stata inequivocabile, per quanto fuggevole.

Ora, una guardia di sicurezza come Bei poteva anche non aver sorvegliato costantemente tutti i residenti, ma la telecamera della Sicurezza Interna sì. Come poteva essere entrato nel palazzo l’uomo misterioso, e poi nell’appartamento di Jiao, senza essere notato neppure una volta? Vecchio Cacciatore masticò le foglioline di tè che aveva raccolto dal fondo della tazza. Un’abitudine contratta dopo aver letto qualcosa in proposito su un libro di memorie su Mao.

Non aveva sentito di progressi neppure nell’indagine sull’omicidio di Yang. Nessun sospetto arrestato o anche solo individuato. E il tenente Song era furibondo per la misteriosa vacanza di Chen.

Come il detective Yu, Vecchio Cacciatore non credeva che l’ispettore capo si fosse preso quella vacanza per ragioni personali, anche se il numero di emergenza consegnatogli da Chen lasciava intendere che durante il suo soggiorno a Pechino lui era in contatto con la sua ex fidanzata – o magari anche in sua compagnia.

Fu in quel momento che squillò il cellulare di Vecchio Cacciatore. Era Chen.

Senza dir nulla a proposito della vacanza, Chen andò dritto al sospetto coinvolgimento della squadra speciale inviata da Pechino all’inizio della Rivoluzione Culturale. Tra le altre cose, Chen parlò della passione di Shang per le fotografie, alcune delle quali potevano ancora essere in circolazione, e della cameriera di Shang. Chen sembrava aver fretta, era guardingo, nervoso, come se temesse che il telefono fosse sotto controllo. Non gli disse la fonte delle informazioni e riattaccò prima che Vecchio Cacciatore avesse il tempo di fargli domande.

Tuttavia, il poliziotto in pensione riuscì a copiare su un pezzo di carta il numero di Pechino. Non era il solito di cui si serviva Chen. Quella chiamata era chiaramente un suggerimento sulla direzione da prendere lì a Shanghai.

Per quel che riguardava la squadra speciale, Vecchio Cacciatore aveva sfruttato tutte le sue conoscenze, ma senza esito. Erano venuti a Shanghai tantissimo tempo prima, e in modo assai segreto.

Quanto alle fotografie di Shang, anche in quel caso non era approdato a nulla. Era diventato di moda collezionare vecchie foto, non soltanto di Shang, ma anche di altre celebrità. In ogni caso, non riuscì a trovarne, né quelle che la ritraevano né quelle che aveva scattato personalmente.

Non gli restava che avvicinare la vecchia domestica. Forse era lei, la donna che era andata a trovare Jiao al suo appartamento.

Consultò la guida telefonica e contattò subito l’orfanotrofio. Secondo la segretaria che rispose al telefono, i registri riportavano che Jiao aveva ricevuto visite, ma non comparivano né i nomi né gli indirizzi.

Anche in quel caso poteva essere stata la domestica di Shang. Nell’opera di Souzhou c’erano diverse storie simili, di cameriere leali e pronte al sacrificio.

Dopo parecchie altre telefonate riuscì a recuperare alcune informazioni sulla vecchia, che di cognome faceva Zhong e che adesso aveva più di ottant’anni. Dopo aver lasciato la casa di Shang, invece di tornare in campagna era rimasta ancora in città riuscendo a sopravvivere con la pensione minima concessa grazie alla sua residenza a Shanghai.

Vecchio Cacciatore ripose nella tasca la piccola busta con le foglioline di tè. Il proprietario della rivendita stava sempre dietro la parete divisoria, assorbito dalla sua soap opera preferita. Un thermos di acqua calda costava cinque centesimi, e quella rivendita era soltanto una scusa per tenere il posto registrato come esercizio commerciale: ciò avrebbe significato un indennizzo più generoso, nel caso in cui avessero dovuto demolirlo per far posto a un nuovo palazzo. L’ora di pranzo era terminata e nessuno si sarebbe fatto vivo fino a cena, quando i lavoratori della provincia sarebbero arrivati per acquistare l’acqua calda necessaria per il riso freddo.

