2
Quando Chen rientrò nel suo appartamento, erano le otto passate.
La stanza era uno spettacolo desolante, quasi in corrispondenza del suo stato mentale: il letto sfatto, la tazza sul comodino mezza vuota, nel posacenere un nocciolino d’arancia ammuffito che assomigliava a un neo – il neo sul mento di Mao.
Premette a fondo il coperchio del thermos. Non ne uscì neppure una goccia d’acqua. Mise il bollitore sul fuoco sperando che una tazza di buon tè potesse schiarirgli le idee.
Ma inaspettatamente, la prima cosa che gli venne in mente fu un’immagine frammentaria di Ling che serviva del tè in una casa quadrangolare di Pechino: con le dita spezzava e preparava petali nella sua tazza, in piedi vicino alla finestra di carta, vestita con un abito bianco, il profilo di lei che si stagliava nella notte come un albero di pero in fiore…
La notizia del suo matrimonio non gli era giunta del tutto inaspettata. Non si poteva certo fargliene una colpa, si disse Chen. E non era certo colpa di Ling, se era figlia di un membro del Politburo.
Ma neppure lui poteva farci nulla, se nel profondo dell’anima era un poliziotto.
Volle concentrarsi sul lavoro che l’attendeva, si premette un pugno contro la guancia sinistra, come per combattere il mal di denti. Chen non voleva indagare su Mao, neppure indirettamente. Il ritratto di Mao era ancora appeso sul cancello di piazza Tiananmen, e per un poliziotto, che oltretutto era membro del Partito, essere anche solo indirettamente coinvolto negli scheletri della vita privata di Mao poteva essere un suicidio politico.
Chen prese un foglio di carta per provare a buttar giù qualche appunto che lo aiutasse a pensare, quando lo chiamò il segretario di Partito Li.
«Il ministro Huang mi ha detto del suo incarico speciale. Non si preoccupi del lavoro al distretto» disse Li. «E non deve neppure parlarmene.»
«Segretario di Partito Li, non so proprio che dire.» Il bollitore iniziò a fischiare, l’acqua era pronta. Li un tempo era stato il mentore di Chen, in materia di politica, ma adesso lo considerava un rivale. «Non ne so quasi nulla, almeno non ancora. È solo che non posso rifiutarmi di assumere l’incarico.»
«Il ministro mi ha detto che lei dovrà avere accesso a tutte le risorse disponibili del dipartimento. Quindi, mi dica soltanto cosa le serve.»
«Ecco, innanzitutto non parli a nessuno dell’incarico. Dica invece che sono in licenza per motivi personali.» E aggiunse: «Bisogna affidare al detective Yu il comando della Squadra casi speciali.»
«Domani mattina darò l’annuncio della sua nomina temporanea. So che lei si fida del detective Yu. Gli dirà qualcosa?»
«No, non dell’incarico.»
«Penso a tutto io, al dipartimento. Mi chiami, quando le serve qualcosa.»
«Senz’altro, segretario di Partito Li.»
Chen posò la cornetta e cominciò un andirivieni per la stanza che durò un paio di minuti, dopodiché si avvicinò al bollitore e scoprì che la scatola del tè era vuota. Rovistò nel cassetto ma non ne trovò. E neppure di caffè ce n’era più, ma non importava, visto che la caffettiera era rotta da settimane.
Si strofinò il mento. Quel mattino si era tagliato facendosi la barba. Pessima giornata fin dall’inizio.
All’improvviso bussarono alla porta. Con sua grande sorpresa, scoprì che si trattava di un plico speciale che conteneva il dossier su Jiao, proveniente dalla Sicurezza Interna. Non pensava che gliel’avrebbero recapitato così in fretta.
Si sedette al tavolo con una tazza di acqua calda e un impressionante dossier distribuito in parecchie buste gialle. La Sicurezza Interna aveva fatto un lavoro esauriente. Il dossier non soltanto conteneva informazioni su Jiao, ma anche su Qian e Shang, coprendo dunque tre generazioni.
