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Verso sera fu colta dallo sconforto.
Forse era per gli scrosci di pioggia, che arrivavano senza tregua da sud-ovest. Era stesa sul letto bitorzoluto della pensione cercando di leggere, ma non poteva fare a meno di pensare a Mikaela Lijphart e agli altri personaggi di quella vicenda.
O a se stessa.
Che ci faccio qui? Che cavolo sto combinando? Un ispettore di polizia in vacanza! Un ciclista non passerebbe le sue sudate vacanze a riparare biciclette gratis. Devo essere impazzita.
Telefonò a Clara Mietens, ma la sua ancora di salvezza non era ancora rientrata. Telefonò alla stazione di polizia, ma Vegesack era fuori in servizio. Telefonò al servizio automatico delle previsioni del tempo, e scoprì che altre perturbazioni erano in coda sull’Atlantico, in attesa.
Divertente, pensò l’ispettore Moreno, e per la quarta volta provò a rileggere la stessa pagina.
Alle sette fece il numero di Vera Sauger. Nessuna risposta. Riprovò mezz’ora dopo, poi continuò a intervalli regolari per il resto della serata.
Dopo il tentativo delle otto e mezzo valutò se uscire a mangiare un boccone, ma decise di lasciar perdere. Non voleva ripetere l’esperienza del pasticcio di carne del giorno prima. Invece fece duecento rotazioni e quaranta flessioni sulle braccia. Due ore più tardi si infilò sotto la doccia, cercando di capire cosa avesse potuto agitare così tanto il dottor deHaavelaar.
Non arrivò a nessun risultato. Nulla di cui stupirsi. Non valeva la pena cercare di trarre conclusioni partendo da basi così inconsistenti. Scovare tracce in un pantano? Fatica vana. Perfino un ispettore confuso dovrebbe capirlo.
E gli ottantenni non erano sempre ragionevoli, anche se avevano l’aspetto di un grizzly in gran forma e non trotterellavano neanche un po’.
Ultimo tentativo, pensò mentre faceva il numero di Vera Sauger qualche minuto dopo le undici. Se non risponde adesso mi arrendo.
Dopo tre squilli qualcuno sollevò il ricevitore.
«Vera Sauger.»
Grazie, pensò Ewa Moreno. Ora sii buona e lasciami parlare con te. Anche se è un po’ tardi.
E per favore, cerca di avere qualcosa da dirmi.
Anche Vera era single e coetanea di Ewa Moreno.
Ci saranno ancora bambini in Europa fra dieci anni? pensò quando la fece accomodare nell’appartamento di Lindenstraat. Oppure tutte le donne avranno ormai scartato la possibilità di procreare? Cosa aveva detto Mikael Bau? Abbracciare la fredda pietra della libertà?
Si scrollò di dosso quegli interrogativi sgradevoli e prese posto al tavolo di cucina, dove la donna aveva servito tè e dolcetti rosso scuro simili a capezzoli. Vera Sauger non si era opposta alla visita, benché fosse quasi mezzanotte e sembrasse avere un gran bisogno di sonno dopo cinque giorni passati sulle isole. Quando al telefono Moreno aveva nominato Mikaela Lijphart, l’aveva subito interrotta pregandola di andare da lei.
Meglio parlare a quattr’occhi, aveva spiegato. Moreno era dello stesso avviso.
«Dunque è tuttora scomparsa?» domandò dopo aver versato il tè in due tazze gialle con dei grandi cuori blu. Le avrà prese in qualche grande magazzino di arredamento svedese, scommise Moreno.
«Ne eri al corrente?»
Vera Sauger la guardò sorpresa.
«Certo. Perché me lo chiedi? Chi sei in realtà?»
Ewa Moreno mostrò il suo tesserino, chiedendosi quante volte l’avesse già fatto in quella lunga giornata. Quella doveva essere la terza.
«Sei nuova qui in città, dunque?» volle sapere Vera Sauger. «Non mi pare di conoscerti. Non che di solito abbia molto a che fare con la polizia, ma...»
«Vengo da Maardam» spiegò Ewa Moreno. «Sono qui solo in vacanza. Ma ho incontrato la ragazza prima che scomparisse.»
Vera Sauger annuì vagamente.
