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AZZURRO E NUVOLE

Incastonato tra via Piave, via Marzabotto e via Pasubio, accanto a un grande supermercato e circondato da alti palazzi, risplende di verde un piccolo fazzoletto di terra. In realtà, questo è vero solo in primavera, in inverno non luccica per niente, anzi: un velo grigio di umidità gli si posa sopra e grumi di poltiglia fangosa lo rendono inaccessibile. D’estate, invece, il sole lo tinge di giallo e, dopo avergli sottratto tutta l’acqua, lo riveste di polvere marrone.

Oggi però è primavera, e il prato è verdissimo. E il sole, mentre naviga solitario nel suo mare azzurro, invia dei raggi così splendenti da accendere la bella stagione dappertutto. I balconi e le aiuole cittadine si riempiono dei colori dei fiori e anche i palazzi, pur nel loro grigiore, sembrano luccicare di gioia. E poi, di tanto in tanto, una farfalla bianca si insinua tra il traffico immobile dell’ora di punta e si dirige verso le corolle generose di nettare.

Il mondo è di buon umore, e io con lui: una sorgente di allegria sprizza copiosa dal mio cuore, si irradia verso il mio viso, allargandolo in un sorriso, e quindi scende verso le gambe, inducendole a correre dietro a un pallone.

Non sono l’unico a partecipare a questa primavera cittadina, insieme a me ci sono alcuni amici e tutti inseguiamo la palla e, quando la intercettiamo, la colpiamo con dei sonori calcioni che la spingono da una parte all’altra del prato, incastonato tra via Piave, via Marzabotto e via Pasubio, accanto a un grande supermercato e circondato da alti palazzi.

Vi confesso, però, che anche se adesso la vita mi sorride, anche se ora sono felice, qualche mese fa non lo ero per niente e, per dimostrarvelo, vi chiedo di seguirmi e di posizionarvi con me indietro nel tempo di qualche mese.

Il luogo è lo stesso, il prato incastonato tra i palazzi della mia città, e anche la scena: io e i miei amici giochiamo a calcio. Di diverso c’è una cosa, però: i lineamenti del mio viso sono trascinati verso il basso da una strana tristezza, che costantemente aleggia attorno al mio cuore.

Allora, cos’è successo?

Questa vicenda ha a che fare con il mio migliore amico, Tommaso Pirovano, e con una grotta. Una caverna i cui cunicoli percorrono sinuosi le viscere della Terra per ben settanta chilometri. Secondo alcuni questa caverna è artificiale ed è stata costruita, in tempi remoti, da monaci orientali. Altri invece sostengono che sia naturale e che si trovi nel bel mezzo di un crocevia elettromagnetico. Chissà chi avrà ragione? Quello che è certo è che dentro le sue enormi stanze buie aleggia una magia, grazie alla quale le cose invisibili diventano visibili e le cose indicibili raccontano tante storie.

Ma prima di dirvi il dove, il come e il perché di questo luogo, vi devo svelare qualcos’altro di me.

Il mio nome è Sebastiano Procolo e sono nato il 5 settembre 2007 nella casa dove abito tuttora e che è distante solo cento metri dal prato incastonato tra via Piave, via Marzabotto e via Pasubio, accanto a un grande supermercato e circondato da alti palazzi. Certo, avete capito bene, sono nato in casa, e non in ospedale. Infatti dovete sapere che i miei genitori sono dei tipi piuttosto alternativi: mia madre pratica e insegna yoga e, in virtù della sua visione del mondo (sostenuta da mio padre), ha voluto che io nascessi nella loro camera. Sembra che la scelta sia stata azzeccata, visto che il parto è avvenuto in un’atmosfera di pura magia: mia madre seduta sulle ginocchia di mio padre, la stanza illuminata da una lampada di sale rosa, un ambiente estremamente rilassato, insomma. Io sono nato addirittura “con la camicia”, cioè avvolto e protetto dalla placenta di mia madre.

La tranquillità del mio primo giorno di vita ha irradiato i giorni a venire. La mia infanzia è trascorsa nella serenità e nell’affetto dei miei genitori, dei miei nonni e di tutti i miei parenti. A proposito di genitori, permettetemi di presentarveli.

