MAGNUS
Mi sto per sposare, cazzo.
Una frase che un tempo mi avrebbe fatto venire da vomitare, adesso mi fa solo sorridere.
Okay, è un sorriso tremante, un sorriso nervoso. Fuori sorrido, mentre dentro sono un fascio di nervi attorcigliati.
Tuttavia, c’era da aspettarselo.
Ella e io siamo stati gettati in un’esperienza completamente nuova.
La sera in cui mi ha detto che mi avrebbe sposato è stata l’ultima sera in cui entrambi abbiamo avuto un po’ di pace e tranquillità.
La mattina dopo è arrivata mia madre.
Avrebbe dovuto esserci anche mio padre, ma non si sentiva molto bene, il che ovviamente mi ha messo subito in agitazione. Mia madre ha comunque insistito sul fatto che si stava riprendendo e che lo avrei visto abbastanza presto.
Per questo, con Sigurd e un avvocato chiamato da Ella per rappresentarla (dato che è molto sveglia), ci siamo riuniti tutti nel salotto e abbiamo messo in tavola i contratti, che ora includono la lista di richieste di Ella (tranne la parte legata al sesso):
1. Sceglierà lei dove vivremo (e ha scelto questo posto, che per qualche ragione chiama Thornfield Hall).
2. Inaugurerà e guiderà il prima possibile la sua associazione no profit (le ho detto di chiamarla “Fondazione della Principessa Planet” ma non le è piaciuto).
3. Nel caso in cui venga messa pubblicamente in imbarazzo, ovvero se faccio qualcosa di stupido come avere una relazione extraconiugale (non succederà) o qualsiasi altra cosa che la metterà in cattiva luce, avrà il diritto di lasciare la relazione senza che nessuno faccia domande. Se succederà dopo il matrimonio, divorzieremo, senza contestazioni.
4. Avremo un cane (preferibilmente adottato).
5. Apriremo un rifugio per cani (la richiesta numero quattro ha portato improvvisamente a redigere la richiesta numero cinque, che è stata aggiunta dopo. Io ho fatto aggiungere che avrei potuto scegliere io il nome).
6. Ella potrà scegliere se finire l’università a Oslo.
In seguito, i contratti sono stati firmati e una volta finito, mia madre ha annunciato con orgoglio che sapeva che Ella avrebbe accettato e che aveva già iniziato a mettersi portarsi avanti con i preparativi per il matrimonio con l’aiuto delle mie sorelle.
Di fatto, è stato in quel momento che ha dato a Ella un anello di fidanzamento scintillante che aveva scelto per lei. Io ovviamente non ne avevo uno con cui chiederle di sposarmi, anche se mi sarebbe piaciuto avere del tempo per sceglierne uno da solo.
Non c’è bisogno di dire che quello è stato il primo segnale del fatto che non ci sarebbe stata nessuna transizione delicata in questo accordo. Ella e io siamo passati da due settimane di isolamento all’essere lanciati in un milione di direzioni diverse da un milione di persone diverse.
Per lo meno, siamo insieme. Poiché sono io quello che ha esperienza con i riflettori, Ella si è appoggiata tanto a me e io ho cercato di accollarmi le parti più toste e di mostrarle come fare.
Soprattutto adesso, con la nostra prima intervista televisiva. E non è neppure con un’emittente norvegese, ma con la BBC. Si potrebbe pensare che ne abbiano avuto abbastanza di matrimoni reali e invece sembra che siano in crisi d’astinenza e cerchino altri Meghan e Harry. Penso che reclamino Ella come una di loro, visto che è andata in collegio e all’università nel Regno Unito.
«Come sto?».
Sono davanti allo specchio e mi sto sistemando la cravatta quando lei appare nel riflesso, in piedi dietro di me sulla soglia. Dovremmo essere un po’ eleganti per l’intervista, ma vedendola mi si ferma il cuore.
Mi cadono le mani dalla cravatta e devo ricordarmi di respirare.
È un vestito semplice, blu reale e senza maniche, con una scollatura ampia.
Tuttavia, il vestito le sta alla perfezione, mettendole in mostra tutte le curve, e i capelli biondi sono sciolti sulle spalle in una cascata di boccoli. Penso di non averla mai vista così formosa, di non averle mai visto i capelli così sciolti e selvaggi, che mi fanno desiderare di prenderne delle ciocche in mano.
