SONO A MARSPORT SENZA HILDA
Tanto per cominciare, la situazione si creò da sola, come un sogno. Non dovetti fare nessun piano. Non dovetti intervenire. Mi limitai a osservare l'evolversi delle cose. Forse avrei dovuto cominciare allora a subodorare la catastrofe.
Tutto ebbe inizio con il mio solito mese di riposo tra un incarico e l'altro: un mese in servizio e un mese no è la normale routine del Servizio Galattico. Raggiunsi Marsport per i soliti tre giorni di sosta prima del breve salto verso la Terra.
Solitamente Hilda, che Dio la benedica, una moglie dolce come nessun uomo ha mai avuto, sarebbe stata lì ad aspettarmi e l'avremmo fatto pacatamente: un piccolo, piacevole intermezzo per entrambi. L'unico problema è che Marsport è la città più "vivace" del Sistema, e non è esattamente il luogo migliore per un piccolo e piacevole intermezzo. Ma come potevo spiegare questo a Hilda?
Bene, questa volta mia suocera, che Dio la benedica, si ammalò due giorni prima che io giungessi a Marsport e la notte prima dell'atterraggio mi arrivò uno spaziogramma di Hilda in cui mi diceva che sarebbe rimasta sulla Terra con sua madre e che per questa volta non ci saremmo potuti vedere.
Le risposi, comunicandole tutto il mio innamorato disappunto e tutta la mia febbrile preoccupazione per sua madre e, quando atterrai, ero...
Ero a Marsport senza Hilda!
Questo, però, non era ancora niente. Era solo la cornice del quadro, solo lo scheletro della donna. Ora dovevo pensare a mettere le linee e i colori dentro la cornice e la carne e la pelle sopra le ossa.
Così chiamai Flora, la stessa Flora di qualche raro episodio del passato. Per lo scopo usai una videocabina e al diavolo la spesa: ormai ero lanciato.
Mi davo dieci possibilità contro una che Flora fosse fuori o che fosse occupata e avesse staccato il videotelefono; persino che fosse morta.
Invece Flora era in casa, aveva il videotelefono collegato e, Grande Galassia, era tutto tranne che morta.
Aveva un aspetto migliore che mai. L'età non può sfiorire la bellezza, come qualcuno disse una volta, né l'abitudine può sottrarle la sua infinita varietà.
Era felice di vedermi. - Max! Sono anni! - squittì.
- Lo so, Flora, ma eccomi, se sei disponibile. Perché, indovina un po'? Sono a Marsport senza Hilda.
- Ma è favoloso! Allora vieni qui - squittì ancora.
Strabuzzai gli occhi. Questo era troppo. - Significa che sei disponibile? - Dovete capire che Flora non era mai disponibile senza un bel po' di preavviso. Sì, lei era quel genere di KO.
- Oh, ho solo un impegnucolo trascurabile, Max, ma a questo ci penso io. Tu pensa a venire qui.
- Verrò - risposi felice.
Flora era quel tipo di ragazza che... Va bene, ve lo dico, le stanze in cui abitava Flora avevano la stessa forza di gravità marziana, 0.4 rispetto a quella della Terra. L'aggeggio per renderla libera dal campo pseudo-gravitazionale di Marsport era costoso, naturalmente, ma se vi è mai capitato di tenere tra le braccia una ragazza a 0.4G, non avete bisogno di spiegazioni. Se non l'avete mai fatto, le spiegazioni non servono a niente, e mi dispiace molto per voi.
Parlo di galleggiare sulle nuvole.
Chiusi il collegamento, e solo la prospettiva di poterla vedere in carne e ossa avrebbe potuto cancellare la sua immagine con tale alacrità. Uscii dalla cabina.
E in quel momento, in quel preciso momento, fui raggiunto dal primo alito di catastrofe.