Iniziamo da Benvenuto Procolo, detto “il prof”, che poi è mio padre. Il prof è professore di scienze in uno dei licei della mia città, ma attenzione, dato che è un alternativo, non è un professore qualunque! Il prof è (come ama spesso ripetere a tutte le persone che incontra, conosciute o sconosciute) un professore di liceo “part time”! Certo, perché lui ha anche un altro lavoro: quando non insegna, scrive libri con storie sulla natura per bambini e ragazzi. Anzi, mi correggo: non scrive libri per bambini e ragazzi, lui scrive libri “per il bambino interiore” che è in ognuno di noi! Questa frase gli è rimasta impressa nel cervello, in quanto proferita nientepopodimeno che dal suo amato, nonché idolo e pure dispensatore di frasi intelligenti (che mio padre cita continuamente a tutte le persone che incontra, conosciute o sconosciute), tal professor Antonio Morro.

Morro sostiene, infatti, che sia importante parlare con il fanciullo nascosto dentro di noi, per esempio raccontandogli delle storie. Ecco, mio padre fa proprio questo: racconta storie al bambino interiore.

Anche mia madre, al secolo Barbara Barnabò, è insegnante, ma non di scuola. È maestra di yoga presso il centro Colombre.

La mamma ha un carattere opposto a quello di mio padre: se lui parla continuamente, lei sta quasi sempre zitta e, se lui prende le cose con calma, lei è piuttosto nervosa. A volte queste differenze creano una tensione fortissima che esplode in litigate epocali. In questi dodici anni è capitato che scoppiassero delle discussioni così accese che alla fine papà se ne è andato di casa: il prof si assentava per qualche giorno facendosi ospitare dai suoi amici storici. Poi immancabilmente la tempesta si calmava, e lui faceva ritorno a casa.

«Ora che ci hai presentato i tuoi genitori,» vi starete dicendo «è arrivato il momento di scendere nella grotta, quella i cui cunicoli percorrono sinuosi le viscere della Terra per ben settanta chilometri e che secondo alcuni è stata costruita, in tempi remoti, da monaci orientali e, secondo altri, si trova nel bel mezzo di un crocevia elettromagnetico».

E invece, cari amici, dovete aspettare ancora un po’.

L’introduzione non è ancora finita, in quanto vorrei farvi conoscere un’altra figura importantissima di questa vicenda: Tommaso Pirovano, il mio migliore amico nonché compagno di banco fin dalle elementari. Come vi accennavo, Tommaso ha avuto un ruolo cruciale in questa storia.

Ma andiamo con ordine.

Tommaso è un ragazzo simpatico, spiritoso ma anche silenzioso. Le parole, infatti, gli rimangono incastrate nella gola e faticano a uscire. È alto, magro, ha i capelli nerissimi e conduce una vita piuttosto diversa dalla mia.

Per esempio, io sono un grande appassionato di scienza e, in particolare, di biologia. Questo amore l’ho ereditato direttamente da mio padre, il famoso prof con il contratto part time al liceo. Ebbene, è stato lui che, fin dalla primissima infanzia, mi ha raccontato tante storie sugli animali e sulla natura in generale. Non solo: Benvenuto Procolo possiede una vera e propria collezione di libri sull’argomento e, spesso e volentieri, me ne consiglia qualcuno che io leggo subito avidamente. La natura e le sue storie non sono la mia unica passione: io amo la letteratura in generale e, fin da quando ho imparato a leggere, ho sempre avuto un libro con me. Indovinate un po’ chi mi ha trasmesso questo amore? Certo, sempre lui, il prof con il contratto part time Benvenuto Procolo.

Mio padre, per dare voce al bambino interiore, divora libri su libri, in particolare quelli dedicati ai ragazzi. Tutto ciò ha fatto di me uno studente modello, che eccelle in materie come scienze e italiano.

E Tommaso? Se volete conoscere il mio amico, allora prendete le mie caratteristiche e capovolgetele.

Tommaso non si interessa di natura, si tiene sempre a distanza di sicurezza dai libri e trascorre le ore pomeridiane spaparanzato sul divano immerso nella visione di qualche video oppure a giocare con la PlayStation! Quest’ultima attività viene considerata, in casa Procolo, alla stregua dei riti satanici medievali. Insomma, da evitare con tutte le forze che si hanno in corpo!

Va da sé che il rendimento scolastico del mio amico non eccelle e il più delle volte, in virtù della minima spesa per la massima resa, porta a casa un dignitoso sei meno meno. Attenzione, però, anche se Tommaso non è uno studente modello, la sua mente è davvero brillante. Lui va male a scuola per un unico e semplice motivo: non studia mai.

