XX
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Nelle prime settimane del 1979, lo scrittore fece spesso visita a Billy Milligan all’Athens Mental Health Center. Mentre il Maestro gli raccontava del passato, descrivendo quello che gli altri avevano visto, pensato e fatto fin dall’inizio, tutti loro - tutti eccetto Shawn che era sordo - ascoltarono apprendendo così la propria storia.
Il Maestro, che adesso rispondeva al nome di Billy, divenne sempre più sicuro di sé. Sebbene di tanto in tanto avesse ancora luogo qualche avvicendamento sul posto, in particolare quando non stava parlando con lo scrittore, Billy sentiva che quanto più a lungo fosse riuscito a rimanere «fuso», libero dall’ostilità e dalla paura che conducevano ai periodi di confusione, tanto prima sarebbe riuscito a tenersi unito e a cominciare una nuova vita. Il ricavato della vendita dei suoi quadri gli avrebbe permesso di ricominciare daccapo dopo la guarigione.
Billy leggeva, studiava libri di medicina, andava in palestra, faceva jogging intorno all’edificio e dipingeva. Fece uno schizzo di Arthur e dipinse Danny, Shawn, Adalana e Aprii. Acquistò alla libreria universitaria dei modelli molecolari e si mise a studiare chimica, fisica e biologia per conto suo. Comprò una radio per la banda cittadina e cominciò a trasmettere di notte dalla sua stanza di ospedale parlando con altri CB della lotta contro le violenze sui bambini.
Dopo aver letto sul giornale di Athens che «My Sister’s Place», un’organizzazione locale per le donne maltrattate, aveva difficoltà a pagare le bollette e probabilmente avrebbe dovuto chiudere, fece una donazione di cento dollari. Quando le donne scoprirono da chi veniva il denaro, però, rifiutarono il suo contributo.
Il 10 gennaio, quando era passato poco più di un mese dal suo trasferimento ad Athens, Billy aprì un conto bancario a nome della Foundation Against Child Abuse [Fondazione contro gli abusi sui bambini] e vi depositò mille dollari. Quel denaro era parte del pagamento a cinque cifre che Milligan aveva ricevuto da una donna di Columbus che aveva intenzione di aprire una galleria d’arte e si era recata all’Athens Mental Health Center per acquistare il dipinto raffigurante la dama con lo spartito, The Grace of Cathleen.
Poi Billy si fece stampare un adesivo con scritto, a lettere nere su fondo giallo:
ABBRACCIA TUO FIGLIO OGGI
«UN ABBRACCIO NON FA MALE»
AIUTATE A FERMARE GLI ABUSI SUI BAMBINI - BILLY
Billy parlava spesso con le giovani pazienti ricoverate. Le infermiere e i tecnici sapevano che le giovani donne si mettevano in mostra davanti a lui, facendo a gara per attirare la sua attenzione. L’infermiera Perry osservò che Mary, un’ex studentessa di antropologia, emergeva dalla depressione quando era in presenza di Billy e lui le parlava. Billy ammirava l’intelligenza di Mary e spesso le chiedeva consigli, proprio come Mary chiedeva i suoi. In gennaio, quando Mary fu dimessa, Billy sentì la sua mancanza, ma lei promise che sarebbe tornata a trovarlo.
Quando non parlava con Mary, con il dottor Caul o con lo scrittore, il Maestro sprofondava nella noia e nell’irritazione per via del confinamento, e ricadeva al livello di Danny, di David o di Billy prima della fusione. In quel modo, per lui era più facile mettersi in relazione con gli altri pazienti. Alcuni componenti dello staff particolarmente vicini a lui osservarono che quando Billy era Danny o David mostrava una particolare empatia per gli altri pazienti. Sapeva quando erano turbati, quando soffrivano e quando erano spaventati. Se una delle giovani pazienti abbandonava il reparto in uno stato di panico o in preda a una crisi isterica, spesso Billy era in grado di dire al personale dove andarla a cercare.
Il Maestro spiegò allo scrittore che «David e Danny sono le parti di me che hanno il dono dell’empatia. Riescono a sentire da dove viene la sofferenza. Quando qualcuno se ne va da qui sconvolto, è come se avesse intorno a sé la luce di un faro, e Danny o David puntano esattamente nella giusta direzione».