Quel primo alito era la testa di quel pidocchioso di Rog Crinton degli uffici di Marte, che brillava calva su una faccia riempita da due occhi azzurro pallido, da un colorito giallastro e da un paio di smorti baffi castani. Non mi presi il disturbo di mettermi a quattro zampe e di toccare il pavimento con la fronte perché, nell'attimo stesso in cui ero sceso dall'astronave, per me era cominciata la vacanza.
Così, limitandomi a un tono di normale educazione, dissi: - Dimmi cosa vuoi e guarda che ho fretta. Ho un appuntamento.
- Ce l'hai con me, l'appuntamento - rispose Rog. - Ti stavo aspettando al banco di scarico.
- Non ti ho visto.
- Non hai visto niente.
Su questo aveva ragione perché, ora che mi veniva in mente, ero sfrecciato davanti al banco di scarico come la Cometa di Halley attraverso la Corona Solare e, se lui in quel momento si trovava lì come diceva, allora aveva dovuto trottare non poco per raggiungermi
- Va bene - dissi. - Cosa vuoi?
- Ho un lavoretto per te.
Risi. - È il mio mese di riposo, amico.
- Allarme Rosso di Emergenza, amico - rispose.
Il che significava semplicemente: niente vacanza. Non potevo crederci. - Al diavolo, Rog - dissi. - Cerca di avere un cuore. Anch'io ho un allarme d'emergenza in corso.
- Mai come questo.
- Rog - gridai - non puoi trovare qualcun altro? Chiunque altro.
- In questo momento sei l'unico Agente di Classe A su Marte
- Girala alla Terra, allora. Al Quartier Generale accatastano agenti come fossero unità di micropile.
- Dev'essere fatto entro le undici. Che cos'è, non hai tre ore a
disposizione?
Mi presi la testa tra le mani. Il ragazzo non poteva sapere. -
Fammi fare una chiamata, okay?
Tornai nella videocabina e guardai torvo Rog. - È una chiamata privata! - esclamai.
Flora brillò di nuovo sullo schermo, come un miraggio su un asteroide. - Qualcosa non va, Max? - mi chiese. - Non dirmelo. Ho appena cancellato l'altro appuntamento.
- Flora, piccola, arriverò. Arriverò. Ma è saltato fuori qualcosa
Con tono ferito, Flora mi fece l'ovvia domanda e io risposi - No
Non si tratta di un'altra ragazza. Con te nella stessa città non può esistere nessun'altra ragazza. Femmine, magari, non ragazze Piccola! Dolce! - Mi venne un impulso selvaggio, ma mi trattenni: abbracciare schermi di videotelefono non è un passatempo che si addice a un uomo adulto. - Sono solo affari. Aspettami. Non ci vorrà molto.
- Va bene - disse Flora. Ma lo disse come se non andasse poi così bene, e a me vennero i brividi.
Uscii dalla cabina. - Va bene, Rog. Che razza di casino mi hai preparato?
Andammo al bar dello spazioporto e trovammo una cabina isolata. - L'Antares Giant arriverà da Sirio tra mezz'ora esatta, alle otto pomeridiane, ora locale - mi disse Rog.
- Okay.
- Tra gli altri passeggeri, scenderanno tre uomini. Aspetteranno lo Space Eater che arriva da Terrà alle undici pomeridiane e riparte per Capella qualche tempo dopo. Quando saliranno sullo Space Eater saranno fuori dalla nostra giurisdizione.
- Così?
- Così, tra le otto e le undici, i tre saranno in una speciale sala d'attesa, e tu sarai con loro. Ho gli ologrammi di tutti e tre così potrai sapere prima chi sono e con chi hai a che fare. Hai tempo dalle otto alle undici per decidere quale dei tre sta facendo il corriere.
- Per che tipo di contrabbando?
- Il peggiore. Spaziolina alterata.
- Spaziolina alterata?
