XI

1

Il 23 marzo 1972, Allen andò con Dorothy al distretto militare, e lui e Tommy firmarono i moduli per l’arruolamento. Dorothy provava sentimenti contrastanti all’idea di lasciare che il figlio più piccolo entrasse in Marina, ma sapeva che era importante tenerlo lontano da casa, lontano da Chalmer. L’espulsione da scuola aveva peggiorato la situazione.

L’ufficiale di reclutamento sbrigò velocemente moduli e domande. Fu Dorothy a dare la maggior parte delle risposte.

«Sei mai stato in un istituto psichiatrico o ti è mai stata diagnosticata una malattia mentale?»

«No», disse Tommy. «Non io.»

«Aspetta un attimo», disse Dorothy. «Sei stato tre mesi al Columbus State Hospital. Il dottor Brown disse che soffrivi di una nevrosi isterica.»

L’ufficiale alzò gli occhi, tenendo la penna sospesa in aria. «Ah, ma quello non occorre scriverlo», disse. «Siamo tutti un po’ nevrotici.»

Tommy rivolse a Dorothy uno sguardo trionfante.

Quando venne il momento di fare il test di cultura generale e formazione, Tommy e Allen lo studiarono assieme. Poiché non aveva nulla a che fare con le abilità o le conoscenze di Tommy, Allen decise che lo avrebbe fatto lui. Poi però arrivò Danny e guardò il foglio, non sapendo cosa fare.

Il sorvegliante, notando il suo sguardo perso, sussurrò: «Vai avanti, devi solo annerire la risposta giusta tra le lineette».

Danny si strinse nelle spalle e, senza neanche leggere le domande, fece passare le colonne e annerì tra le righe.

Lo presero.

Nel giro di una settimana, Allen partì per il centro di addestramento di Great Lakes, nell’Illinois, e fu assegnato alla Compagnia 109, Battaglione 21, per iniziare l’addestramento base.

Poiché Milligan aveva fatto un servizio civile nella Civil Air Patrol quando era alle scuole superiori, fu nominato RPOC: Sottufficiale Incaricato di 160 giovani reclute. Era un superiore severo.

Quando Allen venne a sapere che la compagnia più abile nei sedici punti del manuale sarebbe stata nominata compagnia d’onore, lui e Tommy si misero al lavoro per capire dove si potessero risparmiare minuti sulla tabella di marcia del mattino.

«Togli le docce», suggerì Tommy.

«Regolamento», disse Allen. «Devono entrare nelle docce anche se non usano il sapone.»

Tommy si sedette ed escogitò una sorta di catena di montaggio per fare la doccia.

La sera successiva Allen istruì i suoi uomini: «Arrotolate la salvietta e la tenete nella mano sinistra. Nella mano destra tenete la saponetta. Ci sono sedici docce da questa parte, dodici in mezzo e sedici da questa parte. Ora, hanno tutte una temperatura dell’acqua costante, quindi non vi ustionerete e non congelerete. Quello che dovete fare è passare in mezzo e continuare a camminare mentre vi lavate la parte sinistra del corpo. Quando arrivate nell’angolo, passate il sapone nell’altra mano e continuate a camminare, tornando indietro mentre vi lavate l’altro lato del corpo e i capelli. Quando arriverete all’ultima doccia vi sarete sciacquati, e sarete pronti per asciugarvi».

Le reclute lo guardarono attonite mentre faceva una dimostrazione camminando per le docce con l’uniforme addosso, controllando l’orologio. «In questo modo ciascuno impiega solo quarantacinque secondi per fare la doccia. Tutti e centosessanta dovreste essere in grado di passare attraverso le docce, uscire e vestirvi in meno di dieci minuti. Voglio che siamo la prima compagnia a uscire sul piazzale la mattina. Dobbiamo essere la compagnia d’onore.»

La mattina successiva, la compagnia di Milligan fu la prima a radunarsi sul piazzale. Allen era soddisfatto, e Tommy gli disse che stava lavorando a qualche altro metodo per risparmiare tempo. Ottenne una medaglia - la Service Medal -per buona condotta.

Due settimane dopo le cose cominciarono a mettersi male. Allen chiamò a casa e scoprì che Chalmer continuava a picchiare Dorothy. Ragen si infuriò. Ad Arthur, ovviamente, non interessava granché. Ma Tommy, Danny e Allen la presero malissimo e andarono in depressione. Ne seguì un altro periodo di confusione.

