XV

1

«Walter» si svegliò nell’appartamento nel tardo pomeriggio dell’8 dicembre con la voglia di andare a caccia, un gran desiderio di provare l’emozione dell’inseguimento. Gli piaceva un sacco stare nei boschi da solo con un fucile.

Walter non usciva sul posto molto spesso, e sapeva che poteva capitargli di essere chiamato solo quando c’era bisogno del suo straordinario senso d’orientamento… un talento speciale che aveva acquisito in Australia, la sua terra natale, andando a caccia nel bush. L’ultima volta che era uscito sul posto era stato anni prima, quando Billy e suo fratello Jim erano stati a un campo estivo con la Civil Air Patrol. Grazie alla sua abilità nel seguire le tracce, era stato utilizzato come ricognitore.

Ma era da tanto tempo che non andava più a caccia.

Così quel pomeriggio si assunse la responsabilità di prendere in prestito la rivoltella di Ragen che stava sul frigo. Sebbene non avesse niente a che vedere con un fucile, era meglio di niente. Ascoltò le previsioni del tempo, e sentendo che faceva freddo, decise di portarsi una giacca di lana pesante e i guanti. Poiché non riuscì a trovare il suo cappello australiano con la tesa tirata su, optò per una maschera da sci. Si preparò un pranzo al sacco e si diresse verso sud lungo la Route 664. Sapeva per istinto che direzione seguire. Andando a sud avrebbe raggiunto alcune zone boschive dove poteva dare sfogo alla sua voglia di cacciare. Lasciò la superstrada e seguì le indicazioni per Hocking State Park, chiedendosi che selvaggina avrebbe trovato.

Guidò fino al bosco, parcheggiò la macchina e proseguì a piedi. Mentre si inoltrava sempre di più nei boschi, sentiva gli aghi di pino scivolosi sotto i piedi. Respirò profondamente.

Era bello essere fuori sul posto, camminare nel silenzio di luoghi incontaminati.

Camminò per quasi un’ora. A parte qualche occasionale fruscio che segnalava la presenza di scoiattoli, non c’era traccia di prede. Era quasi il tramonto. Stava diventando impaziente, quando vide un grosso corvo nero sul ramo di un abete. Prese velocemente la mira e sparò. L’uccello cadde. Improvvisamente si sentì confuso e lasciò il posto…

«Barbaro», disse Arthur con un tono gelido. «Uccidere gli animali è contro le regole.»

«Perché lui preso mia pistola?» chiese Ragen.

«L’hai lasciata incustodita», rispose Arthur. «Anche questo è contro le regole.»

«Non vero. Abbiamo concordato che un’arma deve essere sempre a disposizione, fuori di portata di bambini, in caso di intrusione. Walter non aveva diritto di prendere.»

Arthur sospirò. «Mi piaceva davvero come tipo. Energico e affidabile. Buon senso dell’orientamento. Sempre a leggere sull’Australia, che in fin dei conti fa parte dell’impero Britannico. Una volta mi suggerì di studiare l’evoluzione dei canguri. Adesso temo che sia indesiderabile.»

«È provvedimento severo per un solo corvo.»

Arthur lo guardò con sufficienza. «Potrà succedere che un giorno dovrai uccidere un essere umano per autodifesa, ma non tollero che si tolga la vita a una povera creatura innocente.» Arthur seppellì il corvo e tornò alla macchina. Allen, che aveva sentito l’ultima parte della conversazione, venne sul posto e si mise al volante per guidare fino a casa.

«Uccidere uno stupido corvo e pensare che sia caccia grossa… che razza di idiota!»

2

Mentre guidava verso Lancaster nel buio, Allen fu colto da una terribile stanchezza. Mise giù la bottiglia di Pepsi che stava sorseggiando, e quando i fari illuminarono i cartelli dell’area di sosta, decise che avrebbe fatto meglio a fermarsi per un po’. Parcheggiò vicino al bagno degli uomini, scosse la testa e chiuse gli occhi…

Danny alzò lo sguardo, chiedendosi cosa stesse facendo dietro il volante. Ricordando le istruzioni di Arthur, si spostò dalla parte del passeggero e rimase ad aspettare che arrivasse qualcuno a prendere la guida. Poi si rese conto che si trovava nella piazzola con il bagno che aveva usato un sacco di volte. Notò altre due auto con dentro delle persone. Una era una signora con un cappello floscio, mentre nell’altra c’era un uomo. Se ne stavano lì seduti. Magari anche loro si erano avvicendati sul posto e stavano aspettando che arrivasse qualcuno a guidare fino a casa.

