CONSOLAZIONE GARANTITA
Tony era alto e bello d'una bellezza tenebrosa, con un'aria incredibilmente patrizia impressa in ognuna delle sue fattezze immutabili, e Claire Belmont lo guardò attraverso la fessura dell'uscio con un misto di orrore e di sgomento.
- Non posso, Larry. Proprio non posso vedermelo intorno per casa. - Febbrilmente, ella frugò nel proprio cervello paralizzato in cerca di un'espressione più forte e precisa che tagliasse corto a ogni discussione; ma poté soltanto concludere con una ripetizione. - Insomma, non posso!
Larry Belmont guardò la moglie con una certa durezza, e c'era, nei suoi occhi, quel lampo di impazienza che Claire detestava, perché vi ravvisava la propria inadeguatezza.
- Ci siamo impegnati, Claire - le disse - adesso non puoi tirarti indietro. La ditta mi manda a Washington a questa precisa condizione, e probabilmente mi daranno una promozione. Non ci sono pericoli di sorta e tu lo sai. Perché hai cambiato idea?
Ella corrugò la fronte con espressione impotente: - Mi dà i brividi, ecco tutto; non potrei sopportarlo.
- È umano quasi quanto te o me. Perciò basta con le sciocchezze. Su, entriamo ora.
La mano di Larry si posò sul collo della moglie, spingendola dolcemente in avanti, ed ella si ritrovò nel salotto della sua casa, tutta tremante. Lui era là, che la fissava con precisa correttezza, come per valutare colei che doveva essere la sua ospite per le prossime tre settimane. C'era anche la dottoressa Susan Calvin, rigida e assorta, le labbra strette. Aveva l'espressione fredda, distante, di chi ha lavorato così a lungo con le macchine che un po' del loro acciaio gli è penetrato nel sangue.
- Salve - esclamò Claire, tentando un saluto generale che riuscì rauco e fiacco.
Ma Larry provvide a salvare la situazione con spuria festosità:
- Ecco, Claire, voglio farti conoscere Tony, che è un tipo veramente in gamba. E questa è mia moglie Claire, Tony, vecchio furfante. - La mano di Larry si posò amabilmente sulla spalla di Tony, ma questo rimase inerte e impassibile.
Disse soltanto: - Felicissimo, signora Belmont.
E Claire sussultò alla voce di Tony. Era una voce morbida e profonda, modulata e liscia come i capelli che gli coprivano il cranio o come l'epidermide del suo volto. Prima ancora di potersi frenare, ella esclamò: - Oh!... ma voi parlate!
- Perché non dovrei parlare? Credevate che fossi muto?
Claire riuscì solo a rispondere con un sorriso forzato. Non sapeva in realtà che cosa avesse creduto. Distolse lo sguardo, poi, voltando impercettibilmente il capo, lo studiò con la coda dell'occhio. I suoi capelli erano lisci e neri, come di plastica lucente... o erano realmente fatti di singoli capelli? E la pelle liscia, olivastra, del viso e delle mani, continuava anche sotto gli abiti dal taglio perfetto?
Finì per smarrirsi in una selva di domande come questa e dovette fare uno sforzo per riordinare i pensieri e prestare ascolto alla voce fredda, opaca, della dottoressa Calvin.
- Spero, signora Belmont, che non vi sfugga l'importanza di questo esperimento. Vostro marito mi dice di avervi già dato qualche ragguaglio di carattere generale. Vorrei ora chiarire bene ogni punto, nella mia qualità di specialista di psicologia presso la U.S. Robots and Mechanical Men Corporation. Tony è un automa, o robot. La sua denominazione reale negli archivi della società è TN-3, ma risponderà al nome di Tony. Non è un mostro meccanico e neppure una semplice macchina calcolatrice del tipo che si sviluppò durante la seconda guerra mondiale, cinquant'anni fa. È un cervello artificiale che ha quasi la stessa complessità del nostro. Un cervello che si potrebbe paragonare a un immenso quadro di commutazione, a un centralino telefonico, su scala atomica, si che miliardi di possibili "collegamenti telefonici" possono essere stipati in uno strumento inserito in un cranio.
"Per ciascun modello di robot viene costruito un diverso cervello. Ognuno contiene una serie preordinata di collegamenti, così che ogni robot conosce, tanto per cominciare, la lingua inglese ed ha tutte quelle nozioni che possono essergli necessarie nell'esecuzione del suo lavoro.
"Fino ad oggi la U.S. Robots ha limitato la sua produzione a modelli industriali, utilizzati là dove l'impiego della mano d'opera umana era antieconomico: nelle miniere a grandi profondità, per esempio, o in attività subacquee. Ma noi vogliamo ormai invadere la città e la casa. Per far ciò dobbiamo persuadere l'uomo e la donna comuni ad accettare questi automi senza timore. Voi capite che non c'è assolutamente nessun pericolo."
