VIII. Il buffetto

Le cose erano a questo punto quando una sera, il 12 o 13, un giovedì in ogni modo, Eustachio chiuse di buon’ora la bottega; cosa che non si sarebbe permessa senza l’assenza di mastro Goubard, il quale era partito l’antivigilia per visitare le sue proprietà in Piccardia, dove egli contava di stabilirsi tre mesi più tardi, quando il suo successore si fosse solidamente sistemato al suo posto e avesse completamente acquistato la fiducia dei clienti e degli altri mercanti.

L’archibugiere, rientrando quella sera come al solito, trovò la porta chiusa e le luci spente. Egli ne fu molto stupito perché allo Chàtelet non era ancora suonata la tromba di guardia e, siccome non tornava mai senza avere assaggiato un po‘ di vino, la sua contrarietà si manifestò con una violenta imprecazione che fece sussultare Eustachio, il quale era salito all’ammezzato ma non era ancora a letto, e già si spaventava per l’audacia della sua risoluzione.

«Olà! Ehi!» gridò l’altro dando un calcio alla porta «è festa stasera? Cos’è, San Michele, la festa dei drappieri, dei ladri di notte, dei tagliaborse?…»

E si mise a dar pugni sulla porta, come se picchiasse su un tamburo; con il medesimo effetto che se avesse pestato l’acqua in un mortaio.

«Ehi! zio, zia!… volete farmi dormire all’aria aperta, per terra? Volete farmi morsicare dai cani e dalle bestie?… Olà! ehi! Al diavolo i parenti! Perbacco, quelli ne sono capacissimi!… E il sangue non conta, zoticoni! Ohi ohi! scendi borghese, ti porto quattrini!… Che ti venga un cancro, villano cialtrone.»

L’arringa del povero nipote non turbò minimamente il volto di legno del portone; adoperava a vuoto le sue parole, come il venerabile Beda quando predicava ad un mucchio di pietre.

Ma se le porte sono sorde, le finestre non sono cieche, e c’è un mezzo molto semplice per rischiarare il loro sguardo: il soldato uscì dall’oscura galleria dei portici, indietreggiò fino al centro della via dei Bottai e, raccolto un coccio, lo lanciò con tale precisione che accecò una delle piccole finestre dell’ammezzato. Era un accidente a cui Eustachio non aveva pensato, un formidabile punto interrogativo alla domanda in cui si riassumeva tutto il monologo del militare: perché mai non mi aprono la porta?…

Eustachio prese subito una risoluzione: un codardo che si è montato la testa somiglia ad un avaro che si mette a spendere e spinge le cose all’estremo; e per di più gli stava a cuore di far bella figura dinanzi alla novella sposa, che poteva aver perduto un po‘ di rispetto per lui, vedendolo da parecchi giorni servir da quintana al militare, con la differenza che la quintana talvolta restituisce dei buoni colpi. Si tirò dunque il cappello di traverso e si precipitò giù per la stretta scala dell’ammezzato, prima che Javotte pensasse a fermarlo. Passando per il retrobottega staccò il suo spadone, e, soltanto quando sentì nella mano ardente il freddo dell’impugnatura metallica, si fermò un istante e, mentre i piedi gli si facevano di piombo, si diresse verso la porta con la chiave in mano. Ma un secondo vetro che s’infranse con grande rumore, e i passi della moglie dietro di lui, gli restituirono tutta la sua energia; aprì precipitosamente la porta massiccia piantandosi sulla soglia con la spada nuda, come l’arcangelo “all’uscita del paradiso terrestre”.

«Che vuole dunque questo nottolone, questo disgraziato ubriacone che beve vino da un soldo, questo rompipiatti vecchi?…» gridò con una voce che avrebbe tremato, se avesse preso appena due note più basse. «È questo il modo di comportarsi con le persone per bene?… Su, voltate i tacchi senza indugio ed andatevene a dormire al cimitero, insieme ai vostri simili, altrimenti chiamo i vicini e gli sbirri e vi faccio portar via!»

«Oh! oh! ecco come canti ora, contafrottole! stasera t’hanno imbeccato con una trombetta?… Bene, è diverso… mi piace vederti parlare tragicamente come Spaccamontagna, gli uomini di fegato sono il mio debole… Vieni qua che t’abbraccio, Picrochole!{23}…»

«Vattene, vagabondo! Non senti che questo fracasso sveglia i vicini? Ti condurranno al primo corpo di guardia come un aggressore e un ladro. Vattene, senza far schiamazzi e non tornare più!»

Ma, al contrario, il soldato s’avanzava sotto il colonnato e questo smorzò un poco la fine della risposta di Eustachio.

«Hai detto bene!» disse egli a quest’ultimo «il tuo avvertimento è onesto e merita una ricompensa…»

Appena il tempo di contare fino a due, ed aveva scoccato sul naso del giovane drappiere un buffetto tale che glielo fece diventar cremisi:

«Tientelo, se non hai spiccioli!» esclamò; «e non ti dico addio, zio caro!»

Eustachio non poté sopportare pazientemente l’affronto, più umiliante d’uno schiaffo, davanti alla novella sposa e, nonostante gli sforzi che lei faceva per trattenerlo, si slanciò verso l’avversario che se ne stava andando, e gli diede un colpo di taglio che avrebbe fatto onore al braccio del prode Ruggero, se la spada fosse stata una “balisarda”; ma la spada non tagliava più dal tempo delle guerre di religione e non scalfì il giaco di bufalo del soldato; costui gli afferrò subito tutte e due le mani e le strinse in maniera tale che prima cadde a terra la spada, poi il paziente si mise ad urlare come un forsennato, allungando furiosi calci agli stivali molli del suo aguzzino.

Fortunatamente s’interpose Javotte: i vicini se ne stavano a guardare la rissa dalle finestre, ma non pensavano lontanamente a scendere per mettervi fine, e Eustachio, traendo le sue dita bluastre dalla morsa naturale che le aveva serrate, dovette fregarsele a lungo per far sì che perdessero la forma quadrata che avevano assunto.

«Io non ti temo» esclamò «e ci rivedremo! Trovati, se hai solo il cuore d’un cane, trovati domattina al Pré-aux-Clercs!… Alle sei, gaglioffo! e ci batteremo a morte, tagliacantoni!»

«Il posto è scelto bene, mio eroe, e ci comporteremo da gentiluomini! A domani dunque; per san Giorgio, la notte ti sembrerà breve!»

Il militare pronunciò queste parole con un rispetto che fino allora non aveva mai mostrato. Eustachio si volse fieramente verso sua moglie; la sfida l’aveva fatto crescere di sei spanne. Raccolse la spada e rientrò chiudendo la porta con gran fracasso.