Sperava che si facesse vedere uno dei grandi. Era stanco e aveva bisogno di andare in bagno. Quando uscì dalla macchina e si diresse verso la toilette degli uomini, notò che anche la signora stava uscendo dall’auto.

Danny si mise davanti all’urinatoio basso per i bambini, tirò giù la cerniera e rabbrividì nella fredda aria di dicembre. Udì dei passi e il cigolio dei cardini della porta. Entrò la signora. Sorpreso, diventò rosso e si voltò perché non lo vedesse mentre faceva pipì.

«Ehi, tesoro», disse la signora, «sei gay?»

Non era una voce da donna. Era un uomo vestito da donna, con un cappello floscio e il lucidalabbra e un sacco di trucco e un neo sul mento. Assomigliava a Mae West.

«Ehi, fustaccio», proseguì la signora-uomo. «Lasciati succhiare l’uccello.»

Danny scosse la testa e iniziò a scansarsi di lato, ma arrivò un altro uomo. «Ehi», fece, «questo non è niente male. Divertiamoci un po’.»

L’uomo lo afferrò per il colletto e lo spinse contro il muro. Quello vestito da donna, tenendolo per il davanti della giacca, si mise ad armeggiare con la cerniera. Quei gesti brutali spaventarono Danny, così chiuse gli occhi…

Ragen prese la mano dell’uomo, gliela torse e lo scaraventò contro il muro. Mentre quello cadeva, gli diede una ginocchiata sul petto e lo colpì con una mossa di karate di fianco alla gola.

Si voltò, vide la donna e si bloccò. Non poteva colpire una donna, mai. Ma quando la sentì dire: «Oh mio Dio, bastardo», capì che era un travestito. Si avvicinò, lo fece girare e lo sbatté contro il muro usando il gomito, controllando che l’altro non si alzasse.

«A terra con tuo amico!» ordinò Ragen, tirando un pugno nello stomaco del travestito. L’uomo si piegò in due e crollò a terra. Ragen prelevò loro i portafogli, ma quando fece per andarsene con i documenti di identità, il travestito balzò in piedi e lo afferrò per la cintura. «Ridammelo, bastardo!»

Ragen si voltò di scatto e lo colpì all’inguine con un piede. Quando fu a terra, lo prese a calci con l’altro piede, massacrandogli la faccia. Il sangue gli scorreva a fiumi dal naso, e i denti rotti lo stavano facendo soffocare.

«Sopravvivrai», disse Ragen imperturbabile. «Faccio molta attenzione a quali ossa rompo.»

Guardò l’altro uomo sul pavimento. Anche se non era stato colpito in faccia, aveva del sangue che gli colava dalla bocca. Come Ragen aveva calcolato quando l’aveva steso, la botta sul plesso solare aveva fatto pressione sull’epiglottide e aveva rotto i vasi sanguigni. Anche lui sarebbe sopravvissuto. Ragen gli sfilò l’orologio - un Seiko - dal polso.

Fuori, Ragen notò le due auto vuote. Prese un sasso e mandò in frantumi i fari. Non l’avrebbero seguito sulla superstrada senza luci.

Ragen tornò a casa, entrò nell’appartamento, si guardò intorno per assicurarsi che fosse tutto tranquillo e lasciò il posto…

Allen aprì gli occhi, domandandosi se fosse il caso di usare il gabinetto. Quando si accorse di essere a casa scosse la testa. Non aveva più bisogno del bagno, e aveva le nocche sbucciate. E cos’era quella roba sulla scarpa destra? La toccò e la esaminò.

«Cristo!» gridò. «Di chi è questo sangue? Chi diavolo è stato coinvolto in una rissa? Voglio saperlo, ho il diritto di sapere che sta succedendo.»

«Ragen ha dovuto proteggere Danny», disse Arthur.

«Cos’è successo?»

