PRONUNCIARE CON LA S

 

Marshall Zebatinsky si sentiva proprio stupido Si sentiva come se tutti gli occhi fossero puntati su di lui, dietro le sudicie vetrine dei negozi e dietro i consunti divisori di legno. Occhi che lo fissavano. Non si sentiva affatto a suo agio nei vecchi vestiti che aveva ripescato per l'occasione, con quel cappello a tesa bassa che altrimenti non avrebbe mai messo, e senza gli occhiali che aveva lasciato nell'astuccio.

Si sentiva stupido, e questo rendeva un po' più profonde le rughe della fronte aggrottata e un po' più pallida la faccia dall'età indefinibile.

Non sarebbe mai stato capace di spiegare a nessuno perché un fisico nucleare come lui si rivolgeva a un numerologo. (A nessuno, pensò. Nessuno.) All'inferno! Non riusciva a capirlo nemmeno lui, l'unica cosa che sapeva era che aveva permesso a sua moglie di convincerlo.

Il numerologo sedeva a una vecchia scrivania che doveva essere stata acquistata già di seconda mano. Nessuna scrivania poteva ridursi in quel modo con un solo proprietario. Lo stesso, più o meno, si poteva dire dei suoi vestiti. Era piccolo e scuro di carnagione e scrutava Zebatinsky con piccoli occhi neri che brillavano di vitalità

- Non avevo mai avuto un fisico come cliente, dottor Zebatinsky. - disse.

Zebatinsky arrossi. - Lei capisce che si tratta di una cosa riservata - disse.

Il numerologo sorrise e la pelle attorno al mento si tese, mentre una rete di piccole rughe gli compariva intorno agli occhi. - Tutti i miei colloqui sono riservati.

- Penso di doverle dire una cosa - disse Zebatinsky. - Io non credo nella numerologia e non mi aspetto che lei mi convinca. Se questo cambia qualcosa, me lo dica subito.

- Ma allora perché è venuto?

- Mia moglie è convinta che in lei ci sia qualcosa, qualunque cosa sia. Le ho promesso che avrei provato, ed eccomi qui. - Si strinse nelle spalle e la sensazione di stupidità divenne più acuta.

- E che cosa vuole da me? Denaro? Sicurezza? Una vita lunga?

Che cosa?

Zebatinsky rimase silenzioso per qualche istante, mentre il numerologo lo guardava con calma, senza alcuna intenzione di mettergli fretta.

"Che cosa gli dico, adesso?" pensò Zebatinsky. "Che ho trentaquattro anni e non ho un futuro?"

- Voglio il successo. Voglio che il mio lavoro venga riconosciuto - disse.

- Desidera un lavoro migliore?

- Un lavoro diverso. Un altro tipo di lavoro. Adesso faccio parte di un gruppo di ricerca e prendo ordini da altri. Lavoro di gruppo!

Tutte le ricerche del governo funzionano così. Siamo tutti come violinisti di fila in una grande orchestra sinfonica.

- E invece lei vuol essere un solista.

- Voglio uscire da tutti i gruppi ed essere... me stesso. - Zebatinsky si sentiva più libero, più leggero a poter esprimere quello che sentiva con qualcuno che non fosse sua moglie. - Venticinque anni fa - disse - con la mia preparazione e le mie qualità avrei ottenuto un posto in una delle prime centrali nucleari. Oggi sarei il direttore, oppure sarei a capo di un gruppo di ricerca in qualche università.

Ma, al punto dove sono adesso, dove sarò fra vent'anni? Da nessuna parte. Ancora con il mio gruppo. Ancora a portare il mio due per cento di contributo. Sono disperso in un'anonima folla di fisici nucleari, mentre quello che voglio è uno spazio al sole. Capisce cosa intendo?

Il numerologo annuì lentamente. - Deve rendersi conto, dottor Zebatinsky, che non posso darle nessuna garanzia.

Zebatinsky, malgrado tutta la sua incredulità, sentì un'improvvisa fitta di disappunto. - No? E allora cosa diavolo garantisce?

- Migliori probabilità. Il mio lavoro ha una natura statistica. Visto che lei lavora con gli atomi, credo che capisca le leggi della probabilità.

- Ah sì? - disse il fisico, acido.

- Certo, non c'è niente di metafisico. Io sono un matematico e lavoro matematicamente. Non lo dico per far salire il mio onorario. Quello è fisso: cinquanta dollari. Ma dal momento che lei è uno scienziato, può apprezzare la natura del mio lavoro meglio degli altri clienti. Anzi, sarebbe un piacere poterglielo spiegare.