Ma le differenze tra noi non si limitano allo studio; esse coinvolgono anche altre sfere della vita, per esempio l’attività sportiva. Se io sono un appassionato di sport, Tommaso non lo è per nulla. Io gioco a calcio in una squadra del quartiere e trascorro ore a scivolare sulle rampe del supermercato vicino a casa con la mia tavola da skate. Le ore di Tommaso, invece, sono saldamente ancorate al divano e irradiate dal bagliore bluastro dello schermo.

E, dopo gli aspetti culturali e sportivi, arriviamo alla vera differenza, quella che, in realtà, ci ha unito in una bellissima amicizia. Se proprio devo dirla tutta, questa discrepanza non riguarda me e Tommaso, piuttosto le nostre famiglie.

Le pietanze che arrivano sulla tavola di noi Procolo, sempre bilanciate dal punto di vista nutrizionale, contengono la giusta dose di carboidrati associati alle proteine (soprattutto di origine vegetale oppure derivanti da pesci), grassi (quasi sempre insaturi) e fibre.

A casa Pirovano, invece, le portate sono sproporzionate e sbilanciate verso le proteine e i lipidi, soprattutto quelli saturi, cioè di origine animale. Sulla tavola della famiglia di Tommaso arrivano spaghetti alla carbonara decorati da strisce di guanciale croccante, tagliatelle che affogano nel ragù di carne. I rotoli di salsiccia si confondono tra cotolette, bistecche ai ferri, involtini e polli arrosto. Pensate che, a casa Pirovano, anche la pizza trasuda carne: scogli di salsicce emergono da un mare rosso di pomodoro e mozzarella, oppure piattaforme di salame galleggiano sul sugo bollente. E la verdura? Poca, anzi pochissima. Ogni tanto qualche finocchio al forno fa capolino tra una bistecca e l’altra, tra una salsiccia e l’altra si intravedono degli spinaci al burro, rigorosamente sommersi da montagne di parmigiano reggiano.

Ora capite, vero, il motivo per cui mi piace così tanto stare a casa di Tommaso? Tra l’altro i suoi genitori e i suoi due fratelli sono di una gentilezza squisita, mi accolgono benissimo e, tra un hamburger e una partita alla PlayStation, la nostra amicizia si è consolidata così tanto che oggi posso tranquillamente affermare che Tommaso Pirovano è il mio migliore amico.

Insomma, la mia è stata un’infanzia felice e tranquilla. Certo, le litigate tra i miei genitori non mi facevano stare bene, però nel complesso mi sono sempre sentito protetto e benvoluto.

Ma tutto ha una fine, il cielo sereno della mia placida vita era destinato a riempirsi di nuvole nere cariche di pioggia. Un vento gelido avrebbe spezzato l’apparente velo di felicità, sollevando nuove domande incapaci di posarsi su una risposta.

Per fortuna, come potete vedere, questo mio periodo duro è finito, e ora me la spasso, e corro e calcio il pallone in compagnia dei miei amici. Ma di nuovo, andiamo con ordine e proviamo a mettere in fila gli accadimenti che mi hanno portato prima all’interno di una grotta e poi in una giornata piena di sole nel parco incastonato tra i palazzi.

Il cielo azzurro della mia infanzia si è coperto di nuvole a causa di un episodio apparentemente banale, che però ha spento il sole che splendeva nella mia quotidianità.

Con il senno di poi, posso dire che il velo della tranquillità fosse già sottilissimo ed ecco perché è bastato un fatto da poco per gettarmi in una condizione di smarrimento.

Una causa semplice può avere effetti giganteschi. Questo succede molto spesso in natura, prendiamo come esempio gli animali in letargo: sono immersi in un sonno così profondo da assomigliare addirittura alla morte. Ebbene, dietro questa stasi, i loro corpi sono attivi ed è sufficiente un timido raggio di sole oppure qualche minuto in più di luce per risvegliarli e trasformarli, in pochissimo tempo, da esseri quasi morti ad animali strabordanti di vita e di voglia di conquistare il mondo.

La stessa cosa è successa alle mie inquietudini, apparentemente addormentate e nascoste dal tepore della famiglia mentre, invece, erano sveglie e premevano per mostrarsi al mondo.

Ma ora, bando alle chiacchiere, inoltriamoci nei fatti che mi hanno condotto nella famosa grotta.