Una sera, dopo cena, David era seduto nel soggiorno quando all’improvviso immaginò una delle pazienti precipitarsi verso la ringhiera della scala fuori della porta del reparto e poi fare un volo di tre piani giù dalla scala. Ragen aveva sempre pensato che David fosse strano a pensare quel genere di cose, ma si rese conto che con ogni probabilità quello che David stava vedendo in quel momento stava accadendo davvero. Uscì sul posto, si precipitò nel corridoio, salì i gradini, spalancò di colpo la porta e uscì di corsa nell’atrio.
Katherine Gillott, il tecnico di turno nell’ufficio vicino all’uscita, saltò su dalla sua postazione e gli corse dietro. Arrivò nel corridoio appena in tempo per vederlo afferrare la ragazza, che aveva già oltrepassato la ringhiera. Ragen la trattenne e la tirò su. Quando Gillott la riportò in reparto, Ragen scivolò via…
David sentì le braccia dolere.
Oltre alla terapia generale cui stava sottoponendo Billy fin dal principio per rafforzare il suo controllo della coscienza, il dottor Caul usava l’ipnoterapia e insegnava al suo paziente le tecniche di autosuggestione per aiutarlo ad allentare la tensione. Le sedute settimanali di terapia di gruppo assieme ad altri due pazienti con disturbo da personalità multipla aiutarono Billy a capire più a fondo la sua condizione, permettendogli di osservarne gli effetti su altri individui. L’avvicendamento sul posto delle sue persone era sempre meno frequente, e Caul sentiva che il paziente stava migliorando.
Quando Billy il Maestro cominciò a irritarsi per le restrizioni cui era sottoposto, il dottor Caul estese sistematicamente i suoi privilegi e la sua libertà consentendogli di lasciare l’edificio dapprima in compagnia di un dipendente e poi permettendogli di uscire per brevi passeggiate nell’area dell’ospedale, semplicemente firmando. In questi casi, Billy passava il tempo verificando i livelli di inquinamento in vari punti lungo lo Hocking River. Nella primavera del 1979 progettò di frequentare alcuni corsi della Ohio University per studiare fisica, biologia e arte. Cominciò a tenere un diario in cui registrava il suo umore.
A metà gennaio, Billy fece pressioni sul dottor Caul affinché estendesse anche a lui un privilegio concesso a molti altri pazienti, quello cioè di andare in città. Doveva tagliarsi i capelli, andare in banca, vedere il suo avvocato e acquistare libri e materiali per dipingere.
Inizialmente Billy ebbe il permesso di allontanarsi dall’area dell’ospedale solo se accompagnato da due dipendenti del Mental Health Center. Le cose filarono lisce, e ben presto Caul decise di consentirgli quelle uscite con un solo accompagnatore. Sembrava che non ci fossero problemi. Alcuni studenti del college, riconoscendolo dalle foto apparse sui giornali e in televisione, gli fecero cenno per salutarlo. Fu una cosa che lo fece sentire bene. Forse non tutti lo odiavano per quello che aveva fatto. Forse, in fondo, la società non era tutta contro di lui.
Alla fine Billy chiese che la sua terapia compisse il passo successivo. Era stato un buon paziente, sostenne. Aveva imparato a fidarsi di chi gli stava intorno. Adesso toccava al suo medico dimostrargli che anche gli altri si fidavano di lui. Altri pazienti, molti dei quali con malattie mentali più gravi della sua, avevano il permesso di recarsi in città senza essere accompagnati. Billy voleva lo stesso privilegio.
Caul convenne che Billy fosse pronto.
Per accertarsi che non ci fossero fraintendimenti, Caul si consultò con la sovrintendente Sue Foster e con i funzionari incaricati dell’applicazione della legge. Furono stabilite alcune condizioni: ogni volta che Milligan lasciava l’area dell’ospedale senza essere accompagnato, e ogni volta che vi faceva ritorno, l’ospedale avrebbe dovuto notificare i suoi movimenti alla polizia di Athens e all’istituto per la Libertà Condizionale. Billy accettò di attenersi alle regole.
«Dobbiamo pianificare in anticipo, Billy», disse Caul.