- Preferirei di no, se per lei è lo stesso. Non servirebbe a niente parlarmi dei valori numerici delle lettere, della loro mistica, del significato e tutto il resto. Quel tipo di matematica non m'interessa. Torniamo a noi...

- Dunque lei desidera che io l'aiuti, purché non la metta in imbarazzo parlandole delle stupide basi non scientifiche del sistema che userei per aiutarla. È esatto?

- Be', sì.

- Ma lei parla così perché è convinto che io sia un numerologo, e invece non lo sono affatto. Dico di esserlo soltanto per evitare seccature dalla polizia. - L'ometto fece una risatina. - E anche dagli psichiatri. Comunque sono un matematico, un matematico autentico.

 

Zebatinsky sorrise.

- Costruisco computer - disse il numerologo. - Studio i futuri probabili.

- Come?

- Le sembra peggio della numerologia? Perché? Con un numero di dati sufficienti e un computer che abbia una capacità di calcolo adeguata, il futuro è prevedibile, almeno in termini probabilistici. Quando lei calcola i movimenti di un missile allo scopo di bloccarlo con un antimissile, non predice forse il futuro? Se la previsione è sbagliata, i due missili non entrano in collisione. Io faccio lo stesso, ma dal momento che lavoro con un maggior numero di variabili i risultati sono meno accurati.

- Vuol dire che lei predice il mio futuro?

- Con grande approssimazione. Poi modificherò i dati cambiando soltanto il suo nome. Introdurrò il nuovo dato nel programma. Poi proverò con altri nomi. Studierò i vari futuri e ne troverò uno che le assicuri maggiori riconoscimenti rispetto a quelli che riceve adesso. No, mettiamola in un altro modo. Io le troverò un futuro nel quale le probabilità di ottenere un riconoscimento saranno maggiori che in quello attuale.

- Perché proprio il nome?

- È il solo cambiamento che io abbia mai fatto, e ci sono parecchie ragioni. Primo, è un cambiamento semplice. Se facessi un cambiamento più radicale, oppure molti cambiamenti, le variabili diventerebbero così numerose che non riuscirei più a interpretare i risultati. La macchina di cui mi servo è ancora piuttosto primitiva. Secondo, è un cambiamento ragionevole. Non posso certo variare la sua altezza, o il colore degli occhi, e neppure il suo carattere. Terzo è un cambiamento significativo, perché i nomi significano moltissimo per la gente. E infine, quarto, è un cambiamento frequente che ogni giorno riguarda innumerevoli persone.

- E se lei non trovasse nessun futuro migliore? - chiese Zebatinsky.

 

- È un rischio che deve correre. Non sarà comunque peggio di adesso, amico mio.

Zebatinsky guardò l'ometto sentendosi a disagio. - Non credo a una sola parola di quello che ha detto. Preferirei credere nella numerologia.

Il numerologo sospirò. - Pensavo che una persona come lei avrebbe apprezzato la verità. Comunque io voglio aiutarla, e lei deve dare il suo contributo. Se mi avesse creduto un numerologo non mi avrebbe seguito attraverso tutta la trafila. Speravo che dicendole la verità, mi permettesse di aiutarla.

- Se lei è davvero capace di prevedere il futuro...

- Perché non sono l'uomo più ricco della Terra? è questo che vuole dire? Ma io sono ricco... per le cose che m'interessano. Lei vuole un riconoscimento pubblico e io voglio essere lasciato in pace. Faccio il mio lavoro senza che nessuno mi dia fastidio. Per me questo è come avere un miliardo di dollari. In realtà, per vivere di soldi me ne bastano pochi, e quelli che mi occorrono li guadagno con questo lavoro. E poi mi piace aiutare la gente... uno psichiatra forse direbbe che mi dà un senso di potenza e che alimenta il mio ego. Allora, vuole che la aiuti?

- Quanto ha detto che verrà a costare?

- Cinquanta dollari. Mi occorreranno parecchie informazioni biografiche, ma basterà che lei riempia il questionario che ho preparato. È un po' lungo, temo. Ma se lei me lo rispedirà per la fine della settimana, le darò una risposta per... - sporse il labbro inferiore e aggrottò la fronte mentre faceva qualche calcolo - per il venti del mese prossimo.

- Cinque settimane? Così tanto?

- Ho altri lavori da finire, amico mio. Lei non è l'unico cliente. Se fossi un imbroglione potrei sbrigarmela molto più in fretta. Non crede?

Zebatinsky si alzò. - Va bene. Ma la massima riservatezza, mi raccomando.

- Naturalmente. Quando le dirò qual è il cambiamento che deve fare le restituirò anche il questionario, e ha la mia parola che non farò mai nessun uso di quelle informazioni.