Vecchio Cacciatore gettò dieci centesimi sul tavolo e uscì per andare da Zhong.

Dovette prendere due autobus, prima di scendere a una fermata vicina al ponte Sanguantang, che attraversava le acque scure del fiume Suzhou. Zhong abitava nel distretto di Putou, una zona in cui convivevano vecchi bassifondi, nuovi grattacieli ed edifici in cemento e acciaio in costruzione.

Zhong gli avrebbe detto qualcosa? Non l’avrebbe avvicinata in qualità di poliziotto, come una persona provvista di un’autorità che l’avrebbe costretta a parlare. Rallentò il passo e rifletté, nel piccolo spiazzo sotto l’imbocco del ponte, che si trovava forse soltanto a un paio di minuti dal vicolo in cui abitava la vecchia. Si accese una sigaretta.

In un piccolo supermercato vicino all’ingresso del vicolo comprò un sacchetto di litchi secchi. Alla fine del vicoletto trovò un vecchio edificio a due piani. La porta dipinta di nero si aprì su uno stretto corridoio disseminato di cucine a carbonella e cesti di bambù, che arrivava poi a una scala buia che a sua volta conduceva a una stanza nel solaio. Brancolò inutilmente alla ricerca dell’interruttore della luce, allora salì a tentoni la scala al buio, con i gradini che scricchiolavano incerti sotto i suoi piedi, fino a quando non raggiunse la cima.

La porta si aprì senza attendere che lui bussasse. Sulla soglia apparve una donna anziana, forse sull’ottantina, piccola e avvizzita. Nella luce che filtrava dalla finestra del solaio, assomigliava a un’antica contadina di un remoto villaggio, indossava un fazzoletto grigio in testa e una fila di perline buddiste al collo. Nella mano destra faceva rigirare una fila di perline più corta. Tuttavia appariva arzilla, nonostante l’età.

«Cosa vuole da me?» disse increspando la fronte rugosa.

«Ah, lei dev’essere Zietta Zhong. Io sono il Vecchio Yu» disse raccontando una storia già rodata. «La prego, mi perdoni se mi sono preso la libertà di venire a farle visita. Sono un vecchio pensionato che a questo mondo ha un unico desiderio insoddisfatto.»

«E sarebbe?»

«Sono un ammiratore fedele di Shang, ho visto tutti i suoi film, ma non ho mai visto dal vero una sua fotografia. Lei ha avuto la fortuna di essere stata con la signora per tantissimi anni, Zietta Zhong. Mi chiedevo se non potesse mostrarmi o vendermi qualche sua fotografia.»

«Shang aveva moltissimi ammiratori. Ma questo non fece alcuna differenza, nei suoi ultimi giorni.» Fece un passo indietro, tuttavia, e con un vago gesto lo fece entrare in quel solaio che assomigliava a una piccionaia. «E adesso, dopo tutti questi anni, lei sbuca così dal nulla a chiedere le sue foto.»

«Mi ascolti, Zietta Zhong. All’epoca io non sapevo nulla dei suoi guai. Poi ho cercato le sue foto dappertutto, ma senza successo. Soltanto ieri qualcuno mi ha parlato del vostro rapporto, e della sua passione per la fotografia. Così ho pensato che forse ne aveva lasciata qualcuna a lei come ricordo.»

«No, signor Yu.»

«Se lei non ha foto, saprebbe dirmi dove le posso trovare?»

«Ma perché non lascia in pace questa povera vecchia? Sono qui con un piede nella fossa. E abbia pietà di Shang, lasci in pace anche lei.»

