Capitolo 9
Kristi lo osservava con espressione incredula. «Ian, cos’hai in mente di fare?»
Lui le tese la mano. «Avanti. Oggi voglio ballare con mia sorella.»
Gli fece una smorfia e con lo sguardo esplorò la grande tenda, vedendo che i presenti avevano cominciato a fissarli. «Ma io stavo bene nel mio angolino.»
Lui contrasse il muscolo della mascella. «Siamo dei Carlisle. Non ci nascondiamo in un angolo e non ci caliamo dalle rocce sporgenti. Noi scegliamo sempre la strada più difficile.»
Kristi alzò gli occhi al cielo. «Non potrò evitarlo, vero?»
«Forza» la incoraggiò lui con un gesto della mano. «Il tuo coraggio è proprio là che ti aspetta, al centro della pista.»
«Non me la sento di ballare la samba. Scusami se l’hai imparata per niente.» Kristi appoggiò la mano sulla sua.
«Oggi niente samba.» In fondo tutte quelle ore di volteggi e piroette sotto le stelle con Charlee non gli erano pesate per niente. Si diresse verso i musicisti. Gli bastò dire “Tim McGraw” e quelli cominciarono a suonare una ballata, né lenta né veloce, un piacevole compromesso. Quasi subito la pista da ballo si riempì di altre coppie che si dondolavano e volteggiavano al ritmo della musica. Dopo un po’ sua sorella gli premette la guancia contro il petto e scoppiò a piangere.
Nel giro di un’ora Kristi fu sommersa di richieste da una miriade di compagni di ballo, soprattutto ragazzi del posto e amici di famiglia, e rise di cuore.
Thomas Carlisle attraversò a passo deciso la pista da ballo e si avvicinò a Ian, fermandosi di fronte a lui. «Bravo, Ian.»
Ian sbatté le palpebre, in attesa di una battutina. In attesa del sarcasmo. Quando capì che non sarebbe stato così borbottò: «Grazie».
Thomas lo prese per un braccio e lo portò fuori dalla tenda da un’apertura laterale. Fuori la musica era meno assordante e la luce più tenue. Thomas allontanò lo sguardò dal figlio e lo rivolse verso la casa. «Io, ehm… non avrei gestito la situazione come hai fatto tu.»
Ecco che arriva.
«È stato… è stato un bene. Kristi ne aveva bisogno. A testa alta, nessuno stronzetto di città può farci passare da stupidi.»
Ian chiuse gli occhi perché, anche se avrebbe voluto ricordare a suo padre che qui non si trattava del Grande e Potente Thomas Carlisle, si rendeva conto che suo padre ce la stava mettendo tutta. «Non volevo che le toccasse rivedere la famiglia per Natale o per il giorno del Ringraziamento e ricordarsi che era la prima volta che li incontrava dopo il suo mancato matrimonio. Le sarebbe toccato rivivere tutto quanto. Così invece è finita. Può andare avanti.» Ian si girò per rientrare, ma suo padre lo trattenne per un braccio.
«Hai fatto la cosa giusta questa volta, Ian, e… mi dispiace per prima.»
Ian svuotò i polmoni di tutta l’aria. Suo padre non si era mai scusato di nulla.
«Va tutto bene, papà.» Fece per girarsi di nuovo, ma questa volta fu lui a bloccarsi. «Sul serio.»
«Pensa alla mia offerta di lavoro, d’accordo?»
Ian annuì. «D’accordo.»
Quando Ian condusse Charlee sulla pista da ballo si sentiva meglio, più leggero. Se mai qualcuno gli avesse detto che si sarebbe sentito così bene nel giorno del mancato matrimonio di sua sorella lo avrebbe preso per matto.
Charlee volò tra le sue braccia e lui sentì la pelle fresca per la brezza notturna che entrava nel tendone, una pelle soffice come la seta. Le sfiorò con la mano le spalle nude. «Toccare la tua pelle è incredibile» le sussurrò in un orecchio, mentre sentiva un lieve fremito attraversarle il corpo.
Lei spostò indietro la testa per guardarlo e in quel modo i suoi capelli carezzarono la mano di Ian. «E tu invece hai salvato questa giornata.»
«Attenta, potrei montarmi la testa.»