«E non hai alcun contatto con la stazione di polizia?»
«Di tanto in tanto» disse Moreno. «Perché me lo chiedi?»
Vera Sauger mescolò lentamente il suo tè, con un’aria ancora più perplessa.
«Perché mi hai chiesto se ne ero al corrente» disse.
«E...?»
«Ovviamente sì. Sono anche stata alla stazione di polizia a fare le mie dichiarazioni prima di andare a Werkeney.»
Passarono due secondi di vuoto. Poi Moreno si ricordò che qualche giorno prima Vegesack aveva detto qualcosa in proposito.
Che si era fatta viva una donna in relazione al primo avviso di ricerca, ma che non avevano scoperto nulla. Non era così?
Sì, per quanto riuscisse a ricordare. Una di Lejnice e una di Frigge. E la donna di Lejnice non poteva che essere Vera Sauger, che proprio ora era seduta di fronte a lei e si stava infilando in bocca un dolcetto-capezzolo.
D’un tratto ebbe come la sensazione che il cervello le fosse andato in corto circuito. L’unica cosa di cui era certa era che qualcosa non andava.
Anche fuori dalla sua testa.
«Mi è... dev’essermi sfuggito» disse cercando di mettere insieme un sorriso di scuse. «Cosa volevi raccontarmi?»
Vera Sauger finì di masticare e si sistemò una ciocca bionda dietro l’orecchio destro.
«Che lei era stata qui, no?» rispose poi. «Mi sembra strano che tu non ne sappia nulla.»
«Tu hai dichiarato che Mikaela Lijphart era venuta a trovarti?» disse Moreno. «È così?»
«Esatto» disse Vera Sauger.
«Che hai parlato con lei quella domenica... dieci giorni fa?»
«Sì.»
Moreno rimase in silenzio mentre la domanda si cristallizzava nella sua mente. Ci volle un momento.
«E a chi lo hai riferito?»
«A chi? Al commissario, naturalmente. Vrommel.»
«Capisco» disse Ewa Moreno.
Non era proprio così, ma faceva lo stesso. Ora era più importante andare avanti.
«E quando Mikaela era qui, di cosa voleva parlare?» domandò.
«Di suo padre» rispose Vera Sauger. «Di quello che accadde sedici anni fa. Lei lo aveva appena scoperto.»
«Questo lo so» disse Moreno, annuendo. «E cosa voleva sapere da te?»
Vera Sauger esitò di nuovo.
«Non lo so di preciso» disse. «Fu piuttosto vaga e parlammo poco. La madre di Winnie le aveva dato il mio nome. Sembrava... sì, sembrava convinta che suo padre fosse innocente. Non lo diceva apertamente, ma ebbi quell’impressione. Era stata a parlare con lui il giorno prima. Sabato. Non dev’essere stato facile... per nessuno dei due.»
«Arnold Maager avrebbe dunque detto a sua figlia che non era stato lui a uccidere Winnie Maas?»
«Non ne sono sicura» disse Vera Sauger. «Lei lo accennò soltanto. Anche se forse non è così strano che lui le abbia detto qualcosa di simile... per mostrarsi sotto una luce migliore. Ci ho pensato dopo.»
Ewa Moreno meditò un istante su questo punto.
«Io ero a quella dannata festa a casa di Gollumsen» continuò Vera Sauger. «Ed ero amica di Winnie. Anche se non così intima come sembra credere sua madre. Quando eravamo un po’ più giovani, forse, ma non all’epoca dei fatti. Ci eravamo come un po’ allontanate.»
«Cose che capitano» disse Moreno. «Mikaela Lijphart non voleva sapere qualcosa di più preciso?»
Vera Sauger rifletté e prese un altro capezzolo.
«Ragazzi» disse. «Mi domandò con quali ragazzi era stata Winnie prima di quella storia con Maager.»
«Perché voleva saperlo?»
«Non ne ho idea. Parlammo al massimo un quarto d’ora, venti minuti. Io ero un po’ di fretta.»
«Ma tu l’aiutasti con quella faccenda dei ragazzi?»
«Le diedi un paio di nomi.»
«Quali?»
Vera Sauger rifletté di nuovo.
«Claus Bitowski» disse. «E Tim Van Rippe.»