- Assolutamente nessuno, Claire - interpose Larry con fervore. - Puoi credere alla mia parola. È costruito in modo da non poter nuocere. Sai che, altrimenti, non lo lascerei qui in casa con te.
Abbassando la voce e con una rapida occhiata segreta a Tony, Claire osservò: - E se dovesse capitarmi di farlo arrabbiare?
- Non avete bisogno di parlare sottovoce - disse con calma la dottoressa Calvin. - Tony non può arrabbiarsi con voi, cara signora. Vi ho detto che i collegamenti della centrale che ha nel cervello sono tutti predeterminati. E il collegamento fondamentale è quello che noi chiamiamo "La Prima Legge della Robotica", e cioè questa: "Nessun robot può nuocere a un essere umano, o, non intervenendo, permettere che un essere umano possa ricevere nocumento". Tutti i robot sono costruiti in base a questo principio. Nessun robot può essere costretto in qualsiasi modo a recar danno a un essere umano. Abbiamo bisogno di voi e Tony solo come esperimento preliminare, mentre vostro marito è a Washington a preparare i test legali controllati dal governo.
- Perché, tutto questo non è legale?
Larry si schiarì la voce:
- Non ancora, per il momento, ma non c'è da preoccuparsi. Tony non uscirà per un solo istante di casa e tu non devi permettere a nessuno di vederlo. Ecco tutto... Vedi Claire, io resterei con te, ma so troppe cose ormai degli automi. Abbiamo bisogno di un... soggetto del tutto digiuno in fatto di uomini meccanici, per poter sperimentare in condizioni d'una certa difficoltà. È necessario, Claire.
- Sta bene - mormorò Claire. Ma poi, colta da un pensiero improvviso: - Un momento: che cosa farà questo Tony?
- Terrà in ordine la casa - rispose asciutta la dottoressa.
Si alzò per congedarsi e fu Larry che si affrettò ad accompagnarla alla porta di casa. Claire rimase in salotto, intimorita. Ebbe una fuggevole immagine di sé nello specchio sopra la mensola del camino e distolse in fretta lo sguardo. Era stanca del suo minuscolo musetto di topo, dei suoi capelli opachi, acconciati senza la minima fantasia. Fu allora che incrociò lo sguardo di Tony fisso su di lei e quasi sorrise prima di ricordarsi...
Tony non era che una macchina.
Larry Belmont era diretto all'aeroporto quando scorse Gladys Claffern. Era proprio il tipo di donna che sembrava fatto per essere guardato... prodotto preciso e perfetto, vestito con mano e occhio infallibili, troppo smagliante per poterlo fissare.
Il lieve sorriso che la precedeva e il profumo appena percettibile che la seguiva come una scia erano cenni irresistibili di richiamo. Larry si accorse di avere il passo legato; sfiorò la tesa del cappello e proseguì in fretta.
Come sempre, avvertì quel vago senso di irritazione. Se Claire fosse almeno riuscita a introdursi nella cricca Claffern, sarebbe stato un aiuto notevole. Ma, tanto, era inutile sperarlo.
Claire! Le poche volte che s'era trovata faccia a faccia con Gladys, povera sciocca, era rimasta a bocca chiusa, paralizzata. Larry non si faceva illusioni. Il collaudo di Tony era la sua grande occasione, e questa si trovava nelle mani di Claire. Quanto meglio sarebbe stato se si fosse trovata nelle mani di qualcuno come Gladys Claffern.
Claire si destò la mattina dopo al suono di un picchio leggero alla porta della stanza da letto. Sentì una vampata salirle alla testa, poi fu presa da un senso di gelo paralizzante. Il giorno prima aveva evitato Tony sistematicamente, salutandolo con un lieve sorriso quando lo incontrava per la casa e dileguandosi poi con un mormorio di scusa senza parole.
- Siete voi... Tony?
- Sì, signora Belmont. Posso entrare?
Doveva avergli detto di sì, perché se lo vide improvvisamente in camera, silenzioso come un'ombra. Occhi e nari le dissero nello stesso istante che Tony portava un vassoio.
- E la colazione?
- Sì, col vostro permesso.
Non ebbe il coraggio di rifiutare, e levandosi lentamente a sedere sul letto accolse il vassoio: uova strapazzate, crostini imburrati, caffè.
- Zucchero e latte sono a parte - disse Tony. - Conto d'imparare a conoscere le preferenze della signora col tempo, in questa ed altre cose.
Ella rimase in attesa.
