10
Circa un’ora dopo, Chen arrivò a una viuzza nella zona della Città Vecchia e vide Long che lo aspettava davanti al palazzo dove abitava. Nonostante l’allusione al telefono, quando vide il cestino di granchi Long rimase sbalordito.
«La mia umile dimora è illuminata dalla sua visita» disse Long. «Ora però lei mi confonde, con tutti quei granchi.»
«Long, mi ha impressionato proprio il suo racconto sui granchi. E io ho delle conoscenze in un ristorante. Me li sono procurati ai prezzi statali, così ho deciso di venire qui.»
«Le sue conoscenze non mi sorprendono, compagno ispettore capo Chen, ma “il prezzo statale” invece sì.»
Chen sorrise senza dare spiegazioni, ma Long aveva ragione sull’inesistente “prezzo statale”.
Long accolse Chen nel suo monolocale: stanza da letto, salotto, soggiorno e cucina si trovavano in un unico vano. In mezzo alla stanza c’era un tavolo dipinto di rosso. Sul lato più vicino alla porta si trovavano un lavandino e una stufa a mattonelle di carbone. Su una delle pareti bianche, Chen vide un paio di chele di granchio rosso a mo’ di decorazione.
«Oggi mia moglie deve accudire il figlio di sua sorella» disse Long. «Parleremo banchettando con i granchi. Me li lasci preparare, ci impiegherò solo pochi minuti.»
Long mise i crostacei nel lavandino sotto la finestra e cominciò a pulirli con uno scopino di bambù. L’acqua ancora scorreva e i granchi si dibattevano, mentre lui prese una grossa pentola, la riempì a metà di acqua e la posò sul fornelletto a gas propano.
«Cuocerli al vapore è il modo migliore e più rapido.»
«Posso esserle d’aiuto?»
«Affetti lo zenzero» disse Long prendendone un pezzo, «per la salsa.»
Si chinò sul lavandino per pulire bene i granchi con un vecchio spazzolino da denti. Mentre Chen terminava di tagliare lo zenzero, Long iniziò a legare i granchi, uno a uno, con un pezzo di corda di stoffa.
«In questo modo i granchi non perderanno le zampe nella vaporiera» spiegò Long.
Chen allora si convinse che l’Aiguo del racconto altri non era che Long stesso. Lo impressionò il modo in cui preparava i crostacei.
«Le dirò una cosa, ispettore capo Chen. Anch’io un tempo mangiavo i granchi tutti i mesi, all’inizio degli anni Settanta.»
Era il periodo della Rivoluzione Culturale, pensò Chen, quando Long era “un operaio studioso rivoluzionario”, in grado di concedersi privilegi di cui altri difficilmente avrebbero potuto godere.
«Lo immaginavo. La storia dev’essere basata più o meno sulla sua esperienza personale.»
La salsa speciale a base di aceto, zucchero e zenzero era pronta: Long vi intinse le bacchette, l’assaggiò e fece schioccare la lingua. Aprì una bottiglia di vino bianco di riso Shaoxing e ne versò una coppa per Chen e una per sé.
«Beviamo, prima.»
«Brindiamo a una serata a base di granchi!»
«Ora laviamoci le mani» disse Long. «Tra poco saranno pronti.»
Mentre Chen si sedeva, Long tolse il coperchio della vaporiera, ne prese il contenuto e posò sulla tavola un grosso piatto di granchi cotti al vapore, di un rosso e un bianco abbaglianti, sotto la luce. «I granchi devono essere serviti caldi. Ne lascio ancora qualcuno da preparare al momento.»
Long cominciò a mangiare un grosso granchio senza troppi indugi, e Chen si unì a lui. Versò la salsa nel carapace e intinse un pezzo di crostaceo nel liquido color ambra. Era delizioso.
Soltanto dopo aver terminato le ghiandole digestive del secondo granchio, Long alzò gli occhi e annuì con un sospiro soddisfatto. Dopo averne capovolto le interiora, si ritrovò con qualcosa che assomigliava a un piccolo monaco seduto in meditazione sul palmo della sua mano.