«Dobbiamo prendere in considerazione alcune delle cose che potresti dover affrontare trovandoti da solo sulla strada.»
«Che cosa intende dire?»
«Pensiamo alle cose che potrebbero succedere e al modo in cui tu potresti reagire. Supponiamo che tu stia camminando in Court Street e che una donna ti veda, ti riconosca, venga verso di te e ti prenda a schiaffi in piena faccia senza alcun preavviso. Ti rendi conto che è una possibilità? La gente sa chi sei. Tu che faresti?»
Billy si mise una mano sulla guancia. «Mi farei da parte, e continuerei per la mia strada girandole intorno.»
«Ottimo. Supponiamo che un uomo ti venga incontro e ti lanci un insulto, che ti dia dello stupratore e ti dia un pugno atterrandoti in mezzo alla strada. Che faresti in quel caso?»
«Dottor Caul», disse Bill. «Piuttosto che tornare in carcere, me ne resterei lì per terra. Resterei lì sperando che se ne andasse e mi lasciasse in pace.»
Caul sorrise. «Può darsi che tu abbia imparato qualcosa. Credo che ti daremo la possibilità di dimostrarlo.»
La prima volta che andò in città da solo, Billy provò un misto di paura e di vertigine. Attraversò la strada attentamente in corrispondenza degli incroci, in modo che la polizia non gli contestasse comportamenti pericolosi. Era consapevole di ogni persona che incrociava e pregava che nessuno lo apostrofasse e lo attaccasse. Se qualcuno l’avesse fatto, lui non avrebbe risposto. Avrebbe fatto esattamente come aveva detto al dottor Caul.
Acquistò i materiali per dipingere e poi andò dal barbiere «Your Father’s Mustache». Norma Dishong li aveva chiamati in anticipo avvertendo il direttore e il personale che Billy Milligan sarebbe andato da loro a farsi tagliare i capelli. Quando arrivò, tutti lo salutarono: «Ciao, Billy», «Come va, Billy?» e «Sei proprio in gran forma, Billy».
Bobbie, la ragazza che gli tagliò i capelli, gli parlò in modo molto comprensivo e non volle accettare denaro. Poteva andare da lei quando voleva, gli disse, anche senza appuntamento, e lei gli avrebbe tagliato i capelli gratis.
Fuori, in strada, diversi studenti riconoscendolo gli sorrisero e lo salutarono con la mano. Tornò all’ospedale che era al settimo cielo. Non era accaduta nessuna delle cose terrificanti alle quali il dottor Caul lo aveva preparato. Sarebbe andato tutto bene.
Il 19 febbraio, Dorothy andò a trovare il figlio da sola. Billy registrò la loro conversazione. Voleva sapere di più sulla sua infanzia, capire perché suo padre, Johnny Morrison, si fosse tolto la vita.
«Tu ti sei costruito una tua immagine di tuo padre», gli disse Dorothy. «A volte mi facevi delle domande e io ti rispondevo come meglio potevo, ma non l’ho mai sminuito ai tuoi occhi. Non ti ho mai detto le cose tristi. Perché far del male a voi bambini? Voi vi siete costruiti la vostra immagine di lui, e quello per voi era vostro padre.»
«Parlamene ancora», disse Billy. «Parlami di quella volta, in Florida, quando gli desti tutto il denaro che avevi, fino all’ultimo centesimo, perché potesse andare in giro con lo spettacolo e in casa non era rimasto niente, solo una lattina di tonno e una scatola di pasta. Poi tornò con i soldi?»
«No. Andò con il Borscht circuit. Non so che cosa accadde, là. Tornò indietro con il suo…»
«Borscht circuit? È uno spettacolo?»
«Sulle Catskill, negli hotel degli ebrei. Andava lassù a fare il suo lavoro, il suo spettacolo. Fu in quel periodo che ricevetti la lettera dal suo agente che diceva: ‘Non avrei mai creduto che avresti fatto questo, Johnny’. Non so che cosa accadde lassù. Quando ritornò, era più abbattuto che mai, e poi andò avanti così.»
