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Chen si risvegliò da un sogno le cui immagini si stavano rapidamente dissolvendo: una giovane donna sbucata dal nulla indossava un abito rosso di foggia mandarina, camminava con passo leggero come una pioggia estiva di lacrime riconoscenti, una foglia cadente le carezzava i piedi nudi ornati da una cavigliera, una canzone aleggiava nell’aria come una nuvola bianca, come una pioggerellina, ma poi lei scomparve dentro a un dipinto murale nella stazione della metropolitana…

Seppur disorientato, Chen riuscì a ricomporsi: quello era il primo mattino del Caso Mao, come l’aveva definito la notte precedente.

Ma i suoi pensieri seguitavano a indugiare sulle immagini del sogno.

Forse a causa di Ling, che aveva indossato un abito simile, ma di colore diverso, o magari per via di Shang, che ne portava uno in una fotografia in bianco e nero del libro, oppure perché non molto tempo prima si era occupato del caso di un serial killer che…

Ma le immagini dei sogni sono irrazionali, pensò strofinandosi le tempie, e fu allora che gli venne un’altra idea, inaspettata come l’apparizione in sogno della donna con il vestito rosso.

Ciondolò giù dal letto come un sonnambulo e compose un numero preso dal suo taccuino.

«Signor Shen, mi scusi se la chiamo così presto.»

«Oh, ispettore capo Chen. I vecchi sono mattinieri, è già un paio d’ore che sono in piedi. Che cosa posso fare per lei?»

«Per caso conosce Xie, il proprietario della Magione Xie in via Shaoxing? Mi ricordo che lei ha abitato da quelle parti.»

«Sì, lo conosco. Oggi lui è un esperto degli anni Trenta, e anche della moda di quel periodo. Ne abbiamo parlato due o tre settimane fa.»

«È mai stato a uno dei suoi ricevimenti?»

«No, ormai io sono troppo vecchio, però frequentavo quelli di suo padre. Lui mi chiama zio. Naturalmente ci sono andato prima del 1949. Cosa vuole da lui, ispettore capo Chen?»

«E così la considera uno zio! Magnifico. Stavo pensando a un progetto per un libro sulla vecchia Shanghai. Sarebbe fantastico se lei fosse così gentile da presentarmi a Xie.»

«Eh, i ruggenti anni Trenta potrebbero diventare un altro mito per i nuovi ricchi di oggi. Devono inventarsi una tradizione per giustificare le loro stravaganze. Ma glielo presenterò senz’altro. Nessun problema.»

«La ringrazio moltissimo, signor Shen. Oh, a proposito, gli dica che sono uno scrittore – e un ex uomo d’affari – che si interessa degli anni Trenta. Non gli dica che sono un poliziotto.»

«Non so di preciso di cosa si occupi Xie» disse il vecchio in tono esitante, «ma penso che sia innocuo.»

«Non ho alcuna intenzione di fargli passare dei guai, signor Shen. Le do la mia parola. È solo perché potrebbe essere un po’ restio a parlare con un poliziotto.»

«Io mi fido di lei, ispettore capo Chen. Lo chiamo e gli scrivo anche una lettera di presentazione per uno scrittore di talento e una brava persona di mia conoscenza. Non si preoccupi. Gli mando la lettera via corriere.»

«Non so proprio come ringraziarla.»

«Non ce n’è bisogno.» Shen aggiunse ridacchiando: «Basta che poi mi faccia avere una copia del suo libro non appena viene pubblicato.»

Quando ripose il telefono, Chen vide una parola sul retro di una scatola di fiammiferi posata sul comodino, che lui stesso aveva scarabocchiato: poesia.

Cosa mai poteva significare?

La sera precedente, prima di addormentarsi, pensando alla poesia di Li Shangyin si era lasciato trasportare dal sentimentalismo, ma non gli sembrava qualcosa degno di essere appuntato per iscritto.

Bussarono alla porta. Immaginò si trattasse di un’altra consegna speciale per l’indagine. Era un pacchetto, ma vide con sorpresa che recava un timbro estero: Londra. Gliel’aveva spedito Ling, forse durante il viaggio di nozze. La cosa non lo sorprese: i neosposi erano entrambi imprenditori di successo provenienti da famiglie influenti, e potevano tranquillamente permetterselo.