Mi volto lentamente e lei cammina con timidezza verso di me, fermandosi al centro della stanza e inclinando i fianchi di lato, con le braccia alzate, come a voler dire “ta-da!”.
«Sono senza parole», le dico finalmente leccandomi le labbra.
Lei mi fa un sorriso affettuoso. «Lo vedo. Forse dovrei vestirmi elegante più spesso. Anche se domani ho la prova del vestito e tra un paio di giorni ci faremo le foto per il fidanzamento. In tutta onestà, non so il perché visto che ci sposiamo subito dopo».
«Le foto sono un’idea di mia madre, lo sai», le dico. «La rendono felice».
Lei annuisce e ci fissiamo, mentre i secondi si allungano tra di noi.
Anche se sono passati cinque giorni da quando abbiamo firmato i contratti e due da quando la notizia del fidanzamento è stata resa pubblica e anche se siamo stati insieme in quasi tutte queste fasi, ci sono tanti piccoli momenti come questo. Momenti di leggero imbarazzo, di tensione sessuale. Tutta questa situazione è così strana e nuova e, cazzo, spaventosa, ma al di là di tutto questo resta il fatto che la voglio come non ho mai desiderato nessun’altra donna prima.
E so che lei mi vuole.
Tuttavia, quel bacio alla baita è stata l’ultima volta – l’unica volta – in cui siamo stati in intimità fisica. E anche se voglio rispettare quanto più è possibile i suoi desideri, sono un uomo affamato e ingordo che non vorrebbe altro che toglierle quel vestito, gettarla sul letto e farle urlare il mio nome fino a far tremare tutta la casa.
«C’è un problema», le dico con tono grave.
Lei trattiene il respiro. Sollevo lentamente lo sguardo osservandole tutto il corpo e mi concentro sui suoi occhi marroni spaventati.
«Quale?», mi domanda.
«Sei estremamente scopabile».
Spalanca gli occhi sorpresa. «È un problema?», chiede dopo un attimo.
Io sorrido e mi avvicino a lei. «Sì, è un problema». Mi fermo davanti a lei e le prendo i capelli, lasciando che le ciocche lisce scivolino tra le mie dita prima di togliergliele dalle spalle. «Vedi, in base alla storia che stiamo raccontando a tutti, abbiamo fatto un po’ di tira e molla per parecchio tempo. Per anni. E alla fine ho capitolato e ho ammesso che ti amavo. Ti ho fatta innamorare con una proposta di matrimonio stravagante che comprendeva pavoni addestrati, uno stormo di colombe e una scimmia. E affinché tutto questo sia credibile, soprattutto per la gente che guarderà da casa la nostra intervista, dobbiamo comportarci come se fossimo degli amanti appassionati da anni che finalmente celebrano il loro amore tanto atteso con il matrimonio. Capisci che sto dicendo?».
Lo capisce. Me ne accorgo dal modo in cui il suo respiro si fa più pesante, dal modo in cui le sue pupille si stanno dilatando mentre mi fissa le labbra, dal modo in cui deglutisce con quella gola così pallida e delicata che all’improvviso provo invidia per i vampiri.
Lascio scivolare la mano lungo la sua spalla liscia, lungo il braccio, fino alla mano. «Più ti tocco e più tocchi me, e più sarà credibile questa storia. Se andiamo lì fuori così, con te che cerchi di scappare ogni volta che ti vengo vicino, non funzionerà».
«Non sto scappando adesso», sussurra e incrocia il mio sguardo. «Mettimi alla prova».
Le mie labbra si curvano in un sorriso. «Lo farò. Forse, però, è meglio se metti me alla prova, prima». Faccio un passo indietro. «Forza. Toccami».
Lei sbuffa con aria incredula. «Non posso toccarti a comando».
«Certo che puoi. Ti do il permesso».
Lei scuote la testa. «Non mi sembra corretto».
«Principessa, niente sembra corretto a questo punto». La supero, raggiungo la porta e la chiudo.
A chiave.