«Tu hai letto la lettera che lasciò prima di uccidersi? Gary Schweickart ha detto che ci sono tutti i nomi delle persone…»
«C’erano i nomi di alcune delle persone a cui doveva del denaro. Nessuno degli strozzini, però: di quelli non fece mai il nome. Ma io sapevo che c’erano, perché lo accompagnavo - rimanevo in auto mentre lui andava a pagarli - e ogni volta era un luogo diverso. Doveva ripianare dei debiti di gioco. All’inizio pensavo di poter essere chiamata a rispondere per quei debiti di gioco, ma non avevo intenzione di pagarli.
Non ero stata io a indebitarmi. Lo aiutai dandogli tutto quello che riuscivo, ma non potevo sottrarre il necessario a voi bambini.»
«Be’», ridacchiò Billy, «noi avevamo pur sempre una lattina di tonno e una scatola di pasta.»
«Tornai a lavorare», continuò Dorothy, «e allora disponemmo di qualcosa in più. A quell’epoca facevo io la spesa e continuavo a lavorare e a mandare avanti la casa. Fu allora che smisi di passargli quello che guadagnavo. Io gli davo i soldi per pagare l’affitto, e lui usciva e ne pagava solo la metà.»
«E l’altra metà se la giocava?»
«Se la giocava, oppure ci pagava gli strozzini. Non so che cosa ci facesse. Se glielo chiedevi non ottenevi mai una risposta onesta, mai la verità. Un giorno la società che ci aveva concesso i prestiti stava per pignorarci i mobili. Io le dissi: ‘Fate pure, prendeteveli’. Ma l’uomo che avevano mandato non se la sentì di farlo, perché io piangevo ed ero incinta di Kathy.»
«Non fu molto bello da parte di Johnny.»
«Le cose andarono così», disse Dorothy.
Dopo due mesi e mezzo all’Athens Mental Health Center, poiché i vuoti di tempo diminuivano sempre di più, Billy fece pressione sul dottor Caul affinché, come aveva promesso, facesse il passo successivo nella sua terapia: una vera e propria licenza. Altri pazienti - molti dei quali mostravano meno miglioramenti di lui - avevano il permesso di trascorrere il week-end a casa con i parenti. Il dottor Caul era d’accordo sul fatto che il comportamento di Billy, l’insight e il lungo periodo di stabilità indicassero che fosse pronto a quel passo. Billy ebbe il permesso di trascorrere alcuni week-end a casa di Kathy a Logan, una quarantina di chilometri a nordovest di Athens. Billy era quasi sopraffatto dalla gioia.
In uno di quei week-end, Billy insistette affinché Kathy gli mostrasse una copia dell’ultima lettera di Johnny Morrison, che lei si era procurata dall’ufficio della difesa. Kathy aveva resistito evitando di mostrargliela fino a quel momento, temendo che potesse turbarlo; sentendo Billy che parlava di quanto Dorothy avesse sofferto e di come Johnny Morrison fosse stato un padre orribile, però, Kathy si irritò. Per tutta la sua vita aveva venerato la memoria di Johnny: era tempo che Billy conoscesse la verità.
«Ecco», gli disse, gettando sul tavolino una busta gonfia di carte. Poi lo lasciò solo.
La busta conteneva una lettera indirizzata a Gary Schweickart da parte dell’Office of the Medicai Examiner della contea di Dade, in Florida, assieme a diversi documenti: quattro pagine separate di istruzioni indirizzate a quattro persone diverse, una lettera di otto pagine al signor Herb Rau, reporter del Miami News e un appunto di due pagine, rinvenuto strappato ma in seguito ricomposto dalla polizia. Questo sembrava far parte di una seconda lettera a Rau, che non era mai stata terminata.
Le istruzioni riguardavano il ripianamento di debiti e prestiti inevasi, il più piccolo dei quali ammontava a ventisette dollari, e il più cospicuo a centottanta. Una nota per «Louise» si chiudeva con queste righe: «Un’ultima storiella: Il bambino: Mamma che cos’è un lupo mannaro? La madre: Chiudi il becco e pettinati la faccia».
La lettera alla «signorina Dorothy Vincent» cominciava con le istruzioni per il pagamento dei debiti da effettuare con il denaro dell’assicurazione, e terminava così: «Il mio ultimo desiderio è di essere cremato… non potrei sopportare che tu ballassi sopra la mia tomba».