«Nella leggenda del Serpente Bianco, un monaco intrigante dovette nascondersi dopo aver rovinato la felicità di una giovane coppia. Alla fine si infila nel carapace di un granchio. Ma è inutile. Guardi, non c’è possibilità di fuga.»
«Una storia meravigliosa. Long, lei è un vero esperto di granchi.»
«Non rida della mia esuberanza. Quest’anno è la prima volta che riesco a mangiarli. Non posso farci nulla» borbottò Long sorridendo imbarazzato, con una chela ancora tra i denti. «Lei è un uomo importante. Forse voleva parlare con me di qualcosa, ma non doveva portare tutti quei granchi.»
«Ecco, lei è un’autorità sulla poesia di Mao. Tanto tempo fa uno studente si presentò al suo insegnante con un prosciutto, quindi mi è sembrato appropriato e giusto venire qui con dei granchi. Che sono ben lungi dal dimostrare tutto il rispetto che nutro per lei.»
Sfilando la polpa dalla chela con una bacchetta, Long disse: «Lo apprezzo veramente.»
«Io ho letto le poesie di Mao ma, indipendentemente da ciò che oggi la gente dice di lui, non sono affatto male.»
«Poesie splendide» disse Long sollevando la coppa. «Non è facile per un giovane intellettuale come lei dire una cosa del genere. Anche lei è un poeta.»
«Ma io scrivo usando il verso libero. Non conosco molto la versificazione tradizionale, quindi mi dovrà illuminare lei.»
«Dal punto di vista della tradizione poetica, Mao scriveva poesie ci, che hanno requisiti complessi riguardo al numero degli ideogrammi per ciascun verso, così come per il tono e gli schemi metrici. Ma non bisogna preoccuparsi della versificazione per apprezzare le sue poesie. Per esempio Neve, che è piena di immagini originali e ardite. Che visione sublime!»
«Davvero» concordò Chen. Avrebbe anche potuto iniziare da una poesia non direttamente collegata alla sua indagine. «Che ampiezza immaginativa!»
«Ma certo» proseguì Long. La lingua gli si era sciolta per via del vino, e citò l’ultimo verso in tono teatrale. «Per trovare uomini di stile e d’ingegno / volgiti a guardare il nostro tempo.»
«Però ho letto che quella poesia ha anche causato qualche controversia. Mao fece quella particolare affermazione dopo aver stilato una lista degli imperatori più noti della storia, definendosi ancora migliore di essi.»
«Non si può prendere troppo alla lettera una poesia. Lui scrive “uomini di stile e di ingegno” senza fare necessariamente riferimento a se stesso. Inoltre, dobbiamo tener presente che all’epoca Mao e il Partito Comunista erano considerati “banditi analfabeti”. Quindi la poesia dimostrava la sua cultura e gli fece guadagnare il plauso degli intellettuali.»
«Sì, la sua interpretazione fa molta luce su quel componimento» disse Chen, pur non essendone affatto convinto. «Ecco perché sono venuto da un esperto come lei.»
«Ci sono interpretazioni e interpretazioni. Alcuni potrebbero serbare del rancore contro Mao, molto probabilmente a causa delle sofferenze patite durante la Rivoluzione Culturale, ma dobbiamo vedere Mao in una prospettiva storica.»
«Esattamente, ma la gente non può fare a meno di vederlo dalla propria prospettiva.»
«Ora, dal mio punto di vista, la salsa è qualcosa di indispensabile. Semplice e tuttavia essenziale, fa risaltare al meglio il sapore dei granchi» disse Long, cambiando argomento mentre versava la salsa in un altro carapace. «Una volta ho perfino intinto dei ciottoli nella salsa, e ad occhi chiusi ho comunque assaporato tutti i ricordi dei granchi.»
«Davvero notevole, Long» disse Chen. «Oggi sto imparando molte cose, oltre che sulla poesia di Mao.»
«Al giorno d’oggi sono pochissime le case editrici interessate alla poesia» disse Long fissandolo negli occhi. «Sta pensando di scrivere qualcosa sui suoi componimenti?»
«No, non sono uno studioso, non come lei. Mi sono laureato in inglese, quindi mi interessano le traduzioni.»
«Le traduzioni?»