«Intendi più di quanto non lo faccia già?» Sbatté le ciglia con aria innocente e i suoi occhi stupendi, quelli che a volte sembravano grigi e a volte azzurri, lo invitarono a baciarla. Non glielo stava chiedendo a parole, ma l’invito era lì, in fondo al suo sguardo. Lui la fece volteggiare fino al centro della pista, in mezzo alle persone che, stipate com’erano, avrebbero formato un muro intorno a loro. Quando aprì le labbra e le inumidì con la lingua, lo sguardo di Charlee diventò vitreo. Forse perché si sentiva girare la testa, forse per l’impazienza, chissà. A lui non importava; quello sguardo tradiva eccitazione e attesa. Lei premette il corpo contro il suo e lui assaporò la sensazione di avere qualcuno che riusciva a farlo sentire bollente e freddo allo stesso tempo. Qualcuno che gli faceva desiderare di muoversi più in fretta e tuttavia di rallentare il ritmo, per assaporare ogni singolo istante. Le prese il viso tra le mani e per un attimo Charlee chiuse gli occhi strofinandogli delicatamente il naso sulla pelle; quando li riaprì, eccola lì per lui. La donna che aveva viaggiato per quattro ore per interpretare il ruolo della sua ragazza, la donna che gli aveva dato un lavoro, non perché lui avesse esperienza, ma perché era un soldato appena tornato in patria. La donna che si era sdraiata sul pavimento con lui, subito dopo aver avuto un incubo. La donna che lui… che lui amava.
Oh, cavolo. Era innamorato di lei. Di un genere di amore che ti paralizza e ti rende impossibile andare via, per sempre. Ian si era invaghito di Charlee McKinley da quando il Maggiore McKinley aveva cominciato a parlargli della sua testarda, volitiva e incontrollabile figlia. Aveva perso la testa vedendo quella ragazza carina, in piedi di fianco a una Jeep, ma adesso, adesso conosceva Charlee. Conosceva tutto ciò che lei era e tutto ciò che loro due insieme avrebbero potuto essere e questo era esaltante e terrificante allo stesso tempo. «Charlee, devo dirti una cosa.»
Lei aprì gli occhi e Ian vide lì riflesso il suo futuro. Vide tutto ciò che desiderava dalla vita.
Lei sbatteva le palpebre e le ciglia folte e ben definite avvolgevano il suo sguardo. Gli sfiorò la bocca con la punta delle dita. «Questa serata è perfetta» gli disse. «Dimmi qualcosa di meraviglioso.»
Ma l’amore richiede tempo, anche quando il desiderio di accelerare preme. E così Ian ricacciò in gola le parole che era stato sul punto di pronunciare e, invece di dirle che la amava, si limitò a dire il suo nome.
Charlee gli affondò le mani fra i capelli e gli fece avvicinare la bocca alla sua. Era una donna che sapeva come ottenere quello che voleva e Ian era più che disposto a darglielo. Il bacio fu lungo e profondo e sembrò che il mondo cambiasse orbita, allontanandosi da loro. La musica andò in dissolvenza, i colori si sbiadirono intorno a loro, finché ci fu solo Charlee, la luce che illuminava il cammino di Ian, e per quell’uomo che aveva trascorso molto tempo nell’oscurità lei era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Quando alla fine si staccò dalle sue labbra, investita da una vampata di calore che dalla punta dei piedi le arrivò fino alle guance, Charlee si guardò intorno per vedere chi li osservava. Con una certa sorpresa, vide che nessuno lo stava facendo, eppure lei si sentì allo scoperto, esposta e nuda, anche se completamente vestita e nel mezzo della pista da ballo.
I suoi occhi incontrarono quelli di Ian. Si concesse una breve risata. «Credo che la nostra messa in scena sia stata piuttosto convincente, eh?»
Lui si strinse a Charlee, facendole desiderare di urlare con ogni cellula del suo corpo. Le fece scivolare la mano sulla schiena verso il basso e se non avesse smesso lei sarebbe esplosa. «Mi hai rovinato il rossetto?» disse in fretta, perché doveva concentrarsi su qualcos’altro, una cosa qualsiasi.
«Sì.» Una parola e una vittoria, una cosa sola. Gli occhi scuri di Ian mandavano scintille e sollevò una sola guancia in un devastante mezzo sorriso.
Charlee sentì che il cuore le batteva all’impazzata. Sulla destra notò un certo movimento.
«Ma quello è…?»