«Che stai facendo?», mi chiede con cautela. «Magnus, pensavo che fossimo d’accordo…».
«Dai, rilassati», le dico voltandomi. «Non ti costringerò a fare niente».
Tuttavia, mentre cammino verso di lei, mi tolgo la cravatta e la lancio sul letto. Mi tolgo la giacca del completo e la lancio sull’ottomana.
«Magnus», mi dice con tono di avvertimento.
Io sorrido e inizio a sbottonarmi la camicia. È decisamente impertinente da parte mia, ma ho visto il modo in cui mi fissa il corpo quando lo sfoggio davanti a lei. Conosco i pensieri che ha fatto. So che prova vergogna per averli avuti.
E so anche che non ha esperienza, che la intimidisco, che la mia storia sessuale la spaventa un po’.
È meglio se sono io quello vulnerabile qui.
«Questo è il corpo con cui dormirai dopo esserci sposati», le dico facendo cadere a terra la camicia.
«In realtà, non abbiamo mai inserito questa cosa nel contratto», mi fa notare mentre inizio a sbottonarmi i pantaloni. «Sai che voglio camere da letto separate».
Fingerò che il fatto che resti ancora fedele a questa sua decisione non mi ferisca.
«Allora questo è il corpo con cui si suppone tu abbia dormito per anni», mi correggo facendo scendere i pantaloni fino alle caviglie, rimanendo solo con i boxer grigi attillati. «Sarà meglio che ti fai una bella guardata. Per favore. Sarebbe un tale spreco altrimenti. Anni e anni di matrimonio davanti a noi e nessuno che ammiri il mio duro lavoro».
Sta cercando di non sorridere mentre il suo sguardo si abbassa sul mio cazzo.
Un lavoro davvero duro. Non ce l’ho mai avuto così tosto.
Faccio scorrere i pollici lungo l’elastico dei boxer. «Li vuoi su o giù?»
«Su», risponde rapidamente. «Già così reggo a stento la situazione».
«Be’, di sicuro ho qualcosa di duro che potresti reggere».
Lei ride mentre le guance le diventano più rosse che mai. Tuttavia, quando il suo sguardo incrocia il mio, i suoi occhi brillano maliziosi, come se le piacesse la situazione. «E adesso? È questo il tuo piano per metterci a nostro agio l’uno con l’altra? Tu che te ne stai in mutande con i pantaloni alle caviglie?»
«Non dimenticarti la mia erezione. È un accessorio perfetto».
Ella scuote la testa e chiude brevemente gli occhi. «In tutta onestà, Magnus. Sei un uomo davvero infantile».
«Di sicuro sono molto uomo», le dico. «Toccami e scoprilo da te».
«È troppo assurdo», dice mentre calcio via i pantaloni, tolgo i calzini e li metto da parte. Adesso sono davvero nudo, fatta eccezione per i boxer.
«Vuoi o no che la gente creda che stiamo a nostro agio l’uno con l’altra dal punto di vista fisico?»
«Io…». Lascia la frase in sospeso mentre fa correre liberamente lo sguardo su tutto il mio corpo, come se si fosse data il permesso di godersi lo spettacolo. Si lecca le labbra e poi dice debolmente: «Posso fare finta».
Io non rispondo niente. Sono arrivato al punto in cui aprire la bocca non mi aiuterà in alcun modo. Mi sento come un pescatore con la lenza che penzola nell’acqua, che aspetta per ore e ore di vedere se il pesce abboccherà.
Ella si avvicina.
Diamine, sta funzionando.
Rimango in silenzio, trattenendo il fiato per non spaventarla mentre lei allunga una mano e tocca il tatuaggio con l’ascia vichinga sulla mia spalla. «Quando te lo sei fatto?», mi chiede.
«A vent’anni», rispondo. «Sono andato in Tailandia, come fanno in tanti. Mi sono svegliato con il tatuaggio».
Lei sorride e traccia il contorno dell’ascia con la punta delle dita. La mia pelle si anima al suo tocco. «Non è una storia molto romantica».
«No. La maggior parte della mia vita non è stata molto romantica, a dirti la verità. Solo impulso dopo impulso».
Le sue dita si bloccano e mi guarda in malo modo.