Quando fu alla porta, il fisico nucleare si bloccò - Non ha paura che racconti a qualcuno che lei non è un vero numerologo?

Il numerologo scosse la testa. - Chi le crederebbe, amico mio? E sarebbe davvero disposto ad ammettere di essere stato qui?

 

Il venti del mese successivo, Marshall Zebatinsky se ne stava davanti all'uscio scrostato, lanciando occhiate oblique al piccolo negozietto con il cartello NUMEROLOGIA, confuso e quasi illeggibile, appeso dietro il vetro sporco. Sbirciò dentro, quasi nella speranza che ci fosse già qualcuno, per dare il colpo di grazia alle sue già vacillanti intenzioni e avere una scusa per tornarsene a casa.

Aveva cercato di eliminare tutta la faccenda dalla mente già parecchie volte. Ci aveva messo un sacco di tempo per riempire il questionario. Era imbarazzante. Si sentiva incredibilmente sciocco a dover scrivere i nomi di tutti i suoi amici, il prezzo della casa, gli eventuali aborti di sua moglie e così via. L'aveva abbandonato.

Ma non riusciva nemmeno a rinunciare, e ogni sera ci tornava sopra.

Forse era il pensiero del computer, il pensiero della boria di quell'ometto che pretendeva di avere un computer. La tentazione di andare a vedere il bluff e scoprire come sarebbe finita era irresistibile.

Completò il questionario e lo spedì per posta, con un normale francobollo da nove cent, senza neppure pesare la lettera. Se fosse tornata indietro, pensava, avrebbe lasciato perdere.

Ma non era tornata indietro.

Sbirciò di nuovo dentro il negozio, ma era sempre vuoto. Zebatinsky non aveva altra scelta che entrare. Un campanello tintinnò

L'anziano numerologo emerse da dietro una tenda. - Sì? Ah, il dottor Zebatinsky.

- Si ricorda di me? - disse Zebatinsky, sforzandosi di sorridere.

- Ma certo.

- Be', qual è il verdetto?

Il numerologo congiunse le mani grinzose. - Prima ci sarebbe un piccolo...

- Un piccolo conto da regolare?

- Il lavoro è stato fatto. Credo di essermi guadagnato quello che chiedo.

Zebatinsky non fece obiezioni. Era preparato a pagare. Una volta arrivato fin li, sarebbe stato stupido rinunciare soltanto per via dei soldi.

 

Contò cinque banconote da dieci dollari e le mise sul bancone.

- E allora?

Il numerologo ricontò le banconote lentamente, poi le mise nella cassa sul bancone.

- Il suo è un caso molto interessante - disse. - Io le consiglierei di cambiare il suo nome in Sebatinsky.

- Seba... Come si scrive?

- S-e-b-a-t-i-n-s-k-y.

Zebatinsky lo guardò indignato. - Vuol dire che dovrei cambiare l'iniziale? Cambiare la zeta con una esse? Tutto qui?

- Basterà. Se il cambiamento è quello giusto, è meglio che sia piccolo.

- Ma che razza di effetto può avere un cambiamento del genere?

Qual è l'effetto di un nome? - chiese il numerologo con gentilezza. - Io non so spiegarglielo, ma funziona. È tutto quello che posso dirle. Si ricordi che non garantisco niente. Ovviamente nessuno la obbliga a cambiare, ma in tal caso non le restituirò certo il denaro.

- Che cosa devo fare? - chiese Zebatinsky. - Basta che dica a qualcuno che il mio nome si scrive con la S?

- Le consiglio di consultare un avvocato e di cambiare il suo nome legalmente. Dei dettagli si occuperà lui.

- Quanto tempo ci vorrà? Perché le cose cambino, voglio dire.

- Come faccio a saperlo? Forse non succederà mai. O forse domani.

- Ma lei vede il futuro. Non è quello che mi ha detto?

- Non ho una sfera di cristallo. No, dottor Zebatinsky, tutto quello che mi dà il computer è una sfilza di codici. Posso dirle quali sono le probabilità, ma non vedo il futuro.

Zebatinsky gli voltò le spalle e uscì a lunghi passi. Cinquanta dollari per cambiare una lettera! Cinquanta dollari per chiamarsi Sebatinsky! Dio, che razza di cognome, peggio di Zebatinsky!

 

Ci volle un altro mese prima che riuscisse a decidersi a consultare un avvocato, ma alla fine lo fece.

Dopo tutto poteva sempre cambiarlo di nuovo.

Diamogli una possibilità, si disse.

All'inferno, non c'era nessuna legge che lo vietasse.