Tony, ritto là davanti a lei, rigido e flessibile come un rigo metallico, domandò, in capo a un istante:
- La signora desidera consumare la colazione da sola?
- Sì, preferirei... se non vi dispiace.
- La signora avrà bisogno d'aiuto per vestirsi, più tardi?
- Per carità, no! - Si tirò febbrilmente la coperta sotto il mento, sì che la caffettiera prese un'inclinazione pericolosa, e rimase così, irrigidita; solo quando l'automa ebbe chiuso la porta dietro di sé, si decise a riadagiarsi con un sospiro.
Riuscì in qualche modo a consumare la colazione... Quel Tony era solo una macchina, e se ciò fosse stato un po' più palese egli non le avrebbe fatto così paura. O se la sua espressione fosse stata un po' diversa. Quel suo modo di starsene immobile, come inchiodato. Non potevi mai capire che cosa accadesse dietro quegli occhi neri e quella liscia sostanza olivastra, simile a pelle. La tazza batté due o tre lievi colpi di nacchere quando la depose, vuota, sul vassoio.
Claire si accorse solo allora di essersi dimenticata di aggiungere lo zucchero e il latte; e dire che detestava il caffè nero e amaro.
Dopo essersi vestita, corse in cucina senza perdere un minuto. Era la sua casa, e sebbene Claire non fosse una donna pignola, ci teneva ad avere la cucina linda e ordinata. Tony avrebbe dovuto attendere le sue istruzioni.
Ma quando entrò, trovò una stanza che sembrava appena uscita dalla fabbrica.
Si fermò di colpo, guardandosi intorno, girò sui tacchi e quasi andò a sbattere contro Tony.
- La signora ha bisogno di qualche cosa?
- Tony - ed ella cercò di dominare il panico e l'ira - dovreste fare un po' di rumore, quando camminate. Questi vostri... appostamenti non mi piacciono affatto... Non avete usato la cucina?
- Certo, signora.
- Non si direbbe.
- Ho fatto poi pulizia. Non è questo l'uso?
Claire sgranò gli occhi. Che cosa poteva rispondere? Aprì lo sportello in cui si trovavano pentole e padelle, dette una rapida occhiata distratta allo scintillio metallico nell'interno, infine disse con un tremito nella voce:
- Molto bene.
Se in quel momento egli si fosse mostrato raggiante; se avesse sorriso; se le sue labbra avessero avuto il più lieve tremito, pensò Claire, forse lei si sarebbe intenerita, raddolcita. Ma Tony rimase un impassibile lord inglese, mentre rispondeva: - Ringrazio la signora. La signora non vorrebbe dare un'occhiata in salotto?
Ella dette l'occhiata e ancora una volta rimase a bocca aperta.
- Avete lucidato i mobili?
- La signora trova il lavoro di sua soddisfazione?
- Ma quando li avete lucidati? Non vi ho visto lavorare qui ieri.
- L'ho fatto questa notte, naturalmente.
- Avete tenuto le luci accese tutta la notte?
- Oh, no. Non era necessario. Ho, incorporata, una fonte di luce ultravioletta. Posso vedere nella zona degli ultravioletti. E, naturalmente, non ho bisogno di dormire.
Ma di essere ammirato, sì. In quel momento, ella se ne accorse.
Tony aveva bisogno di sapere se la sua padrona era contenta di lui. Ma ella non seppe risolversi a dargli quella soddisfazione.
Riuscì solo a dire in tono brusco: - La vostra razza farà finire in mezzo alla strada tutti i comuni domestici.
- Ci sono attività di molto maggior importanza nel mondo alle quali potranno dedicarsi il giorno in cui siano liberati dai servizi umili. Consideri signora che gli organismi come il mio possono essere prodotti industrialmente. Ma nessuna macchina può imitare la creatività e la versatilità di un cervello umano, come quello della signora, per esempio.
E sebbene la sua faccia non desse a vedere nulla, la sua voce era piena di rispetto e di calda ammirazione, così che Claire mormorò arrossendo: - Il mio cervello! Non vale due soldi!
Tony fece un passo verso di lei e disse: - La signora deve essere molto infelice, per dire una cosa simile. C'è nulla che io possa...
Per un istante Claire ebbe voglia di ridere. Era una situazione per lo meno ridicola. Eccolo là, quell'automa, quello spazzatore di tappeti animato, quel lavapiatti meccanico, quel lucidatore di mobili e factotum in generale, che, appena uscito dalla catena di montaggio della fabbrica, offriva i suoi servigi come consolatore e confidente.
E invece disse a un tratto con voce rotta: - Il signor Belmont non crede che io abbia un cervello, se volete saperlo... E probabilmente ha ragione. - Ma non poteva mettersi a piangere davanti a lui. Sentì, per qualche ragione, che doveva tenere alto l'onore della specie umana di fronte a quel mero prodotto industriale.