La fotocopia della lettera per il signor Herb Rau del Miami News in alcuni punti, qui indicati con gli asterischi, era illeggibile.
Al signor Herb Rau
Miami News
Egregio signore,
scrivere questa lettera non è un compito facile. Potrebbe sembrare un’uscita di scena da vigliacco, ma poiché tutto il mondo mi è crollato intorno, non mi resta niente. L’unica speranza di una temporanea sicurezza economica per i miei tre bambini, James, William e Kathy Jo può venire dalla mia piccola assicurazione. Se possibile, faccia in modo che la loro madre, Dorothy Vincent, non ci metta sopra le mani!
Si è messa assieme a una marmaglia di oziosi che bighellonano dove lei lavora, al Place Pigalle di Miami Beach, tutta gente che sarebbe ben felice di dividere quel denaro con lei! Magnaccia, strozzini eccetera. Sono queste le persone per le quali ha mandato a rotoli la famiglia; e mi creda, io ho fatto tutto quello che era in mio potere per tenerla assieme.
La storia è abbastanza sordida: i bambini che io amo con tutto il cuore, e il fatto che sono nati fuori del matrimonio, è qualcosa che lei vuole usare come «trucco» per farsi la pubblicità che crede sia utile per far carriera! Vedi sotto. Fin da prima che nascesse il nostro primogenito ho cercato diverse volte di convincerla a sposarmi (questo dopo che lei mi accusò di averla messa incinta quando ci incontrammo la prima volta), ma lei ha trovato sempre una scusa dopo l’altra per evitarlo (tutto questo e tutto quello che segue può essere dimostrato da una deposizione rilasciata al mio legale M.H. Rosenhaus di Miami). Io l’ho presentata alla mia famiglia come mia moglie così che quando il bambino arrivò avevo programmato di andare a vivere in una piccola città, sposarla e riconoscere il piccolo. A quell’epoca ormai mi ero perdutamente innamorato del bambino ***.
Lei continuò a tirar fuori una scusa dopo l’altra… «Qualcuno che ci conosce potrebbe leggere la cronaca del matrimonio» eccetera… Be’ alla fine arrivò il secondo bambino e per le prime due settimane la sua vita rimase appesa a un filo, ma Dio ci aiutò e adesso il bambino sta bene ed è sano. Come se tutto quello che avevamo passato fosse un avvertimento, io le proposi di nuovo di sposarmi. A quel punto tirò fuori altre scuse, e andò completamente fuori controllo - beveva in continuazione, spariva dal club e quando era in quelle condizioni i bambini con lei non erano al sicuro. Più di una volta, quando li picchiava lo faceva con il braccio invece che con la mano aperta, e per farla smettere dovetti minacciarla di suonargliele. Mi creda, la mia vita era un inferno in terra. La situazione cominciò a ripercuotersi sul mio lavoro - facevo sempre più errori -, sapevo che se la cosa fosse andata avanti cosi alla fine l’avrei uccisa… Volevo *** ma lei mi pregò di avere pazienza. Mettemmo i bambini in un bellissimo asilo a Tampa (Florida), andammo via per una tournée e di nuovo, assieme a me, riuscì a lavorare in Night Club e Teatri decorosi. E poi ci ritrovammo con la piccolina in arrivo.
Tornammo a Miami, e dopo la nascita della terzogenita lei prese una donna che badava ai bambini e giurò che non sarebbe più andata con i clienti. Lasciai che tornasse a cantare al Place Pigalle e non ci volle molto perché riprendesse lo stesso andazzo di prima, continuamente a bere e combattere con la salute finché non ebbe un crollo e fu ricoverata in ospedale con i primi stadi di un’epatite. Per poco non ci lasciò la pelle. Per diverse settimane rimase sotto costante controllo medico dopo aver lasciato l’ospedale e quando tornò disse che il dottore (Saphire di North Miami Beach) le aveva detto che per lei sarebbe stato un bene tornare al lavoro per distrarsi un po’ e liberarsi la mente, visto che le spese aumentavano, e anche che un cocktail ogni tanto non le avrebbe fatto male! Io ero contrario, così lei firmò un contratto, sempre al Pigalle, senza dirmelo. Be’, il lavoro agli alberghi era molto fiacco e così ne parlammo e io decisi di andare alle Mountains (N.Y.) per quache settimana a lavorare! Non ci eravamo mai separati prima e naturalmente all’epoca io non sapevo il tipo di gente che lei stava frequentando - magnaccia, lesbiche, strozzini eccetera Questi per lei erano diventati un simbolo di vita da «furbi». Quando tornai a casa e vidi il tipo di abbigliamento che stava acquistando, camicie di taglio maschile - vestiti seri - certi tipi di calzoni da torero che sembrano essere un segnale fra quel genere di donna, be‘, sono uscito fuori dei gangheri. Da quel momento in poi è stato un inferno in terra.