«Sì, negli anni Settanta c’è stata una traduzione ufficiale delle poesie di Mao, realizzata da celebri studiosi e traduttori. Uno di essi era professore alla facoltà di Lingue straniere dell’Università di Pechino, dove ho studiato io. Ma un’interpretazione “politicamente corretta” può anche essere stata fuorviante. Per esempio, alcune delle poesie di Mao potevano avere un carattere personale, senza necessariamente riferirsi alla rivoluzione, solo che all’epoca i traduttori dovettero tradurle in componimenti politicamente orientati in quel senso.»
«È vero. Tutto poteva essere politico, a quei tempi.»
«La traduzione poetica non è semplicemente resa parola per parola. Si dovrebbero leggere come poesie anche nella lingua d’arrivo.» Chen aprì la valigetta e ne estrasse le sue traduzioni di poesie d’amore classiche. «È un’antologia tradotta dal professor Yang e da me. Ne è appena uscita un’edizione americana. Non abbiamo guadagnato molti soldi, ma se ne è parlato moltissimo.»
«Vista l’attuale situazione di mercato, forse soltanto una sua raccolta potrebbe essere pubblicata qui, e anche all’estero. Ricordo che non molto tempo fa è stato a una conferenza negli Stati Uniti. Lei conosce moltissime persone laggiù.»
«Qualcuna» disse Chen, pensando che Long doveva aver sentito parlare di lui, e del fatto che aveva capeggiato la delegazione invitata alla conferenza di letteratura – oltre che del suo lavoro di poliziotto. «Ecco perché oggi sono venuto da lei. C’è una casa editrice interessata alla pubblicazione delle poesie di Mao.»
«La cosa non mi sorprende. La gente conosce bene le sue qualità di traduttore e di poeta» disse Long, schiacciando la chela di un granchio con un piccolo martello – non un apposito martelletto, ma con tutta probabilità un bell’attrezzo da carpentiere, che servì allo scopo altrettanto egregiamente. «Apprezzo il fatto che abbia pensato a me per il progetto. La mia edizione annotata è stata pubblicata anni fa, ma recentemente ho ultimato un catalogo delle nuove pubblicazioni sulle poesie di Mao. Glieli posso fare avere entrambi.»
«A casa ne ho una copia, ma il suo nuovo indice potrebbe essere molto importante. Siccome la maggior parte dei libri sull’argomento sono stati pubblicati durante la Rivoluzione Culturale, le fonti erano limitate. Soltanto lei ha continuato la sua ricerca, quindi avrà senz’altro le ultime informazioni.»
«Sto lavorando a un manoscritto sulle opere di Mao, ma non è ancora terminato. Quanto alle nuove informazioni, temo che non ce ne siano poi così tante.»
«Non vedo l’ora di leggerle» disse Chen. In un manoscritto destinato alla pubblicazione in Cina, tuttavia, il materiale “nuovo” sarebbe stato comprensibilmente limitato. Né avrebbe potuto fornirgli ciò che lui stava cercando. «Per quel che riguarda la traduzione, il primo passo è l’interpretazione. La poesia che Mao scrisse per la fotografia di sua moglie, per esempio, potrebbe essere di tipo personale.»
Dedica su una fotografia della Grotta degli Immortali del Lushan scattata dal compagno Li Jin. Long cominciò a recitarla a memoria, tenendo in mano una chela di granchio come se fosse un gessetto. Nell’incerto colore del tramonto / si scorge un pino possente, / di nubi disordinate / che gli volano intorno / come sempre tollerante. / Il cielo ha creato / la Grotta degli Immortali, / dalle impervie cime / un panorama sconfinato.