 

Henry Brand sfogliò il fascicolo pagina per pagina, con l'occhio allenato di chi lavorava per la Sicurezza da quattordici anni. Non aveva bisogno di leggere ogni parola. Qualunque particolare stonato gli sarebbe balzato agli occhi quasi spontaneamente.

- Mi sembra pulito - disse. Anche Henry Brand sembrava pulito, con il suo morbido pancione e la sua pelle rosea lustra e fresca. Era come se il suo continuo contatto con ogni sorta di debolezza umana, dall'ignoranza al tradimento, lo costringesse a frequenti lavaggi

Il tenente Albert Quincy, l'uomo che gli aveva portato il fascicolo, era giovane e tutto compreso della responsabilità di essere un ufficiale della Sicurezza alla Stazione Hanford. - Ma perché proprio Sebatinsky? - chiese.

- Perché no?

- Perché non ha senso. Zebatinsky è un nome straniero, e anch'io lo cambierei se ce l'avessi, ma lo cambierei con qualcosa che avesse un suono americano. Se Zebatinsky avesse fatto così mi sarebbe sembrata una cosa sensata e non ci avrei riflettuto due volte.

- Ma perché cambiare una Z in una S? Penso che dovremmo cercare di scoprire perché l'ha fatto.

- Nessuno gliel'ha chiesto apertamente?

- Certo. Come per caso, nel corso di una normale conversazione. Ci ho pensato io stesso. Ma ha detto solo che è stanco di essere l'ultimo di ogni elenco alfabetico.

- E non potrebbe essere davvero così, tenente?

- Sì, certo. Ma allora perché non cambiare il nome in Sands o Smith, se proprio ci teneva che cominciasse per S? E se proprio era stanco della Z, perché non fare le cose per bene e cambiarla con una A? Perché non un nome come... vediamo... Arron?

- Non è abbastanza americano - brontolò Brand. Poi, a voce più alta: - Comunque non possiamo accusarlo di niente. Per quanto strano possa essere il cambiamento che vuole fare, una cosa del genere non può essere un elemento d'accusa per nessuno.

Il tenente Quincy appariva chiaramente insoddisfatto.

- Se ha qualcosa da dire, lo dica tenente - disse Brand. - Sembra che ci sia qualcosa che la preoccupa. Una teoria, un sospetto... Di che si tratta?

Il tenente si strinse nelle spalle. Le sopracciglia sottili s'inarcarono e le labbra si strinsero. - Be', signore, quell'uomo è un russo.

- Si sbaglia, Quincy - disse Brand. - Ha tre generazioni di americani alle spalle.

- Voglio dire che il nome è russo.

La faccia di Brand perse un po' della sua apparente morbidezza. - Di nuovo sbagliato; tenente. È polacco.

Il tenente allargò le braccia con impazienza. - È la stessa cosa.

La madre di Brand, da ragazza, si chiamava Wiszwsky. - Non lo dica mai a un polacco - sbottò. Poi, calmandosi, aggiunse: - E nemmeno a un russo, immagino.

- Quello che voglio dire, signore - disse il tenente arrossendo - È che i polacchi e i russi sono tutti e due al di là della cortina di ferro.

- Questo lo sanno tutti.

- E Zebatinsky o Sebatinsky, comunque lei voglia chiamarlo, può avere ancora dei parenti laggiù.

- È qui da tre generazioni. Al massimo potrebbe avere dei cugini di secondo grado, credo. E con questo?

- Di per sé non vorrebbe dire nulla. Tantissima gente ha lontani parenti laggiù. Ma Zebatinsky ha cambiato nome.

- Vada avanti.

- Forse tenta di sviare la nostra attenzione. Forse qualche cugino sta diventando troppo famoso e il nostro Zebatinsky teme che la sua parentela possa danneggiare la possibilità di una promozione.

- Cambiare nome non gli servirebbe a niente. Avrebbe sempre il secondo cugino.

Certo, ma non si sentirebbe più come se la parentela gli si leggesse in faccia.

- Ma lei ha sentito davvero parlare di qualche Zebatinsky dall'altra parte?

- Nossignore.

- Allora non può essere troppo famoso. Come farebbe il nostro Zebatinsky a saperne qualcosa?

- Potrebbe essersi tenuto in contatto con i suoi parenti. E questo sarebbe sospetto in ogni caso, dal momento che è un fisico nucleare.

Metodicamente, Brand sfogliò di nuovo tutto il fascicolo. - È proprio un sospetto fragile, tenente. Talmente fragile da essere del tutto invisibile.

- Lei ha qualche altra spiegazione, signore, del perché ha cambiato nome in quel modo?

- No, lo ammetto.

