12

 

Chen arrivò alla sala da tè in via Henshan in compagnia di Vecchio Cacciatore. La cameriera li riconobbe, li condusse alla saletta privata e li lasciò soli.

Non appena si sedette al tavolino, Vecchio Cacciatore fece subito rapporto su quello che aveva fatto e su ciò che aveva scoperto Yu da Peng. Per una volta non fu una suadente cantante di opera lirica di Suzhou, ma raccontò concisamente e senza digressioni. Chen lo ascoltò senza interromperlo. Poi, Vecchio Cacciatore svuotò la sua tazza e si alzò in piedi. «Devo andare, capo.»

«Perché questa fretta?» gli chiese Chen. «La seconda tazza di tè è la migliore.»

«Devo tornare alla rivendita di acqua calda davanti al condominio di Jiao. C’è una vecchia guardia della sicurezza che si chiama Bei, che verso mezzogiorno ha l’abitudine di farsi mettere l’acqua in una tazza di acciaio e poi tornare di corsa alla guardiola. Scommetto che va a comprarsi un centesimo di acqua bollente per scaldarsi il riso freddo. Oggi il proprietario della rivendita vorrebbe presentarmelo.»

«Stia attento. Ci sono in giro quelli della Sicurezza Interna.»

«Non si preoccupi. Mi metto là seduto e sarà semplicemente un incontro fortuito tra due vecchi clienti in una rivendita di acqua calda. A chi può interessare? Poi finirà che nel giro di un’ora mi berrò un altro tè. Anche Bei è in pensione. Due pensionati potrebbero avere tante cose di cui parlare.»

«È proprio come in uno dei suoi proverbi preferiti: un pezzo di zenzero più vecchio è senz’altro più piccante.»

«Senz’altro più piccante» ripeté Vecchio Cacciatore, con un sorriso beffardo. «Glielo dico io, questo è un altro Caso Mao, ed è tutta la mattina che mi trema la palpebra sinistra. Forse non è un buon auspicio.»

«Allora si strofini l’occhio sinistro tre volte e dica: “è un buon auspicio”» disse Chen sorridendo. «Secondo mia madre funziona.»

Chen si alzò per accompagnare il vecchio alla porta della sala da tè e rimase a guardarlo fino a quando non sparì dalla vista. Poi tornò al tavolo, alla sua tazza, rimasta solitaria. La cameriera doveva aver portato via l’altra.

Il pensiero del coinvolgimento di Yu lo turbava, anche se forse non ci si poteva fare nulla. In un caso del genere, Vecchio Cacciatore era in grado di arrivare fino a un certo punto, poi era stato necessario far intervenire anche Yu, e quel rinforzo già stava facendo la differenza. Non si poteva impedire a un collega leale come lui di intervenire a favore dell’ispettore capo Chen.

Ciò che Yu aveva scoperto era una possibilità da non ignorare, riflettè Chen, sorseggiando il tè ma senza assaporarlo.

Se Peng aveva visto il tizio misterioso dalla faccia tonda soltanto una volta e la Sicurezza Interna non l’aveva visto affatto, sia prima che dopo, ciò in pratica escludeva la possibilità che si trattasse di un amante segreto. Più probabilmente era un compratore che aveva condotto una trattativa con Jiao al Joy Gate. Lei non avrebbe mai portato un oggetto di valore in un locale da ballo. Quindi dovevano aver deciso di chiudere l’affare nell’appartamento di lei. Quanto alla “scena intima” intravista da Peng alla finestra, poteva anche non essere significativa. Dopo tutto, Peng poteva anche non essere un narratore affidabile.

Uno scenario del genere, però, faceva luce su diversi aspetti del mistero: la fonte del denaro di Jiao e il momento in cui tutto ciò aveva avuto origine. Alle quotazioni attuali oggetti di quel genere potevano valere milioni, fintanto che lei riusciva a trovare un compratore. Così si spiegava anche la sua presenza nella magione di Xie: per incontrare i potenziali compratori. Inoltre, la vendita frazionata degli oggetti spiegava il motivo per cui Jiao vivesse agiatamente anche se sul suo conto in banca non c’erano somme ingenti.

Se non altro, era un’ipotesi più plausibile rispetto a quella di un anticipo per un libro. Difficilmente un editore avrebbe potuto sborsare quei soldi, se non fosse entrato in possesso del materiale su Mao, di qualunque cosa si trattasse.

Tuttavia, nello scenario del “tesoro” c’era qualcosa che non quadrava. Era vero che Mao avrebbe potuto portar fuori con facilità qualunque cosa dalla Città Proibita. Kang Sheng, uno dei più stretti alleati di Mao nel Partito, trafugò parecchi oggetti dal palazzo. Siccome Kang era legato alla Banda dei Quattro durante la Rivoluzione Culturale, i suoi furti vennero scoperti. Mao però non aveva bisogno di trafugare oggetti, perché lui era più di un imperatore: era un dio comunista. Le donne accorrevano da lui, e non viceversa.