Il bere continuo la riportò in ospedale per un’operazone di emorroidi e siccome a quel punto il suo fegato non poteva essere curato non poterono operarla - rimase là per settimane -, io mi sobbarcavo quasi duecentocinquanta chilometri a notte per poter stare con lei durante le ore di visita di giorno, verniciare la casa eccetera… ma anche allora lei stava progettando di sfasciare la nostra famiglia per poter condurre il suo nuovo tipo di vita. Il giorno dell’operazione, quando cominciò a riprendere coscienza ed era ancora sotto l’effetto dell’anestetico, pensava che io fossi un altro. Disse cose disgustose, una degenerazione mai vista. Cercai di farla smettere, dicendole che ero io (era in corsia) ma il messaggio proprio non le arrivò e cominciò a vantarsi di come in tutti quegli anni mi avesse preso per un coglione: non le ho mai parlato di questo per via dei bambini, e pregai ***.
Ora, quando cominciò a stare meglio, io le parlai ancora di matrimonio e lei disse che aveva parlato con un prete e disse che quello le aveva assicurato «non devi preoccuparti di questo». Sono «figli di Dio»: questo a me proprio non suonava plausibile, ma come ho già detto, lei voleva far leva su quella situazione. Arrivò al punto di citarmi in giudizio per allontanarmi da casa, in modo che la cosa finisse sui giornali & senza preavviso ottenne una diffida che cercò di far notificare il giorno di Natale in modo che io non potessi stare con i bambini e all’ultimo dell’anno la mia bambina festeggiava il suo secondo compleanno e lei non me la lasciò vedere e poi mi chiamò al telefono per dirmi come si erano divertiti alla festa.
Signor Rau, lei può prendere informazioni presso la gente dello spettacolo a M.B. riguardo alla mia sincerità e lealtà nei confronti di questa donna, ma è proprio più di quanto io possa sopportare. Lei sa che il giro dei Night Club quaggiù è un mondo tutto femminile e lei mi ha fatto perdere due lavori… può immaginare come, continua a strombazzare che se cerco di vedere i bambini lei può farmi buttar fuori da Miami… quando lei è sparita per 1-3 giorni alla volta… e io sono arrivato al punto che non posso affrontare la vita e vedere quello che questi bambini hanno davanti… ho provato a farlo un’altra volta, prima, e ho fallito, ma stavolta spero di riuscirci. Per proteggere i bambini dovrei sopportarla, ma piuttosto di passare tutto questo, preferisco render conto del mio peccato all’Onnipotente. Come ultima richiesta, le chiedo di far conoscere tutto questo alle parti che possono dare protezione ai miei figli.
E possa Dio avere pietà della mia anima.
JOHNNY MORRISON
Billy rimase colpito dalla lettera d’addio del padre. La lesse e la rilesse, cercando di assumere un atteggiamento scettico; ma più la leggeva, più avrebbe voluto sapere. In seguito, Billy raccontò allo scrittore dei suoi tentativi di controllare le informazioni in essa contenute.
Prima di lasciare la casa della sorella a Logan, Billy telefonò all’ordine degli avvocati della Florida per rintracciare il legale di Johnny Morrison, ma scoprì che era morto. Telefonò all’anagrafe e venne a sapere che non esisteva alcuna traccia di una licenza matrimoniale per Johnny Morrison o Johnny Sohraner.