Arthur lo spiegò a tutti: «È molto importante che i più piccoli sappiano che le piazzole di sosta di notte sono dei posti pericolosi. È risaputo che sono frequentate da omosessuali, quando fa buio. Allen ha lasciato che Danny si trovasse in una situazione pericolosa, e Ragen ha dovuto intervenire per tirarlo fuori dei guai».

«Be’, Cristo, non è stata colpa mia. Non ho chiesto di lasciare il posto, e non ho fatto uscire Danny. Chi diavolo sa chi viene e chi va durante i periodi di confusione?»

«Dovevo essere lì io», disse Philip. «Gliel’avrei fatta vedere a quei due froci.»

«Ti saresti fatto ammazzare», gridò Allen.

«O avresti fatto qualcosa di stupido», intervenne Arthur, «per esempio ucciderne uno. E così ci saremmo ritrovati con un’accusa di omicidio.»

«Ahhh…»

«E comunque, tu non hai il permesso di prendere il posto», disse Arthur categorico.

«Lo so, ma mi sarebbe piaciuto lo stesso essere là.»

«Comincio a sospettare che tu abbia sottratto del tempo, approfittando dei periodi di confusione per portare avanti le tue attività antisociali.»

«Chi, io? Nah.»

«So che sei uscito sul posto. Sei un tossicodipendente e hai abusato del tuo corpo e della tua mente.»

«Mi stai dando del bugiardo?»

«Quello è uno dei tuoi attributi. Sei un androide difettoso e ti garantisco che, finché sarà in mio potere, farò di tutto perché tu non possieda mai più la coscienza.»

Philip scivolò di nuovo nell’oscurità, chiedendosi cosa fosse un androide. Non avrebbe chiesto ad Arthur di spiegarglielo. Non avrebbe dato a quello stronzo di un inglese la soddisfazione di tormentarlo ancora. Sarebbe venuto fuori ogni volta che ne avesse avuto l’occasione. Sapeva che da Zanesville in poi, l’autorità di Arthur si era indebolita. Finché ci fossero stati in giro marijuana o anfetamine o persino LSD, aveva intenzione di intrufolarsi e di mettere in difficoltà quello spaccacoglioni di Arthur.

La settimana seguente, mentre Philip era sul posto, raccontò a Wayne Luft, uno dei tizi che comprava la droga da lui, quello che era successo all’area di sosta di Lancaster.

«Merda», disse Luft. «Non lo sapevi che quelle piazzole sono infestate di finocchi?»

«Puoi giurarci che non me l’aspettavo», rispose Philip. «Proci bastardi lì per adescarti. Li odio.»

«Li odio pure io.»

«Perché non ne eliminiamo un po’?»

«Che intendi dire?»

«Sappiamo che parcheggiano sempre vicino alle aree di sosta di notte. Andiamo e gliela facciamo vedere. Ripuliamo queste zone infestate.»

«Potremmo anche derubarli», disse Luft. «Farci un po’ di soldi per Natale e liberarci di tutti quegli omosessuali. Ripulire il posto per la gente per bene.»

«Sì», rise Philip. «Proprio come noi.»

Luft tirò fuori la cartina della superstrada e segnò le aree di sosta delle contee di Fairfield e Hocking.

«Useremo la mia macchina», disse Philip. «È veloce.» Philip portò con sé una spada ornamentale che aveva trovato nell’appartamento.

All’area di sosta vicino a Rockbridge, nella contea di Hocking, videro un Maggiolino Volkswagen parcheggiato davanti al bagno degli uomini, con dentro due persone. Philip portò la Grand Prix dall’altra parte della superstrada, rivolta nella direzione opposta. Inghiottì le due pastiglie di Preludin che gli passò Luft. Poi rimasero seduti per mezz’ora a controllare la Volkswagen. Nessuno arrivò né se ne andò.

«Devono essercene un paio», disse Luft, «altrimenti perché starebbero parcheggiati tutto questo tempo fuori del bagno degli uomini, alle due del mattino?»

«Vado all’attacco», annunciò Philip. «Con la mia spada. Se mi seguono dentro, vienimi dietro con la pistola.»

Philip si sentiva bene mentre attraversava la superstrada con la spada sotto il giaccone, diretto al bagno degli uomini. Proprio come si era aspettato, i due lo seguirono.