Alcune coppie si stavano spostando per fare spazio sulla pista da ballo e a quel punto riuscirono a vedere meglio. Charlee risucchiò l’aria dalla bocca. In mezzo a tutti i presenti, il signor Gruber stringeva Wynona tra le braccia e, pur essendo un uomo fragile che di solito camminava a fatica, si muoveva sulla pista da ballo con la grazia di un Fred Astaire. I lunghi capelli di Wynona fluttuavano in aria, trattenuti da un foulard di seta bianca, e lei sapeva esattamente come muovere di scatto la testa per farli ricadere sulle spalle mentre si avvitavano nel ballo.
Ian li indicò con un dito. «Ma tu lo sapevi, che lui sa…?»
«Ah, ah.» Fu tutto ciò che Charlee riuscì ad articolare a bocca spalancata. Trascorsero alcuni istanti prima che si accorgesse di un leggero tocco sulla spalla. Allora smise di fissare gli anziani artisti e prima di guardare dietro di sé lanciò una rapida occhiata a Ian. Lui aveva cambiato espressione. Charlee si girò.
«Posso intromettermi?» Era Brenna.
Charlee si sentì gelare il sangue. Deglutì perché non riusciva ad articolare una parola. Gli occhi scuri e caldi di Brenna fissavano Ian. Lui aumentò la stretta sul braccio di Charlee.
Brenna sbatté le palpebre e guardò Charlee. «Vorrei soltanto ballare con un vecchio amico. Tutto qui.» Qualcosa nelle sue parole, qualcosa di disperato e di doloroso, fece sì che Charlee arretrasse di un passo. Ian le strinse più forte il braccio, questa volta in modo palese, e Charlee vide dall’espressione di Brenna che lo aveva notato. La donna abbassò lo sguardò e mormorò: «Scusate, non c’è…».
E in quel momento Charlee si liberò dalla presa di Ian, lanciandogli un’occhiata severa, poi appoggiò una mano sulla spalla di Brenna. «Ma certo» le disse, con più forza e sicurezza di quanto avrebbe mai immaginato, e lasciò Ian con la sua ex, una donna che provava qualcosa per lui. «Vado a prendere da bere, Ian. Raggiungimi al tavolo quando finisce la canzone.» E si avviò con passo deciso, orgogliosa di avergli concesso solo una canzone. Un bel bicchiere di punch avrebbe attenuato un po’ lo sguardo rabbioso di Ian, rimasto di stucco, sentendosi preso in trappola. Non era per nulla interessato a ballare con una vecchia amica, ma con Brenna c’erano alcune questioni irrisolte. Magari portarle alla luce lo avrebbe aiutato ad andare avanti, dandogli la consapevolezza di non essere un fallito, come invece sosteneva suo padre. Inoltre, proprio suo padre aveva chiesto a Brenna di stare da loro. Se con quel gesto Thomas Carlisle aveva voluto mettere in imbarazzo Ian, forse il fatto di vedere che lui e Brenna riuscivano comportarsi in modo civile gli avrebbe chiarito il concetto, anche se in ritardo. Tuo figlio è un uomo più maturo di quanto tu riesca ad ammettere.
Charlee prese due bicchieri di punch e non tre… non voleva che Brenna avesse una scusa per fermarsi con loro. Poi trovò un tavolo da dove riusciva a tenere d’occhio la pista da ballo, ma soprattutto Ian e Brenna.
«Sono una bella coppia, vero?» Le parole strascicate fecero capire a Charlee, ancora prima di voltarsi, che si trattava del fidanzato di Brenna. Lui le mise una mano sulla spalla, la mano pesante e impacciata di un uomo ubriaco. «Ti ho vista al bar.»
Pronunciò bar come un brrr e Charlee cominciò a chiedersi se sarebbe stato da maleducati alzarsi e andarsene via.
«Sono James. Sono qui con Brenna.» E sembrò che dicesse Brennann. «Ma visto che lei ha da fare, ho preso qualcosa da bere per te.» Piazzò sul tavolo un bicchiere per lei e un altro per sé. Conteneva tre dita di liquido, con due cubetti di ghiaccio. Quando lui glielo fece scivolare sotto il naso, vide i cubetti che si muovevano galleggiando nel liquido scuro e ambrato e avvertì l’odore aspro del whisky risalirle nelle narici.
Charlee deglutì mentre si chiedeva se tirarsi fuori da questa situazione sarebbe potuto diventare complicato. «No, grazie» rispose.
Lui avvicinò la sedia a quella di Charlee e si andò a mettere troppo vicino a lei. Alla fine James si sedette tenendo la testa così vicina a quella di Charlee che le respirava in faccia quello stesso odore aspro. «Avanti. Siamo a un matrimonio.» Poi, fece una smorfia, ripensò a quello che aveva detto e le porse nuovamente il bicchiere. «Anzi, eravamo a un matrimonio. Adesso è soltanto una festa.»