Shawn cominciò a indossare le scarpe al contrario e a tenerle slacciate. David divenne trasandato. Philip scoprì dove si trovava e non gliene fregava niente. Ben presto gli uomini della Compagnia 109 si accorsero che il loro sottufficiale aveva qualcosa che non andava. Un giorno era un capo eccellente, e il giorno dopo se ne stava ciondolando a chiacchierare lasciando che il lavoro si accumulasse.

Notarono che cominciò a camminare nel sonno. Qualcuno glielo disse, e Tommy prese a legarsi al letto durante la notte. Quando fu esonerato dal suo ruolo di Sottufficiale Incaricato delle Reclute, Tommy cadde in depressione e Danny cominciò a svignarsela in infermeria tutte le volte che poteva.

Arthur prese a interessarsi al laboratorio di ematologia.

Un giorno la Marina mandò un tizio a indagare, e trovò Philip sdraiato nella sua cuccetta in uniforme, il cappello bianco sui piedi, intento a scoprire le carte prelevandole dalla cima di un mazzo.

«Che sta succedendo qui?» chiese il capitano Simons.

«In piedi, signore», disse il suo assistente.

«Vaffanculo!» rispose Philip.

«Sono un capitano. Come osa…»

«Non me ne frega un cazzo di chi sei! Levati dai piedi. Mi stai facendo perdere.»

Quando arrivò il sottufficiale capo Rankin, Philip gli disse la stessa cosa.

Il 12 aprile 1972, due settimane e quattro giorni dopo che Tommy si era arruolato in Marina, Philip fu deferito alla Unità Valutazione Reclute.

La relazione del capitano della sua compagnia recitava: «Quest’uomo è stato inizialmente il mio RPOC, ma poi ha smesso di fare qualunque cosa a parte cercare in continuazione di dare ordini a chiunque. Poi, dopo che l’ho esonerato dal suo incarico di RPOC, ha cominciato a darsi malato. La situazione è andata costantemente deteriorandosi di giorno in giorno, e durante le lezioni trovava sempre una scusa per uscire. Quest’uomo è molto indietro rispetto al resto della compagnia e la situazione sta degenerando. Quest’uomo deve essere controllato».

Uno psichiatra ebbe un colloquio con David, che non capiva cosa stesse succedendo. Dopo un controllo della sua documentazione in Ohio, la Marina scoprì che Milligan era stato in un ospedale psichiatrico e che aveva mentito sui moduli di reclutamento. La relazione dello psichiatra diceva: «Manca della maturità e della stabilità necessarie per poter affrontare in maniera efficace la vita in Marina. Si raccomanda che venga congedato in quanto caratterialmente inadatto a un ulteriore adattamento».

Il primo maggio, un mese e un giorno dopo il suo arruolamento, William Stanley Milligan fu congedato dalla Marina Militare Americana «con onore».

Gli diedero la sua paga e un biglietto aereo per Columbus, ma lungo la strada da Great Lakes all’aeroporto O’Hare di Chicago, Philip venne a sapere che altre due reclute in licenza erano dirette a New York. Invece di usare il suo biglietto della United Airlines, Philip si unì a loro sull’autobus. Avrebbe visitato New York, la città da cui sapeva di provenire, ma che non aveva mai visto.

2

Alla stazione degli autobus di New York Philip salutò i suoi compagni di viaggio, si caricò la sacca di tela sulla spalla e cominciò a camminare. Si procurò mappe e brochure all’ufficio informazioni e si diresse verso Times Square. Si sentiva a casa. Le strade, le voci che suonavano così naturali al suo orecchio, tutto gli assicurava che quello era il luogo a cui apparteneva.

Philip trascorse due giorni a esplorare la città. Fece una gita sul battello per Staten Island e una alla Statua della Libertà. Poi, partendo da Battery Park, girò per le stradine intorno a Wall Street e camminò fino al Greenwich Village. Mangiò in un ristorante greco e dormì in un albergo a buon mercato. Il giorno successivo andò all’incrocio tra la Quinta e la Trentaquattresima e alzò la testa per guardare l’Empire State Building. Salì in cima e da lì studiò la città.

«Da che parte è Brooklyn?» chiese alla guida turistica.

Lei glielo indicò. «Laggiù. Si vedono i tre ponti: Williamsburg, Manhattan e il ponte di Brooklyn.»

«Quella è la mia prossima tappa», disse.