«Negli anni Sessanta venne letta come una presa di posizione rivoluzionaria contro l’imperialismo e il revisionismo, le “nubi disordinate” potrebbero infatti simboleggiare le forze reazionarie, ma la poesia potrebbe anche essere un esempio dello stretto legame tra Mao e sua moglie» disse Chen, che raccolse una chela di granchio e che, come Long, la tenne in mano come se fosse stata un gessetto. «Dopo la caduta della Banda dei Quattro, Madame Mao è diventata merda di cane, e si ritenne che la poesia fosse semplicemente l’espressione dello spirito rivoluzionario di Mao, che nulla avesse a che fare con sua moglie. Tuttavia, esiste una recente interpretazione di Wuang Guangmei.» Non c’era bisogno di spiegare a Long chi fosse, perché tutti conoscevano la moglie di Liu Shaoqi, il defunto presidente della Repubblica Popolare Cinese. «Secondo Wang, Mao la invitò a fare una nuotata. In seguito cenarono insieme senza attendere Madame Mao, che si arrabbiò. Per rabbonirla, Mao scrisse una poesia per la sua fotografia.»
«Sì, ne ho sentito parlare» disse Long annuendo. La polpa delle ovaie di una femmina che aveva appena aperto aveva un colore bianco e rosso abbagliante e lucido, «ma dubito che sia affidabile. Mao non avrebbe mai parlato pubblicamente di quell’occasione. E neppure sua moglie. Potrebbe trattarsi semplicemente di un’ipotesi avanzata da Wang, e lei potrebbe ancora serbare del rancore nei confronti di Mao. Il che è comprensibile. Dopo tutto, suo marito venne perseguitato fino alla morte, durante la Rivoluzione Culturale.»
«Vero, ma se così fosse, e anche se Madame Mao è stata una spregevole cagna, Mao potrebbe averla scritta in quanto uomo per una donna, in un momento di passione. Non è necessario insistere su un’interpretazione di tipo politico, giusto?»
«Giusto, ma cosa posso fare per lei, ispettore capo Chen?»
«Mi aiuti a capire il contesto di quelle poesie, così potremo ottenere un’interpretazione attendibile. Le riconoscerò il suo contributo come consulente del progetto. E nella prefazione scriverò che la mia traduzione si basa sui suoi studi.»
«Non c’è bisogno che lo faccia…»
«Inoltre, le pagherò il dieci per cento dei diritti d’autore, sia qui in Cina che all’estero.»
«Ma è troppo, ispettore capo Chen. Lei però mi deve dire cosa le serve nello specifico.»
«Proseguiamo con quella poesia per Madame Mao. Ho sentito di un’altra interpretazione, di carattere erotico. Nella letteratura cinese classica, la “grotta” può essere una metafora per… bÈ, lei sa cosa. Il viaggio fino alle “impervie cime” è ancor più ricco di suggestioni sessuali. Il fatto che si tratti di una poesia che parla di marito e moglie si presta a un’interpretazione del genere, anche se in seguito Madame Mao l’ha usata per i propri fini politici.»
«No, non è quello il modo di interpretare una poesia.»
«Ma certe immagini sono inequivocabili: il “pino possente”, e anche il tramonto. Come se tutto ciò non bastasse, c’è l’immagine delle nubi. Lei sa cosa significano le nubi e la pioggia nella letteratura cinese classica. Alla fine della poesia ci sono le “impervie cime”. Mao all’epoca non era più giovane, e può aver raggiunto “la cima” con grande difficoltà, se capisce cosa intendo dire.»
«Ma è un’assurdità!»
«Per un poeta romantico, dopo una notte di nubi e di pioggia, con la vista fantastica dei monti Lu… è così difficile da credere?»
«La poesia venne scritta nel 1962 Già da tempo Mao e sua moglie dormivano in camere separate. Non vivevano più insieme nel Mare Centrale e Meridionale, nella Città Proibita. Perché mai, all’improvviso, Mao avrebbe dovuto scrivere una poesia del genere per lei?»
«BÈ, forse dopo un incontro inaspettato, o una riconciliazione in montagna? Mao non avrebbe mai scritto in termini espliciti di una nottata del genere…»
«Nella nostra tradizione poetica esiste la consuetudine di scrivere di un dipinto o di una fotografia a mo’ di commento o di complimento. Inutile cercare chissà che cosa. Non saprei dirle altro, in merito.»
«Va bene, Long. Allora per il momento lasciamo perdere questa poesia e prendiamone in considerazione un’altra. Dedica scritta sulla foto di un gruppo di miliziane. Non è difficile. Quando andavo a scuola, venne anche trasformata in una canzone.»