Mentre si avvicinavano, si sentì accapponare la pelle. Non sapeva con certezza se fosse a causa loro o per via delle anfetamine, ma estrasse la spada e sbarrò la strada a quella checca. Il tizio che era con lui era un lurido ciccione. Quando Luft lo raggiunse e ficcò la pistola nella schiena dell’uomo, quel frocio rimase lì impalato e tremante come un ammasso di gelatina.

«Bene, froci bastardi!» gridò Luft. «Sdraiatevi su quel cazzo di pavimento.»

Philip prese il portafogli, un anello e un orologio da quello grasso. Luft fece lo stesso con l’altro.

Poi Philip ordinò loro di salire in macchina.

«Dove ci state portando?» chiese quello grasso singhiozzando.

«A fare un giretto nei boschi.»

Lasciarono la superstrada, quindi imboccarono una strada di campagna deserta, dove abbandonarono i due uomini.

«È stato facile», disse Luft.

«Roba da nulla», ribatté Philip. «Un lavoro perfetto.»

«Quanto abbiamo?»

«Un sacco di soldi. Erano belli pieni. E ci sono anche le carte di credito.»

«Cazzo, amico», osservò Luft. «Mi sa che mollo il lavoro e lo faccio di professione.»

«Servizio pubblico», disse Philip con un ghigno.

Tornato all’appartamento, Philip riferì a Kevin del suo lavoro perfetto. Sapeva che stava per crollare, così prese un paio di calmanti che lo aiutassero ad atterrare sul morbido…

3

Tommy fece un albero di Natale, ci avvolse intorno un filo di lampadine e tirò fuori i regali che aveva preparato per Marlene e per la famiglia. Non vedeva l’ora di andare in Spring Street, più tardi, per stare con Mamma, Del, Kathy e il suo ragazzo Rob.

La prima parte della serata a Spring Street trascorse senza problemi, fino a quando Rob e Kathy non andarono in soggiorno e Kevin si ritrovò sul posto.

«Ehi, bella questa giacca di pelle», disse Rob. «E ho visto che hai anche un Seiko nuovo.»

Kevin sollevò l’orologio. «È il migliore che c’è.»

«Mi stavo domandando, Billy», osservò Kathy. «Non guadagni tutti quei soldi all’Anchor Hocking. Dove li vai a prendere?»

Kevin sorrise. «Ho scoperto il ‘lavoro perfetto’.»

Kathy gli lanciò uno sguardo furtivo. Sentiva che c’era di nuovo qualcosa di diverso, quell’atteggiamento freddo e sprezzante. «Di cosa stai parlando?»

«Ho derubato dei finocchi a una piazzola di sosta. Non potranno mai scoprire chi è stato. Non ho lasciato impronte né niente. E quei tizi non avranno neanche mai il coraggio di lamentarsi con la polizia. Ho preso i soldi e le carte di credito.» Mostrò l’orologio.

Kathy non poteva credere a quelle parole. Non era da Billy parlare così. «Stai scherzando, vero?»

Lui sorrise e scrollò le spalle. «Forse sì, forse no.» Quando arrivarono Del e Dorothy, Kathy si scusò e andò nell’ingresso, nell’armadio guardaroba. Non avendo trovato niente nella giacca di pelle nuova, uscì e si diresse verso l’auto di Billy. Come previsto, c’era un portafogli nello scomparto dei guanti. C’erano anche carte di credito, una patente di guida e il tesserino di un infermiere. Quindi non stava affatto scherzando. Rimase seduta in macchina per qualche istante, riflettendo sul da farsi. Si mise il portafogli nella borsa e decise che doveva parlare con qualcuno.

Dopo che Billy se ne fu andato, fece vedere a sua madre e a Del quello che aveva trovato.

«Mio Dio», esclamò Dorothy. «Non posso crederci.»

Del guardò il portafogli. «Perché no? Io ci credo. Adesso sappiamo come ha fatto a comprarsi tutta quella roba.»

«Dobbiamo chiamare Jim», disse Kathy. «Deve venire a casa e cercare di aiutare Billy a rimettersi in sesto. Ho un po’ di soldi in banca, posso pagargli il biglietto aereo.» Dorothy fece un’interurbana e pregò Jim di chiedere un permesso urgente per venire a casa. «Tuo fratello è nei guai.