Mi aveva incuriosito. Sapevo cos'era la Spaziolina. Se avete mai fatto un viaggio spaziale, lo sapete anche voi. E se per caso siete ancorati alla Terra, il semplice fatto è che tutti hanno bisogno di Spaziolina nel primo viaggio spaziale, quasi tutti ne hanno bisogno almeno per la prima dozzina, molti ne hanno bisogno sempre. Senza di essa, si possono verificare vertigini associate a illusione di caduta libera, terrori improvvisi e psicosi semi-permanenti. Prendendo la Spaziolina, invece, non succede nulla: si diventa indifferenti a tutto. Non dà assuefazione e non ha effetti collaterali. La Spaziolina è essenziale e insostituibile. Quando avete dubbi, prendetela.
- Proprio così - disse Rog. - Spaziolina alterata. Può essere mutata chimicamente con una reazione tanto semplice da poter essere prodotta nella cantina di chiunque, e trasformata in una droga che ti dà una carica enorme e ti rende dipendente fin dalla prima volta che la prendi. È sullo stesso piano dei più pericolosi alcaloidi che conosciamo.
- E l'abbiamo scoperto solo ora?
- No. Sono anni che il Servizio Galattico ne è al corrente. Abbiamo tenuto tutti gli altri all'oscuro mettendo a tacere ogni scoperta. Solo che ora la cosa ci è sfuggita di mano.
- In che modo?
- Uno degli uomini che faranno scalo in questo spazioporto ha addosso della Spaziolina alterata. I chimici del sistema di Capella, che è fuori dalla Federazione, l'analizzeranno e troveranno il modo di sintetizzarla. Una volta successo questo, il nostro problema sarà combattere la peggiore narcominaccia che si sia mai vista nella Galassia, oppure sopprimerne la fonte.
- Intendi la Spaziolina.
- Sì. E sopprimere la Spaziolina equivale a sopprimere i viaggi spaziali.
Decisi di arrivare al punto. - Qual è dei tre?
Rog fece un sorriso cattivo. - Se lo sapessimo non avremmo bisogno di te. Sarai tu a scoprire chi di loro ha la Spaziolina.
- Mi stai usando per una pidocchiosa perquisizione, insomma.
- Non è così semplice. Tocca quello sbagliato e rischi la testa. Ognuno di quei tre è un pezzo grosso sul suo pianeta. Uno è Edward Harponaster, l'altro è Joaquim Lipsky e il terzo è Andiamo Ferrucci. Capito?
Aveva ragione. Avevo sentito parlare di tutt'e tre. È probabile che ne abbiate sentito parlare anche voi. Nessuno dei tre poteva essere toccato senza prima avere in mano prove più che sufficienti. - Come può gente del loro calibro mettersi in un affare come...
- Ci sono di mezzo miliardi - disse Rog. - Il che significa che tutt'e tre ci si metterebbero. E uno di loro l'ha fatto, come ha scoperto Jack Hawk prima di venire ucciso.
- Jack Hawk è morto? - Per un attimo, mi dimenticai della narcominaccia galattica. Per un attimo, quasi mi dimenticai persino di Flora.
- Sì, e uno dei tre è il mandante dell'omicidio. Tocca a te scoprire chi. Se indichi quello giusto entro le undici in punto avrai una promozione, un aumento di stipendio, il sacrificio del povero Jack Hawk non sarà stato vano e in più avrai salvato la Galassia. Ma, se punti il dito su quello sbagliato, ci sarà una situazione diplomatica interstellare molto spiacevole e, oltre a essere sbattuto fuori, sarai su ogni lista nera da qui ad Antares e ritorno.
- Supponiamo che io non indichi nessuno - dissi.
- Per quanto riguarda il Servizio, questo equivale a indicare l'uomo sbagliato.
- Dunque devo indicarne uno e dev'essere quello giusto, altrimenti mi vedrò consegnare la mia stessa testa.
- In soldoni, si. Stai cominciando a capirmi, Max.
In una vita intera passata con un aspetto orribile, Rog non mi era mai sembrato così brutto. L'unica consolazione che ne potevo ricavare guardandolo era pensare che Rog è sposato e vive tutto l'anno a Marsport con la moglie. E se lo merita. Forse sono troppo duro con lui, ma se lo merita.
