LX.
Galgenberg, 12 dicembre
Caro Mr Anstruther,
devo scrivervi questa sera, malgrado l’ora tarda, per riferirvi di come al mio rientro, un’ora fa, sia rimasta sbalordita e senza parole nell’apprendere che siete stato qui. L’ho saputo nel preciso istante in cui sono entrata. Ho riconosciuto subito l’odore delle sigarette che fumate. Sono andata di sopra e ho chiamato Johanna, poiché non ero certa non foste ancora qui, in salotto, e francamente mi sarei rifiutata di scendere se così fosse stato, perché non avrei lasciato minare in alcun modo la mia determinazione. Lei mi ha raccontato della vostra visita, di come siete venuto su a piedi subito dopo che io, Vicki e Joey eravamo partiti per un pomeriggio in toboga sulle colline, di come vi siete fermato a parlare con papà, parlare e ancora parlare, fino a che siete dovuto correre via per non perdere l’ultimo treno. «E mi ha detto di salutarvi» ha concluso Johanna. «Davvero?» ho replicato.
Vi piacciono le escursioni in campagna? Forse Berlino vi sta già annoiando? Mentre Johanna procedeva con il suo racconto, io scuotevo il capo con disapprovazione. Credo che un giovane come voi debba dedicarsi al suo lavoro e non lanciarsi in viaggi improvvisi che lo portano via dall’ufficio per un giorno intero e per gran parte della notte. Devo riconoscere, tuttavia, che papà era deliziato di avere finalmente avuto una conversazione intelligente dopo tutti questi mesi, come mi ha riferito con sconcertante animazione; ma il suo essere deliziato è stato l’unico effetto della vostra visita, poiché quando ne sono venuta a conoscenza io non lo sono stata affatto. Perché siete entrato in cucina? Johanna ha detto che avete voluto farlo, e anche che siete uscito senza cappello dalla porta sul retro e che avete percorso tutto il giardino fino in basso, dove siete rimasto appoggiato alla staccionata come se fosse piena estate. «E sempre senza cappello» ha aggiunto Johanna, scuotendo la testa a sua volta, «bei dieser Kälte».
Certo, bei dieser Kälte. Si può sapere perché l’avete fatto? Sono lieta di essermi trovata fuori casa, perché non mi piace essere testimone di comportamenti sconsiderati da parte di chi solitamente si dimostra ragionevole. Non so se dopo questo potremo ancora essere amici. Credo di avere davvero voglia di litigare, perché non mi sembra molto cortese piombare inaspettatamente addosso a una persona che di tanto in tanto vi ha detto, con la caratteristica franchezza che la contraddistingue, che non gradisce le si piombi addosso. È indubbio che abbiate voluto vedere anche papà e, già che venivate a Jena, anche il professor Martens; tuttavia non fingerò nemmeno di credere che la vostra visita non fosse motivata principalmente dal desiderio di vedermi, dato che è a me e a nessun’altra di quelle più sagge persone cui avete scritto ogni giorno in questi ultimi mesi. Siete uno strano giovanotto. Sa il cielo a quale idea di me vi siete ormai abituato. Arrivo quasi a desiderare che mi aveste visto al rientro dalla nostra massacrante scampagnata, scarmigliata e con la gonna corta. Forse quello vi avrebbe guarito. Ho dimenticato di guardarmi allo specchio, ma di certo i miei capelli e le mie ciglia erano bianchi di brina come quelli di Vicki e di Joey, e sotto di essi e al di sopra del colletto rivoltato doveva spiccare un naso altrettanto accesso. Persino papà è rimasto colpito dal mio aspetto – specie dopo aver osservato per ore la vostra impeccabile compitezza, suppongo – e ha commentato che vivere in campagna non significa necessariamente ritornare allo stato brado.
C’è un’atmosfera strana in casa, questa sera. E dentro di me. Sembra infestata dai fantasmi. Anch’io mi sento così. Vorrei rimproverarvi, ma non riesco. Ho una strana voglia di piangere. È il pensiero che avete fatto tutta questa strada, che vi siete arrampicato su per queste colline, atteso per così tante ore, e tutto per vedere qualcuno che è lieto di esservi sfuggito. Fuori dalla finestra la notte è incredibilmente nera e in questo momento, in qualche punto di quell’oscurità, ci siete voi che viaggiate deluso, attraverso i campi e le foreste gelate, percorrendo quegli spazi a passo d’uomo prima di poter raggiungere Berlino. Perché vi siete imbarcato in un’impresa così assurda? Ecco che arrivano le lacrime... credo sia perché è così buio, e voi non siete ancora a casa.
Rose-Marie Schmidt