Charlee osservò il bicchiere, poi con lo sguardo cercò Ian e una via di fuga sulla pista da ballo. James invece continuava a fissare Brenna, come se riuscisse ad ascoltarla, mentre la guardava scuotere la testa e alzare e abbassare le spalle dicendo… qualunque cosa stesse dicendo. Charlee non riusciva a capire che intenzioni avesse. Fu tentata di afferrare il bicchiere e mandare giù un po’ di quel coraggio liquido, per poi riuscire ad affrontare la pista da ballo. Quando le sembrò che l’odore fosse diventato più intenso, si accorse che James le teneva il bicchiere proprio sotto il naso. L’odore era quello del coraggio. James si era immobilizzato e l’unico suo movimento era quello di sfiorarle la bocca con il bicchiere che reggeva in mano.
Charlee si sorprese di sé quando tirò fuori la lingua e con la punta assaggiò un po’ del liquido avvertendo subito un piacevole bruciore. All’improvviso, quasi incapace di controllarsi, ne volle ancora. Strappò il bicchiere dalle mani di James e se lo portò alla bocca, sentendo quel profumo di fresco e di fuoco riempirle le narici. Appena aprì la bocca, un’altra mano si chiuse sulla sua, bloccandola. Charlee sbatté le palpebre e guardò verso l’alto, irritata per questa interruzione, e vide due vecchi occhi azzurri che la fissavano con un’espressione dolce. L’espressione del viso del signor Gruber era corrucciata, ma addolcita da un sorriso gentile. Afferrò il bicchiere con la mano in modo ancora più fermo e Charlee, anche se all’inizio era riluttante, alla fine lasciò la presa.
Lui spostò il peso da un piede all’altro. «Ci siamo fatti una promessa, ricordi?» Certo che Charlee ricordava. Il bicchiere scomparve e con lui anche James, subito sollecitato da King Edward ad andarsene … chissà che cosa gli aveva fatto Edward… o mostrato… per persuaderlo a dileguarsi così in fretta.
Vergognandosi di sé, Charlee fissò la superficie del tavolo in mezzo ai suoi artisti. Wynona, con le guance ancora colorite per avere ballato insieme al signor Gruber; Wilma, che aveva sostituito i colori arcobaleno dei suoi ciuffi con sfumature pastello più adatte a un matrimonio; King Edward con l’immancabile kilt e il signor Gruber, un alcolista in via di guarigione, sobrio da otto anni, che l’aveva salvata dal commettere un grave errore, pochi istanti prima. «Andiamo a casa» disse Charlee e si alzò in piedi.
Il signor Gruber le circondò le spalle con un braccio e seguirono il resto del gruppo, uscendo dal tendone per allontanarsi da lì, lungo il sentiero illuminato. Gruber la strinse a sé. «Non devi vergognarti, dolcezza. Il whisky è seducente.»
Charlee gli sfiorò una guancia con la mano. «Grazie.»
«Eh, avresti fatto lo stesso per me.» Sollevò le sue folte sopracciglia bianche. «Non vai a riprenderti il tuo uomo?» Le indicò la pista da ballo dove Ian era intento ad allontanare il proprio corpo da quello di Brenna.
Wynona si avvicinò. «Sì, cara. Se una donna continuasse a strusciarsi in quel modo al mio uomo, io la scuoierei viva.»
Il signor Gruber fece un sorriso di approvazione a Wynona.
Lei sbatté le palpebre con fare innocente e incrociò le braccia. «Be’, io lo farei» sussurrò.
«Lui non è il…» Ma Charlee non riuscì a finire la frase perché sapeva di bugia. Scosse la testa. «Lui non è…» Quando vide Brenna appoggiare il palmo della mano sulla guancia di Ian e lui ricambiare il gesto con un sorriso amichevole, Charlee strinse i pugni. «Torno subito.»
Attraversò la pista da ballo con la schiena dritta e si piazzò davanti a loro.
Brenna si girò a guardare in faccia Charlee e quando le rivolse un ampio sorriso lei si bloccò. Poi la donna l’afferrò per le braccia e le diede un bacio sulla guancia.
Ma che diavolo…?
Dalla bocca di Brenna uscì un fiume di parole, ma Charlee era ancora paralizzata per via del suo approccio da amiche del cuore. Scosse la testa per riprendere il controllo, incrociò lo sguardo di Ian che si mise a ridere e infilò le mani in tasca.