Non appena Rog si fu allontanato, chiamai rapidamente Flora.
- Ebbene? - esordì lei.
- Piccola, non posso parlarne ora, ma vedi, è una cosa che mi tocca proprio fare. Ora tu attacchi, e io mi libero di questa storia anche se per farlo dovessi attraversare in mutande il Grande Canale su fino alla calotta di ghiaccio. Anche se dovessi strappare Phobos dal cielo con le unghie. Anche se dovessi farmi a pezzettini e spedirmi per posta in pacchi separati...
- Se avessi pensato di dover aspettare... - disse Flora.
Sussultai. Flora semplicemente non era il tipo da commuoversi di fronte alla poesia. Era una creatura di pura azione. E, dopotutto, se sto per andare alla deriva con Flora in un mare a bassa gravità di essenza al gelsomino, la capacità di commuoversi di fronte alla poesia non è tra i requisiti che considero indispensabili.
- Aspettami, Flora - dissi con urgenza. - Non ci vorrà molto. Saprò ricompensare la tua pazienza.
Ero scocciato, certo, ma non ero ancora preoccupato. Rog se ne era appena andato quando capii esattamente come avrei potuto distinguere il colpevole dagli altri due.
Era facile. Avrei potuto chiamare Rog e dirglielo, ma non c'è nessuna legge che vieta a un uomo di fare i propri interessi. Ci avrei messo cinque minuti e poi sarei andato da Flora, magari un po' in ritardo, ma con una promozione, un aumento di stipendio e un bavoso bacio di ringraziamento su entrambe le guance da parte del Servizio.
Vedete, la storia era questa: i grandi industriali non fanno molti viaggi spaziali; usano perlopiù la ricezione transvideo. Quando devono recarsi a qualche importantissima conferenza interstellare, come probabilmente stavano facendo quei tre, prendono la Spaziolina. Primo, perché non hanno abbastanza viaggi spaziali nei pantaloni per rischiare di non prenderla. Secondo, perché questo è il modo costoso di fare un viaggio spaziale e gli industriali fanno sempre le cose nel modo costoso. So come sono fatti.
Ora, questo era valido per due di loro. Quello che stava contrabbandando droga non poteva rischiare di prendere la Spaziolina, nemmeno per prevenire i malesseri del viaggio. Sotto l'influenza della Spaziolina poteva buttare via la droga o farfugliarne l'esistenza a qualcuno. Doveva essere in grado di potersi controllare perfettamente.
Visto che era così semplice, aspettai.
L'Antares Giant era in orario, e io attesi, con i muscoli delle gambe pronti, a decollare non appena avessi beccato quello sporco trafficante assassino e spedito gli altri due eminenti capitani d'industria per la loro strada.
Portarono dentro per primo Lipsky. Aveva labbra carnose e rosse, guance rotonde, sopracciglia molto scure e capelli tendenti al grigio. Mi guardò appena e poi si sedette. Niente da fare. Era sotto l'effetto della Spaziolina.
- Buonasera, signore - dissi.
Mi rispose con voce sognante. - L'oreficeria di Panamio cuore in tre quarti d'ora per un tazza di camomillibertà di parola.
Era chiaramente Spaziolina. Lascia completamente aperti gli interruttori della mente. Ogni sillaba suggerisce la successiva per libera associazione.
Poi arriva Andiamo Ferrucci. Baffoni neri, lunghi e impomatati, colorito olivastro, faccia butterata. Si sedette in una poltrona di fronte a noi.
- Fatto buon viaggio? - gli chiesi.
- Viaggiato la luce fantastic tac fa l'orologio segna ore uguali di uccello - rispose.
- Uccello all'uomo saggio di architettura universale e pepe per tutti - aggiunse Lipsky.
Sogghignai. Restava Harponaster. Senza farmi vedere, avevo già impugnato la mia pistola ad aghi e il mio laccio magnetico era pronto per afferrarlo.