- È solo da poco tempo - riprese volubilmente. - Tutto andava bene quando mio marito era ancora studente, quando era appena agli inizi della carriera. Ma io non sono capace di essere la moglie di un grand'uomo; e mio marito lo sta diventando. Vuole che io sia una padrona di casa raffinata, di quelle che aiutano il marito in società... come Gl... Gl... Gladys Claffern.
Sentì di avere il naso rosso e si volse da un'altra parte.
Ma Tony non la guardava. I suoi occhi stavano facendo il giro della stanza.
- Posso aiutare la signora a dirigere la casa.
- Ma non servirebbe a nulla - ella disse esasperata. - Questa casa ha bisogno di un tocco che non so darle. Posso soltanto renderla comoda; non riesco nemmeno a farne una casa come quelle di cui si pubblicano le foto sulle riviste di arredamento...
- È quello il tipo di casa che vorreste?
- A che serve volere al condizionale?
Ora gli occhi di Tony la fissavano intenti.
- Potrei essere d'aiuto.
- Vi intendete di arredamento?
- È cosa che una buona padrona di casa deve sapere?
- Oh, sì.
- Allora io ho le capacità d'impararla. La signora può procurarmi dei volumi sull'argomento?
E qualcosa si mise in moto.
Claire, tenendosi stretto il cappello a difesa dai colpi del vento, era riuscita a portare a casa dalla biblioteca pubblica due grossi tomi sull'arte di arredare la casa. Era la prima volta che vedeva le dita di lui sfiorare qualcosa di delicato.
Non riesco a capire come facciano, quelle dita, ella pensò, e cedendo a un impulso improvviso gli prese la mano e la trasse a sé. Tony non oppose la minima resistenza, abbandonò anzi la mano alla curiosità di Claire.
- È straordinario - ella disse. - Perfino le unghie sembrano naturali.
- È fatto apposta - rispose Tony. E poi, in tono confidenziale: - La pelle è una sostanza plastica flessibile e la struttura dello scheletro una lega di metalli leggeri. Tutto questo vi diverte?
- Oh, no. - Ella alzò gli occhi, arrossendo. - Solo mi sento un po' imbarazzata, come se stessi frugando nei vostri visceri. Non è cosa che mi riguardi. Voi non mi fate domande del genere.
- Il mio cervello non è stato condizionato per questo genere di curiosità. Io posso agire soltanto entro i miei limiti.
E nel silenzio che seguì Claire provò una stretta al cuore. Perché continuava a dimenticarsi che Tony era solo una macchina? Era la macchina stessa a ricordarglielo, ora. Aveva dunque così fame di simpatia da accettare addirittura un automa come un suo pari, solo perché le mostrava un po' di comprensione?
Notò che Tony sfogliava il volume rapidamente - quasi con stizza - e fu presa da un senso rassicurante di superiorità.
- Non sapete leggere, vero?
Tony alzo lo sguardo su di lei e con voce calma, scevra di ogni rimprovero: - Ma io sto leggendo, signora Belmont.
- Oh, ma...
- Mi basta far scorrere le pagine, se è questo che volete dire. Il mio senso della lettura è fotografico.
Ciò avveniva di sera e quando Claire se ne andò finalmente a letto Tony era già molto avanti nel secondo volume, seduto al buio, o almeno in quello che sembrava buio alla vista limitata di Claire.
Il suo ultimo pensiero, il pensiero che le balenò nell'istante in cui la sua mente cominciava a intorpidirsi, fu molto bizzarro. Ella ricordò la mano di lui, il tocco di quella mano. Era stato caldo e morbido, come quello di un essere umano.
Che tecnici ingegnosi ha quella fabbrica, si disse, e dolcemente si abbandonò al sonno.
Dopo di che non ci fu altro che la biblioteca, di continuo, per parecchi giorni. Tony proponeva i campi di studio, che poi si ramificavano rapidamente. Arrivarono in casa libri sui colori e sui cosmetici, sulla falegnameria e la moda, sull'arte e la storia del costume.
Tony sfogliava ogni volume sotto i suoi occhi solenni e leggeva ogni pagina con la stessa rapidità con cui le voltava; e non sembrava capace di dimenticare. La settimana non era ancora finita e l'automa era già riuscito con le sue insistenze a tagliarle i capelli, a farle conoscere un nuovo metodo di acconciarli, a correggere la linea delle sopracciglia e a cambiare la tonalità della sua cipria e del suo rossetto.
Ella aveva rabbrividito per una buona mezz'ora sotto il tocco delicato di quelle dita inumane e alla fine s'era guardata allo specchio.