Si è messo in una situazione davvero brutta, e se non riusciamo a farlo ragionare saremo costretti ad andare alla polizia.»

Jim presentò all’Aeronautica la richiesta per un permesso urgente e tornò a casa due giorni prima di Natale. Del e Dorothy gli mostrarono il portafògli e alcuni trafiletti ritagliati dalla Lancaster Eagle-Gazette dove si parlava delle rapine nelle aree di sosta.

«Bisogna che scopri cosa puoi fare per dargli una mano», disse Del a Jim. «Ho cercato di essere come un padre per lui, Dio mi è testimone. Per un po’, dopo Zanesville, ho pensato che Billy potesse prendere il posto del mio ragazzo - pace all’anima sua - ma Billy non si lascerà mai dire niente da nessuno.»

Jim frugò nel portafogli, andò al telefono e compose il numero sul tesserino identificativo. Doveva controllare personalmente.

«Lei non mi conosce», disse all’uomo che rispose, «ma ho qualcosa che potrebbe essere importante per lei. Lasci che le faccia una domanda ipotetica. Se qualcuno sapesse che lei è un infermiere attraverso il suo tesserino identificativo, cosa direbbe?»

Dopo qualche istante, la voce rispose: «Direi che la persona che lo sa ha il mio portafogli».

«D’accordo», disse Jim, «e mi può dire com’è fatto il suo portafogli e cos’altro c’è dentro?»

L’uomo descrisse il portafogli e il suo contenuto.

«Come l’ha perso?»

«Ero in una piazzola di sosta tra Athens e Lancaster con un amico. Due tizi sono entrati nel bagno degli uomini. Uno aveva una pistola, l’altro una spada. Ci hanno preso i portafogli, gli orologi e gli anelli, e poi ci hanno portato nei boschi e mollato là.»

«Che macchina avevano?»

«Il tipo con la spada guidava una Pontiac Grand Prix blu.» Diede a Jim il numero di targa.

«Come fa a essere così sicuro della macchina e del numero di targa?»

«L’ho vista di nuovo fuori da un negozio in centro l’altro giorno. Stavo a non più di quindici metri da quel tipo che aveva la spada, e l’ho seguito fino alla macchina. Era lui.»

«Perché non l’ha denunciato?»

«Perché sto per ottenere un nuovo lavoro importante, e sono omosessuale. Se denunciassi questo incidente, esporrei non solo me, ma molti dei miei amici.»

«D’accordo», disse Jim, «supponendo che lei non voglia denunciare l’incidente ed esporre se stesso e i suoi amici, farò in modo che abbia indietro il suo portafogli e i suoi effetti personali. Basta che resti tutto anonimo. Li troverà nella posta.» Quando riattaccò, si appoggiò allo schienale e fece un profondo respiro. Guardò sua madre, Del e Kathy. «Billy è nei guai», riferì, e prese di nuovo in mano il telefono.

«E adesso chi chiami?» chiese Kathy.

«Voglio dire a Billy che domani mi piacerebbe andare a vedere la sua nuova casa.»

«Vengo con te», disse Kathy.

La sera successiva, la vigilia di Natale, Tommy accolse Kathy e Jim sulla soglia a piedi nudi. Dietro di lui, nell’angolo, l’albero di Natale risplendeva, circondato dai regali. Sulla parete era appeso un pannello con delle spade ornamentali incrociate.

Mentre Jim e Tommy parlavano, Kathy si scusò e salì al piano di sopra. Aveva intenzione di verificare se ci fossero altri prove di quello che Billy stava combinando.

«Ehi, solo una domanda», disse Jim quando furono soli. «Dove vai a prendere tutta la grana per questa roba… l’appartamento a due piani, tutti quei regali, e i vestiti, l’orologio?»

«La mia ragazza lavora», spiegò Tommy.

«Marlene paga per tutto quanto?»

«Be’, ci sono anche un sacco di cose che sono a credito.»

«Le carte di credito sono una fregatura se non fai attenzione. Spero che tu non ci stia andando troppo pesante.»

Jim, che aveva appena terminato un corso dell’Aeronautica sulle tecniche di interrogatorio, decise che era il momento di mettere a frutto le abilità che aveva acquisito per aiutare suo fratello. Se fosse riuscito a farlo parlare, ad ammettere che stava commettendo un errore, forse ci sarebbe stato ancora un modo per impedirgli di finire in prigione.