Prese l’ascensore per scendere, fermò un taxi e disse: «Mi porti al ponte di Brooklyn».

«Il ponte di Brooklyn?»

Philip tirò dentro la sacca. «È quello che ho detto.»

«Ci vuoi saltare giù o vuoi comprarlo?» chiese l’autista.

«Vaffanculo, bello. Pensa a guidare e risparmiati queste battute del cazzo per i turisti.»

L’autista lo fece scendere al ponte e Philip cominciò ad attraversarlo. C’era una brezzolina fresca e si sentiva bene, ma quando arrivò a metà, si fermò e guardò giù. Tutta quell’acqua. Accidenti, era proprio bello. D’un tratto si sentì molto depresso. Non sapeva perché, ma nel bel mezzo di quel ponte meraviglioso si sentì così a terra da non poter proseguire. Si rimise la sacca in spalla e tornò verso Manhattan.

La sua depressione divenne più profonda. Eccolo a New York, e non se la stava godendo per niente. C’era qualcosa che doveva vedere, qualche luogo che doveva trovare, ma non sapeva che cosa fosse o dove fosse. Salì su un autobus e andò il più lontano possibile, poi si trasferì su un altro e un altro ancora, guardando le case e la gente, ma senza sapere dove stesse andando o che cosa stesse cercando.

Scese in un centro commerciale e si mise a gironzolare. Nel mezzo del centro c’era una fontana dei desideri. Gettò un paio di monetine. Quando fu sul punto di lanciare il terzo quarto di dollaro, sentì qualcuno che lo tirava per la manica. Un ragazzino nero lo stava guardando con due grandi occhi supplicanti.

«Oh cazzo», disse Philip, tirandogli la monetina. Il ragazzino gli fece un gran sorriso e scappò via.

Philip sollevò la sacca. La depressione gli prese lo stomaco, facendogli provare un dolore tale che restò lì impalato qualche istante, poi ebbe un brivido e lasciò il posto…

David barcollò sotto il peso della sacca e la lasciò cadere. Era troppo pesante per un bambino di otto anni… quasi nove. Se la trascinò dietro, guardando le vetrine dei negozi, mentre si domandava dove fosse e come ci fosse arrivato. Si sedette su una panchina, diede un’occhiata intorno a sé e si mise a osservare i bambini che giocavano. Gli sarebbe piaciuto giocare con loro. Poi si alzò e fece per tirarsi dietro di nuovo la sacca, ma era troppo pesante, così la abbandonò e si mise a gironzolare.

Entrò in uno spaccio dell’Esercito e della Marina e venne attratto dai residuati bellici, cose come ricetrasmittenti e sirene. Afferrò una grande sfera di plastica e premette un pulsante. La sirena partì e la luce rossa all’interno si mise a lampeggiare. Terrorizzato, lasciò cadere la sfera e fuggì, andando a sbattere contro il baracchino di un gelataio parcheggiato lì fuori e sbucciandosi il gomito. Continuò a correre.

Quando vide che nessuno lo stava inseguendo, David si fermò e si mise a camminare per le strade, chiedendosi come avrebbe fatto a tornare a casa. Dorothy doveva essere preoccupata per lui. E gli stava venendo fame. Avrebbe voluto un gelato. Se avesse trovato un poliziotto, avrebbe potuto chiedergli che cosa dovesse fare per andare a casa. Arthur diceva sempre che, se si perdeva, doveva chiedere aiuto ai poliziotti…

Allen sbatté gli occhi.

Comprò un gelato con il bastoncino da un venditore ambulante e lo scartò, ma a quel punto vide una ragazzina con la faccia sporca che lo stava osservando.

«Cristo», disse, porgendole il gelato. Aveva un debole per i bambini, specialmente per quelli con grandi occhi famelici.

Tornò dal venditore. «Dammene un altro.»

«Devi avere una bella fame, ragazzo.»

«Chiudi il becco e dammi un altro gelato.»

Mentre camminava, mangiando il suo gelato, decise che doveva fare qualcosa per questa storia dei bambini che se ne approfittavano di lui. Si è mai sentito di un artista del raggiro con un debole per i bambini?

Fece quattro passi nei dintorni, guardando i grattacieli di quella che pensava che fosse Chicago, e poi prese un autobus per il centro. Sapeva che era troppo tardi per andare all’aeroporto O‘ Hare quella sera. Avrebbe dovuto passare la notte lì a Chicago e prendere l’aereo per Columbus l’indomani mattina.