Un’eventualità simile avrebbe potuto rappresentare uno scandalo, ma le autorità di Pechino non erano obbligate a renderla pubblica. Nessuno poteva provare nulla, in fin dei conti. E dunque, perché avviare un’indagine?

La tazza da tè solitaria ricambiava il suo sguardo.

Mentre Chen stava per andarsene, il suo cellulare vibrò con violenza, come se stesse rimbalzando fuori dalla tazza mezza vuota.

«È stato ritrovato il corpo di una ragazza nel giardino di Xie» disse il tenente Song senza tanti preamboli.

«Cosa?» Chen scattò in piedi. «Quando?»

«Questa mattina presto. L’ho chiamata a casa, ma lei non c’era. Così mi sono fatto dare il numero del suo cellulare dal Segretario di Partito Li.»

Chen credeva di aver già dato a Song il suo numero, ma non era il momento di preoccuparsene. Guardò l’orologio. Erano già passate due o tre ore, da quando la Sicurezza Interna era arrivata sulla scena del crimine.

Quando Chen arrivò alla magione, constatò sorpreso che all’esterno non c’erano poliziotti.

Niente folla di curiosi che indugiava sul marciapiede.

Quando entrò, non c’era nessuno neppure nel salone. In fondo alla stanza, però, intravide un poliziotto in borghese appostato ai piedi della scalinata. Xie doveva essere nella sua stanza da letto, al piano di sopra.

Chen uscì in giardino. Il corpo era stato rimosso. La Sicurezza Interna non aveva atteso il suo arrivo. C’erano due poliziotti che stavano facendo rilievi nella zona, delimitata da un nastro di plastica gialla. Era vicina al punto in cui Chen si era seduto con Xie, l’altro giorno, sotto il pero in sboccio.

Song arrivò a grandi falcate, con un cenno Chen indicò al tenente di seguirlo in fondo al giardino. Non voleva che gli altri li sentissero parlare.

Song mostrò a Chen alcune foto della scena del crimine, senza dire una parola. La ragazza indossava un abito estivo giallo, con le spalline abbassate, la gonna tirata sopra le cosce. Da un piede, nudo, mancava un sandalo bianco. Sembrava aver subito un’aggressione a sfondo sessuale. Nelle immagini, però, non c’erano troppi indizi che suggerissero segni di lotta, e neppure nel giardino, come Chen constatò spostando lo sguardo sulla zona delimitata dalla fettuccia gialla.

Era Yang, la ragazza che un paio di giorni prima aveva cercato di portarlo assieme a Jiao a un’altra festa. Come per Jiao, di lei si diceva che provenisse da “buona famiglia”, anche se Chen non aveva idea di quale potesse essere.

«Considerando le circostanze, per il momento abbiamo bloccato i notiziari» disse Song. «È stata uccisa nel corso di un’aggressione a sfondo sessuale.»

Chen annuì ed esaminò più da vicino una fotografia. «Qualche indizio?»

«È stata accertata l’identità della defunta. Yang Ning, una delle allieve di Xie. L’ora del decesso può risalire a un intervallo di tempo tra le dieci di sera e mezzanotte di ieri.»

«Ma ieri non c’era lezione, mi ricordo.»

«Niente lezione, e niente ricevimento.»

«Allora che ci faceva qui?»

«Il punto è» disse Song scandendo le parole, «come è entrata qui?»

«Che intende dire, Song?»

«Non può essere volata in giardino come una farfalla. Qualcuno deve averle aperto la porta per farla entrare. Chi altri c’era qui, a quell’ora? Soltanto Xie.»

«Lui che ha detto?»

«Naturalmente non sapeva nulla. Cos’altro avrebbe potuto dire?»

Chen non seppe cosa rispondere.

«Xie dice che soltanto lui ha la chiave» proseguì Song. «Visto che la magione è spesso citata dai media, è bene attento a tener sempre chiusa la porta a chiave. La gente deve suonare, dopodiché viene fatta entrare. Ieri sera è andato a letto presto.»

«BÈ…» Chen sapeva dove stava andando a parare Song.

«Abbiamo messo un uomo di guardia davanti alla sua stanza.»

Quel corpo in giardino poteva essere una messinscena? Poteva rappresentare un pretesto per le “misure drastiche” invocate dalla Sicurezza Interna, ma Chen decise di scartare questa possibilità, per il momento.

«Song, mi dica qualcosa di più sulla scoperta del corpo.»