- Allora penso che dovremmo fare qualche indagine, signore. Dovremmo cercare di rintracciare tutti quelli che si chiamano Zebatinsky oltre cortina, e individuare ogni possibile collegamento. - La voce del tenente salì impercettibilmente, come se gli fosse venuta un'altra idea. - Potrebbe aver deciso di cambiare nome per distogliere l'attenzione da loro. Per proteggerli.

- A quanto pare ha ottenuto proprio il risultato opposto.

- Probabilmente non se ne rende conto, ma il suo scopo potrebbe essere proprio questo.

- Va bene - sospirò Brand. - Indagheremo su Zebatinsky. Ma se non emergesse niente, non ci occuperemo più del caso. Lasci a me il fascicolo.

 

Quando alla fine Brand ricevette l'informazione, aveva dimenticato quasi del tutto il tenente Quincy e le sue teorie. Vedendo davanti a sé le biografie di diciassette cittadini russi e polacchi che si chiamavano Zebatinsky, il suo primo pensiero fu: "Cos'è questa robaccia?"

Poi ricordò, e imprecando tra sé cominciò a leggere.

Il rapporto cominciava dal lato americano. Marshall Zebatinsky (impronte digitali) era nato a Buffalo, stato di New York (data, documenti dell'ospedale). Suo padre era nato a Buffalo come lui, mentre sua madre era originaria di Oswego, stato di New York. Entrambi i suoi nonni da parte di padre erano nati a Bialystok, in Polonia (data dell'ingresso negli Stati Uniti, data del certificato di cittadinanza, fotografie).

I diciassette Zebatinsky russi e polacchi discendevano tutti da famiglie che cinquant'anni prima erano vissute nella zona di Bialystok. Probabilmente erano tutti parenti, ma non c'era nessuna conferma sicura (nell'Europa orientale, i dati genealogici relativi al periodo successivo alla prima guerra mondiale erano frammentari o mancavano del tutto).

Brand scorse i dati biografici degli attuali Zebatinsky, uomini e donne (era sorprendente l'accuratezza del lavoro del servizio segreto; probabilmente anche quelli russi potevano fare altrettanto). Sfogliando uno dei fascicoli si bloccò, e la sua fronte liscia si copri di rughe mentre le sopracciglia si aggrottavano. Lo mise da parte e continuò con gli altri. Alla fine li ammucchiò tutti insieme, ma tenne fuori quell'unico fascicolo. Mentre lo rileggeva, tamburellava con il dito

sulla scrivania.

Con una certa riluttanza, alla fine decise di chiamare il dottor Paul Kristow, della Commissione per l'energia atomica.

 

Il dottor Kristow ascoltò con espressione impassibile. Occasionalmente si sfiorava il naso a patata, come per togliere qualche invisibile granello di polvere. Aveva capelli brizzolati, radi e tagliati cortissimi. Stava diventando calvo.

- No, non ho mai sentito parlare di nessun russo che si chiamasse Zebatinsky - disse. - Ma non conosco neanche quello americano.

- Be' - disse Brand con lentezza, grattandosi le tempie. - Sinceramente credo che non significhi niente, ma non vorrei nemmeno lasciarlo cadere così. Ho un tenentino ambizioso che mi sta alle calcagna, e lei sa che seccatura può essere. Avrebbe il coraggio di rivolgersi a una commissione del Congresso. Oltretutto ha scoperto che uno di questi Zebatinsky russi, Mikhail Andreyevich Zebatinsky, è un fisico nucleare. È sicuro di non aver mai sentito parlare di lui?

- Mikhail Andreyevich Zebatinsky? No... non lo conosco. Ma non significa nulla.

- Potrebbe essere una coincidenza, ma lei sa che non possiamo permetterci di trascurare neanche le inezie. Uno Zebatinsky qui e uno Zebatinsky là, tutti e due fisici nucleari, e il nostro all'improvviso cambia il nome in Sebatinsky, e si dimostra anche piuttosto insistente. Non ammette errori sul suo nuovo nome. Dice in continuazione: "Sebatinsky con la S". Sembra che lo faccia apposta per la gioia del mio tenentino appassionato di spionaggio. E per di più questo Zebatinsky russo è sparito dalla circolazione da circa un anno.

- Eliminato! - esclamò automaticamente il dottor Kristow.

- È possibile. In un caso normale lo penserei anch'io, ma i russi non sono così stupidi, e non eliminerebbero un fisico nucleare a meno che la cosa non fosse assolutamente necessaria. Però esiste un'altra ragione per cui un fisico nucleare, o chiunque altro, può scomparire all'improvviso. Non credo di doverglielo spiegare.