Harponaster entrò. Era magro e coriaceo, quasi calvo, ed era molto più giovane di quanto sembrava nell'ologramma. Era fatto di Spaziolina fino al midollo.
- Accidenti! - esclamai.
- Dentista bene per l'ultimo voltafaccia simpaticade se non lo prendi - disse Harponaster.
- Prendi e semina la terra contesa di un cappello di piume di usignolo - aggiunse Ferrucci.
- Gli dei cantano e saltavolo da ping pong - concluse Lipsky.
I miei occhi passavano da uno all'altro mentre le loro frasi senza senso si accorciavano sempre più fino al silenzio.
Avevo capito. Uno di loro stava fingendo. Aveva anticipato le nostre mosse, realizzando che se avesse mostrato di non aver preso la Spaziolina si sarebbe tradito. Probabilmente aveva corrotto un agente per farsi iniettare una soluzione salina, oppure l'aveva risolta in qualche altro modo.
Uno di loro stava fingendo. Non era difficile. I comici della tv subeterica hanno sempre in repertorio qualche scenetta sugli effetti della Spaziolina. Li avete visti anche voi.
Fissai i tre uomini e per la prima volta avvertii un brivido alla base del cranio che mi diceva: "Cosa succede se non indichi quello giusto?"
Erano le 8:30 e c'erano in ballo il mio lavoro e la mia reputazione, per non parlare della testa che cominciavo a sentirmi traballare sul collo. Rimandai a più tardi questi problemi e pensai a Flora. Non avrebbe aspettato per sempre. Anzi, c'era la possibilità che non avrebbe aspettato nemmeno mezz'ora.
Mi chiesi se l'impostore sarebbe riuscito a continuare le sue libere associazioni fasulle anche se l'avessi portato su un terreno pericoloso.
- Hanno appena preso un ladro galattico - dissi, facendo suonare le ultime due parole come "la droga lattico".
- La droga sotto i soldo re mi fa sol l'anima da salvare - disse Lipsky.
- Salvo per un pelo dal corno dell'unicornon sento parlare di temo il rasoio e la sua lama - disse Ferrucci.
- La mattina limpida e la neve non resta per sempre preparati al peggio perché la scienza traballa - disse Harponaster.
Lipsky: - Balla la samba.
Ferrucci: - Sambastanza giusto.
Harponaster: - Degiustazione.
Ci fu qualche altro borbottio e poi il silenzio.
Provai di nuovo, senza dimenticare di essere cauto. Dopo si sarebbero ricordati tutto, dunque dovevo usare solo frasi innocue. - Questa spazio-linea è maledettamente efficiente - dissi.
Ferrucci disse: - Entelefante e le tigri e i coyote che abbaiano al buio...
Lo interruppi e mi rivolsi a Harponaster. - Una spazio-linea maledettamente buona.
- Buon riposo su un letto soffice e morbidove ho sbagliato nel vestirmi per un giorno come...
Interruppi anche lui e puntai Lispky. - Una buona spazio-linea.
- Ne aggiungo un po' nella cioccolata caldamente invitato in video e raddoppia gli sforzi e guarda.
- Guarisci il tuo maleggere e scrivere fa sempre bene - disse qualcuno.
- Benediciamo l'ora del pasto.
- Sto arrivendo.
- Endiano Americano.
- Anonimo poeta.
- Età.
Provai ancora qualche volta, senza alcun risultato. Chiunque fosse l'impostore, doveva essersi esercitato, oppure aveva un talento naturale per le associazioni libere. Aveva sganciato la mente e lasciava che le parole uscissero a caso. E doveva sapere esattamente che cosa io stavo cercando. Se "droga" non era bastato, quello "spazio-linea" ripetuto tre volte gliel'aveva fatto certamente capire. Con gli altri due ero al sicuro, ma lui sapeva.
E mi stava prendendo in giro. Tutt'e tre avevano detto frasi indicative di un profondo e inconscio senso di colpa ("l'anima da salvare", "dove ho sbagliato", "la droga sotto" e così via). Ma due di loro le avevano dette casualmente, senza poterci fare nulla, mentre il terzo si stava divertendo alle mie spalle.