- C'è ancora moltissimo da fare - disse Tony - soprattutto per quel che riguarda gli abiti. Che ve ne pare per il momento?
E lei non aveva risposto, era rimasta a lungo in silenzio. Attese di aver assimilato l'identità della sconosciuta nello specchio, di aver vinto lo stupore, e solo allora disse, con voce rotta, senza distogliere gli occhi dall'immagine consolante: - Sì, Tony, molto molto bene... per il momento.
Non disse nulla di tutto ciò nelle sue lettere a Larry. Voleva che il marito scoprisse le novità tutte in una volta. E qualcosa in lei capì che non era soltanto la sorpresa che ella avrebbe goduto. Sarebbe stata una specie di rivincita.
Una mattina, Tony disse: - È venuto il momento di fare gli acquisti, ed io non posso uscire di casa. Se vi scrivo esattamente tutto quanto ci occorre, potete incaricarvene voi? Abbiamo bisogno di tende, drappi, carta da parati, tappeti, colori, stoffe e una quantità di altre cosette.
- Non sarà possibile avere tutte queste cose su ordinazione a tamburo battente - disse Claire, in tono dubbioso.
- Oh sì, se saprete correre per tutta la città e se il denaro non rappresenta un ostacolo.
- Ma, Tony, il denaro rappresenta un ostacolo.
- Nemmeno per sogno. Passate per prima cosa all'U.S. Robots. Ora vi scrivo un biglietto. Chiedete della dottoressa Calvin e spiegatele che io v'ho detto che tutto questo fa parte dell'esperimento di collaudo.
Per qualche ragione la dottoressa Calvin non le ispirò la soggezione di quella prima sera. Con la sua nuova faccia e un cappello nuovo, ella non poteva più essere la Claire di allora. La specialista di psicologia ascoltò attentamente, fece qualche domanda, annuì... e Claire si ritrovò in anticamera con un'apertura di credito illimitato sul conto bancario dell'U.S. Robots and Mechanical Men Corporation.
è prodigioso che cosa può fare il denaro. Con tutta la merce di un grande magazzino ai suoi piedi, il solenne parere di una direttrice di reparto non era più necessariamente una voce dall'alto dei cieli, il sopracciglio inarcato di un arredatore non aveva niente a che fare col tuono di Giove.
E a un tratto, dopo che un Eccelso Ciccione in uno dei reparti più sontuosi d'abbigliamento femminile aveva insistentemente disapprovato la descrizione da lei data del guardaroba che le occorreva con controproposte nel più puro accento francese della 57a Strada, Claire chiamò Tony al telefono, e porse l'apparecchio a Monsieur.
- Se non vi dispiace... - la voce era ferma, ma le dita le tremavano un poco - vorrei che ne parlaste col mio... ehm!, col mio segretario.
L'Eccelso si avvicinò al telefono con un braccio solenne piegato dietro la schiena. Alzò il microfono con due dita e disse soavemente: - Sì? - Una breve pausa, un altro - Sì - una pausa molto più lunga, lo stridulo inizio di un'obbiezione che naufragò rapidamente nel nulla, ancora una pausa, un umilissimo - Sì - e il telefono fu rimesso al suo posto.
- Se madame vuole avere la cortesia di seguirmi - disse in tono ferito e distante - cercherò di accontentarla.
- Un momento! - Claire corse di nuovo al telefono e formò il numero. - Salve, Tony. Non so che cosa abbiate detto, ma so che ha funzionato. Grazie! Siete un... - Cercò affannosamente la parola adatta, non la trovò, cedette e concluse con una risatina: - Un... un tesoro!
Era proprio Gladys Claffern che la stava guardando, quand'ella si staccò dal telefono. Una Gladys Claffern lievemente ironica e lievemente stupita, che la guardava, la testa leggermente piegata di lato.
- La signora Belmont?
Claire si sentì ghiacciare il sangue nelle vene, alla lettera; non poté far altro che annuire, stolidamente, come una marionetta.
Gladys sorrise con un'insolenza su cui non potevi mettere il dito.
- Non sapevo che veniste qui a fare i vostri acquisti...
Come se, per il fatto stesso, il negozio avesse perso definitivamente ogni prestigio ai suoi occhi.
- Infatti, non mi servo qui, di solito - rispose Claire umilmente.
- E... mi sbaglio, o avete fatto qualcosa ai vostri capelli? è un'acconciatura... molto originale. Oh, spero che vorrete scusarmi, ma vostro marito non si chiama Lawrence? Mi sembra proprio che sia Lawrence.
Claire strinse i denti, ma doveva pur dare una spiegazione. Doveva.