D’un tratto vide un segnale elettronico su un palazzo che diceva: 5 MAGGIO, 20° C. 5 maggio? Tirò fuori il portafogli e ci guardò dentro. Circa cinquecento dollari di paga di liquidazione. Il foglio di congedo era datato primo maggio. Il biglietto aereo da Chicago a Columbus era datato primo maggio. Che diavolo? Aveva vagato per Chicago per quattro giorni dal congedo senza rendersene conto. Dov’era la sacca di tela? Si sentì un vuoto allo stomaco. Si guardò l’uniforme blu. Era lurida. Aveva i gomiti sbucciati e un graffio sul braccio sinistro.

Si sarebbe comprato qualcosa da mangiare, avrebbe fatto una bella dormita e l’indomani mattina avrebbe preso un volo per tornare a Columbus. Prese un paio di hamburger, trovò una pensione e pagò nove dollari per una stanza.

La mattina successiva fermò un taxi e disse all’autista di portarlo all’aeroporto.

«La Guardia?»

Scosse la testa. Non sapeva che ci fosse un La Guardia a Chicago.

«No, l’altro, quello grande.»

Per tutto il tragitto verso l’aeroporto cercò di capire cosa fosse successo. Chiuse gli occhi e tentò di raggiungere Arthur. Niente. Ragen? Nessuna traccia. Quindi era un altro periodo di confusione.

All’aeroporto, andò al bancone della United Airlines e diede il suo biglietto all’impiegata.

«Come faccio ad andarmene da qui?» chiese.

La donna guardò il biglietto e poi lui. «Questo è per un volo da Chicago a Columbus. Non può usarlo per andare da qui in Ohio.»

«Cosa sta dicendo?»

«Chicago», disse lei.

«Appunto, quindi?»

Arrivò un supervisore ed esaminò il biglietto. Allen non capiva quale fosse il problema.

«È tutto a posto, marinaio?» disse l’uomo. «Non puoi volare da New York a Columbus con questo biglietto.»

Allen si sfregò la faccia non sbarbata. «New York?»

«Esatto, Kennedy Airport.»

«Oh Cristo!»

Allen fece un profondo respiro e parlò tutto d’un fiato. «Be’, vede, quello che è successo è che qualcuno ha fatto un errore. Capisce, sono stato congedato.» Tirò fuori le sue carte. «Sono salito sul volo sbagliato, vede. E avrebbe dovuto portarmi a Columbus. Qualcuno deve aver versato qualcosa nel mio caffè, perché non ero cosciente, e quando mi sono ripreso, ero qui a New York. Ho lasciato le mie valigie e tutto il resto sull’aereo. Lei deve fare qualcosa, è colpa della compagnia aerea.»

«Dovrà pagare un sovrapprezzo per cambiare questo biglietto», disse la donna.

«Be’, dovete semplicemente chiamare la Marina a Great Lakes. Sono loro che devono rimandarmi a Columbus. Lo addebitate a loro. Voglio dire, un uomo al servizio del suo Paese che deve andare a casa ha diritto a un trasporto adeguato senza seccature. Deve solo prendere il telefono e chiamare la Marina.»

L’uomo lo guardò e poi disse: «D’accordo, allora aspetti qui e vedo cosa posso fare per un marinaio».

«Dov’è la toilette degli uomini?» chiese Allen.

L’impiegata gliela indicò e Allen si incamminò velocemente in quella direzione.

Una volta dentro, vedendo che non c’era nessun altro, afferrò un grosso rotolo di carta igienica dalla mensola e lo gettò in mezzo alla stanza. «Cazzo! Cazzo! Cazzo!» gridò. «Fanculo, ne ho pieni i coglioni!»

Quando si fu calmato, si lavò la faccia, si lisciò i capelli all’indietro e inclinò il cappello bianco con quel tocco di classe che gli serviva per affrontare i tipi della biglietteria.

«Tutto a posto», disse la donna. «Abbiamo risolto il problema. Le preparo un biglietto nuovo. Ha un posto sul prossimo volo in partenza, tra due ore.»

Durante il volo di ritorno per Columbus, Allen rimuginò sulla sua irritazione: era stato cinque giorni a New York senza aver visto niente a eccezione dell’interno di un taxi e del Kennedy International Airport. Non aveva idea di come ci fosse arrivato, di chi avesse rubato il tempo o di che cosa fosse successo. Si chiedeva se l’avrebbe mai scoperto. Sull’autobus per Lancaster, si mise comodo per farsi un sonnellino e mormorò, sperando che Arthur o Ragen lo sentissero: «Qualcuno di sicuro ha fatto casino».