Come potevo smascherarlo? Ero assalito da un febbrile brivido d'odio nei suoi confronti. Mi prudevano le mani. Il verme stava sovvertendo la Galassia. Per di più, aveva ucciso un mio caro amico e collega. E, più ancora di questo, mi stava tenendo lontano da Flora.
Avrei potuto alzarmi e cominciare a perquisirli. I due che erano veramente sotto l'effetto della Spaziolina non avrebbero mosso un dito per fermarmi: non provavano alcuna emozione, niente passione, paura, odio, apprensione, nessun desiderio di autodifesa. Quello che avrebbe mostrato anche solo il minimo segno di resistenza sarebbe stato il mio uomo.
Ma gli altri due, dopo, si sarebbero ricordati di aver subito una perquisizione mentre erano sotto l'effetto della Spaziolina.
Sospirai. Se ci provavo avrei sì preso il criminale, ma dopo mi sarei ritrovato nello stato più simile ai fegatini di pollo mai raggiunto in precedenza da essere umano. Sarebbe scoppiata una grana grande come l'intera Galassia e nel Servizio ci sarebbe stato un terremoto. Nell'inevitabile disorganizzazione e nella confusione, il segreto della Spaziolina alterata sarebbe sfuggito comunque, quindi al diavolo il mio piano.
Ovviamente, l'uomo che cercavo poteva anche essere il primo che avrei perquisito. Avevo solo una possibilità su tre. Solo una, e solo Iddio con una ne fa tre.
Diavolo, mentre stavo borbottando a me stesso, qualcosa li aveva messi in moto e la Spaziolina e contagiohsanto dio, oh...
Guardai disperato l'orologio e i miei occhi mi informarono che erano già le 9.15.
Perché diavolo il tempo passava così alla svelta?
Oh, mio dio; oh, diavolo, oh, Flora!
Non avevo scelta. Andai alla cabina per fare un'altra breve chiamata a Flora. Solo una, voi capite, per mantenere vivo l'interesse; sempre che non fosse già morto e sepolto.
Continuavo a dirmi che non avrebbe risposto.
Cercai di prepararmi a quell'eventualità. C'erano altre ragazze, dopotutto...
No, non c'erano altre ragazze.
Se Hilda fosse stata a Marsport, Flora non mi sarebbe nemmeno venuta in mente e non me ne sarebbe importato nulla. Ma ero a Marsport senza Hilda e con Flora avevo preso un appuntamento.
Il segnale continuava a ripetersi e io non osavo chiudere il collegamento.
Rispondi! Rispondi!
Rispose. - Sei tu! - disse.
- Naturalmente, dolcezza. Chi altri poteva essere?
- Oh, moltissima altra gente. Qualcuno che sarebbe venuto.
- È solo una piccola questione di affari, cara.
- Cosa affari? Plaston per chi?
Feci per correggere la sua grammatica, ma ero troppo occupato a chiedermi cosa diavolo fosse la storia del plaston.
Poi mi venne in mente. Una volta le avevo raccontato di essere un rappresentante di plaston. Era stata quella volta che le avevo portato un amore di camicia da notte in plaston.
- Senti, dammi solo un'altra mezz'ora...
I suoi occhi si inumidirono. - Sono qui seduta tutta sola.
- Ti ricompenserò. - Per farvi capire quanto fossi disperato, vi dirò che i miei pensieri avevano definitivamente preso la strada della gioielleria, anche se un tale ammanco nel nostro libretto di risparmio sarebbe balzato agli acutissimi occhi di Hilda come la Nebulosa Testa di Cavallo davanti alla Via Lattea. Ma ero proprio disperato.
- Avevo un buonissimo appuntamento e l'ho rimandato - disse.
Protestai. - Mi hai detto che era solo un trascurabile impegnucolo.
Quello fu un errore. Lo capii non appena mi uscì dalle labbra.