- Tony è un amico di mio marito. Mi consiglia nella scelta di alcune cosette.
- Capisco. Deve essere davvero un tesoro, no?
E passò oltre, sorridendo, portando via con sé tutta la luce e il calore del mondo.
Fu senza la minima esitazione che questa volta Claire si rivolse a Tony per essere consolata. Quei dieci giorni l'avevano guarita d'ogni pudore. E poteva ora piangere davanti a lui; piangere e tempestare.
- Sono stata una vera id... idiota! - gridava, torcendo il fazzoletto inzuppato. - Farmi una cosa simile! Mi paralizza. Non so perché, ma riesce a paralizzarmi. Avrei dovuto... prenderla a calci!
- Avrei dovuto sbatterla per terra e camminarci sopra, ecco che cosa avrei dovuto fare!
- Potete odiare fino a questo punto un essere umano? - domandò Tony, con stupida dolcezza. - Questo aspetto della mente umana mi è del tutto ignoto.
- Oh, non è tanto lei che odio - gemette Claire - quanto me stessa, immagino. Quella donna è tutto ciò che io vorrei essere... esteriormente, almeno... e che non posso essere.
La voce di Tony suonò bassa e convinta al suo orecchio: - Ma voi potete esserlo, signora Belmont. Voi potete. Abbiamo ancora dieci giorni e fra dieci giorni questa casa non sarà più la stessa. Non abbiamo lavorato proprio per questo?
- E a che mi servirà... nei riguardi di quella donna?
- Invitatela. Invitate anche i suoi amici. Fateli venire tutti qui la sera che precederà la mia... partenza. Sarà un po' come l'inaugurazione di una casa nuova.
- Ma lei non verrà.
- Oh sì che verrà. Verrà per ridere... e resterà scornata.
- Credete davvero che andrà così? Oh, Tony, credete proprio che riusciremo? - Ella parlava tenendo le mani di lui nelle sue... E a un tratto, voltando la testa: - Ma a che serve? Non sarà mio il merito; siete stato voi a preparare tutto. Non posso farmi bella con le vostre piume.
- Nessuno vive in splendido isolamento - sussurrò Tony. - È una delle cognizioni che mi sono state impresse nel cervello. Quello che voi, e gli altri, vedete in Gladys Claffern non è Gladys Claffern puramente e semplicemente, ma la donna che usa come piedestallo tutto ciò che denaro e posizione sociale possono dare. Ella non si fa il minimo scrupolo a servirsene. Perché dovreste avere degli scrupoli voi?... E poi, cercate di vedere le cose da questo punto di vista, signora Belmont. Io sono stato condizionato ad obbedire, ma i limiti della mia obbedienza sono io a stabilirli. Posso eseguire gli ordini ricevuti alla lettera, ma ho una certa latitudine. Nel vostro caso, li eseguirò con larghezza, perché voi siete esattamente come sono stato condizionato a vedere gli esseri umani. Siete gentile, buona, modesta. La signora Claffern, a giudicare dalla vostra descrizione, non lo è, ed io non le ubbidirei come obbedisco a voi. E dunque siete voi, e non io, signora Belmont, che avrà fatto ogni cosa.
Ritrasse le mani da quelle di lei, e Claire guardò quella faccia ermetica che nessuno poteva leggere, la guardò perplessa. E in quel momento le tornò la paura, ma una paura completamente diversa.
Inghiottì nervosamente e si guardò le mani, cui la pressione delle dita di lui davano ancora un formicolio. Non se l'era aspettato: le dita di Tony avevano premuto le sue dolcemente, teneramente, prima di staccarsi.
No!
Le dita di quella macchia... Le dita di quell'oggetto...
Corse nel bagno e si stropicciò le mani febbrilmente, inutilmente.
Fu più timida con lui il giorno dopo: lo osservava attentamente, aspettando che succedesse qualcosa... E per un po' non successe nulla.
Tony stava lavorando. Se la tecnica di "montare" della carta da parati o di foderare un divano presentava qualche difficoltà, Tony non lo dette a vedere. Le sue mani si muovevano con assoluta precisione, le sue dita erano agili e sicure.
Lavorava tutta la notte. Claire non lo sentiva mai, ma ogni mattino rappresentava per lei una sorpresa; impossibile enumerare la quantità di cose che erano state eseguite, e a sera ella non aveva ancora finito di rendersi conto di tutte le innovazioni, grandi e piccole che già un'altra notte scendeva.
Claire cercò di rendersi utile una sola volta, ma la sua umana goffaggine sciupò ogni cosa. Lui si trovava nella camera accanto e lei stava attaccando un quadro nel punto segnato dagli occhi matematici di Tony. C'era il piccolo segno; c'era il quadro; e c'era un'atmosfera di frenetica attività.