«Sono passati più di vent’anni dalla sua morte, ma non è trascorso un giorno senza che io non l’avessi in mente. Una perla impareggiabile con un’anima che irradiava bellezza. Queste nuove stelle del cinema di oggi sono galline ricoperte di fango, se paragonate a una leggiadra fenice come lei.» Disse, sollevando il sacchetto di plastica: «Io sono un semplice pensionato. Questo è soltanto un piccolo segno della mia gratitudine per lei, per tutto l’aiuto che ha dato a Shang e alla sua famiglia. Lei è quella che le ha fatto avere un carretto pieno di carbone per il terribile inverno.»

«Oh, ma io sono soltanto una povera donna ignorante» disse. «Io non ero nulla, fino a quando Shang mi ha portato a Shanghai.»

«La prego, mi parli di lei.»

«Sono stata con Shang, e poi con Qian e alla fine anche con Jiao» disse. Sembrava rabbonita, e prese il sacchetto di plastica. «Le cose sono ormai andate e passate, come fumo, come nuvole trasportate dal vento. Cosa posso dirle? All’inizio della Rivoluzione Culturale ho dovuto lasciarla. Altrimenti avrebbero potuto accusarla di un altro crimine, di uno “stile di vita borghese”.»

«Sì, lei è stata molto premurosa.»

«Shang era tanto infelice. Si era aggrappata all’ultimo barlume di speranza, confidando che il guiren venisse a salvarla.»

«Zietta Zhong, può essere più specifica su quel guirenGuiren, l’inaspettato benefattore, era un altro termine spesso usato nell’opera di Suzhou.

«Non arrivò» disse lei, tirando su con il naso. «Nessuno venne. E lei si abbandonò alla disperazione. Kalpa

Nell’opera di Suzhou, kalpa significava il disastro preannunciato. Notò una statua del Budda sistemata sull’unico tavolo della stanza, con un bruciatore di incenso in bronzo davanti.

«Kalpa o no, la gente avrebbe dovuto aiutarla! Nessuno si fece vivo?» disse Vecchio Cacciatore.

«No, nessuno» disse la vecchia. «Se il guiren decise di non farlo, chi mai l’avrebbe fatto?»

Comprese il motivo per cui lei seguitava a usare il termine guiren. Entrambi sapevano di chi si stava parlando. «Per tornare alla domanda di prima, Shang le ha mai mostrato le sue fotografie?»

«Qualcuna.»

«Comprese quelle assieme al guiren

«Non ricordo con precisione.»

«Sì, è stato tanto tempo fa» disse lui, che non considerò quella risposta come un semplice diniego. «Dopo la sua tragica morte, qualcuna di quelle foto è venuta alla luce?»

«Non che io sappia.»

«Pensa che abbia potuto lasciarle da qualche parte?»

«No, non so neppure questo.»

Considerata l’età, si stava dimostrando ben più che lucida. Quindi decise di prendere un’altra direzione.

«Eh, Budda è proprio cieco. Che disastro per Shang, e anche per Qian. Loro non hanno fatto nulla per meritarsi un simile kalpa, o karma.»

«Non parli a quel modo, signor Yu. Budda è dio, e il karma opera in modi che sfuggono alla nostra comprensione. Shang e Qian hanno avuto in sorte ogni sventura, ma alla fine per Jiao è arrivato un vero guiren

«Che intende dire?» chiese immediatamente Vecchio Cacciatore, che riuscì appena a nascondere l’eccitazione nella sua voce. «Jiao non è forse cresciuta in un orfanotrofio, tutta sola?»

«In tutti questi anni c’è stato qualcuno che l’ha aiutata, un guiren dietro le quinte. Ora che Jiao si è ben sistemata, penso che posso andarmene da questo mondo in pace. Budda è grande!»

«Ah, e chi l’ha aiutata?»

«Un uomo dal cuore d’oro.» Si alzò per andare a mettere un po’ di incenso nel bruciatore. «Ogni giorno brucio un po’ di incenso per lui. Possa Budda proteggerlo sempre!»

«Aspetti un momento, Zietta Zhong. Mi dice che c’è un guiren nella vita di Jiao, e lei come lo sa?»

«Ci sono altre persone che come lei sanno dei miei rapporti con la famiglia di Shang. E così un giorno lui è venuto da me.»