- Trascurabile impegnucolo! - gridò. (Era quello che aveva detto. Aveva detto proprio così. Ma avere la ragione dalla propria parte quando si litiga con una donna non fa che peggiorare le cose. Non lo sapevo, forse?) - Un uomo che mi ha promesso un podere sulla Terra...
Continuò a parlare in lungo e in largo di questa promessa. Non c'era una sola ragazza in tutta Marsport che non stesse facendo carte false per procurarsi una proprietà sulla Terra, e quelle che riuscivano a ottenerla si potevano contare sul sesto dito di entrambe le mani.
Cercai di fermarla. Niente da fare.
- E io sono qui tutta sola, con nessuno - disse finalmente, e riattaccò.
Be', aveva ragione. In quel momento mi sentii l'individuo più spregevole della Galassia.
Tornai in sala d'attesa. Un servo in livrea mi fece cerimoniosamente entrare.
Fissai i tre industriali e pensai all'ordine in cui avrei scelto di strozzarli lentamente a morte se solo avessi ricevuto ordini in proposito. Forse avrei strangolato per primo Harponaster. Aveva un collo sottile e viscido, perfetto per essere circondato dalle dita, e un pomo d'adamo sporgente su cui i pollici avrebbero potuto facilmente far presa.
- Il pensiero mi rallegrò al punto che mi scappò un - Ragazzi! - di puro desiderio omicida.
Questo diede loro il la. - Azzitempo bolle l'acqua nella teiera che sul fuoco appioggia scrosciante su di noi, Dio salvi i vostri averi - disse Ferrucci.
- I veri nipoti non si comportano male strade sono invase - aggiunse quello dal collo sottile, Harponaster.
- Vasetti di marmellata non possono ubriaco - disse Lipsky.
- A come anteriore e regina mangiano l'alfiere.
- Le fiere si avvicinano oh pregate.
- Pregatende alla crescita.
- Crescita somma.
- Marmo.
- Armo.
Poi più nulla.
Mi fissarono e io li fissai. Erano privi di emozioni (o almeno due di loro lo erano) e io ero privo di idee. E il tempo passava.
Li fissai ancora per un po' e pensai a Flora. Realizzai che, non avendo niente da perdere che non avessi già perso, potevo anche parlare di lei.
- Signori - dissi. - C'è una ragazza in questa città di cui non voglio fare il nome per paura di comprometterla. Lasciate, signori, che io ve la descriva.
Lo feci. Se posso permettermi di dirlo io stesso, le ultime due ore avevano acuito la mia sensibilità a tal punto che la mia descrizione di Flora prese un tono tanto poetico che sembrava attingere direttamente a qualche pozzo di virile lirismo profondamente nascosto nelle fondamenta del mio inconscio.
E loro rimasero immobili, come se mi stessero ascoltando, senza interrompermi quasi mai. Le persone sotto l'effetto della Spaziolina diventano di una cortesia assoluta. Non parlano mai se sta parlando qualcun altro. È per questo che parlano a turno.
Continuai a parlare con un tono di accorata tristezza fino a quando una voce eccitata annunciò dall'altoparlante l'arrivo dello Space Eater.
Ecco fatto. - Alzatevi, signori - dissi ad alta voce. - Non tu, assassino - e il mio laccio magnetico scattò intorno al polso di Ferrucci prima che potesse fiatare.
Ferrucci lottò come un demonio. Non aveva preso la Spaziolina. Trovarono la droga nascosta in piccoli cuscinetti di plastica color carne fissati all'interno dei suoi polpacci. Era assolutamente impossibile vederli, si potevano solo sentire al tatto, e ancora ci volle un coltello per averne la certezza.
Poco dopo, un Rog Crinton sorridente e mezzo pazzo di sollievo mi teneva mortalmente stretto per il bavero. - Come hai fatto? Che cosa te l'ha fatto capire?