«Sì, gliela posso cantare ancora adesso.» Long si alzò in piedi, lesto a cambiare argomento. «Vivaci, l’aria spavalda, / fucile di cinque piedi, / la luce del sole nascente / illumina il campo d’esercitazioni. / Le donne della Cina / nutrono strane ambizioni, / non amano vestirsi di rosso, / amano vestirsi da soldato.»
«Lei la canta benissimo» disse Chen brandendo una chela con gesto meditabondo, come la bacchetta di un direttore d’orchestra.
«Mao diceva che il popolo cinese doveva essere composto da soldati. Quella fotografia incarna un simile spirito eroico. La poesia fu una fonte di grande ispirazione per il popolo, negli anni Sessanta.»
«Ma ha sentito qualcosa sul contesto, sull’identità delle miliziane di cui si parla nella poesia?»
«BÈ… certe storie non dovrebbero essere prese troppo seriamente.»
«Long, da quello che ho sentito Mao scrisse la poesia per compiacere una di quelle miliziane.»
«Ma no, si tratta soltanto di una diceria. Mi dia una poesia, una qualsiasi, e posso sostenere che è stata scritta per qualcuno e venirmene fuori con qualche storia improbabile.»
«Ma era riportato su un giornale ufficiale… l’identità della miliziana, intendo dire.»
«Mi dispiace di non poterla aiutare» disse esitante Long, visibilmente inquieto, guardandosi alle spalle. «Ah, ma i granchi si stanno raffreddando. Cuociamone degli altri.»
«Buona idea.»
Mentre Long era indaffarato a sistemare i crostacei nella vaporiera, Chen valutò la situazione. Il suo approccio si era rivelato troppo brusco. Malgrado tutti quei granchi e l’offerta per il libro, Long si era dimostrato restio a rivelare a un poliziotto i dettagli della vita privata di Mao.
E così l’ispettore capo Chen non ebbe altra scelta che giocarsi il carico da undici. Per il Caso Mao, tutti i mezzi erano giustificati.
Quando Long tornò al tavolo con un altro piatto colmo di granchi caldi e fumanti, Chen iniziò a parlare in tono più serio. «Dunque, le devo dire una cosa da parte dell’Associazione Scrittori.»
«Ah, sì, lei è un membro esecutivo.»
«Si vogliono apportare delle riforme al sistema degli scrittori professionisti. Sa, a causa dei tagli ai fondi governativi alcuni cambiamenti potrebbero essere inevitabili.»
Quei cambiamenti erano praticamente irrilevanti per Chen, che riceveva il suo regolare stipendio dal dipartimento di polizia, ma per un certo numero di scrittori professionisti come Long potevano essere cruciali. Trovare un altro lavoro nell’attuale mercato, così competitivo, sarebbe stato molto difficile.
«Che cosa ha sentito?»
«Bisogna riconoscere che il sistema degli scrittori professionisti ha i suoi meriti» disse Chen, slegando le chele di un granchio. «Dobbiamo prendere in considerazione le circostanze particolari di ciascuno scrittore. Ce ne sono certi, come gli autori di bestseller, che non hanno bisogno di denaro dall’associazione. Ma per altri, il cui lavoro richiede molta ricerca, lo “stipendio dello scrittore professionista” è ancora necessario, e ancor di più nella nostra attuale società. Me ne sono fatto portavoce durante la riunione.»
«Gli altri che hanno detto?»
«Hanno sottolineato la questione delle pubblicazioni. Uno può dire quel che vuole sulla propria opera, ma un criterio ci deve pur essere. E quindi verrà messo ai voti nel corso di uno speciale comitato.»
«E lei farà parte di questo comitato?»
«Sì, ma penso di non avere molte probabilità di spuntarla. Ora» Chen si interruppe per spaccare la chela del granchio con il pugno, che picchiò ripetutamente sul tavolo, «con questa nuova traduzione inglese, e con lei come consulente per il libro, potrei dire senz’altro qualcosa in suo favore. E anche in mio.»
«In suo favore?» intervenne Long. «Ma lei non è uno scrittore professionista, no?»