Chen decise di iniziare da Shang. Si accese una sigaretta e sorseggiò l’acqua calda. Era proprio cattiva, e senza le foglioline di tè aveva uno strano sapore.
Shang proveniva da una “buona famiglia” degli anni Trenta. Quando ancora era all’università venne eletta reginetta del college con il soprannome di “fenice”, prima di essere scoperta da un regista cinematografico. Di lì a poco acquisì una certa notorietà e diventò un’attrice giovane e graziosa. Dopo il 1949 la sua carriera venne danneggiata dalla sua storia familiare e dai guai politici di suo marito. Si disse che la carriera declinò anche per via della sua immagine pre-1949. Si era fatta conoscere soprattutto per aver impersonificato donne appartenenti alla ricca borghesia, di grande eleganza, che abitavano in magioni sontuose e vestivano abiti alla moda: ruoli, quelli, praticamente scomparsi dagli schermi cinematografici della Cina socialista. Mao aveva dichiarato che la letteratura e l’arte dovevano essere al servizio degli operai, dei contadini e dei soldati tramite la loro rappresentazione sui palcoscenici e sugli schermi. D’improvviso, però, le foto di Shang cominciarono a riapparire sui giornali, negli articoli in cui si spiegava che il Presidente Mao stava incoraggiando l’attrice e i suoi colleghi a realizzare nuove pellicole, rivoluzionarie. Allora Shang recitò in parecchi film, interpretando operaie o contadine, e quei ruoli le valsero importanti premi. La sua rinata carriera venne interrotta dallo scoppio della Rivoluzione Culturale. Così come altri noti artisti, anche lei venne sottoposta a critiche di massa e perseguitata. Non solo, ma venne inviata anche una squadra investigativa speciale del Gruppo per la Rivoluzione Culturale del Comitato Centrale del Partito Comunista per interrogarla. Poco dopo, Shang si suicidò, lasciando così da sola la figlia Qian.
Una triste storia, ma non insolita in quegli anni, rifletté Chen, che si alzò dalla scrivania e andò nuovamente a rovistare nel cassetto. Questa volta scovò una bustina di tè al ginseng. Non aveva proprio idea da quanto tempo si trovasse lì. La gettò dentro la tazza, sperando che potesse in qualche modo ridargli un po’ di energia. Aveva saltato la cena, per colpa di quella telefonata da Pechino.
Sorseggiando il tè al ginseng tornò a sedersi e cominciò a leggere la parte del dossier dedicata alla seconda generazione, a Qian, l’eroina del bestseller Nubi e pioggia a Shanghai.
Rimasta orfana dopo la morte di Shang, Qian riuscì con grandi difficoltà ad adattarsi alla sua nuova vita, drasticamente cambiata. Il problema della madre, vale a dire quella che il dossier definiva la sua “svergognata saga sessuale”, la seguì come un’ombra e per forza di cose la figlia crebbe venendo considerata una “svergognata sgualdrina”. In quegli anni, una ragazza appartenente a una famiglia “nera”, cioè politicamente ambigua, avrebbe dovuto comportarsi con estrema attenzione, ma Qian si abbandonò alla passione giovanile. Si innamorò di un giovane di nome Tan, anch’egli proveniente da una famiglia “nera”. Persa ogni speranza su un loro futuro in Cina, fecero un disperato tentativo di riparare di nascosto a Hong Kong. Vennero scoperti e riportati a Shanghai, dove Tan si suicidò. Qian sopravvisse perché era incinta. Diede alla luce una bambina, ma poco dopo si innamorò di un altro ragazzo, Peng, di dieci anni più giovane, che si diceva assomigliasse molto a Tan. Peng venne imprigionato con l’accusa di perversione sessuale. Poco tempo dopo, verso la fine della Rivoluzione Culturale, Qian morì in un incidente.