Un fiume di parole. Perché Brenna non chiudeva quella bocca? Charlee ne afferrava una ogni tanto. «Questione chiarita. Grazie infinite. Voi due state benissimo. Mi viene davvero voglia di inseguire il mio sogno.» Ma una frase inequivocabile la colpì. «Allora, grazie ancora a tutti e due. Devo andare. Devo sistemare alcune cose.» E Brenna andò con passo deciso verso James.
Charlee aveva mal di testa. «Che cosa è successo?»
Ian le mise le mani sulle braccia e poi le fece scivolare verso il basso, attirandola a sé. Accennò sorridendo in direzione di Brenna. «Quello è un vero idiota e lei merita di meglio.»
Rosso fuoco. Charlee vide davvero rosso e per la prima volta si mise nei panni di Campanellino durante i suoi attacchi di gelosia. «Lei merita di meglio?» ripeté sottovoce.
Charlee lo fissò e lui riuscì a leggerle dentro attraverso i suoi occhi. Aria compiaciuta, sorriso divertito. Stupido soldato. Perché Charlee non riusciva a nascondere i propri sentimenti?
«Ho fatto una lunghissima chiacchierata con Brenna.» Gli brillavano gli occhi. «Grazie infinite per esserti allontanata.»
Questo era troppo. Charlee si divincolò per allontanarsi da lui, ma il suo corpo era come paralizzato. Le forti mani da soldato le serravano gli avambracci. Era in trappola e lui si stava divertendo un mondo. «Lasciami andare» gli ruggì, digrignando i denti.
Lui la guardò perplesso e il suo sorriso svanì. «Charlee.» Quegli occhi che un attimo prima erano stati ammiccanti, esprimevano una forte preoccupazione. «Sto solo giocando. Non provo niente per Brenna. Assolutamente niente. L’ho ferita due volte in questi anni e tu mi hai dato la possibilità di scusarmi con lei. Ecco tutto.»
Lei sollevò il mento. «Sei totalmente ottuso? Oppure lo sei soltanto quando si tratta di donne?» Lui sbatté le palpebre, colto alla sprovvista.
«Lei ti ama ancora, Ian. Lo capirebbe anche uno stupido.»
Lui fece un lungo sospiro, che le arrivò sul viso e, accidenti, non avrebbe dovuto farlo, perché così le ricordava i loro momenti, quei momenti d’intimità in cui i loro respiri erano diventati una cosa sola. I baci della notte prima, sdraiata di fianco a lui, accoccolata sotto il suo braccio.
«Lei non ama me, Charlee. Amava l’idea di andare alla ricerca del vero amore e forse aveva creduto che potessi essere io, ma non si può inseguire qualcuno che è già innamorato di un’altra.»
Charlee sentì svanire tutta la sua voglia di litigare, quasi fosse stata drenata dal suo corpo, lasciandola sciolta come un grumo di gelatina.
«Cos’hai detto?» sussurrò.
Ian sollevò la testa e per alcuni lunghi istanti rimase a guardare verso l’alto. «Senti, dobbiamo tornare a casa. Ci stanno aspettando.»
Forse non si era accorta che c’era stato un buco temporale di qualche secondo. Perché era quasi sicura di avergli fatto una domanda, solo che lui non aveva risposto. Charlee imitò le parole di suo padre. «Ti ho fatto una domanda precisa, soldato.»
Ian sbatté le palpebre una volta, due volte e poi di nuovo, come se dentro di sé non riuscisse a decidere se lasciare prevalere la consapevolezza o la rassegnazione. Poi, quando la guardò negli occhi, non ebbe più alcun dubbio. «Sei sicura di volerlo sapere?»
Ormai non le restava altro da fare che fuggire a gambe levate, perché se fosse rimasta, ogni cosa tra loro sarebbe cambiata. Avrebbe preso una direzione diversa. E anche se la sua mente ancora non era pronta, il suo cuore lo desiderava.
«Charlee.» La sua voce le restituì la calma.
Lei chiuse gli occhi e sentì il bisogno di fuggire via. Avrebbe potuto correre. Uscire dal tendone e correre via. Ian ripeteva il suo nome e il suo tono calmo e rassicurante la indusse ad aprire gli occhi. «Charlee, io ti amo.»