«Qualcuno sostiene che mi interesso unicamente di modernismo occidentale. Ma non è vero. Ho tradotto un certo numero di poesie classiche cinesi. E una raccolta di versi di Mao potrebbe essermi di grande aiuto.»
A Long parve un motivo convincente. Annuì, memore delle voci che aveva sentito a proposito delle opere controverse di Chen.
«Con la pubblicazione qui in Cina e all’estero» proseguì Chen, «non credo che ci sia qualcuno che possa votare contro di lei.»
«Ispettore capo Chen, apprezzo molto il suo sostegno, e ammiro la sua passione per le opere di Mao» disse Long sollevando lentamente la coppa. «La sua insistenza per una traduzione affidabile e oggettiva la dice lunga sulla sua integrità.»
Chen attese che Long continuasse. La sua minaccia nei confronti della sua condizione di “scrittore professionista” era cruciale: senza il sostegno di Chen, il suo caso era senza speranze.
Seguì un breve silenzio, interrotto soltanto dal rumore provocato dai granchi che ancora si trovavano sul fondo della bacinella di plastica, che zampettavano e facevano le bolle.
«Ispettore capo Chen, per tornare alla sua domanda» ricominciò Long. «Ho raccolto informazioni che non provengono da una convenzionale ricerca. Vede, si tratta di voci. Ma siccome lei è un traduttore responsabile, sicuramente saprà come selezionare e giudicare.»
«Naturalmente sarà mio dovere farlo» disse Chen, considerando le parole che stava pronunciando come una mossa necessaria affinché Long prendesse le distanze dalle informazioni raccolte. «Mi assumerò la completa responsabilità della traduzione.»
«Dunque, per quel che riguarda l’identità della miliziana, lei dove l’ha letto?»
«Su un giornale di Pechino. L’articolo diceva che Mao scrisse la poesia per una centralinista del Mare Centrale e Meridionale. Lei si scattò una fotografia con l’uniforme da miliziana e la mostrò a Mao. Ma come poté accadere? Una comune centralinista non sarebbe stata in grado di avvicinarsi a Mao.»
«Esatto» disse Long, addentando con forza una chela. «In realtà, della storia che sta dietro la poesia esistono parecchie versioni differenti. Non è un segreto che Mao avesse un certo numero di compagne di ballo. Oltre alle ballerine professioniste, c’erano anche le ragazze che lavoravano per lui: le cameriere del treno speciale, le infermiere e le centraliniste. Secondo una di quelle versioni, fu una infermiera a mostrargli la foto, e non una centralinista. Mao in seguito scrisse la poesia per dimostrarle il suo apprezzamento.»
«E le altre versioni cosa dicono?»
«BÈ… avrà sentito di un’attrice del cinema che si chiamava Shang.»
«Sì, che c’entrava?» chiese Chen, subito allertato.
«Anche lei ballò con Mao. Si disse che la poesia era per l’attrice che interpretò in un film il ruolo di una miliziana. Io andai a vederlo proprio per quella ragione, e Shang vinse un premio. Ma quanto è credibile la storia sul fatto che sia stata lei la fonte di ispirazione? Io non lo so. Spesso le dicerie su Mao hanno assunto proporzioni abnormi. Comunque, non esiste una parola conclusiva sull’identità della miliziana.»
«Potrebbe scendere maggiormente nei dettagli? Su Shang, intendo dire.»
«È molto nota, venne definita “la fenice dell’industria cinematografica”. C’è un’opera di Pechino che si intitola Il drago che amoreggia con la fenice. L’ha vista?»
«Sì, racconta la relazione romantica tra un imperatore Ming e Sorella Fenice.»
«Nella cultura tradizionale cinese, il drago simbolizza l’imperatore e la fenice la sua compagna.»
«Capisco.» Chen non sapeva se Mao fosse stato influenzato da quelle reminiscenze, e che quindi si fosse invaghito di Shang per quel motivo, però colse il modo indiretto con cui Long aveva risposto alla sua richiesta.