«Portarsi in giro le carte di credito è pericoloso», disse Jim. «La gente le ruba e ti rovina e tu sei costretto a pagare…»

«Ma va‘, c’è un tetto di cinquanta dollari. Oltre quello, è l’azienda di credito che è costretta a pagare. Loro possono permetterselo.»

«Come quelle persone», disse Jim, «di cui ho letto sui giornali, che sono state fermate nelle piazzole di sosta e sono state derubate delle loro carte di credito. Voglio dire, lo sai che potrebbe capitare a te.»

Jim vide la strana espressione negli occhi di Billy, come se si fossero offuscati. Sembrava in trance. Gli ricordava l’aspetto che assumeva Chalmer Milligan subito prima di uno dei suoi violenti scoppi d’ira.

«Ehi, stai bene?»

Kevin gli lanciò uno sguardo e si chiese cosa ci facesse lì Jim, e da quanto si trovasse nell’appartamento. Sbirciò sul suo orologio. Le nove e quarantacinque. «Cosa?» chiese Kevin.

«Ho detto: ‘Stai bene?’»

«Certo. Perché non dovrei?»

«Ti stavo dicendo di fare attenzione con le carte di credito. Sai, tutte quelle aggressioni nelle aree di sosta e cose simili.»

«Sì, l’ho letto.»

«Ho sentito che alcuni dei tipi che sono stati derubati erano omosessuali.»

«Già, se lo meritavano.»

«Cosa vuoi dire?»

«Perché quei froci dovrebbero avere tutti quei soldi e tutta quella roba?»

«Ma chiunque sia stato, deve fare attenzione. Per cose del genere ci si beccano parecchi anni di galera.»

Kevin scrollò le spalle. «Prima devono trovarli. E avere delle prove.»

«Be’, per esempio, tu hai una spada sulla parete esattamente come quella che hanno descritto quei tipi.»

«Non possono collegare la mia spada con quella che hanno visto loro.»

«Può darsi, ma durante la rapina è stata usata anche una pistola.»

«Ehi, non tenevo io l’arma. Non mi possono prendere.»

«Sì, ma acciufferanno l’altro, e poi chiunque fosse coinvolto assieme a lui farà la stessa fine.»

«Non possono collegarmi con quello che è successo», insistette Kevin. «Non è il tipo di cosa che i froci denunciano. Non ci sono né impronte digitali né niente del genere.» Kathy tornò al piano di sotto e si sedette con loro per qualche minuto. Quando Billy salì per andare in bagno, porse a Jim quello che aveva trovato.

«Cristo», mormorò Jim. «Tutte queste carte di credito intestate a persone diverse. Come diavolo lo tiriamo fuori di questa storia?»

«Dobbiamo aiutarlo, Jim. Non è da Billy.»

«Lo so. Forse l’unica cosa da fare è affrontarlo apertamente.» Quando Kevin tornò, Jim gli mostrò le carte di credito. «È questo che intendevo, Billy. Hai commesso quelle rapine e hai le prove qui in casa tua.»

Kevin si infuriò e gridò: «Non avevate il diritto di venire nella mia casa e di buttare per aria la mia roba!»

«Billy, stiamo cercando di aiutarti», disse Kathy.

«Questa è la mia proprietà, e voi due venite qui e vi mettete a cercare senza autorizzazione.»

«Sono tuo fratello. E Kathy è tua sorella. Vogliamo solo…»

«Le prove ottenute senza un mandato di perquisizione non vengono accettate dalla corte.»

Jim, temendo che si sarebbe arrivati alle mani, disse a Kathy di aspettarlo in macchina. Quando lo affrontò di nuovo, Kevin cominciò a camminare per la cucina. «Billy, stai facendo tutti questi acquisti con le carte di credito. Ti rintracceranno.»

«Non lo sapranno mai», insistette Kevin. «Vado e mi compro un paio di cose e poi butto via la carta. Aggredisco solo finocchi e persone che fanno del male ad altra gente.»

«È un reato, Billy.»

«Sono fatti miei.»

«Ma ti stai mettendo nei guai.»