Song gli fornì uno scarno riassunto. Verso le sette, Xie aveva fatto la sua solita passeggiata mattutina in giardino, dove era rimasto scioccato alla vista del corpo, steso a faccia in giù sotto l’albero. Aveva chiamato la polizia. Dopo circa venti minuti i primi agenti erano arrivati sul posto. Soltanto quando un poliziotto girò il corpo, Xie lo riconobbe: era Yang, un’allieva delle sue lezioni di pittura. Non aveva idea di come fosse entrata in giardino.

«Yang potrebbe essere entrata di nascosto» commentò Chen, «con una chiave che si era procurata.»

«Tecnicamente è possibile, ma a che scopo, ispettore capo Chen?» ribatté Song. «Per essere aggredita e uccisa da qualcuno entrato di nascosto in giardino precedentemente?»

«Può avere scelto il giardino come punto di ritrovo romantico per i suoi incontri. Silenzioso e riparato, specialmente quando nella casa non ci sono ricevimenti. Xie di solito va a letto presto, e questo lei lo sapeva.»

«Lei pensa che la ragazza si sia data la pena di procurarsi la chiave per quello scopo?»

«Per qualcuno è un posto romantico. Vede, queste ragazze non vengono qui soltanto per le lezioni di pittura» disse Chen. «Xie ha avuto ospiti, ieri?»

«Tra mille titubanze, ha detto soltanto che si è addormentato presto.»

E questo era un problema: Xie non aveva un alibi. Poteva anche non essere insolito, il fatto che un uomo della sua età andasse a letto presto, ma per Song non era sufficiente, nonostante fosse stato proprio Xie a chiamare la polizia.

«Che cosa intende fare, Song?»

«Perquisiamo la casa da cima a fondo» rispose Song. «Quanto a Xie, come prima cosa lo arrestiamo.»

E così il Caso Mao era tornato al punto di partenza, a quelle misure drastiche per le quali spingeva la Sicurezza Interna: spezzare Xie, e poi Jiao, per via del loro coinvolgimento con il materiale su Mao.

«Un corpo nel suo giardino, e nessun alibi… Xie avrebbe dovuto saperlo» disse Chen. «Nessuno sarebbe così stupido. E poi, il movente quale sarebbe?»

«Xie è diverso. Per quale motivo tiene le sue lezioni e i suoi ricevimenti? Non si può mai sapere.»

«Sì, lui è diverso, ma se lo rinchiudiamo come sospettato, il vero colpevole potrebbe restare a piede libero indisturbato.»

«Per una settimana abbiamo atteso con pazienza che il suo approccio desse dei risultati, ma a che scopo? Una giovane vita è andata sprecata. Se avessimo agito prima…»

Song era arrabbiato. E anche Chen.

Ma per quel che riguardava il caso – il Caso Mao – una mossa simile poteva rivelarsi disastrosa, e ciò ancor di più alla luce delle ultime informazioni raccolte dal detective Yu. Chen stava pensando se fosse il caso di condividerle con Song, quando il cellulare di quest’ultimo trillò. Forse qualche novità su Yang. Song rimase in ascolto, aggrottando la fronte, tenendo al riparo con la mano il telefono.

Chen fece un cenno a Song e tornò al salone.

Fu sorpreso, quando vide Jiao in piedi dietro la portafinestra, gli occhi socchiusi alla luce del sole. Indossava una maglietta bianca e dei jeans, con un’etichetta di pelle vicino alla vita. Forse li aveva visti mentre parlavano in giardino.

Quel giorno lei era l’unica ospite, a parte Chen.

«Ah, è qui» disse lui.

«Oggi non viene nessuno, temo» disse Jiao. «Come ha fatto a entrare?»

«Non sapevo nulla, sono venuto qui come al solito.»

«Ha parlato a lungo con il poliziotto, fuori in giardino. A proposito della morte di Yang, immagino. Ha degli indizi?»

«No, finora no. Il tenente Song dice che non può essere entrata da sola. Qualcuno deve averle aperto la porta… cioè, a meno che lei non avesse avuto una sua chiave.»

«Una sua chiave?» ripeté Jiao, accigliandosi. «No, non penso. Yang veniva qui soltanto per le lezioni.»

«All’ora presunta della morte, il signor Xie era da solo in casa, ma lui non ne sapeva nulla.»

«O mio dio! Dunque Xie è sospettato?»

«Ecco…» disse Chen, colpito dalla preoccupazione che si era dipinta sul viso di Jiao. «Io non sono un poliziotto. Non so che dirle.»

«Ma lei conosce quell’agente? Le ha mostrato qualcosa?»

«No. Io ho letto parecchi libri gialli, quindi il tenente Song ha pensato di poter discutere un po’ il caso con me, e mi ha mostrato una fotografia. Mi ha fatto anche parecchie domande.»

«Xie non può aver fatto una cosa del genere.»

«Ha dei nemici… o persone che lo odiano?»