«Intendo con i viaggi», la rassicuro. «O i tatuaggi. O con lo spendere i soldi. Ci sono giorni in cui mi sveglio in altri paesi. Altri giorni in cui compro una macchina e poi la lascio da qualche parte e non mi ricordo dove. Altri in cui mi faccio dei tatuaggi. In ogni caso, questo tatuaggio vichingo me lo volevo fare da tanto tempo. E la Tailandia era un posto in cui ero sempre voluto andare. E ho sempre desiderato guidare una Ferrari per un giorno. È solo che queste cose funzionano in modo strano con me».
«Molto strano», mi dice a bassa voce, strizzando con gentilezza i miei muscoli. «Ma penso che questa sia la cosa che mi piace di più di te».
«I miei super bicipiti?»
«La tua… unicità. È terribilmente noioso essere normali. Io lo so. Sono normale e sono noiosa. Non sono abbastanza interessante neanche per essere una stupida stereotipata».
Mi si spezza il cuore a sentirla parlare così.
«Non sei neanche lontanamente vicina alla verità», le dico con voce un po’ più acuta. «Non sei noiosa. Sei più normale di me, ma non sei noiosa. Non sei stupida. Sei molto intelligente. Sei interessante. Con te imparo sempre qualcosa, ogni singolo giorno. Non hai paura di mettermi al mio posto, mi tieni sulle spine. Sei gentile, hai un gran cuore e hai lottato tanto per diventare la persona che sei adesso. Io lo capisco. So com’è quella lotta».
Lei mi guarda con quei suoi occhi inquisitori, con il viso a pochi centimetri dal mio, e so che se mi chino solo un po’ le mie labbra toccheranno le sue. Mi ci vuole tutto il mio autocontrollo per trattenermi.
«Hai il respiro affannato», mi dice dopo un attimo, mentre le sue dita riprendono a muoversi, stavolta sul mio petto, che si solleva e si abbassa più rapidamente del solito.
«Mi hai fatto arrabbiare», le dico con voce rauca e bassa. «Non voglio sentirti parlare così. Ti difenderò sempre, anche da te stessa».
I suoi occhi si spostano sulla mia bocca e io riesco solo a pensare: Baciami, baciami; e mi fa male il fatto che tocchi a lei decidere le sorti del gioco. Giuro su Dio che nel momento in cui lo farà, si scatenerà l’inferno. Ho abbastanza tensione sessuale repressa da farla durare per tutto il matrimonio e anche oltre.
Ella sa che anche io lo sto pensando. Forse le piace addirittura. Guarda di nuovo il mio cazzo e di nuovo la sua espressione si fa desiderosa e lasciva.
Le sue mani scivolano sull’altra spalla e poi si sposta e si mette dietro di me. «Ancora non ho capito cosa stai cercando di ottenere».
Anche se non posso vederle gli occhi, me li sento sul sedere.
«I reali britannici non si toccano mai in pubblico», continua facendo scorrere dolcemente le dita sulle mie spalle. «Forse neanche in privato».
«Noi siamo norvegesi. Facciamo le cose in modo diverso».
«In modo selvaggio», ribatte lei, adesso abbassando le mani sulla schiena, grattandomi delicatamente con le unghie.
Cazzo se è bello!
«Fidati di me», brontolo. «Mi sto trattenendo».
«E che succede quando ti lasci andare?».
Mi lascio quasi sfuggire un gemito vero e proprio. «Non penso che riusciresti a tenermi testa».
«Mettimi alla prova». Sento il sorriso nella sua voce.
Oh, cazzo.
Cerco di deglutire. «Sai cosa stai chiedendo?».
Una pausa. «Allora dimmelo tu».
Questo è un lato di lei che non pensavo di vedere così presto. Forse il fatto di toccarmi l’ha eccitata così come ha fatto diventare me più duro del cemento.
«È una domanda ufficiale?»
«Non canterò».
«Be’, comunque risponderò lo stesso».
Ella muove le mani sui miei fianchi, facendole scorrere lungo i bordi duri dei miei addominali e poi giù, giù. E si fermano sulla vita.
Il respiro mi si ferma in gola.
Lei continua a muoversi e fa scivolare il palmo giù, giù, giù, lungo tutta la lunghezza dura del mio cazzo.