Aprì il pacchetto e vi trovò dentro un libro: La terra desolata: un facsimile e la trascrizione del manoscritto originale, comprese le annotazioni di Ezra Pound. Non c’erano lettere di accompagnamento.

Era un libro che conteneva le riproduzioni dei manoscritti con i cambiamenti apportati da Eliot e da Pound e le note a margine apposte durante le varie fasi della stesura. Un testo, riflettè Chen mentre lo sfogliava, che poteva gettare luce sul rapporto tra la vita personale di Eliot e la sua opera “impersonale”.

Ma non era quello il momento di cominciare a leggerlo. E poi non era neppure dell’umore giusto. Non c’è nulla di più accidentale del mondo delle parole. E anche di più ironico. Se avesse ricevuto quel libro poco dopo gli anni dell’università, l’avrebbe usato per la sua traduzione di Eliot, e magari l’avrebbe resa migliore, la qual cosa avrebbe potuto cambiare il corso della sua carriera. Ma al momento, nel bel mezzo del Caso Mao, era irrilevante e, nella migliore delle ipotesi, soltanto un premio di consolazione per aver perso Ling – anzi, forse neppure quello. Non si era completamente dimenticata di lui, ma si trattava di una nota a piè di pagina in un capitolo ormai chiuso.

Stava meditando sulle parole da scrivere su un biglietto di ringraziamento, quando bussarono nuovamente alla porta. Questa volta si trattava di uno sconosciuto, che gli tese la mano con aria formale. Era alto, con un viso squadrato e serioso, spalle ampie, probabilmente sulla quarantina. Mostrò a Chen un tesserino.

«Sono il tenente Song Keqiang della Sicurezza Interna. Il ministro Huang ci ha detto che anche lei partecipa alla nostra indagine.»

«Ah, tenente Song, l’avrei contattata. La prego, entri» disse Chen. «Ho appena letto il dossier. Ne dobbiamo parlare.»

«BÈ, tutte le informazioni fondamentali sono lì» disse Song sedendosi sulla sedia che Chen gli mise a disposizione. «Ha qualche domanda da farmi, ispettore capo Chen?»

«Riguardo il materiale su Mao, quello che Shang avrebbe lasciato, intendo dire, lei ha idea di cosa potrebbe essere?»

«Fotografie, diari, lettere, qualunque cosa è possibile.»

«Capisco. C’è qualche novità, è accaduto qualcosa da quando il dossier è stato compilato?» chiese Chen, versando una tazza di acqua per il suo visitatore. «Mi dispiace, ma in casa non ho più tè.»

«Lei sa della ex moglie di Xie?»

«So che lui era sposato. Mi dica.»

«È appena tornata. La settimana scorsa ha incontrato Xie e sono stati visti in giardino a singhiozzare insieme.»

«So che sono divorziati, ma c’era qualcosa di sospetto nel loro incontro, tenente Song?»

«Quando se n’è andata dalla Cina ha tagliato tutti i ponti. Per anni non ci sono state né lettere né numeri di telefono. Perché quest’incontro, adesso?»

«BÈ, non si può mai dire ciò che può accadere tra moglie e marito. Xie adesso potrebbe aver riacquisito valore, grazie alla magione e alla sua collezione. E poi non hanno figli. Se capisce cosa intendo dire.»

«C’è dell’altro. Un paio di giorni fa la donna ha portato con sé uno straniero alla magione. Per quale motivo? Abbiamo anche scoperto che ha prenotato un biglietto di ritorno, tra due settimane.»

«Che significa?»

«Che dobbiamo concludere l’indagine prima che lei torni negli Stati Uniti.»

«E così ho soltanto quindici giorni?»

«Meno di due settimane, ispettore capo Chen. Se il suo approccio non funziona, avremo bisogno di tempo per fare le cose a modo nostro.»

