Capitolo 84

 

 

 

 

 

Zoppicando, Enrico si avvicinò alla finestra e invitò Pius a guardare fuori.

Affacciava sul versante opposto a quello da cui erano arrivati. Alla base del picco si allargava un prato immenso, chiuso in una cintura di rocce, con accanto un piccolo specchio d’acqua. Pullulava di gente, in prevalenza donne e bambini. Non si potevano contare con un solo colpo d’occhio i padiglioni e le tende che sfavillavano di tutti i colori possibili sotto i raggi del sole.

«Sono catari», disse Enrico. «Li abbiamo sottratti all’eccidio di Besièrs. Vorrei poterli salvare tutti, ma purtroppo questo non è possibile».

«Siete giusto e magnanimo», disse Pius, con una punta di ironia nella voce. «E allora perché avete lasciato sola Iselda? È molto malata, e indifesa».

«Sono al corrente di quel che avete fatto per lei. E ve ne sono immensamente grato. Avete rischiato la vita in un duello per difendere il suo onore. Le siete sempre stato vicino. Per tutto questo tempo mi sono chiesto: e se messer Pius fosse un uomo puro?».

Non disse niente. Era colpito e scosso. Il fatto che Enrico stesse aiutando i catari gli faceva onore, per come la vedeva lui. Ma adesso il cuore stava rallentando, l’emozione lasciava il posto alla ragione e gli tornò ben presente il motivo per cui si trovava lì: il Graal, la guarigione di Iselda. E serviva più di qualche sorriso per indurlo a fidarsi di un bugiardo, traditore.

«Perché l’avete lasciata sola?», chiese di nuovo.

Enrico lo fissò a lungo, come se stesse cercando sul suo volto un buon motivo per fornire una risposta a quella domanda. Poi lo disse: «Ero morto».

Raccontò ciò che era avvenuto in quella battuta di caccia all’orso, e rivelò che la sua morte non era stata una disgrazia, ma un omicidio: due uomini al servizio di Galfridus gli avevano spinto i loro pugnali in fondo alla carne. «Il vescovo», spiegò Enrico, «era convinto che io conoscessi il segreto del Graal, che lo possedessi, e voleva sottrarmelo. Non accettava di restare escluso dal segreto dei segreti, perché temeva un potere più grande del suo, che mi sarebbe stato conferito dal Graal». E per di più, aggiunse con dolore, anche il conte Tommaso aveva iniziato a disprezzarlo quando lui aveva deciso di sposare Iselda, l’eretica della Provenza. «Volevano il Graal a tutti i costi e, altrettanto, desideravano la mia morte. E tutto questo accadeva per colpa del vescovo Galfridus. La volontà di Tommaso era già allora interamente nelle sue mani».

Pius tenne un’espressione dura e immobile come una pietra. «Che siate stato una vittima delle trame di Galfridus, e che anche il conte Tommaso lo sia, non ho difficoltà a crederlo», disse. «È più difficile, invece, prestar fede a uno che dice di essere morto e che ha abbandonato la propria sposa».

«Vedrete», disse Enrico alzando una mano come per chiedergli di aspettare, «queste non saranno le cose più difficili da accettare». Chiuse gli occhi e si fermò a riprendere fiato. Pareva che si stesse lasciando avvolgere da un torpore mortifero.

Pius fu assalito da un senso di vertigine. Una patina fredda gli si stese sulla fronte. «Perché siete andato via e vi siete nascosto?»

«Avrebbero tutti pensato che il mio trionfo sulla morte fosse la prova del mio patto con il Diavolo». Riaprì gli occhi e sospirò. «Iselda e io saremmo stati arsi vivi, avrebbero distrutto il nostro castello. Sono andato via per proteggere lei e il Graal».

«Dunque lo avete voi?»

«A quel tempo non sapevo di averlo. Tutto ciò che ero riuscito a mettere insieme necessitava di studi approfonditi. Era di fondamentale importanza conoscere l’aramaico e l’ebraico antico… ma oggi posso affermare che, sì, ho scoperto il segreto del Graal e lo posseggo».