«Ma la cosa potrebbe far riferimento anche alla poesia per Madame Mao» proseguì Long, svuotando la coppa in un sol sorso. «Secondo un’altra versione, ancor più elaborata, Madame Mao conosceva l’origine della poesia sulla miliziana, così gli chiese di scriverne un’altra anche per la sua fotografia, per controbilanciare il suo favore imperiale o, come recita il vecchio detto, per “condividere il favore della pioggia e della rugiada divine”. Mao venne a Shanghai moltissime volte… A proposito, lei ha letto Nubi e pioggia a Shanghai?»
«Sì.»
«Quindi conosce la storia. In base alle ricerche che ho svolto, sono più propenso per l’ipotesi che fosse Shang la miliziana della poesia.»
«Perché?»
«In realtà Mao ha copiato per Shang alcune poesie. Ho intervistato un suo collega, il quale mi disse che quando lui entrò a casa di Shang prima dello scoppio della Rivoluzione Culturale, vide nella sua stanza da letto un rotolo con la calligrafia di Mao.»
«Della poesia per le miliziane?»
«No, non quella, ma La canzone del prugno.»
«Davvero!» Chen non aveva mai pensato a quella poesia in rapporto all’indagine. Prese dalla sua valigetta una copia delle poesie di Mao e la trovò.
Vento e pioggia a salutare / la primavera che va via, / neve volteggiante ad accogliere / la primavera che ritorna. / Sopra i picchi elevati / cento piedi di ghiaccio, / ma i suoi rami son belli di fiori. // Bello, non gareggia con la primavera, / ne annuncia soltanto l’arrivo. / Quando sulla montagna / torneranno a splendere i fiori, / sarà tra loro a sorridere.
«Venne scritta nel dicembre del 1961, sul modello di una poesia di Lu Yu, un poeta della dinastia T’ang» disse Long. «Vede, si tratta anche di una convenzione poetica, quella di scrivere in risposta o in corrispondenza di un altro componimento. In entrambe le poesie, il fiore di prugno simbolizza uno spirito indomito, ma considerato da una prospettiva differente.»
«Sì, penso che lei abbia ragione.» Chen girò una pagina e lesse la poesia di Lu che si trovava in appendice.
Fuori dalla scuderia, di fianco al ponte crollato / sta un fiore di prugno isolato e abbandonato, / che si staglia sull’inquieto crepuscolo solitario, / preda del vento e della pioggia. / Non è ansioso di reclamare la primavera per se stesso, / lui sopporta l’invidia degli altri fiori. / I suoi petali caduti, nella polvere, nel fango, / malgrado un rimasuglio di fragranza.
«Come nel caso di altre poesie, di solito La canzone del prugno veniva considerata un componimento all’insegna dello spirito rivoluzionario di Mao» disse Long, mescolando con uno stuzzicadenti la salsa nel carapace di un granchio. «Ed è un’interpretazione che viene data per scontata. Secondo un articolo che ho letto, una persona che lavorava con Mao gli scrisse una lettera, citando la poesia di Lu per esprimere la propria ammirazione, e Mao scrisse la canzone a mo’ di risposta. Noti però che la poesia di Lu non ha nulla a che fare con l’ammirazione. Quanto meno, è colma di lamentele e di autocommiserazione. Lu era un poeta patriottico, che volle servire il proprio paese combattendo contro l’esercito della dinastia Jin, ma non ci riuscì e prestò soltanto servizio come ufficiale subalterno. Anche in questo caso, è una convenzione tipica della nostra tradizione poetica paragonare una persona amareggiata a una bellezza solitaria o a un fiore isolato, quindi il significato della poesia è inequivocabile.»
«Penso che lei sia stato davvero perspicace» disse Chen estraendo con una bacchetta la polpa da una chela di granchio.
«E allora chi può aver inviato la poesia a Mao? Si potrebbe ragionevolmente pensare a una donna che intratteneva con lui una relazione insolita. Soltanto in una circostanza simile un gesto così avrebbe avuto senso. Lei sapeva che Mao aveva altre amanti, ma sapeva anche che non era il caso di lamentarsene apertamente. Quindi Mao, tramite la poesia, ha risposto in termini di apprezzamento. Dal suo punto di vista, è naturale che un imperatore debba avere trecentosessanta concubine imperiali. Pur essendo consapevole del fatto che tutti gli altri fiori erano in competizione per conquistare l’attenzione della primavera, si contentava di essere stata una sua favorita, in passato, sorridendo tra gli altri fiori sulle montagne.»