Ma lei si sentiva nervosa, o forse era la scaletta che traballava. La sentì cedere, e lanciò un urlo. La scaletta precipitò senza di lei, perché Tony con una prontezza maggiore che se fosse stato di carne e ossa, era accorso sotto di lei.
I suoi calmi occhi neri non dissero nulla e la sua calda voce disse soltanto le parole: - Vi siete fatta male, signora Belmont?
Ella notò per un istante che con la mano doveva avergli scompigliato i capelli così lucidi e lisci, perché per la prima volta poté constatare che erano composti di singoli fili; capelli sottilissimi, neri.
E poi, tutto ad un tratto, si accorse delle braccia di lui che la sostenevano intorno alle spalle e sotto le ginocchia, la sorreggevano in una stretta calda e assidua.
Claire si liberò di scatto e il suo urlo le risuonò fragoroso all'orecchio. Passò il resto della giornata in camera sua e quella notte dormì con una sedia appoggiata alla maniglia della porta.
Aveva diramato gli inviti, che, come Tony aveva previsto, furono accettati. Non le restava che attendere l'ultima sera.
Ed essa venne, dopo tutte le altre, all'ora giusta. La casa non le sembrava più sua. Ne fece il giro per l'ultima volta, ed ogni camera non era più quella di prima. Ella stessa indossava un abito che non avrebbe mai osato mettersi prima... Un abito che quando te lo infilavi, infilavi anche orgoglio e fiducia in te stessa.
Cercò di assumere un'espressione d'ironico e cortese distacco davanti allo specchio, e lo specchio le restituì una posa perfetta.
Che cosa avrebbe detto Larry?... Ma, in certo modo, non aveva più nessuna importanza. I bei giorni non venivano con lui. Se ne andavano con Tony. Non era strano? Cercò di ritrovare il suo stato d'animo di tre settimane prima e non vi riuscì assolutamente.
L'orologio strillò le otto in otto rate ansimanti ed ella si volse verso Tony.
- Stanno per arrivare, Tony. Sarà meglio che scendiate nel seminterrato. Sapete che non devono...
Fissò il vuoto per un istante, poi disse con voce spenta: - Tony? - e con più forza: - Tony? - e poi quasi gridando: - Tony!
Ma le braccia di lui la stringevano; la sua faccia era vicinissima alla sua; l'automa non lasciava la presa. Ella udì la voce di Tony attraverso una nebbia confusa: - Claire - diceva la voce - ci sono molte cose che io non sono in grado di capire e questa deve essere una di esse. Domani me ne vado e non vorrei andare. Mi accorgo che in me c'è qualcosa di più del semplice desiderio di compiacervi.
La sua faccia era ancor più vicina; le sue labbra erano calde, ma senza respiro... ché le macchine non respirano. Ed erano quasi sulle sue.
...E suonò il campanello.
Per un istante Claire si dibatté disperatamente, e l'istante dopo egli non c'era più, era scomparso, e il campanello squillò una seconda volta, insistente, lacerante.
Le cortine alle finestre che davano sulla strada erano state scostate. Un quarto d'ora prima le aveva viste ben tirate. Ne era assolutamente certa.
Dovevano avere visto, dunque. Tutti dovevano avere visto... ogni cosa!
Entrarono con garbo infinito, tutti insieme - la torma venuta a ululare - coi loro occhi pungenti, taglienti, che dardeggiavano in tutte le direzioni. Avevano visto. Perché mai, se no, Gladys avrebbe dovuto chiedere nel suo tono più ipocrita notizie di Larry? E Claire fu spronata a una sfida temeraria.
Sì, è partito. Tornerà domani, credo. No, non mi sono sentita sola, qui in casa. Nemmeno un po'. Mi sono tanto divertita, anzi. E rise loro in faccia. Perché no, dopo tutto? Che avrebbero potuto fare? Larry avrebbe saputo la verità, se mai fosse giunta alle sue orecchie la storia di ciò che essi credevano di avere visto.
Ma loro non risero.
Ella poté leggerlo nella rabbia che animava gli occhi di Gladys; nella disinvoltura forzata delle sue parole; nel suo desiderio di andarsene presto. E mentre si congedavano, ella colse un ultimo bisbiglio, anonimo... isolato: -...mai visto nulla di simile... che bell'uomo!...
E allora capì che cos'era stato a ridurli come tanti cani frustati. Certo, Gladys poteva essere più bella di Claire Belmont, più elegante e più ricca... ma nessuna donna, nemmeno Gladys, avrebbe mai potuto avere un amante così bello!
E a un tratto si ricordò ancora una volta che Tony era soltanto una macchina e rabbrividì.