Chen ripose il dossier e finì di bere il tè al ginseng, amaro. Era una tragedia della Rivoluzione Culturale che aveva coinvolto due generazioni. Ciò che avvenne in quegli anni ora appariva assurdo, crudele e quasi incredibile. Era comprensibile che il governo di Pechino volesse che la gente guardasse avanti, e non indietro.
Alla fine Chen dispose sulla scrivania le carte dell’indagine su Jiao, concentrandosi su ciò che poteva essere sospetto. Jiao era nata dopo la morte di Tan. L’incidente fatale di Qian era avvenuto quando lei era ancora molto piccola. La ragazza era poi cresciuta in un orfanotrofio. Come “l’erbaccia calpestata e indesiderata ” di una popolare canzone sentimentale, Jiao non riuscì a entrare al liceo e neppure a trovare un lavoro dignitoso. A differenza delle altre ragazze della sua età, non aveva amici né si divertiva, e cadde invece preda dei tragici ricordi della sua famiglia, anche se la gente aveva perlopiù dimenticato quella parte della storia. Dopo due o tre anni di continue lotte, dedicandosi ai mestieri più disparati, cominciò a lavorare come receptionist in una società privata. Con la pubblicazione di Nubi e pioggia a Shanghai, Jiao all’improvviso lasciò il suo lavoro, comprò un appartamento di lusso e iniziò una vita completamente diversa.
Fu sospettata di aver ricevuto moltissimi soldi grazie al libro, ma l’editore negò di averla mai pagata. Allora la gente immaginò che dietro la sua metamorfosi ci fosse un uomo. Di solito un Riccone avrebbe fatto di tutto per sfoggiare la sua giovane mantenuta, come se fosse stata una sua proprietà di valore, e prima o poi l’identità dell’uomo sarebbe saltata fuori. Ma nel caso di Jiao la Sicurezza Interna non era approdata a nulla. Nonostante la stretta sorveglianza, non riuscirono mai a vedere un solo uomo entrare nel suo appartamento o camminare in sua compagnia. Secondo un’altra ipotesi, Jiao aveva ereditato moltissimo denaro. Ma Shang non aveva lasciato nulla alla famiglia: tutti i suoi beni di valore erano stati spazzati via dalle Guardie Rosse agli inizi della Rivoluzione Culturale. La Sicurezza Interna aveva controllato il conto in banca di Jiao, scoprendo però che era molto esiguo. Aveva comprato l’appartamento con “una valigetta piena di soldi in contanti”, senza fare richiesta di un mutuo.
Per essere una ragazza così giovane sembrava tutto proprio misterioso, ma secondo la Sicurezza Interna lei non era l’unica persona sospetta.
Ad esempio c’era Xie, al quale negli ultimi tempi Jiao aveva fatto regolarmente visita. Negli anni Trenta suo nonno aveva posseduto una grande azienda e aveva costruito una casa enorme per la famiglia: la Magione Xie, che all’epoca era considerata uno degli edifici più sontuosi di Shanghai. Il padre di Xie rilevò l’attività negli anni Quaranta, ma nel decennio successivo diventò un “capitalista nero”. Xie crebbe ascoltando storie sulle glorie familiari del passato, di saloni e di ricevimenti a porte chiuse. Protetto dalla splendida magione e dai resti della fortuna di famiglia, si dedicò alla pittura invece di svolgere un normale lavoro. Fu davvero un miracolo se riuscì a mantenere intatta la casa per tutto il periodo della Rivoluzione Culturale. A metà anni Ottanta ricominciò a dare ricevimenti. Ma la maggior parte dei partecipanti erano più o meno come lui: ormai non più giovani e impoveriti, tranne che nei ricordi delle rispettive famiglie un tempo illustri. Quelle feste erano sogni che si avveravano, anche se soltanto per una serata. Di lì a poco la città venne investita da un’ondata modaiola di nostalgia collettiva, e quei ricevimenti divennero qualcosa di rinomato. Per molte persone diventò motivo di orgoglio andare alla Magione Xie, come se si trattasse di uno status symbol. Iniziarono a parteciparvi taiwanesi e occidentali. Un giornale occidentale scrisse che quei ricevimenti erano “un pezzo della vecchia città che stava scomparendo”.