- Uno di loro stava fingendo uno sballo di Spaziolina - risposi tentando di liberarmi. - Così ho raccontato loro - e qui mi controllai: i dettagli non erano affari suoi - uh... di una ragazza che conosco e due di loro non hanno dato segni di reazione, dunque erano sotto l'effetto della Spaziolina. Ma Ferrucci ha cominciato ad ansimare e la sua fronte si è imperlata di sudore. Ho reso la mia storia molto, per così dire, ricca di particolari, e lui ha reagito, dunque non l'aveva presa. Che ne dici di lasciarmi andare, ora?
Rog mi mollò e quasi caddi all'indietro.
Ero pronto per il decollo. I miei piedi scalpitavano senza che io avessi dato loro istruzioni in merito, ma ugualmente mi voltai.
- Ehi, Rog - dissi - puoi firmarmi una nota di mille crediti senza registrarla, per il servizio reso al Servizio?
In quel momento capii che la gratitudine, sicuramente effimera, e il sollievo l'avevano mezzo ammattito, perché mi disse - Certo, Max. Anche di diecimila, se vuoi.
- Voglio - dissi. Tanto per cambiare, lo afferrai per un braccio. - Voglio. Voglio.
Rog compilò una nota ufficiale del Servizio per diecimila crediti, moneta valida in ogni parte della Galassia. Quando me la diede stava sorridendo, e potete scommettere che anch'io stavo sorridendo quando la presi.
Come lui intendeva renderne conto erano affari suoi. Il punto era che io non dovevo renderne conto a Hilda.
Ero nella cabina, per l'ultima volta, a chiamare Flora. Non osavo lasciare le cose così come stavano. Nella mezz'ora che avrei impiegato a raggiungerla, Flora poteva trovare qualcun altro. Sempre che non l'avesse già fatto.
Fai che risponda. Fai che risponda. Fai che...
Rispose, ma era agghindata per uscire. Altri due minuti e non l'avrei trovata.
- Sto uscendo - annunciò. - C'è qualcuno che si comporta in modo decente. E spero di non vederti mai più d'ora in poi. Spero anche di non dover posare mai più i miei occhi su di te nemmeno per sbaglio. E mi faresti un grande favore, caro Signor Chidiavolosei, se tu dimenticassi il mio numero e non lo inquinassi più con...
Non stavo dicendo niente. Stavo solo fermo, trattenendo il respiro e allo stesso tempo tenendo la nota di accredito dove lei potesse vederla. Solamente questo.
Alla parola "inquinassi" Flora si avvicinò per guardare meglio. Non era molto istruita, la ragazza, ma riusciva a leggere "diecimila crediti" più rapidamente di qualsiasi laureato dell'intero Sistema Solare.
- Max! Per me? - disse.
- Tutti per te, piccola - confermai. - Ti avevo detto che avevo un piccolo affare da concludere. Volevo farti una sorpresa.
- Oh, Max, questo è carino da parte tua. Non me l'ero presa veramente, sai? Stavo solo scherzando. Ora vieni subito da me - disse. Si tolse il soprabito.
- E il tuo appuntamento?
- Ho detto che stavo scherzando.
- Sto arrivando - dissi sentendomi mancare.
- Con ogni singolo credito di quei diecimila - precisò Flora furbescamente.
- Con ogni singolo credito - la rassicurai.
Chiusi il collegamento, uscii dalla cabina e ora, finalmente, ero pronto per il de...
Sentii chiamare il mio nome. Max! Max! - Qualcuno stava correndo verso di me. - Rog Crinton mi ha detto che ti avrei trovato qui. La mamma sta molto meglio, così ho ottenuto un passaggio straordinario sullo Space Eater e che cos'è questa storia dei diecimila crediti?
Non mi girai. - Ciao, Hilda - dissi.
- Poi mi voltai e feci la cosa più difficile che mi sia mai riuscita di fare in tutta la mia inutile vita di spazioviaggiatore.
In qualche modo, riuscii a sorridere.
Titolo originale: I'm in Marsport Without Hilda
Prima edizione: Venture, novembre 1957
Traduzione di Stefano Massaron