«Ma perché la critica ufficiale ha occultato la vera circostanza da cui scaturì la poesia? Io penso che la risposta sia evidente» disse Chen, trattenendo a stento l’eccitazione nella sua voce. «Sì, forse Shang era l’unica dotata dell’istruzione sufficiente per citare a Mao una poesia come quella. Le donne che lavoravano con lui erano perlopiù ragazze di estrazione proletaria, giovani e scarsamente istruite.»
Long si curvò sul carapace del granchio, succhiandone fuori la salsa in silenzio.
«E poi, per quel che riguarda quel rotolo con la calligrafia di Mao» disse Chen. «Il collega di Shang le ha detto altro? Per esempio, quando Mao scriveva una poesia per qualche altra donna, di solito aggiungeva qualche parola a mo’ di dedica e vi apponeva un sigillo rosso per indicarne l’autenticità. Il suo collega ha visto qualcosa di simile sul rotolo?»
«No, non distintamente, soltanto un’occhiata di sfuggita. Sa, si trovava nella sua stanza da letto. Però era sicuro che non si trattasse di una fotocopia, che all’epoca non esistevano.»
«Se fosse possibile, vorrei incontrare quel collega di Shang. Potrebbe essere cruciale per stabilire l’identità della persona per cui Mao scrisse la poesia. Naturalmente non è necessario che nel nostro libro si debba scendere nei dettagli espliciti.»
«Non sono sicuro che si trovi ancora in città. L’ho contattato parecchi anni fa, ma ci proverò.»
«Sarebbe fantastico. Brindiamo alla nostra collaborazione…»
Ma all’improvviso, prima che sentissero il rumore della chiave che girava nella toppa, si aprì la porta.
Era tornata la moglie di Long, una donna di bassa statura con i capelli neri e gli occhiali dalla montatura di ugual colore, che si accigliò quando vide i resti sparsi sulla tavola.
«Oh, ti presento l’ispettore capo Chen, del dipartimento di polizia di Shanghai, che è anche membro eminente dell’Associazione Scrittori.» Long lo presentò con voce balbettante, che lasciava intuire il tipico marito succube. «Ha portato anche un cestino di bambù pieno di granchi. Te ne ho tenuti un po’ da parte.»
Non avrebbero più potuto continuare a parlare di Mao in sua presenza.
«Ah, ma non dovevi bere così tanto» disse la donna a Long, indicando la bottiglia di vino bianco vuota, che si stagliava sulla tavola come un punto esclamativo rovesciato. «Ti dimentichi della pressione alta.»
«L’ispettore capo Chen e io stiamo lavorando a una nuova traduzione delle poesie di Mao, che verrà pubblicata sia qui che all’estero. Così non dovrò più preoccuparmi del mio status di “scrittore professionista”.»
«Davvero?» esclamò lei incredula. «Ci vuole un brindisi. Ah, potremo mangiare i granchi come prima.»
«Mi dispiace signora Long, ma non sapevo della sua pressione alta. Però mi sta dando un grande aiuto per il mio progetto» disse Chen, alzandosi dalla sedia. «Ora devo andarmene. Le prometto che la prossima volta mangeremo soltanto granchi, senza bere neanche un goccio.»
«Non è colpa sua, ispettore capo Chen. Sono contenta che non vi siete dimenticati di lui.» Si voltò verso il marito e disse a bassa voce: «Ma vai a guardarti allo specchio. Hai una faccia che è rossa come il Libretto di Mao.»
«Guarda la tavola» disse Long con voce un po’ strascicata, accompagnando Chen alla porta. «Sembra un campo di battaglia dopo che si sono ritirate le truppe nazionaliste nel 1949. Ricordi la poesia sulla liberazione di Nanchino?»
Chen si voltò e vide che effettivamente il tavolo disseminato di avanzi assomigliava un poco a un campo di battaglia abbandonato: chele spezzate, carapaci infranti, ovaie rosse dorate sparpagliate qua e là, ma non riuscì a ricordare l’immagine di quella particolare poesia di Mao.