- Ricerche segrete, immagino che si riferisca a questo. Crede che sia davvero così?

- Se lo mettiamo insieme a tutto il resto, compresa l'ispirazione del tenentino, comincio a chiedermelo.

- Mi dia quella biografia. - Il dottor Kristow prese il fascicolo e lo lesse due volte. Scosse la testa e disse. - Controllerò nell'archivio della Commissione.

 

L'archivio della Commissione era composto da piccoli cassetti ordinati, pieni di microfilm, e occupava tutta una parete dello studio di Kristow.

Il direttore della Commissione per l'energia atomica consultò gli indici, mentre Brand lo osservava sforzandosi di non perdere la pazienza.

- C'è un Mikhail Andreyevich Zebatinsky, che risulta autore o coautore di cinque o sei articoli sulle riviste scientifiche sovietiche negli ultimi dieci anni. Ora vedremo di che si tratta, e forse potremo avere qualche indicazione. Ma ne dubito.

Un selettore rintracciò le diapositive richieste e il dottor Kristow le sistemò in un raccoglitore, e quindi nel proiettore. A poco a poco, sulla sua faccia si dipinse un'espressione attenta. - È strano - mormorò.

- Che cosa? - chiese Brand.

Kristow si appoggiò allo schienale della sedia. - Preferirei non dire ancora niente. Non potrebbe fornirmi un elenco dei fisici nucleari scomparsi dalla circolazione in Unione Sovietica nell'ultimo anno?

- Ha trovato qualcosa?

- Niente di preciso. Uno per uno, questi articoli non direbbero niente. Ma guardandoli nel complesso, e sapendo che il loro autore potrebbe essere coinvolto in un programma di ricerca segreto, e soprattutto con il sospetto che lei mi ha messo in testa... - Si strinse nelle spalle. - Ma no, non è possibile.

- Desidero che lei mi dica tutto - disse Brand con serietà. - Se dobbiamo fare la figura degli stupidi, possiamo farla insieme.

- Se la pensa così... È possibile che Zebatinsky stia facendo indagini sulla riflessione dei raggi Gamma.

- E che cosa vorrebbe dire?

- Se si riuscisse a inventare uno schermo per i raggi gamma, si potrebbero costruire protezioni individuali contro il fallout atomico. E lei sa che il fallout è il vero pericolo di un'esplosione atomica. Una bomba all'idrogeno può distruggere una città, ma nei mesi successivi il fallout può uccidere tutti gli esseri viventi in una zona lunga migliaia di chilometri e larga qualche centinaio.

- Noi stiamo facendo qualche ricerca in questa direzione? - chiese subito Brand.

- No.

- Allora, se avessero questi schermi potrebbero radere al suolo gli Stati Uniti rimettendoci soltanto una decina di città?

- È un'eventualità molto remota. Non le sembra che ci stiamo facendo prendere un po' la mano? Dopo tutto si tratta soltanto di un uomo che ha cambiato una lettera del suo cognome.

- Ha ragione, è una follia - disse Brand. - Ma non intendo lasciar perdere. Non di fronte a un'eventualità del genere. Le farò avere quell'elenco di fisici scomparsi anche se dovessi andare personalmente a Mosca per procurarmelo.

 

Kristow ebbe l'elenco. Vennero attentamente esaminati tutti gli articoli autorizzati comparsi sotto quei nomi. Fu convocata la Commissione, e poi fu il turno di tutti i maggiori fisici nucleari del paese. Alla fine il dottor Kristow si trovò impegnato in una riunione che durò un'intera notte, e che per un po' si svolse alla presenza del Presidente in persona.

Quando uscì dalla riunione, c'era Brand ad aspettarlo. Tutti e due erano tesi e avevano un evidente bisogno di sonno.

- Ebbene? - chiese Brand.

- Sono quasi tutti d'accordo - rispose Kristow, annuendo.

- Qualcuno ha ancora dei dubbi, ma sono quasi tutti d'accordo.

- E lei? è sicuro?

- Sono tutt'altro che sicuro, ma dobbiamo guardare alla faccenda da questo punto di vista: è più facile credere che i sovietici stiano lavorando su uno schermo contro i raggi gamma, piuttosto che liquidare come semplici coincidenze tutti i dati che abbiamo raccolto.

- Inizieremo anche noi un programma di ricerche?

- Sì - rispose Kristow in un secco sussurro, mentre si passava la mano sui coni capelli ispidi. - Ci metteremo al lavoro con tutti i mezzi che abbiamo. Partendo dagli articoli pubblicati dagli scienziati scomparsi possiamo cercare di recuperare il terreno perduto. Potremmo perfino raggiungerli e superarli. Ma ovviamente verranno a sapere che ci stiamo lavorando.

