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Interrogatorio di Markus Baarentz del 22 luglio 1983. Luogo: stazione di polizia di Lejnice. Interrogatorio condotto da: commissario Vrommel. Presenti: ispettore di polizia Walevski, pubblico ministero Mattloch. Redazione del verbale: ispettore di polizia Walevski.
VROMMEL: Nome, età e professione, grazie.
BAARENTZ: Markus Baarentz. Ho quarantanove anni e lavoro come ragioniere.
V: Qui a Lejnice?
B: No, a Emsbaden. Ma abito a Lejnice. Alexanderlaan 4.
V: Vuole raccontare che cosa le è successo ieri notte?
B: Naturalmente. Eravamo stati a Frigge e siamo tornati a Lejnice piuttosto tardi.
V: Un momento. «Noi» chi?
B: Mi perdoni. Sono un giocatore di bridge. Io e il mio compagno, Otto Golnik, abbiamo partecipato a un torneo di due giorni a Frigge. A coppie. Si è tirato un po’ per le lunghe, e abbiamo finito solo verso le undici. Siamo arrivati terzi e quindi abbiamo anche partecipato alla premiazione. Poi ci siamo messi in viaggio. Eravamo con la mia macchina, di solito facciamo a turno. Ho accompagnato prima Otto, che abita a Missenraade, e poi ho proseguito verso casa. Ho preso la solita strada, e quando stavo percorrendo la Molnerstraat, che costeggia la ferrovia, li ho notati.
V: Che ora era all’incirca?
B: Le due. O qualche minuto dopo. Era subito dopo il viadotto, c’è un lampione in quel punto, perciò era impossibile non notarlo... notarli.
V: Che cosa ha visto, dunque?
B: Maager. Arnold Maager era seduto accanto ai binari con una ragazza fra le braccia.
V: Come fa a sapere che era proprio Maager?
b L’ho riconosciuto. Ho un figlio che frequenta la Voeller. L’ho visto a un paio di incontri con i professori. Ho capito subito che era lui.
V: Capisco. Che cos’ha fatto allora?
B: Mi sono fermato. Mi sono reso conto che qualcosa non andava. Non c’era motivo di starsene seduti proprio lì, così vicino ai binari. Anche se di notte non passano treni, da quando hanno sospeso il traffico merci. C’era qualcosa di strano anche nella ragazza. Era distesa, con la testa sulle ginocchia di Maager, immobile. Credo di aver intuito che era successa una disgrazia appena li ho notati.
V: Ha visto qualcun altro nelle vicinanze?
B: Nessuno. Del resto era notte fonda.
V: Si è fermato ed è sceso dalla macchina?
B: Sì. Però prima ho abbassato il finestrino e l’ho chiamato. Gli ho chiesto cosa stava succedendo, ma lui non ha risposto. Allora sono sceso. L’ho chiamato un’altra volta, ma lui non ha reagito. A quel punto ho capito che dovevano esserci sul serio dei problemi. Mi sono arrampicato oltre la recinzione e mi sono avvicinato a loro. Lui non ha nemmeno alzato gli occhi, anche se deve avermi sentito. Stava lì seduto ad accarezzare i capelli della ragazza. Sembrava assente. Come se avesse subito uno shock. Per un attimo ho creduto che fosse ubriaco, e che magari anche la ragazza avesse bevuto, ma poi ho capito che non era così. Era molto peggio. Lei era morta.
V: Come ha capito che era morta?
B: Non lo so di preciso. La postura, probabilmente. L’ho chiesto a Maager, ma non ha risposto. Non si è nemmeno voltato verso di me. Non c’è stato verso di parlarci.
V: Ha notato qualche ferita sul corpo della ragazza?
B: No. Era solo il modo in cui era distesa. E il viso. Gli occhi non sembravano proprio chiusi, e neppure la bocca. E poi non si muoveva. Era immobile.
V: E Arnold Maager?
B: Lui stava solo lì seduto e le accarezzava i capelli e le guance. Sembrava completamente assente, come le ho detto. L’ho anche chiamato per nome. «Signor Maager» ho detto, «cos’è successo?»
V: E le ha risposto?
B: No. Non sapevo bene cosa fare. Sono rimasto lì forse quindici o venti secondi. Ho ripetuto la domanda e alla fine lui ha alzato gli occhi. Mi ha guardato per un attimo; c’era qualcosa di strano nei suoi occhi, anzi, nell’espressione del volto.
V: In che senso?