3

Allen trovò lavoro come venditore porta a porta di aspirapolveri e compattatori per rifiuti per la Interstate Engineering. Con la sua parlantina andò bene per circa un mese. Intanto osservava il suo collega Sam Garrison che dava appuntamento a cameriere e segretarie, oltre che a clienti. Allen ammirava il suo spirito di iniziativa.

Il 4 luglio 1972, mentre erano seduti a chiacchierare, Garrison gli chiese: «Come mai non dai appuntamento a qualche bella ragazza?»

«Non ho tempo», rispose Allen imbarazzato. Quando l’argomento cadeva sul sesso si sentiva sempre a disagio. «Non mi interessa più di tanto.»

«Non sei finocchio, vero?»

«No, cazzo.»

«Diciassette anni, e non ti interessano le ragazze?»

«Ascolta», disse Allen. «Ho altre cose per la testa.»

«Per l’amor del cielo», ribatté Garrison, «non ti sei mai scopato una donna?»

«Non ho voglia di parlarne.» Essendo all’oscuro dell’esperienza di Philip con la ragazza dell’ospedale psichiatrico, Alien sentì che stava diventando rosso e si voltò.

«Non mi dirai che sei vergine.»

Allen non rispose.

«Be’, ragazzo mio», disse Garrison. «Dobbiamo fare qualcosa. Lascia fare a Sam. Vengo a prenderti questa sera alle sette a casa tua.»

Quella sera, Allen si fece la doccia, si vestì e si mise un po’ della colonia del fratello di Billy. Jim era in Aeronautica adesso, quindi non gli serviva.

Garrison arrivò in orario e lo portò in città. Si fermarono davanti all’Hot Spot di Broad Street e Garrison disse: «Aspetta in macchina. Ci metto un attimo, vado a prendere una cosa».

Allen rimase di stucco quando Garrison, pochi minuti dopo, tornò con due giovani donne dall’aria annoiata.

«Ciao, tesoro», disse la bionda, affacciandosi al finestrino dell’auto. «Io sono Trina e lei è Dolly. Sei proprio un bel tipo.» Dolly si gettò indietro i lunghi capelli neri e salì davanti con Garrison. Trina si mise dietro con Allen.

Andarono verso la campagna, parlando e ridacchiando tutto il tempo. Trina continuava ad appoggiare la mano sulla gamba di Allen e a giocherellare con la sua cerniera. Quando arrivarono in una zona completamente isolata, Garrison accostò. «Forza, Billy», disse. «Ho delle coperte nel bagagliaio. Aiutami a tirarle fuori.»

Mentre si dirigevano verso il bagagliaio, Garrison gli mise in mano due pacchettini avvolti nella carta stagnola. «Sai cosa devi fare con questi, vero?»

«Sì», rispose Allen. «Ma non devo mettermene due, vero?»

Garrison gli diede un leggero pugno sul braccio. «Sempre spiritoso. Uno è per Trina, e l’altro per Dolly. Gli ho detto che avremmo fatto cambio. Ce le scopiamo tutti e due, prima l’una e poi l’altra.»

Allen abbassò lo sguardo sul bagagliaio e vide un fucile da caccia. Alzò subito gli occhi, ma Sam gli diede una coperta, ne prese una per sé e lo richiuse. Poi lui e Dolly se ne andarono dietro un albero.

«Dai, diamoci una mossa», disse Trina, slacciandogli la cintura.

«Ehi, non occorre che tu lo faccia», disse Allen.

«Be’, tesoro, se non ti interessa…»

Poco dopo, Sam chiamò Trina, e Dolly raggiunse Allen. «Allora?» chiese Dolly.

«‘Allora’ cosa?»

«Puoi farlo di nuovo?»

«Ascolta», rispose Allen, «come ho detto alla tua amica laggiù, non devi fare niente, e possiamo restare amici lo stesso.»

«Be’, dolcezza, tu puoi fare quello che vuoi, ma io non voglio che Sam dia fuori di matto. Sei un bravo ragazzo. Adesso è - come dire - impegnato con Trina, quindi non dovrebbe accorgersene.»

Quando Sam ebbe finito, andò verso il bagagliaio, estrasse un paio di birre dalla borsa frigo e ne diede una ad Allen.