Tuttavia, per la persona che ospitava quei ricevimenti la situazione non era certo idilliaca. Privo di un regolare lavoro, Xie aveva grande difficoltà a mantenere la casa e a pagare le feste. Sua moglie aveva divorziato ed era emigrata negli Stati Uniti parecchi anni prima, lasciandolo solo nella magione vuota. Lui si consolava collezionando oggetti appartenenti agli anni Trenta: macchine da scrivere Underwood, vasellame e argenteria, altoparlanti a forma di tromba, vecchi telefoni, scaldapiedi di ottone e cose del genere. Dopo tutto, erano quelli gli oggetti di cui i nonni e i genitori gli avevano parlato, oggetti presenti negli album di famiglia ingialliti, tra i quali lui si seppelliva in solitudine. E quella collezione contribuiva ad alimentare la leggenda della sua magione.
In anni recenti, Xie aveva cominciato a dare lezioni di pittura dentro casa propria. Si diceva che sottoponesse i suoi studenti a una regola non scritta: accettava unicamente ragazze giovani, belle e di talento. Secondo alcuni che lo conoscevano da anni, forse l’ultrasessantenne Xie aveva assunto su di sé il ruolo di Jia Baoyu de Il sogno della camera rossa.
Jiao frequentava le lezioni di Xie anche se quest’ultimo non aveva ricevuto un’istruzione formale, e andava ai ricevimenti nonostante il fatto che molti dei partecipanti fossero anziani o comunque legati al passato.
Per spiegare tutto ciò la Sicurezza Interna aveva ipotizzato uno scenario di questo tipo: Xie doveva aver svolto la funzione di mediatore, presentando Jiao alle persone interessate ai materiali su Mao in suo possesso. Gli editori stranieri avrebbero pagato un anticipo enorme per un libro sulla vita privata di Mao, così come avevano fatto per il memoriale del suo medico. I ricevimenti avrebbero fornito alla ragazza l’opportunità di incontrare i potenziali acquirenti.
La Sicurezza Interna proponeva di irrompere nella magione con l’accusa di atti osceni o indecenti, o una qualsiasi altra scusa che potesse inguaiare Xie. Ritenevano che non sarebbe stato un osso duro. Una volta iniziato a confessare, si sarebbero occupati di Jiao.
Ma le autorità di Pechino non approvarono la “rigida misura” proposta, né erano convinte che quel genere di misura potesse funzionare. Ecco il motivo per cui si erano rivolti a Chen.
Nella cartelletta, l’ispettore capo non trovò una copia del libro scritto dal medico personale di Mao: era stato bandito. E neppure una copia del bestseller, Nubi e pioggia a Shanghai.
Quel titolo lo incuriosiva, perché “nubi e pioggia” erano una metafora comune, nella letteratura cinese classica, per indicare l’atto amoroso: evocava gli amanti trasportati via in una morbida nube fluttuante e l’arrivo imminente della pioggia calda. Le sue origini risalivano a un’ode in cui veniva descritto l’incontro tra il re di Chu con la dea del monte Wu, la quale disse che sarebbe tornata da lui tra le nubi e la pioggia. Ma “nubi e pioggia” facevano anche riferimento a un proverbio cinese: Con una rotazione della mano, le nubi, e con un’altra rotazione della mano, la pioggia, che stava ad indicare i cambiamenti in politica, continui e imprevedibili.
Forse il titolo del romanzo aveva un doppio significato?
Guardò la sveglia sul comodino. Le dieci e un quarto. Decise di uscire a comprare una copia di Nubi e pioggia a Shanghai in una libreria del quartiere, che rimaneva aperta fino a tardi, a volte anche mezzanotte.