«Ascolta, non hai nessun diritto di venire qui da Spokane e di mettere il naso in quello che faccio. So badare a me stesso. Sono grande abbastanza. E sono fuori di casa. Quello che faccio sono fatti miei. E comunque, tu te ne sei andato di casa un sacco di tempo fa.»

«È vero, ma ci preoccupiamo per te.»

«Non ti ho chiesto di venire qui. Voglio che tu te ne vada immediatamente fuori dei piedi.»

«Billy, non me ne vado finché non avremo risolto questa storia.»

Kevin afferrò la sua giacca di pelle. «Bene, vaffanculo, allora. Me ne vado io.»

Jim, che era sempre stato più forte di suo fratello minore e aveva fatto addestramento in arti marziali nell’Aeronautica, si piantò tra Kevin e la porta. Lo abbrancò e gli diede uno spintone. Jim non avrebbe voluto essere così brusco o violento, ma Kevin andò a finire contro l’albero di Natale, che sbatté contro il muro e sui regali. I pacchi si ruppero. Le lampadine andarono in frantumi. Il filo si strappò dalla presa e le luci si spensero.

Kevin si alzò e si diresse di nuovo verso la porta. Non amava fare a botte, e non voleva farlo proprio con Jim, ma doveva andarsene di lì. Jim lo afferrò per la camicia e lo scaraventò contro il mobile bar.

Kevin perse il posto…

Non appena Ragen urtò contro il mobile, vide immediatamente chi lo stava aggredendo, nonostante non avesse idea del motivo. Jim non gli era mai piaciuto. Non lo aveva mai perdonato per essersene andato di casa, per aver lasciato le donne e Billy a vedersela da soli con Chalmer. Poiché Jim stava bloccando l’uscita, Ragen indietreggiò, agguantò un coltello che si trovava sopra il mobile bar e lo lanciò con una forza tale che si andò a conficcare nel muro sopra la testa di Jim.

Lui restò pietrificato. Non aveva mai visto un odio così feroce sul volto di Billy, né l’aveva mai visto reagire con una violenza così immediata. Guardò il coltello, che vibrava ancora nel muro a pochi centimetri dalla sua testa, e si rese conto che suo fratello lo odiava abbastanza da ucciderlo. Si scansò di lato mentre Ragen gli passava di fianco in silenzio, a piedi nudi, e usciva nella neve…

Danny si ritrovò fuori, chiedendosi perché mai stesse camminando al freddo e al gelo con una camicia strappata addosso e senza scarpe né guanti. Si voltò e tornò verso casa, stupito di vedere Jim sulla soglia che lo fissava come se fosse pazzo.

Danny guardò dietro di lui e vide l’albero di Natale a terra e i regali distrutti. Fu colto da una paura improvvisa.

«Non volevo mandarti a sbattere contro l’albero», disse Jim, sconcertato dal nuovo incredibile cambiamento sul volto di suo fratello. La rabbia glaciale era svanita, e ora Billy era atterrito e tremante.

«Hai distrutto il mio albero di Natale», singhiozzò Danny. «Mi dispiace.»

«Spero che passerai un Natale molto bello», frignò Danny, «visto che hai rovinato il mio.»

Kathy, che era rimasta in macchina ad aspettare, li raggiunse di corsa, pallida in volto. «Sta arrivando la polizia.»

Pochi secondi dopo bussarono alla porta. Kathy guardò Jim e poi Billy, che stava piangendo come un bambino.

«Cosa facciamo?» chiese. «E se loro…»

«Sarà meglio che li faccia entrare», fece Jim. Aprì la porta e accolse due agenti.

«Abbiamo ricevuto una lamentela per disturbo della quiete pubblica», disse uno dei due, sbirciando dietro di lui nella sala. «Hanno chiamato i vostri vicini», aggiunse l’altro.

«Mi dispiace, agente.»

«È la vigilia di Natale», spiegò il primo. «La gente vuole stare con i propri bambini. Cosa sta succedendo?»

«Solo una discussione in famiglia», rispose Jim. «È finita, comunque. Non ci eravamo resi conto di fare tanto rumore.» L’agente prese nota di qualcosa sul suo taccuino. «Be’, state calmi, ragazzi. Basta che non facciate baccano.»

Dopo che se ne furono andati, Jim prese la giacca. «D’accordo, Billy. Immagino di doverti salutare. Resto a Lancaster ancora solo un paio di giorni, poi devo tornare alla base.»