La seconda media era iniziata ormai da qualche mese, le vacanze di Natale erano alle porte e la mia vita procedeva a gonfie vele: il mio nuovo cellulare vibrava animato dalle chat degli amici, gli allenamenti e le partite di calcio continuavano e la mia abilità con lo skate migliorava giorno dopo giorno. Finita la scuola mi recavo a casa, mi scaldavo il pasto (bilanciato dal punto di vista nutrizionale) che i miei genitori mi avevano preparato, e poi compiti e sport.

Insomma, le mie giornate si srotolavano una dopo l’altra, simili tra loro nella cadenza e nelle abitudini, fino al 21 dicembre, ultimo giorno di scuola prima delle vacanze.

Anche quel giorno, come tutti gli altri, dopo aver fatto colazione, uscii di casa intorno alle 7.30 del mattino.

Mentre attraversavo il parco incastonato tra i palazzi, scorsi da lontano l’inconfondibile figura alta e magra di Tommaso. E quella era una novità.

Quasi senza accorgermene, il mio viso si allargò in un sorriso, mentre i miei piedi si gettarono uno davanti all’altro sempre più rapidi con l’intenzione di raggiungerlo.

Ero ormai già vicino e l’immagine del mio amico si era fatta più nitida, quando il sorriso scomparve dal mio volto e le gambe si fermarono all’improvviso senza aver ricevuto un vero e proprio impulso dal sistema nervoso centrale.

La visione che entrava nelle mie pupille e solleticava il nervo ottico raffigurava Tommaso in compagnia di alcuni ragazzi della famigerata III A.

Perché famigerata? Perché la III A è la classe più terribile e indisciplinata della scuola e se un petardo fa rimbombare i corridoi, oppure se qualche parete viene imbrattata di vernice o, ancora, se si sente odore di fumo nei bagni, allora potete stare tranquilli che dietro questi eventi si cela qualcuno di III A.

Non solo: l’anno scorso alcuni membri della classe, e per la precisione proprio quelli con cui stava chiacchierando Tommaso, hanno picchiato dei ragazzi di prima e ne hanno ricattati altri con il cellulare. Insomma, i classici bulli della scuola. Ora capite, vero, il motivo per cui il sorriso è scomparso dal mio viso e le gambe si sono bloccate? Cosa stava facendo Tommaso con quei ragazzi? E perché confabulava con loro?

Il mio cervello venne assalito dai dubbi. «Magari,» mi dicevo «Tommaso si è trovato di fianco ai ragazzi e, casualmente, ha rivolto loro la parola». «Magari,» mi dicevo «si è trovato in mezzo a una situazione che non lo riguarda e, da persona gentile qual è, si è lasciato coinvolgere ingenuamente». Magari è andata così, magari è andata in un altro modo… e più mi dicevo queste cose, più una mano gelida stringeva il mio stomaco.

Nonostante tutto, le gambe ripresero lentamente a muoversi e, di passo in passo, mi portarono di fronte al portone della scuola. Lì, mi mescolai con gli altri compagni di classe e le emozioni sgradevoli si diluirono nel loro chiacchiericcio allegro.

L’implacabile campanella suonò, la porta si spalancò e il fiume di teste entrò nell’edificio per poi disperdersi nei molti rivoli che portavano alle aule. Io mi ritrovai in classe davanti alla professoressa di italiano e, soprattutto, accanto al banco stranamente e tristemente vuoto di Tommaso. Insomma, il mio amico aveva marinato la scuola.

Di nuovo, stormi neri di pensieri invasero la mia mente, riducendo la voce della prof a un bisbiglio lontano e incomprensibile. La bolla di pensieri nella quale ero immerso venne infranta dalla campanella della ricreazione. Un’imprevista ondata di energia si impossessò di me e mi precipitai davanti alla porta della III A. Volevo verificare se anche i bulli avessero marinato la scuola e la risposta alla mia domanda arrivò inesorabile: i banchi vuoti, i ragazzi assenti e le mie speranze evaporate. La cruda realtà era davanti a me: Tommaso era là fuori, in compagnia delle persone che più detestavo nella scuola.

Un nuovo acuto trillo di campanella si propagò per i corridoi, sancendo la fine dell’intervallo e l’inizio di ore terribili. Durante le lezioni successive, una grigia nebbia di pensieri rallentò il tempo che, nonostante gli sforzi, non riusciva a dileguarsi dall’orologio appeso alla parete dell’aula. Finalmente, dopo una fatica tremenda, i secondi, i minuti e poi le ore smossero le lancette e le posizionarono sulle 14, facendo vibrare, per l’ultima volta, la campanella.