Rovescio gli occhi all’indietro.
Gesù mio.
Lei lo afferra, forte.
Helvete.
Adesso non posso trattenermi.
Mi volto di scatto e le afferro il viso, il suo viso bellissimo e dolce, e la bacio più selvaggiamente, più violentemente e disperatamente di quanto abbia mai fatto prima. La sua bocca è calda e setosa quando la mia lingua si spinge dentro, reclamando ogni centimetro umido, e la sua pelle sembra la miglior versione del paradiso.
Valhalla.
Le scappa un piagnucolio dalle labbra, nella mia bocca, e le sue mani si spostano sul mio petto, cercando di spingermi via, ma non posso aspettare. Non più.
L’afferro bruscamente e, con un grugnito, la giro e la getto sul letto. Lei rimbalza e ha la bocca spalancata per la sorpresa.
Io mi sfilo i boxer.
Adesso non nascondo più niente.
Ella è senza fiato e ha gli occhi spalancati mentre fissa il mio uccello nudo ed enorme per la prima volta. È proprio la reazione che volevo. In realtà, sembra un po’ intimidita, il che non è male per il mio ego.
«Sai che ho pensato a questo momento ogni singola notte dall’istante in cui ti ho vista per la prima volta?», le dico con voce roca. «Sai quanto ti ho desiderata? Sai quanto ho sognato di fare esattamente questo?»
«Smettila di parlare e fammi vedere», ribatte lei con il respiro affannato.
Non mi aspettavo che lo dicesse.
Ma cazzo se mi incita, soprattutto con quella voce che dice “scopami”.
Tutti i freni che mi stavano trattenendo ormai hanno mollato e l’animale dentro di me sta venendo fuori per giocare, per cacciare, per prendere ciò che è suo, ciò di cui ha bisogno e che desidera più di ogni altra cosa.
Ella, in qualsiasi modo io possa averla.
Mi muovo furtivo sul letto con il cazzo di fuori, mentre le metto le mani sulle cosce e le allargo le gambe, sollevandole il vestito fino in vita.
Indossa solo un paio di mutandine sottili, di quel tipo che riesco a rendere trasparente in un secondo. Di fatti, sembra che non abbia bisogno di molto aiuto. È bagnata come non mai.
Porto le dita sull’orlo delle sue mutandine e lo spingo di lato, esponendo la carne nuda e lucida.
«Helvete», mormoro godendomi la vista. «Cazzo, sei così stupenda, lo sai? Perfettamente rosa, bagnata e, dio, scommetto che sei bella stretta».
A quel punto lei sussulta e s’irrigidisce. Poi capisco che sta cercando di obbligarsi a rilassarsi. Non so nemmeno se qualcuno le abbia mai fatto del sesso orale prima, ma suppongo che importi poco, no? Il mio obiettivo è assicurarmi che il mio nome sia l’unico che ricorderà di aver mai urlato.
«Ti piace?», le chiedo facendo scorrere le dita in su, su, su, fino a toccarle il clitoride.
Lei sussulta ancora, muovendo la testa da un lato all’altro e afferrandosi con le mani alla coperta.
«Dimmelo», insisto.
«Sì», sussurra lei cercando di sollevare la testa per guardarmi. Le ricade di nuovo all’indietro quando inizio a massaggiarla muovendo le dita in piccoli cerchi. Sempre di più, sempre più piccoli.
Una parte di me vorrebbe prendersi il suo tempo.
L’altra parte vuole farla venire subito, sulla mia mano, sulla mia faccia.
So quale parte vincerà stasera.
Senza dire una parola, mi chino e inizio a leccarle le morbide cosce nude, finché non rabbrividisce e mugola per il piacere, finché la sua pelle sensibile non si ricopre di brividi.
Faccio scivolare le dita nella sua fica, umida e vogliosa, proprio come immaginavo che fosse. Si sta praticamente sciogliendo sotto il mio tocco e le mie dita si stanno fondendo dentro di lei.
«Senti come sei fradicia», gemo baciandola rapidamente sulle cosce. «Dio, voglio che tu mi venga in bocca, sulla faccia. Voglio berti tutta per giorni».