B: Avevano un’aria malata. Da giovane ho lavorato qualche estate in una casa di cura per malati mentali e mi è sembrato di riconoscere quello sguardo. È stato un pensiero immediato.
V: E che cosa ha fatto?
B: Ho chiesto che cosa era successo alla ragazza, ma lui non ha reagito neanche allora. Mi sono chinato per guardarla più da vicino. Pensavo di sentirle il polso o qualcosa del genere, ma lui mi ha respinto.
V: Respinto? E come?
B: Mi ha come scostato la mano. E poi ha emesso un suono.
V: Un suono?
B: Sì. Un suono. Sembrava... sì, sembrava quasi un muggito.
V: Sta dicendo che Maager ha emesso un muggito?
B: Sì. Un suono non umano, in ogni caso. Un verso. Ho immaginato che fosse sotto shock e che non mi avrebbe detto nulla di sensato.
V: Capisco. Racconti che cosa ha fatto subito dopo.
B: Ho pensato di chiamare la polizia e un’ambulanza. La cosa migliore sarebbe stata fermare un’auto o trovare qualcuno che potesse aiutarmi, ma era notte fonda e in giro non c’era anima viva. Non volevo nemmeno lasciarlo lì con la ragazza, non prima di essermi accertato delle sue condizioni. Alla fine sono riuscito a sentirle il battito senza che lui protestasse. Niente, era come avevo pensato. Era morta.
V: In che punto ha fatto la prova?
B: Sul polso. Lui non ha lasciato che mi avvicinassi al collo.
V: Ha riconosciuto anche la ragazza?
B: No. Sono venuto a sapere solo dopo chi era, ma non conosco la famiglia.
V: Alla fine è andato comunque a cercare aiuto?
B: Sì. Non potevo fare altro. Sono tornato sulla strada, ho raggiunto la casa più vicina e ho suonato. Ho anche spento i fari della macchina, li avevo dimenticati accesi. C’è voluto un po’ prima che qualcuno venisse ad aprire, ma da lì vedevo che Maager e la ragazza erano sempre sui binari. Erano a trenta o quaranta metri di distanza. La persona che mi ha aperto era Christina Deijkler, la conosco di vista, ma non sapevo che abitasse proprio lì. Le ho spiegato cos’era successo e anche lei ha potuto constatare la situazione. È rientrata in casa a telefonare, io sono tornato indietro ad aspettare e dopo circa dieci minuti è arrivata la polizia. C’erano Helme e Van Steugen. L’ambulanza è arrivata un attimo dopo.
V: Grazie, signor Baarentz. Una testimonianza molto utile. Solo un paio di domande ancora. Mentre cercava di parlare con Maager, si è fatto un’idea di che cosa fosse accaduto?
B: No.
V: Lui non ha accennato a nulla? Con parole, gesti o in altro modo?
B: No. Assolutamente niente. A parte quello strano verso.
V: E lei non ha tratto nessuna conclusione?
B: Non in quel momento. Poi ho sentito di che cosa si trattava. È spaventoso, ma quella notte non ne avevo la minima idea.
V: Come è venuto a sapere cos’era successo?
B: Da Alexander, mio figlio. Aveva sentito la notizia in città, a quanto pare si è diffusa in fretta, è comprensibile. Sembra che Maager avesse avuto una relazione con la ragazza, e che a scuola lo sapessero quasi tutti. Naturalmente è uno scandalo, sì, non so cosa dire. A quanto pare lui l’avrebbe spinta giù dal viadotto, è così?
V: È troppo presto per pronunciarsi sulle cause della morte, ma non escludiamo questa possibilità. Lei è assolutamente sicuro di non aver visto nessun altro nei pressi del luogo dell’incidente?
B: Assolutamente.
V: Nessuna macchina di passaggio, o che ha incrociato appena prima di arrivare sul posto?
B: No. Non credo di aver incontrato neppure un’auto dopo aver lasciato Otto Golnik a Missenraade. E nemmeno nei pressi del viadotto, ne sono più che certo.
V: A quanto pare ha una capacità di osservazione fuori del comune, signor Baarentz.
B: Può darsi. Sono una persona piuttosto precisa. Nel mio lavoro è indispensabile. Probabilmente anche giocare a bridge aiuta, non bisogna mai abbassare l’attenzione.
V: Capisco. Grazie, signor Baarentz. Ci è stato di grandissimo aiuto.
B: Non c’è di che. Ho fatto solo il mio dovere.