«Non penso che abbia dei nemici… tranne dei lontani parenti, che avanzano pretese sulla casa. Se lui finisse nei guai, potrebbe essere la loro grande occasione.»

Questo gli fece pensare a un’altra possibilità, alla società immobiliare che aveva agganci leciti e illeciti, “bianchi” e “neri”. Invece le chiese: «Pensa che Yang possa essere entrata di nascosto in giardino?»

«No, non senza una chiave. E Xie tiene sempre le chiavi con sé, o comunque sul suo anello portachiavi.» Poi Jiao aggiunse in tono esitante, come se ci avesse ripensato: «Circa tre mesi fa, Xie si è ammalato. Noi l’abbiamo portato all’ospedale, e abbiamo fatto i turni per prenderci cura di lui. Forse Yang può essersi impadronita della chiave.»

«È una possibilità, ma non sarà di grande aiuto. Chiunque potrebbe dire che la sua chiave è stata rubata e duplicata.»

«Non è stato lui, io lo so. Lei lo deve aiutare. Lei è così pieno di risorse, signor Chen.»

«Neanch’io penso che sia stato lui, ma i poliziotti ragionano soltanto in termini di prove o di alibi…»

«Alibi?»

«Un alibi prova che qualcuno non ha commesso un crimine perché si trovava da qualche altra parte, o con qualcun altro, all’ora dell’omicidio» disse Chen guardandola negli occhi.

«Xie è incapace di raccontare una bugia!» esclamò Jiao.

«Ma lo deve provare.»

«Oh… a che ora è avvenuto l’omicidio?»

«Parlano di un lasso di tempo tra le dieci di sera e mezzanotte.»

«Un alibi… mi lasci pensare… ora ricordo, sì, certo che ricordo» disse la ragazza. «Lui era con me a quell’ora. Stavo posando nel suo studio.»

«Come? Stava posando per lui? E perché non l’ha detto?»

«Ho posato per lui, sì, nuda…» disse con un inspiegabile luccichio negli occhi. «Non si può permettere delle modelle professioniste, così l’ho fatto gratis. Non ne parlava in giro perché era preoccupato per la mia reputazione. Ecco perché.»

Era una rivelazione sensazionale. Chen aveva sentito delle storie a proposito delle studentesse di Xie che posavano nello studio, ma anche se la cosa poteva non essere insolita, per delle lezioni di pittura, non poté evitare di chiedersi: Jiao aveva posato per ragioni “romantiche”? Chen aveva il sospetto che, tra la magione, la collezione di oggetti, i dipinti e i ricevimenti, per non parlare di ciò che aveva passato durante la Rivoluzione Culturale, al vecchio non erano rimasti né denaro né energie, se non quelle di impersonare un ruolo alla Baoyu o alla Don Giovanni – ma non si poteva mai sapere.

Tuttavia, l’affermazione di Jiao dava un senso a tutta la questione. Anche negli anni Novanta, a Shanghai, una modella di nudo era considerata una svergognata. Jiao non era neppure una professionista, e le storie fiorite sulla vicenda avrebbero potuto condurre a chissà quali pettegolezzi.

Jiao stava già correndo verso la scala, a braccia alzate, gridando verso il piano di sopra: «Xie, avrebbe dovuto dirlo alla polizia, che ieri sera ho posato per lei.»

Era uno sviluppo inaspettato. L’agente di guardia in fondo alla scala aveva un’aria stupefatta. Chen si chiese se tutta quella scena non fosse unicamente a beneficio di Xie, al piano di sopra.

Ma forse il vecchio aveva parlato a Song della seduta con lei, omettendo il fatto che aveva posato nuda. Non c’era bisogno di essere tanto iperprotettivo, così a proprio svantaggio.

Ma se ciò che aveva detto Jiao non era vero, perché la ragazza correva il rischio di fabbricare un alibi per lui? Se non altro, ciò avrebbe confermato la sua precedente impressione, ovvero che tra Jiao e Xie c’era qualcosa.

Chen si stava accendendo una sigaretta, quando Song arrivò di corsa nel salone.

«Che succede, Chen?»

«Ieri sera Jiao si trovava con Xie.»

Song fissò Chen, che non disse altro. Era una mossa a sorpresa, da parte di Jiao, per la quale Chen non si riteneva responsabile, anche se serviva al suo scopo.

Decise di andarsene. Non c’era motivo di rimanere lì con Song, reso ancor più furibondo dagli sviluppi dell’inchiesta. Ora che l’alibi scagionava reciprocamente Xie e Jiao, la Sicurezza Interna non avrebbe certo potuto tornare al suo piano originario.

Inoltre, l’ispettore capo Chen stava per fare una telefonata a Pechino, da vero poliziotto capace e coscienzioso, così come aveva raccomandato il ministro.