A quel punto, lei si irrigidisce. È abituata alle mie volgarità, ma non a quella sconcezza.
C’è solo un modo per farla abituare.
«Lo vuoi?», le chiedo tirando indietro la testa per guardarla. «Vuoi che continui a scoparti con le dita?». Spingo le dita ancor più dentro di lei, facendole inarcare la schiena. «O con la bocca?»
«Sì», urla lei.
Io sorrido e faccio scivolare dentro tre dita questa volta. Lei le serra come una morsa, porca miseria.
«Sì cosa?»
«Sì, dio, Magnus, tutto. Dammi tutto».
Porca puttana.
Se continua a parlare così, verrò proprio qui, in questo istante.
E perché no, cazzo?
Mentre mi abbasso e comincio a stuzzicarle di nuovo le cosce con la lingua, inalando il suo odore dolce e inebriante, con l’altra mano inizio a menarmi su e giù l’uccello duro, con una stretta leggera e rapida per il momento.
«Cazzo», gemo e lei allunga le braccia e mi afferra la testa, affondando le dita tra i miei capelli mentre muovo la faccia tra le sue gambe. Le mie labbra incontrano le sue, gonfie, e le stuzzico il clitoride con la punta del dito prima di far scivolare la lingua dentro la sua fessura e tuffarla dentro.
Ella ansima, senza fiato, il suono più bello che abbia mai sentito, e poi i suoi fianchi iniziano a muoversi verso di me mentre ruoto senza sosta la lingua sul clitoride e poi la spingo ancor più dentro di lei.
«Sì, scopami la bocca», mormoro contro la sua pelle mentre cerca di ottenere di più, sollevando i fianchi verso l’alto in preda a una crescente disperazione.
È irreale.
È così sexy, così stretta, così bagnata.
Così dannatamente selvaggia.
Il suo sapore dolce e salato sulla lingua mi sembra una droga e io ne sto diventando lentamente matto. Voglio divorarla fino a non lasciare niente. Voglio farla urlare e contorcere e gemere fino all’oblio.
Voglio che sia l’esatto opposto di una principessa.
Voglio vederla disinibita.
Voglio che si abbassi ai livelli di un principe come me.
Ella urla stringendo nel pugno i miei capelli, strattonandoli forte mentre affonda sempre più dentro di me, muovendo i fianchi per la pressione, per la presa. Le do tutto me stesso, le mie dita scendono più in profondità, scivolano sui punti giusti; la lingua lavora ancora sul clitoride e i suoi umori mi colano lungo il mento.
«Magnus», urla Ella e so che mi basta leccarla solo un’altra volta per spingerla oltre il limite.
Lo faccio.
Ella urla mentre l’orgasmo la trapassa, viene di getto nella mia bocca, il clitoride pulsa sotto le mie labbra, e la bevo tutta, continuando a farla venire, finché non ha più niente da offrire.
Mi ritraggo e la guardo per un momento, la guardo mentre si agita, senza fiato e in preda all’eccitazione, aspettando che si riprenda.
Quando poi lo fa, mi assicuro che mi guardi mentre mi tocco, mentre vengo. Mi lavoro l’uccello con il pugno, sempre più velocemente.
«Vai così, continua a guardare», le dico con voce rotta per lo sforzo. «Guardami mentre vengo, cazzo».
I suoi occhi stupefatti sono incollati sul mio pugno che va su e giù, sul mio pene che diventa più scuro e più grosso e quella vista mi basta.
Chiudo di scatto gli occhi mentre mi si riempiono di luci e vengo, sento una serie di esplosioni lungo la spina dorsale e il mio sperma viene sparato sulla sua coscia mentre lascio andare un forte e lungo gemito.
Continuo a muovere il pugno, fino a fare uscire l’ultima goccia, godendomi la vista trionfante del mio seme sulla sua pelle nuda.
Considerando quanto sono stato eccitato per lei nelle ultime settimane, sono sorpreso di essere durato tanto a lungo.
Ella ha ancora quello sguardo tranquillo e soddisfatto mentre fissa il macello che le ho lasciato sulle gambe. «Non ti preoccupare», le dico. «Non ti ho sporcato il vestito».
Rallento il movimento della mano e poi inizio a gattonare sul letto mettendomi sopra di lei.