- Meglio così - disse Brand. - Se lo sanno, ci penseranno due volte prima di attaccarci. Non c'è alcun vantaggio nel veder distruggere dieci delle nostre città soltanto per distruggerne dieci delle loro... se siamo tutti e due protetti e se loro non sono tanto stupidi da non capirlo.

- Purché non lo scoprano troppo presto. Che cosa mi dice del nostro Zebatinsky-Sebatinsky?

Brand lo guardò con solennità e scosse la testa. - Non abbiamo trovato niente che lo colleghi a questa faccenda, anche se abbiamo controllato fino alla nausea. Comunque sono d'accordo con lei. Si trova in una posizione troppo delicata e, anche se fosse perfettamente pulito, non potremmo permetterci di lasciarlo dove si trova adesso.

- Ma non possiamo nemmeno limitarci a cacciarlo via, altrimenti i russi cominceranno a indagare.

- Ha qualche suggerimento migliore?

Erano le quattro del mattino e i due stavano camminando lungo un corridoio completamente vuoto, diretti verso l'ascensore.

- Ho dato un'occhiata alle sue pubblicazioni - disse il dottor Kristow. - È uno scienziato brillante, più in gamba della media, e per di più non è soddisfatto del suo attuale lavoro. Non è fatto per il lavoro di gruppo.

- E allora?

- Però è perfetto per il lavoro accademico. Se riusciamo a fare in modo che un'importante università gli offra una cattedra di fisica, penso che coglierebbe l'occasione al volo. Ci sono moltissime aree di ricerca innocue a cui potrebbe dedicarsi, e inoltre potremmo tenerlo sotto stretta sorveglianza. In più, sarebbe un cambiamento del tutto naturale, e i russi non avrebbero alcun motivo per lambiccarsi il cervello. Che ne pensa?

- Potrebbe funzionare - rispose Brand, annuendo. - D'accordo, ne parlerò con il capo.

Entrarono nell'ascensore e Brand si mise a riflettere sulla faccenda. Che razza di conclusione, per una cosa partita da un semplice cambio d'iniziale!

 

Marshall Sebatinsky faceva perfino fatica a parlare. - Giuro che non capisco come sia potuto succedere - disse a sua moglie. - Pensavo che non sapessero neppure la differenza tra me e un contatore di mesoni! Buon Dio, Sophie! Professore associato di fisica a Princeton. Non è incredibile?

- Credi che sia stato per il discorso che hai letto all'ultimo congresso? - domandò Sophie.

- Non vedo come. Era un saggio privo di ogni spessore, dopo che ogni scalzacane della divisione ci aveva messo sopra le mani. - Schioccò le dita. - Ecco! Forse Princeton ha fatto delle indagini su di me. Hai presente tutti quei questionari che mi hanno fatto riempire negli ultimi sei mesi, tutti quei "colloqui" di cui non spiegavano mai il motivo? Sinceramente, avevo cominciato a pensare che mi sospettassero di attività sovversiva. E invece era Princeton che faceva indagini su di me. Sono stati molto accurati.

- Forse dipende dal nome - disse Sophie. - Il cambiamento, voglio dire.

- Guardami bene, Sophie. D'ora in poi la mia vita professionale apparterrà soltanto a me stesso, e i risultati si vedranno. Adesso che ho la possibilità di svolgere il mio lavoro senza... - S'interruppe e fissò sua moglie.

- Il nome! Parlavi della S.

 

- La proposta non è arrivata dopo che hai cambiato il nome?

- Sì, parecchio tempo dopo. Ma dev'essere una coincidenza. Te l'ho già detto, Sophie. Si è trattato soltanto di buttare dalla finestra cinquanta dollari per farti piacere. Sapessi come mi sono sentito sciocco per tutti questi mesi, a insistere su quella stupida S.

Sulla difensiva, Sophie replicò: Non sono stata io a costringerti, Marshall. Te l'ho suggerito, è vero, ma non ti ho certo tormentato perché lo facessi a tutti i costi. Non puoi dire una cosa del genere. E comunque ha funzionato, sono sicura che quello che è successo è stato per merito del nome.

- È una superstizione - disse Sebatinsky con un sorriso indulgente.

- Non m'importa di come la chiami, basta che non cambi di nuovo il nome.

- Be' no, non credo che lo farò. Ho avuto tanti di quei fastidi a spiegare a tutti come si scriveva il mio nuovo cognome, che adesso la sola idea di dire che tutto è tornato come prima mi fa rabbrividire. Forse dovrei cambiare il cognome in Jones. - Fece una risatina che suonò un po' isterica.