Continuò a far telefonate, finché non riuscì a mettersi in contatto con l’ex proprietario di un nightclub in cui aveva lavorato Johnny. L’uomo adesso era in pensione ma aveva una barca a Key Biscayne e riforniva il club di pesce. Disse di aver sempre saputo che un giorno о l’altro uno dei figli di Johnny sarebbe andato a fargli domande sul padre. Aveva licenziato dal locale la madre di Billy, disse l’uomo, per via del tipo di persone che vi stava introducendo. Johnny aveva cercato di tenerla lontana dalla gente con cui si era messa, ma si era rivelato un compito impossibile. Disse che non aveva mai visto una donna così dispotica con un uomo.
Billy raccontò di aver trovato qualcun altro, un uomo che aveva lavorato al Midget Motel e che si ricordava di suo padre. Si ricordava di come le telefonate, durante quelle vacanze di Natale, avessero gettato Johnny nella depressione. Questo sembrava coincidere con quanto asserito da Johnny nella sua lettera, e cioè che Dorothy l’aveva chiamato, tormentandolo.
Tornato all’ospedale, Billy ricominciò ad avere vuoti di tempo. Lunedì mattina chiamò lo scrittore per chiedergli di rimandare il loro appuntamento.
Lo scrittore si presentò mercoledì e capì immediatamente che il Maestro se n’era andato. Quello che aveva di fronte era Billy, non fuso. Parlarono per un po’, e lo scrittore, sperando di ricatturare l’interesse del Maestro, chiese a Billy di spiegargli il radiotelefono al quale stava lavorando. Mentre Billy farfugliava, lentamente, in modo quasi impercettibile, la voce divenne più forte, il linguaggio più espressivo e la discussione si fece più tecnica. Il Maestro era tornato.
«Perché sei così turbato e depresso?» chiese lo scrittore.
«Sono stanco. Dormo pochissimo.»
Lo scrittore accennò, con un gesto della mano, al libro della Cody Electronics and Radio School. «Chi sta lavorando su quelle apparecchiature?»
«Tommy è stato qui gran parte della giornata: ecco perché è stato costruito. Il dottor Caul gli sta parlando.»
«Chi sei adesso?»
«Il Maestro, ma in uno stato molto depresso.»
«Perché sei andato via? Perché è arrivato Tommy?»
«Mia madre, e il suo attuale marito. E poi il suo passato. Sono a un punto in cui niente conta granché per me. Sono tesissimo. Ieri ho preso un Valium e ho dormito tutto il giorno. Sono stato sveglio tutta la notte scorsa, fino alle sei di stamattina. Volevo andarmene… Ero sconvolto per via della Commissione per la Libertà Condizionale. Mi vogliono rispedire a Lebanon. A volte penso che preferirei che mi riportassero là e che la facessi finita. In qualche modo bisogna che io riesca a farmi lasciare in pace.»
«Ma dissociarti di nuovo non è la risposta, Billy.»
«Lo so. Mi sono osservato lottare giorno per giorno, cercando di ottenere sempre di più, sempre di più. Ho cercato di fare tutte le cose che faceva ognuna delle mie personalità e questo è molto stancante. Sono qui a dipingere un quadro, e appena ho finito con quello, metto via la roba e mi lavo le mani, ed ecco, tiro fuori un libro, mi prendo la sedia e scrivo appunti, e leggo per ore. Poi smetto, mi alzo e comincio a lavorare su questo radiotelefono.»
«Ti stai mettendo troppo a dura prova. Non devi fare tutto in una volta.»
«Ma sono enormemente motivato. Ho un mucchio di anni da recuperare, e pochissimo tempo, e sento proprio che devo darci dentro.»
Si alzò e guardò fuori della finestra. «Un’altra cosa: alla fine dovrò affrontare mia madre. Non so che cosa le dirò. Non posso comportarmi come prima. Ora tutto è diverso. La Commissione per la Libertà Condizionale, l’udienza imminente per stabilire la questione della sanità mentale, e adesso la lettura del messaggio di addio di mio padre… è difficilissimo restare unito. Questa situazione mi fa a pezzi.»
Il 28 febbraio, Billy chiamò il suo avvocato; gli disse che non voleva che sua madre fosse presente, la mattina dopo, all’udienza per il riesame della custodia.