«Questo è stato il primo round», le dico catturando la sua bocca con la mia, desiderando che si assapori. «Che ne dici di fare il round numero due?»
«Di già?», mi chiede con un tono gutturale. È così dannatamente sexy.
«Dammi un secondo e…».
«Magnus!». Le bussate sulla porta ci paralizzano entrambi all’istante.
È Jane.
«Non riesco a trovare Ella», grida e sono contento che non provi ad aprire la porta, anche se è chiusa a chiave. «Se è lì con te, dille che la limousine è arrivata. Dovete scendere di sotto, SUBITO».
Non rispondo a Jane ma fisso Ella e le sorrido mentre le tolgo i capelli dal viso sudato e raggiante.
Non riesco a credere a ciò che abbiamo fatto.
«Sembra che il secondo round dovrà aspettare un po’», le dico. «Be’, ora che mi sei venuta in bocca e io ti sono venuto sulle gambe, penso che saremo un po’ più a nostro agio l’uno con l’altra, non credi?».
L’intervista è andata meglio di quanto mi aspettassi.
Quantomeno siamo stati molto più a nostro agio, come potrebbero esserlo degli amanti in un contesto formale.
Tuttavia, non è stato tutto rose e fiori. La tensione sessuale in qualche modo si è fatta ancor peggio di prima. Avere un assaggio di Ella mi ha fatto solo aumentare il desiderio che provo per lei e penso che le sia successa la stessa cosa. Insomma, so che quell’orgasmo l’ha quasi fatta a pezzi. Praticamente mi ha squirtato in bocca.
E ovviamente, il fatto di essere venuti entrambi come due adolescenti incasinati prima di uscire per l’intervista ha dimostrato che non siamo stati molto furbi. Ci sono stati molti momenti di silenzio, ci siamo spesso appoggiati l’uno all’altra e abbiamo ridacchiato. Non ho idea di come possa essere sembrato, ma alla fine il giornalista ci ha detto che sembravamo molto innamorati.
E noi siamo andati lì per quello.
Tuttavia, è stato davvero strano sentire quel termine buttato lì come se niente fosse. Ho sempre pensato solo all’aspetto sessuale e fisico della nostra relazione, per renderla credibile. Non ho pensato neanche per una volta all’amore.
Mi chiedo quando cambierà questa cosa.
«Be’, è stato snervante», dice Ella mentre ci dirigiamo verso la limousine in attesa. C’è una folla di gente radunatasi davanti allo studio e che scatta fotografie. Io saluto come al solito e sorrido, mentre Ella sembra che vorrebbe rintanarsi sotto una roccia.
«Sei stata fantastica», le assicuro. «Non una professionista come me, ma sei stata brava».
Lei alza gli occhi al cielo e ride.
Entriamo nella limousine e Ottar è già lì sul sedile posteriore.
«Com’è andata?», domanda mentre la limousine parte.
Mi porto la mano di Ella alle labbra e la bacio sul dorso. «Penso che sia andata bene».
Lei si appoggia a me e sorride allegramente.
Ottar sembra imbarazzato. «Mi dispiace, Ella, ma Magnus e io dobbiamo scendere a palazzo per gestire alcuni preparativi».
«Cosa? Devo proprio? Perché lei non può venire?»
«Non la riguarda, sono solo cose da leggere e documenti da firmare. Per quando siederà alle riunioni dell’alto consiglio. Per aggiornarla».
Merda. Mi ero dimenticato di tutta quella roba. Sono i primi passi per diventare re.
Ho provato seriamente a non pensarci, a prescindere da ciò che succederà in futuro. Tuttavia, l’altro giorno mio padre mi ha ricordato al telefono che è arrivato il momento di imparare.
Rivolgo a Ella un’espressione di scusa. «Starai bene alla tenuta tutta sola?»
«Ci sarà Jane e lo sai che non mi lascerà un momento di pace». Mi sorride ed è dannatamente bella. «Starò bene».
Io no. Non riuscirò nemmeno a concentrarmi su ciò che dovrei imparare dato che riesco a pensare solo a lei.
È diventata il mio fulcro in questo mondo folle.
E non mi dispiace neanche un po’.