«Be’», disse, «ti sono piaciute le ragazze?»

«Non ho fatto niente, Sam.»

«Vuoi dire che tu non hai fatto niente? O che loro non hanno fatto niente?»

«Gli ho detto che non dovevano. Quando sarò pronto, mi sposerò.»

«Oh cazzo.»

«È tutto a posto, sta‘ tranquillo», disse Allen. «È tutto a posto.»

«A posto un cazzo!» Andò verso le ragazze come una furia. «Ve l’avevo detto che era vergine. Eravate voi che dovevate eccitarlo.»

Dolly raggiunse Garrison dietro la macchina, e vide il fucile nel bagagliaio. «Sei nei guai, bello.»

«Fanculo. Entra in macchina», disse Garrison. «Vi riportiamo indietro.»

«Non salgo su questa macchina.»

«Bene, allora va‘ a farti fottere!»

Garrison sbatté il portellone del bagagliaio e saltò al volante. «Andiamo, Billy. Lasciamo che quelle puttane se la facciano a piedi.»

«Perché non salite?» chiese Allen rivolto a Dolly e Trina. «Non vorrete mica restare qui da sole?»

«Noi ce la caveremo», disse Trina. «Ma voi ragazzi la pagherete.»

Garrison accese il motore e Allen entrò in macchina.

«Non dovremmo lasciarle qui da sole.»

«Fanculo. Sono solo due femmine pidocchiose.»

«Non è colpa loro. Ero io che non volevo.»

«Be’, almeno non ci è costato niente.»

Quattro giorni dopo, l’8 luglio 1972, Sam Garrison e Allen andarono all’ufficio dello sceriffo di Circleville per rispondere ad alcune domande. Furono entrambi arrestati immediatamente per sequestro, stupro e aggressione armata.

Quando il giudice della contea di Pickaway sentì i fatti al predibattimento, archiviò l’accusa di sequestro e fissò una cauzione di duemila dollari. Dorothy raccolse duecento dollari per la quota da pagare al garante e si riportò il figlio a casa.

Chalmer voleva che fosse rispedito in prigione, ma Dorothy ci litigò e si organizzò con sua sorella perché prendesse Billy con sé a Miami fino all’udienza, che si sarebbe tenuta in ottobre al Tribunale Minorile della contea di Pickaway.

Con Billy e Jim lontani, le ragazze cominciarono a fare pressioni su Dorothy. Kathy e Challa le diedero un ultimatum: se non avesse iniziato le pratiche di divorzio, se ne sarebbero andate entrambe da casa. Alla fine Dorothy convenne che Chalmer se ne dovesse andare.

Allen se la cavava bene a scuola, in Florida. Trovò lavoro in un negozio di materiali da disegno e stupì il proprietario per le sue capacità organizzative. «Samuel», l’ebreo praticante, scoprì che il padre di Billy era ebreo. Assieme a molti degli altri ebrei residenti a Miami, si sentì oltraggiato per l’omicidio degli undici atleti israeliani al Villaggio Olimpico di Monaco. Samuel andò alle funzioni del venerdì sera per pregare per la loro anima e per quella del padre di Billy. Chiese anche a Dio che la corte dichiarasse Allen innocente.

Quando tornò alla contea di Pickaway, il 20 ottobre, Milligan fu affidato alla Commissione per i Minori dell’Ohio per una valutazione. Fu trattenuto nel carcere della contea, il Pickaway County Jail, dal novembre del 1972 al 16 febbraio del 1973: due giorni dopo il suo diciottesimo compleanno. Sebbene avesse compiuto diciotto anni mentre si trovava sotto custodia, il giudice accettò che fosse processato come minore. L’avvocato di sua madre, George Kellner, disse al giudice che dal suo punto di vista, qualunque fosse stata la decisione della corte, era fondamentale che il giovane non venisse rimandato nell’ambiente distruttivo di casa sua.

Il giudice emise un verdetto di colpevolezza e ordinò che William S. Milligan fosse affidato a tempo indeterminato a una struttura della Commissione per i Minori dell’Ohio. Il 12 marzo, lo stesso giorno in cui Allen fu trasferito al campo giovanile di Zanesville, in Ohio, fu proclamata la sentenza di divorzio definitiva tra Dorothy e Chalmer Milligan. Ragen prese in giro Samuel, e gli disse che non c’era nessun Dio.