E questo a Chen non piacque. Era fin troppo facile, per la Sicurezza Interna, adottare “misure drastiche” nei confronti di Xie o di Jiao approfittando delle circostanze. In quanto poliziotto, Chen era turbato, e non soltanto per le possibili conseguenze. Ma non voleva fare muro contro muro con Song già subito al primo incontro. La Sicurezza Interna aveva tutte le ragioni per essere irritata, visto che l’assegnazione di Chen all’indagine rappresentava una sfida alle loro capacità.

«Il ministro Huang mi ha detto che i ricevimenti di Xie sono il mio punto di contatto.»

«Sì, grazie al suo inglese e alla poesia, lei sarà come un pesce che nuota nell’acqua.»

«Non lo dica neppure, tenente Song.» Consapevole del sarcasmo contenuto nel commento di Song, Chen ribatté: «Anche lei dovrà frequentare molte di quelle feste, come un drago arenato in una pozzanghera.»

«Abbiamo qualcuno che ci andrà. Se vuole potrà unirsi a lui la prossima volta.»

«La ringrazio, ma ho già fatto un paio di telefonate. Credo che ci andrò per conto mio e incontrerò là il vostro uomo. Come si chiama?»

«Ci andrà da solo? Magnifico» aggiunse Song senza rispondere alla sua domanda. «Non ha perso tempo.»

«È un caso speciale, giusto?»

«BÈ, visto che ci va, se ne renderà conto con i suoi occhi» disse Song alzandosi bruscamente dalla sedia. «Ne riparleremo dopo che ci sarà stato.»

Anche Chen si alzò e lo accompagnò alla porta.

Perché Song era venuto da lui? si chiese Chen, ascoltando il rumore dei passi del tenente che svanivano giù per la scala di cemento. Forse come gesto formale a beneficio del ministro Huang e degli altri “compagni di primo piano a Pechino”, ma Chen ne dubitava.

Si domandò se il detective Yu, al dipartimento, ne sapesse qualcosa. Ma anche se erano parecchio affiatati, lo avrebbe tenuto fuori dal caso. Un’indagine su Mao avrebbe potuto avere conseguenze imprevedibili, forse anche gravi, per tutti i poliziotti in essa coinvolti.

Invece, pensò a Vecchio Cacciatore, il padre di Yu, un poliziotto in pensione che Chen conosceva e di cui si fidava. Data l’età, forse Vecchio Cacciatore poteva sapere molte più cose di Chen sulla Rivoluzione Culturale, periodo in cui lui ancora era alle scuole elementari. Per questa indagine, pensò Chen, sarebbe stato meglio sondare il vecchio. Su Mao, la gente aveva opinioni diverse. In questo periodo di corruzione sempre più sfrenata, in cui il divario tra i ricchi e i poveri si allargava a dismisura, qualcuno cominciava ad avere nostalgia di Mao, pensando che sotto di lui le cose erano state migliori. La società utopica ed egalitaria propugnata da Mao affascinava ancora molte persone. Ma se Vecchio Cacciatore fosse stato una di esse, Chen non avrebbe neppure accennato all’argomento. Si sarebbero incontrati semplicemente per una tazza di tè.

Tornato al tavolo, notò il biglietto di ringraziamenti rimasto ancora in bianco. Era un compito altrettanto difficile: non sapeva cosa dire, ma ebbe un’altra idea. Avrebbe potuto spedire un regalo a Ling, invece di un biglietto, proprio come aveva fatto lei. Un messaggio in assenza di un messaggio.

Ma bussarono un’altra volta alla porta. Questa volta era soltanto la lettera di presentazione di Shen, con tanto di firma e di sigillo rosso. Shen raccomandava calorosamente Chen, magnificava la sua carriera nel mondo degli affari e i suoi interessi letterari. Da quanto scritto, Chen stava per dedicarsi a un progetto letterario sulla Shanghai degli anni Trenta.

Quella storia di copertura era un’altra bizzarra coincidenza. Chen ricordò che Ouyang, un amico conosciuto a Guangzhou, gli aveva raccontato qualcosa di simile. Solo che Ouyang era un vero uomo d’affari, che però non guadagnò mai denaro a sufficienza per riuscire a lavorare su un progetto letterario.