IL MESSAGGIO

 

Bevevano birra, e si abbandonavano ai ricordi come fanno sempre gli ex commilitoni che si incontrano dopo molti anni di separazione. Parlavano dei giorni al fronte. Ricordavano i sergenti e le ragazze, gli uni e le altre con grandi esagerazioni. Avvenimenti mortali diventavano quasi buffi, visti retrospettivamente, e bazzecole trascurate per dieci anni venivano tirate fuori dai bauli e spolverate di nuovo. Compreso, naturalmente, l'eterno mistero.

- Come te lo spieghi? - chiese il primo. - Chi avrà inventato quel segno?

Il secondo alzò le spalle. - Nessuno l'ha inventato. Tutti lo facevano, e basta. Come una malattia. Lo facevi anche tu, credo.

Il terzo disse, piano: - Per me non è mai stata una cosa molto allegra. Forse perché, quando l'ho visto inizialmente, mi trovavo per la prima volta sotto il fuoco nemico. Nordafrica.

- Ah, sì? - fece il secondo.

- La notte dello sbarco sulle spiagge di Orano. Correvo a mettermi al riparo, dietro una baracca, e l'ho visto disegnato su una parete, alla luce di un razzo...

 

George impazziva dalla gioia. Dopo due anni di lungaggini burocratiche, era finalmente riuscito a viaggiare nel passato. Ora avrebbe potuto completare la sua tesi sulla vita sociale del soldato di fanteria della seconda guerra mondiale, corredandola di molti dettagli autentici.

Dall'insipida società senza guerre del trentesimo secolo, si trovava per un glorioso momento nell'intenso, superlativo dramma del bellicoso secolo ventesimo.

Nordafrica! Sede della prima grande invasione dal mare! I fisici temporali avevano esaminato l'area per scegliere il luogo e l'istante più adatti. All'ombra di un edificio di legno abbandonato. Nessun essere umano si sarebbe avvicinato a quell'edificio per un certo numero di minuti. E, nello stesso periodo, nessuna esplosione l'avrebbe danneggiato. George, fermandosi ad osservare da quel punto, non avrebbe influenzato il corso della storia: egli impersonava l'ideale sognato da tutti i fisici temporali, cioè il "puro osservatore".

Era ancora più terribile di quanto non si fosse immaginato. C'era il rombo continuo dell'artiglieria, e al di sopra di lui, invisibile, il frastuono degli aeroplani. A intervalli quasi regolari, le linee dei proiettili traccianti tagliavano il cielo, e lo spettrale bagliore dei razzi percorreva parabole discendenti.

E lui c'era! Lui, George, prendeva parte alla guerra, prendeva parte a un modo di vivere, intensamente, che si era per sempre allontanato dal mondo gentile e addomesticato del trentesimo secolo.

Gli parve di poter scorgere l'ombra di una colonna di soldati che avanzava verso di lui, di poter udire le domande che si scambiavano a voce bassa, cautamente. Rimpianse di non essere veramente uno di loro, e non solo un intruso occasionale, un "puro osservatore".

Interruppe la stesura dei suoi appunti e fissò lo stilo che usava per scrivere. Il suo minuscolo fascio di luce lo ipnotizzò per un istante. Un'idea improvvisa si impadronì di lui, ed egli diede un'occhiata alla parete di legno a cui appoggiava la spalla. Questo momento non doveva venire dimenticato. E, certamente, quanto si proponeva di fare non avrebbe influenzato la storia. Usando l'antica parola inglese, nessuno avrebbe avuto dei sospetti.

Fece rapidamente il disegno e scrisse la parola, poi vide un soldato che correva disperatamente verso la costruzione, chinato per evitare i proiettili. George comprese che il suo tempo era finito, e prima ancora che avesse potuto terminare il pensiero, si trovò di nuovo nel trentesimo secolo.

Ormai, essere tornato al proprio secolo non aveva più importanza per lui. Per quei pochi minuti, aveva preso parte alla seconda guerra mondiale. La sua parte era stata una cosa minima, ma egli vi aveva partecipato. E altri l'avrebbero saputo. Non avrebbero saputo chi fosse lui, ma qualcuno di loro avrebbe letto la parola, avrebbe ripetuto il gesto.

Qualcuno - forse quell'uomo che correva a mettersi al riparo - l'avrebbe visto, e avrebbe saputo che, insieme con tutti gli eroi del ventesimo secolo, c'era stato anche il "puro osservatore", l'uomo del trentesimo secolo, George Kilroy. C'era stato anche lui!

 

 

Titolo originale: The Message

Prima edizione: Magazine of Fantasy and S.F., febbraio 1956 Traduzione di Riccardo Valla