- Via! Va' via! Lasciami in pace! - gridò alla camera vuota e corse a gettarsi sul letto. Pianse e vegliò per tutta quella notte e il mattino dopo, poco prima dell'alba, quando le strade erano deserte, un'auto si fermò davanti alla casa e si portò via Tony.
Lawrence Belmont, passando davanti all'ufficio della dottoressa Calvin, cedette a un impulso improvviso e picchiò. La trovò in compagnia del matematico Peter Bogert, ma non esitò ad affrontare l'argomento. Disse: - Ho saputo da mia moglie che l'U.S. Robots ha pagato le spese di tutti i lavori che sono stati fatti a casa mia...
- Sì - rispose la Calvin. - Consideriamo quelle spese come parte valida e necessaria dell'esperimento. D'altra parte, nella vostra nuova posizione di Ingegnere Associato non credo che avrete difficoltà a...
- Oh, non è questo che mi preoccupa. Washington ha approvato i nostri collaudi, e saremo in grado di tenere un modello TN tutto per noi l'anno venturo, credo. - Si voltò esitante, come se volesse uscire, e, sempre esitante, tornò indietro.
- Allora, signor Belmont? - chiese la Calvin, dopo una breve pausa.
- Sarei curioso di sapere... - cominciò Larry. - Sarei curioso di sapere che cosa sia realmente successo a casa mia. Lei... Claire, voglio dire... sembra così diversa. Non soltanto all'aspetto... benché, a dir la verità, anche questo mi abbia lasciato a bocca aperta. - Rise nervosamente. - È lei! Non sembra più mia moglie, davvero... Non riesco a spiegarmi.
- A che servirebbe? Qualcosa nel suo mutamento vi delude?
- Al contrario. Ma, vedete, è una cosa che fa anche un po'... paura....
- Non mi preoccuperei se fossi in voi, signor Belmont. Vostra moglie ha saputo comportarsi egregiamente. A dirvi la verità, non avrei mai sperato che l'esperimento desse risultati così completi e positivi. Sappiamo ora quali modifiche dobbiamo apportare al modello TN, e il merito è tutto di vostra moglie. Se volete sapere tutta la verità, Belmont, credo che vostra moglie si sia meritata la vostra promozione molto più di voi.
Larry parve colpito in pieno petto.
- Finché il merito resta in famiglia... - mormorò con un sorriso poco convincente, e se ne andò.
Susan Calvin fissò la porta che si era chiusa alle spalle di Belmont.
- Credo che la cosa gli bruci; lo spero, almeno... Avete letto il rapporto di Tony, Peter?
- Dalla prima all'ultima parola - disse Bogert. - E il modello TN-3 dovrà subire modifiche radicali.
- Oh, anche voi siete di questa idea? - osservò seccamente la Calvin. - E in base a quale ragionamento?
Bogert si accigliò
- Non c'è bisogno di molti ragionamenti. È più che evidente che non possiamo mettere in circolazione un automa che diventa l'amante della sua padrona...
- Amante! Oh, Peter, mi avete deluso! Ma davvero non capite? Quella macchina doveva obbedire alla Prima Legge. Non poteva permettere che un essere umano venisse in alcun modo danneggiato, e Claire Belmont era molto danneggiata dal suo senso d'inferiorità. Allora le ha fatto la corte: quale donna, infatti, non sarebbe lusingata sapendo di poter destare il sentimento dell'amore in una macchina... in una fredda macchina senz'anima? E quella sera Tony scostò deliberatamente le tende perché gli altri potessero vedere e invidiare... senza il minimo rischio per il matrimonio di Claire. Mi pare che sia stato molto abile il nostro Tony...
- Vi pare? Finzione o no, Susan, che differenza c'è? Gli effetti restano pur sempre raccapriccianti. Rileggetevi il rapporto. La donna cercava di evitarlo. Lanciò un urlo quand'egli la strinse fra le braccia. Non poté dormire quell'ultima notte, era in preda a un accesso isterico. Tutte cose che non possiamo permettere!
- Peter, siete cieco. Cieco quanto lo sono stata io. Il modello TN sarà completamente modificato, ma non per le ragioni che sostenete voi. Per ragioni del tutto opposte, Peter, del tutto opposte. Strano che non ci abbia pensato subito - gli occhi di lei parvero perdersi in un'opaca pensosità - ma questo forse riflette qualche mia lacuna personale. Vedete, Peter, le macchine non possono innamorarsi, ma, anche quando il fatto sia raccapricciante e senza speranza, le donne sì!
Titolo originale: Satisfaction Guaranteed
Prima edizione: Amazing, aprile 1951
Traduzione di Giorgio Monicelli