«Che tipo di persona è?»

«Un vero gentiluomo. Disse che sapeva dei genitori di Jiao. Penso che abbia la loro età. Mi diede del denaro per comprarle cibo e vestiti.»

«Quando ebbe inizio tutto ciò?»

«Due o tre anni dopo la fine della Rivoluzione Culturale. Alla fine degli anni Settanta o all’inizio degli Ottanta. Fece tutte quelle cose in forma anonima, insistette perché io non dicessi nulla a Jiao. Che nobile beneficenza!»

«Che spirito buddista!» esclamò Vecchio Cacciatore riecheggiando un po’ le parole della vecchia, cercando di improvvisare in quella direzione. «Tutto avviene secondo causa ed effetto…»

«Anche lei è devoto al Budda, vero? Forse agli inizi non era ricco, perché ogni volta mi dava piccole somme in contanti, però doveva provenire da una buona famiglia, dal modo in cui parlava e si comportava. Le buone azioni non passano mai inosservate. E adesso è incredibilmente ricco. E anche Jiao… grazie al suo aiuto.»

«Zietta Zhong, potrebbe darmi il suo nome e il suo indirizzo? Vorrei davvero ringraziarlo per ciò che ha fatto alla famiglia Shang.»

«Lui semina senza preoccuparsi di raccogliere. E infatti non mi ha mai detto il suo vero nome.» Disse la vecchia, scuotendo la testa risoluta: «Non glielo direi neppure se lo sapessi. È contro i suoi principi.»

«Non so davvero come ringraziarla» disse Vecchio Cacciatore alzandosi. Aveva capito che insistere oltre sarebbe stato inutile. «Lei ha fatto molto per la sua famiglia, proprio come quel nobile benefattore. Le vie del Budda sono proprio al di là della nostra comprensione. Il karma ha funzionato, nella vita della nipote.»

«Sì, che Budda la benedica, e che benedica anche lui. Arrivederci, signor Yu.» Zhong si alzò e aprì la porta che dava sulla scala buia.

Mentre scendeva quasi inciampò di nuovo. Si aggrappò al corrimano, muovendo con difficoltà le gambe irrigidite. Gli ci vollero parecchi minuti prima di arrivare in fondo alla scala: la discesa gli parve molto più lunga della salita.

Uscendo nel vicolo, affollato e animato, sbatté le palpebre colpite dalla luce solare del pomeriggio. Aveva raccolto qualche frutto insperato, anche se casuale. Si accese una sigaretta e spense il fiammifero sventolandolo. Le informazioni di Zhong facevano luce su alcuni dei misteri sulla vita di Jiao, anche se non su tutti. In particolare quelli che riguardavano quel benefattore schivo e “incredibilmente ricco”. Zhong sembrava convinta che la sua fortuna avesse causato una metamorfosi nella vita di Jiao.

Il benefattore poteva essere l’uomo che Vecchio Cacciatore aveva scorto in compagnia di Jiao l’altra notte? Improbabile. Gli era sembrato giovane, mentre invece Zhong aveva detto che aveva circa la stessa età dei genitori di Jiao.

Passando di nuovo davanti al piccolo supermercato gli venne in mente una cosa. Nonostante la vaghezza di Zhong a proposito di ciò che aveva detto a Jiao riguardo il suo benefattore, se lui era il responsabile dei cambiamenti nella sua vita, allora Jiao adesso doveva conoscerlo.

Jiao non sembrava una ragazza che avesse amici di quell’età – non da ciò che aveva saputo da Chen – tranne Xie. Il quale era un gentiluomo all’antica, e oltretutto proveniente da una buona famiglia, ma non era certo ricco.

Così Vecchio Cacciatore si sarebbe procurato una fotografia di Xie e con essa sarebbe tornato da Zhong. Forse avrebbe riconosciuto l’uomo della foto pur senza saperne il nome.

Cominciò a canticchiare dei frammenti da un’opera di Suzhou.

«Io avvampo di rabbia, io ti accuso»