Mentre lo ascoltava, Pius pensò che non si era mai sentito tanto stupido: il senso dei discorsi di Enrico guizzava via e spariva prima di arrivargli alle orecchie, le parole vibravano vuote nell’aria, pure forme sonore e nient’altro.

Era morto?

Possedeva il Graal?

Le palpebre gli fremevano, i muscoli delle braccia erano tesi come corregge di balestra, gli avvampava il sangue nel petto e negli occhi. Tutte le forze che si addensavano nel suo corpo, non trovando uno sfogo, lo facevano tremare.

«Se avete il Graal, perché continuate a cercarlo?»

«E voi come lo avete saputo?»

«Lo ha scritto il gran maestro templare in una missiva diretta al Santo Padre». Spiegò come gli era capitato di leggerla.

Enrico annuì pensoso. «Cerco le reliquie scomode per la Chiesa, messer Pius. Con le crociate si è scoperchiato un vaso di Pandora: oggetti, documenti, antiche storie tramandate oralmente e registrate da scrivani esperti… Per non parlare di quel che era custodito da secoli a Costantinopoli. Come sapete, si costituì un ordine di monaci guerrieri, i cavalieri templari, con il compito di richiudere il vaso di Pandora e occultare per sempre le reliquie scomode e scandalose. Ma col tempo solo una ristrettissima cerchia, la cosiddetta “Chiesa segreta del Graal”, restò a conoscenza di questo tesoro; abbagliati da tante verità inaudite, i guardiani sono diventati eretici, e quasi tutti gli oggetti, gli scritti e i reperti che costituiscono il Graal sono stati ceduti ai catari, i quali avevano già un certo numero di queste reliquie, se vogliamo chiamarle così, sfuggite alla censura della Chiesa di Roma dei primi secoli. Quel gruppo segreto è stato annientato. Il gran maestro du Plaissis è stato incaricato di recuperare gli oggetti perduti e, ultimamente, con l’avvicinarsi dello sterminio a cui erano condannati, i catari avevano finito col cedere e ascoltare le sue lusinghe. Ormai non potevano più consegnargli le reliquie che cercava, perché erano state portate tutte qui, al sicuro, ciò nonostante era alto il rischio che qualcuno potesse rivelare l’esistenza e l’ubicazione di questo castello. Ecco perché sono stato costretto a comandare il suo assassinio». Sembrò che stesse ridendo, invece si piegò in un lungo e sfinito colpo di tosse. Dai polmoni gli salì una specie di urlo penoso.

Pius si volse a guardare Cercamon. Anche lui stava molto male. Attingeva a chissà quale occulto serbatoio di forze per riuscire a restare vigile; e sudava copiosamente, scosso dai tremori della febbre alta.

Uno degli uomini a cui si era sottratto lo supplicò di non affaticarsi ulteriormente, e di seguirlo. «La vostra ferita ha bisogno urgente di cure».

«No», disse, secco, Cercamon. «Voglio restare».

«Siete stato voi a guidarmi fin qui, con quei simboli?», domandò Pius.

«Guilhem…», Enrico lo indicò con la mano, «il mio buono e fedele amico Guilhem. È stato lui. Talvolta la vita presenta bizzarre simmetrie: mentre il cavaliere al soldo di Galfridus, Logran, seguiva Cercamon e ha trovato anche voi, Pius, io volevo condurre voi qui, e ho trovato anche Cercamon. Alquanto singolare, non vi pare?»

«Cosa volete da me, perché avete fatto in modo che venissi qui?»

«Vorrei che vi uniste a me, a noi. Vorrei che continuaste ad avere cura di Iselda e di coloro che abitano le sue terre. Le mie terre». Fece un gesto vago con la mano. «Ah, posso immaginare quali pensieri stiano attraversando la vostra mente: “Ma come? Costui è in debito con me per quanto ho fatto finora, eppure, dopo avermi attirato qui con l’inganno, mi sta chiedendo ancora aiuto, con richieste difficili da accettare”. Sì, avete ragione, Pius, e me ne rendo conto. È vero: sono in debito con voi. È per questo che siete qui. Cercavate il Graal? Ebbene, lo avete trovato».

«Trovato», mormorò Cercamon, poi le sue iridi tramontarono dietro orizzonti di palpebre, lasciando due mondi bianchi e vuoti.

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