Nikolaj Vasil’evič Gogol‘
IL NASO
(Nos, 1835)
Finora la nostra scelta s’è imbattuta in temi sinistri, macabri, orripilanti. Per cambiare atmosfera e rappresentare lo humour visionario, ecco di Gogol‘ questa meravigliosa novella che sviluppa uno dei temi dominanti della letteratura fantastica: una parte della persona che si stacca e agisce indipendentemente dal resto del corpo. Ma non è la trovata che fa del Naso un capolavoro; è il brio e l’inventiva e l’imprevedibilità che saltano fuori frase per frase. (Una traduzione straordinaria, quella di Tommaso Landolfi, ci dà la rara fortuna di cogliere il sapore di questa che è certo una delle scritture più divertite della storia della letteratura.) Il riso di Gogol‘, si sa, è sempre sottilmente amaro: si vedano, ad esempio, i tentativi di riappiccicare sul volto il naso ritrovato.
In una cosa questo testo si distacca dal “genere”: di solito il racconto fantastico ha una logica interna inappuntabile: qui invece Gogol‘ s’infischia felicemente d’ogni logica, più ancora di Hoffmann, che pure è il diretto ispiratore di questa sua vena. Se poi tentiamo le chiavi simboliche, vediamo che questo naso – così come l’ombra in Chamisso – non si lascia contenere da nessuna interpretazione esclusiva. La novella è certo una satira del decoro funzionariale della burocrazia russa; ma detto questo non si è detto proprio nulla.
La produzione fantastica di Gogol‘ (1809-1852) sarebbe tutta da antologizzare: dalle prime storie contadine di paure (come Vij, il meraviglioso racconto del seminarista sedotto dalla strega) a un esempio più conforme alla tipologia del fantastico romantico come Il ritratto, notevole perché ne esistono due versioni (1835 e 1836) con diversa intenzione morale.