Il mondo si dissolse. Si sentì scoppiare il cuore e la mente andare in frantumi. Era una cosa così pericolosa l’amore. Un’emozione dolce e graffiante. Ian Carlisle la amava. Charlee ansimò perché non le arrivava abbastanza ossigeno nei polmoni. Che fine aveva fatto tutto l’ossigeno lì dentro?
Dopo pochi istanti, lui le domandò: «Mi hai sentito?».
Ma certo che lo aveva sentito. Non dirlo di nuovo. Qualunque cosa tu decida di fare, non…
«Io ti amo, Charlee.»
Santo cielo. Ma che cosa gli passava per la mente? Era come se lui, pronunciando quelle parole, le stesse rendendo normali. Doveva rispondere. Dire qualcosa per scoraggiarlo o alleggerire la tensione. Qualcosa di razionale e distaccato. «Va bene.» Un momento, non erano queste le parole che aveva avuto intenzione di dire.
Prima Ian fece una smorfia, con le sopracciglia abbassate e troppo ravvicinate. Riusciva a leggergli in faccia ogni genere di emozione. Lui si lasciò sfuggire una risatina priva di allegria e si passò una mano tra i capelli. «Va bene» disse adagio, come se non avesse mai sentito quella frase in vita sua. Poi, lasciando Charlee senza parole, piegò la testa all’indietro e scoppiò a ridere di gusto.
Charlee sbatté le palpebre.
Lui le circondò le spalle con un braccio, sorreggendola come se avesse bisogno che qualcuno la accompagnasse fuori. Non era così. Non era affatto così. Sapeva camminare da sola. Piegare un ginocchio, sollevare il piede, fare un passo. Piegare l’altro ginocchio e così via. Dietro di lei gli artisti formarono un corteo, passo dopo passo. Si rese vagamente conto di essersi fermata a salutare i genitori e la sorella di Ian. Di avere mormorato qualche parola… ripetuto quello che Ian e gli altri dicevano. Lui la condusse sul viale d’accesso fino alla Jeep, sulla quale avevano già sistemato le valigie. Ian si fermò di fianco allo sportello del guidatore, attese un istante, poi la sollevò tra le braccia.
«Rimarrà in questo stato per tutto il viaggio di ritorno?» borbottò Gruber.
Ian scosse la testa. «Ma no, prima o poi si sveglierà, di colpo. È solo un po’ traumatizzata, ecco tutto.» Charlee si ritrovò prima sollevata per aria e poi depositata sul sedile posteriore.
Doveva dire qualcosa. «Posso guidare io.»
Ci fu un silenzio imbarazzato, immediatamente seguito da una pioggia di risate. Strinse i denti, in preda alla collera; era una cosa ridicola. Dopo tutto era solo successo che Ian le aveva detto… e in una frazione di secondo tutto le ritornò in mente. La pista da ballo, il profumo di Ian e la fragranza floreale di Brenna, e lui che le diceva… le diceva…
Qualcuno si sporse verso di lei e le diede un bacio sulla testa. Lei seguì ogni movimento finché vide che era Ian. Occhi negli occhi. Le braccia piegate sul finestrino abbassato. «Non preoccuparti, Principessa. Non mi aspetto che le cose cambino tra di noi. Ti ho fatto una promessa, ricordi? E io mantengo la parola data.»
Lei aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì una sola parola. Le cose non cambieranno tra di noi? Non cambieranno? Erano già cambiate e la cosa più spaventosa era che, per questa ragione, lei era al tempo stesso terrorizzata e felice. Ian Carlisle l’amava.
Prima che lei riuscisse a parlare, o a urlare, o a lasciarsi prendere dal panico dandosi alla fuga nei boschi, King Edward alla guida della Jeep ingranò la retromarcia e rivolse uno sguardo inespressivo a Ian. «Che intenzioni hai, ragazzo innamorato, ci segui?»
Lui scosse la testa. «Partirò tra un paio d’ore.»
Le luci del ranch e il suono della festa si attenuarono, mentre si allontanavano sul vialetto pieno di curve. A Charlee sembrò che la testa si staccasse dal corpo e fluttuasse da qualche parte sopra di lei, quando la Jeep imboccò con un sobbalzo la strada principale. Si guardò intorno. Wynona era seduta di fianco a lei. Charlee aprì la bocca. «Mi ama» sussurrò.
Wynona le prese una mano fra le sue, dandole dei colpetti sulla pelle rinfrescata dal vento che entrava dal finestrino nell’auto e in ogni cellula del suo corpo. «Ma certo, cara. Ci stavamo giusto tutti chiedendo quando te ne saresti accorta.»