Ma Sophie non sorrideva. - Lascialo com'è.

- Oh, va bene. Stavo solo scherzando. Uno di questi giorni andrò a trovare quel vecchietto, e gli dirò che è andato tutto bene. Magari gli allungherò un altro deca. Sei contenta?

Si sentiva talmente euforico, che la settimana dopo lo fece davvero. Non si travesti nemmeno. Mise gli occhiali, la solita giacca, e niente cappello.

Mentre si avvicinava al negozietto si mise quasi a fischiettare. Si spostò per cedere il passo a una donna imbronciata che spingeva una carrozzina a due posti.

Mise la mano sulla maniglia della porta e spinse il saliscendi con il pollice. Ma il saliscendi fece resistenza. La porta era chiusa a chiave.

Il polveroso cartello con la scritta NUMEROLOGIA era scomparso, ora che ci faceva caso. Al suo posto ce n'era un altro, ingiallito e deformato dalla luce del sole, che diceva: AFFITTASI.

Sebatinsky si strinse nelle spalle. Non era colpa sua. Lui aveva fatto tutto quello che poteva.

 

Haround, finalmente libero dall'escrescenza corporea, caprioleggiava allegramente, e i suoi vortici di energia soffusi di un colore purpureo si estendevano per iperchilometri cubi. - Allora, ho vinto? - disse. - Ho vinto?

Mestack si tirò indietro, raccogliendo i suoi vortici in una sfera di luce nell'iperspazio. - Non ho ancora concluso i calcoli.

- Be', muoviti! Tanto i risultati non cambieranno neanche se ci metti tutta l'eternità. Aaah, è un sollievo tornare a essere energia pura. Sono rimasto in un corpo fisico per un intero microciclo, e un corpo consunto, per di più! Ma ne valeva la pena, pur di farti vedere che avevo ragione.

- Va bene - disse Mestak. - Ammetto che hai impedito lo scoppio di una guerra nucleare sul pianeta.

- È o non è un effetto di classe A?

- Certo che è di classe A.

- Bene. E adesso controlla se non l'ho ottenuto con uno stimolo di classe F. Mi sono limitato a cambiare una lettera in un nome.

- Che cosa?

- Oh, lascia perdere. È tutto qui. Ho fatto un riassunto apposta per te.

- Mi arrendo - disse Mestak con riluttanza. - È proprio uno stimolo di classe F.

- Allora ho vinto, ammettilo.

- Nessuno di noi due avrà vinto un bel niente, quando l'Osservatore se ne accorgerà.

Haround, che aveva recitato la parte del vecchio numerologo sulla Terra, non si era ancora adattato perfettamente alla rilassante sensazione di non avere più un'individualità fisica. Ribatté: - Non la pensavi così quando hai fatto la scommessa.

- Non pensavo che tu fossi così pazzo da andare fino in fondo.

- Sciocchezze! Sei sempre li a preoccuparti. L'Osservatore non si accorgerà mai di uno stimolo di classe F.

- Sì, è probabile. Ma tra una decina di microcicli si accorgerà dell'effetto di classe A, vedendo che i corporei sono ancora vivi e vegeti.

- Il guaio con te, Mestak, è che cerchi sempre qualche scusa per non pagare. Questi sono cavilli.

- Pagherò, pagherò. Ma aspetta solo che l'Osservatore scopra che ti sei intromesso in un problema non assegnato e che hai fatto un cambiamento non autorizzato. D'altra parte, se noi... - Fece una pausa.

- D'accordo - disse Haround. - Riporterò tutto come prima e l'Osservatore non verrà mai a saperlo.

Comparve un luccichio malizioso negli schemi di energia di Mestak. - Dovrai ricorrere a un altro stimolo di classe F, perché non se ne accorga.

Dopo un attimo di esitazione, Haround disse: - Posso farcela.

- Ne dubito.

- E invece sì.

- Sei disposto a fare un'altra scommessa? - Mestak irradiava energia con aria di trionfo.

- Certo - rispose Haround stizzito. - Riporterò i corporei esattamente dove si trovavano prima e l'Osservatore non noterà la minima differenza.

Mestak approfittò del vantaggio per lanciare il suo affondo. - Annulliamo la prima scommessa, allora, e triplichiamo la posta per la seconda.

Il fascino del rischio fece presa su Haround. - Va bene, accetto.

Posta tripla.

- D'accordo, allora?

- D'accordo.

 

Titolo originale: S as in Zebatinsky (a.k.a. Spell My Name with an S) Prima edizione: Star S.F., gennaio 1958 Traduzione di Mauro Gaffo