Un’onda vociante di giubbotti colorati fluì per il corridoio, per poi sfociare nel parco incastonato tra i palazzi.

Io mi sentivo come una goccia isolata in quel mare, tenuta sul fondo da una pesantezza sul cuore. Tommaso si era comportato in modo completamente inatteso ai miei occhi, distruggendo ogni mia certezza sul suo conto. Mi sentivo tradito, escluso, raggirato e, soprattutto, non capivo cosa stesse succedendo. Questo singolo episodio, a effetto domino, aveva fatto crollare tante altre mie consapevolezze, in modo forse esagerato ma, in quel momento, terribilmente reale.

Giunto a casa, scaldai al microonde il risotto ai broccoli cucinato la sera prima da mia madre, ma non riuscii a mangiare: da un parte il mio stomaco era attorcigliato in un nodo indistricabile e dall’altra, ammettiamolo, quel piatto era una vera schifezza.

Mi sentivo come un piccolo polipo (la forma giovanile dei coralli) che si stacca dalla grande barriera corallina e affronta per la prima volta il grande oceano da solo. Con la differenza che questo animaletto prima o poi trova uno scoglio sul quale ancorarsi e rivestirsi di un esoscheletro calcareo, mentre io vedevo, davanti a me, solo un mare infinito, senza alcuna possibilità di trovare un rifugio sicuro.

Più tornavo con la mente alla scena di Tommaso insieme ai ragazzi della III A e più il futuro si faceva minaccioso: non più giornate piene di giochi e di affetto, ma un muro, nero e misterioso.

Nei giorni successivi l’oceano della mia vita, una volta chiaro e limpido, fu oscurato sempre più da domande senza risposta che, simili a neri cormorani, volteggiavano sulle mie acque. Il cuore si era riempito di un sentimento scuro e, talvolta, lo sentivo stretto in un morsa che mi mozzava anche il fiato. All’inizio questa sensazione si svegliava con me, ma spariva appena incontravo i miei compagni; con il passare del tempo prese ad accompagnarmi fino a pranzo, per poi permanere tutto il giorno e tutta la notte. Mi opprimeva anche quando dormivo e si infilava nei miei sogni, che si erano fatti cupi e talvolta addirittura spaventosi.

Insomma, ero entrato in una vera e propria crisi.

«Ma ne hai parlato con i tuoi genitori?» vi starete chiedendo. «I tuoi sono alternativi, alle volte rompiscatole, ma sanno ascoltare…»

Be’, sapete cosa mi hanno risposto? Un bel niente.

Mi hanno semplicemente detto che la vita è fatta di tante cose, molte delle quali sono belle e altre invece brutte e noi dobbiamo fare i conti con entrambe. Mi hanno anche detto che le risposte alle domande possono essere solo personali. In pratica ognuno le deve trovare per sé e non valgono quelle degli altri, che possono eventualmente essere solo d’ispirazione.

Certo, hanno dato valore agli interrogativi che mi sono posto e non li hanno banalizzati, anzi, mi hanno detto che sono necessari per diventare prima un ragazzo e poi un adulto consapevole. Pensate che erano addirittura contenti del mio stato, perché secondo loro una crisi viene sempre prima di una consapevolezza.

Fatto sta che per me le vacanze di Natale passarono nel disagio.

«E Tommaso?» vi starete chiedendo. «Perché non hai cercato un confronto con lui? Magari c’era una spiegazione semplice.»

Certo, avete ragione, il fatto è che Tommaso era irraggiungibile. La famiglia Pirovano non è originaria della mia città, e tutti i Natali lui e la sua famiglia partivano per trascorrere qualche giorno in compagnia dei parenti e degli amici lontani.

Sì, avrei potuto telefonargli, ma non me la sentivo proprio.

Come potete immaginare le mie vacanze non furono gioiose, anzi. I giorni passarono uno dopo l’altro colorati da un’unica tinta: il grigio.

Eppure, e questo già lo sapete, il cielo della mia vita è tornato a risplendere e sapete anche cosa ha portato nuovamente il sole: i misteri nascosti in una grotta, i cui cunicoli percorrono sinuosi le viscere della Terra per ben settanta chilometri e che secondo alcuni è stata costruita, in tempi remoti, da monaci orientali e, secondo altri, si trova nel bel mezzo di un crocevia elettromagnetico.