Quando Jim e Kathy lo lasciarono, Billy stava ancora piangendo.

La porta si chiuse con un colpo e Tommy guardò intorno a sé, senza capire. Aveva una mano sanguinante. Estrasse i pezzi di vetro dal palmo e si sciacquò i tagli, domandandosi dove fossero andati Kathy e Jim e perché ci fosse tutto quel casino. Aveva dedicato tanta cura a quell’albero di Natale, e adesso guarda che disastro. Tutti i regali che lui e gli altri avevano fatto con le loro mani… neanche uno comprato. Aveva un quadro di sopra per Jim - un paesaggio di mare che gli sarebbe piaciuto moltissimo, ne era sicuro - e aveva intenzione di consegnarglielo.

Rimise in piedi l’albero e cercò di dargli di nuovo un aspetto decente, ma la maggior parte delle decorazioni era rotta. Era così bello. Aveva giusto il tempo di sistemare il regalo di Marlene prima che arrivasse. Si era assunto su di sé la responsabilità di chiamarla per chiederle di venire la vigilia di Natale.

Marlene era scioccata dal caos che trovò nell’appartamento. «Cos’è successo?»

«Non lo so proprio», disse Tommy, «e se devo dirti la verità, non me ne frega niente. So solo che ti amo.»

Lei lo baciò e lo condusse in camera da letto. Sapeva che in momenti come questo, quando nella sua testa era tutto confuso, era più vulnerabile che mai e aveva bisogno di lei.

Tommy arrossì e chiuse gli occhi. Mentre la seguiva, si chiese come fosse possibile che lui non tenesse mai il posto abbastanza a lungo per oltrepassare la porta della camera da letto.

Il giorno di Natale, Allen, che non sapeva nulla degli eventi della sera prima, rinunciò a capire cosa fosse tutto quel caos in salotto. Chiese un po’ in giro, a quelli dentro la sua testa, ma nessuno rispose. Dio quanto odiava i periodi di confusione! Salvò tutti i regali che poté, rifacendo i pacchetti che erano stati stracciati, e li caricò in macchina, assieme al quadro che Tommy aveva fatto per Jim.

Quando arrivò in Spring Street, cominciò a mettere rapidamente assieme i pezzi di quello che era successo la sera precedente. Jim ce l’aveva a morte con lui perché gli aveva tirato un coltello, e Kathy, Del e Mamma gli saltarono addosso con una storia di furti.

«Hai commesso quelle rapine all’area di sosta», gridò Del, «e hai usato un’auto registrata a nome di tua madre.»

«Non so di cosa tu stia parlando», rispose Allen gridando anche lui. Sollevò le mani in un gesto di stizza e andò di sopra pestando i piedi.

Quando se ne fu andato, Del rovistò nelle tasche della sua giacca e trovò le chiavi della macchina. Lui, Kathy, Jim e Dorothy uscirono a controllare il bagagliaio. Trovarono carte di credito, patenti di guida e una cartina della superstrada. Le piazzole di sosta lungo la Route 33 erano contrassegnate con delle X.

Quando si voltarono, lo videro che li osservava dalla porta.

«Sei stato tu», disse Del, sbattendogli le prove in faccia.

«Niente di cui preoccuparsi», rispose Kevin. «Non mi farò beccare. È stato un ‘lavoro perfetto’. Non ho lasciato impronte digitali né nient’altro, e quei finocchi non sporgeranno denuncia.»

«Maledetto idiota», sbraitò Del. «Jim ha chiamato il tizio a cui hai rubato il portafogli. Ti ha visto in città. Hai trascinato l’intera famiglia nel tuo ‘lavoro perfetto’ del cazzo.»

Lo videro cambiare espressione. Il panico sostituì la freddezza.

Decisero di aiutare Billy facendo in modo che si liberasse delle prove. Jim avrebbe portato la Grand Prix con sé a Spokane e si sarebbe occupato del pagamento delle rate. Billy doveva lasciare Somerford Square e trasferirsi in un appartamento più piccolo in Maywood Avenue.

In tutto questo, Danny rimase ad ascoltare, domandandosi di cosa diavolo stessero parlando, e quando si sarebbero finalmente messi ad aprire i regali.